Nel rito del lavoro l’appello è improcedibile anche se l’appellata si costituisce nonostante la notifica tardiva

L’appello nel rito del lavoro, pur tempestivamente proposto, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta, non essendo consentito al giudice di assegnare all’appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica. Inoltre, il vizio di notificazione omessa o inesistente è assolutamente insanabile e determina la decadenza dell’attività processuale cui l’atto è finalizzato non operando la sanatoria per raggiungimento dello scopo.

Questo è stato chiarito dalla Cassazione nell’ordinanza n. 21298/20, depositata il 5 ottobre. La Corte d’Appello dichiarava improcedibile l’impugnazione proposta dall’INPS nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze e di una parte avverso la sentenza del Tribunale, essendo risultata negativa la notifica del gravame e del decreto ex art. 435 c.p.c. all’appellata ed essendo stato concesso un ulteriore termine di 20 giorni per la rinnovazione della notificazione e l’Istituto previdenziale aveva provveduto dopo il termine . Avverso la decisione propone ricorso l’INPS lamentando che i giudici di seconde cure non hanno rilevato che il mancato rispetto del termine per la rinnovazione della notifica non avrebbe potuto comportare l’improcedibilità del gravame poiché la costituzione in giudizio dell’appellata aveva sanato il vizio della notifica sulla base del raggiungimento dello scopo al quale l’atto era destinato. La Cassazione, ritenendo infondato il ricorso, ricorda che nel rito del lavoro l’appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta , non essendo consentito - alla stregua di una interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della cd. ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost., c 2 - al giudice di assegnare , ex art. 421 c.p.c., all’appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell’art. 291 c.p.c. . Inoltre, proseguono i Giudici, il vizio di notificazione omessa o inesistente è assolutamente insanabile e determina la decadenza dell’attività processuale cui l’atto è finalizzato con conseguente declaratoria in rito di chiusura del processo, attraverso l’improcedibilità non essendo consentito al giudice di assegnare all’appellante un termine per provvedere alla rinnovazione di un atto non compiuto o giuridicamente inesistente. Inoltre, nel procedimento di lavoro in grado di appello, il termine che il giudice deve assegnare all’appellante per rinnovare la notifica ha carattere perentorio, sicché, ove esso non sia osservato, l’appello diviene inammissibile, anche se l’appellato, per effetto della notifica, si è costituito in giudizio. Chiarito tutto questo, emerge che non è possibile attribuire efficacia sanante alla costituzione dell’appellata in assenza del rispetto del termine per effettuare la notificazione, in ipotesi di disposta rinnovazione della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza di discussione. Pertanto, la Suprema Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 8 gennaio – 5 ottobre 2020, n. 21298 Presidente Berrino – Relatore Cinque Rilevato CHE 1. Con la sentenza n. 9347 del 2013 la Corte di appello di Roma ha dichiarato improcedibile l’appello proposto dall’INPS nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze e di D.C.L. , avverso la sentenza n. 20389 del 2010 emessa dal Tribunale della stessa città, in quanto, essendo risultata negativa la notifica del gravame e del decreto ex art. 435 c.p.c. alla appellata D. ed essendo stato concesso un ulteriore termine di gg. 20, all’udienza del 23.4.2013, per la rinnovazione della notificazione, l’Istituto vi aveva provveduto solo in data 7.8.2013, ben oltre il termine concesso. 2. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione l’INPS affidato ad un articolato motivo, cui ha resistito con controricorso D.C.L. , illustrato con memoria. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto attività difensiva. 3. Il PG non ha rassegnato conclusioni scritte. Considerato CHE 1. Con l’unico articolato motivo l’INPS denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost. e art. 156 c.p.c., tutti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere rilevato i giudici di seconde cure, così incorrendo nelle denunziate violazioni di legge, che il mancato rispetto del termine per la rinnovazione della notifica non avrebbe potuto comportare l’improcedibilità del gravame in quanto la costituzione in giudizio dell’appellata aveva sanato, con effetto ex tunc, per raggiungimento dello scopo al quale l’atto era destinato, ogni vizio della notifica. 2. Il ricorso non è fondato. 3. In punto di fatto, per un corretto inquadramento della vicenda, è opportuno evidenziare alcune circostanze di fatto. 4. Con atto depositato il 16.6.2011 l’INPS proponeva appello avverso la pronuncia n. 20389 del 2010 del Tribunale di Roma l’udienza veniva fissata il 15.5.2012 e l’INPS, stante il difetto di notifica, chiedeva termine per rinotificare la Corte di appello concedeva il termine e rinviava all’udienza del 23.4.2013 anche a tale udienza l’INPS, stante la nullità della notifica, chiedeva ulteriore termine e la causa veniva rinviata al 5.11.2013 concedendo gg. 20 per procedere a nuova notifica, con onere di deposito degli atti fino a 60 ginni prima l’INPS procedeva a notificare correttamente ricorso e decreto solo in data 7.9/8/2013. 5. Ciò premesso, questa Corte, sulla base del principio espresso dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 20604 del 2008, richiamata dagli stessi giudici di seconde cure, in virtù del quale nel rito lavoro l’appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta, non essendo consentito - alla stregua di una interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della cd. ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost., comma 2 - al giudice di assegnare, ex art. 421 c.p.c., all’appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell’art. 291 c.p.c. , ha ulteriormente precisato che il vizio di notificazione omessa o inesistente è assolutamente insanabile e determina la decadenza dell’attività processuale cui l’atto è finalizzato con conseguente declaratoria in rito di chiusura del processo, attraverso l’improcedibilità non essendo consentito al giudice di assegnare all’appellante un termine per provvedere alla rinnovazione di un atto non compiuto o giuridicamente inesistente Cass. 9.9.2013 n. 20613 Cass. n. 19191 del 2016 . 6. Ciò per il principio della legittima aspettativa della controparte al consolidamento, entro un termine predefinito e ragionevolmente breve, di un provvedimento giudiziario già emesso, a differenza di quanto avviene nel processo di primo grado Cass. n. 6159/2018 . 7. Inoltre è stato ulteriormente precisato cfr. Cass. n. 8125 del 2013 , ad avvalorare la correttezza della gravata sentenza, che nel procedimento di lavoro in grado di appello, il termine che il giudice qualora constati la nullità del ricorso e del decreto di fissazione d’udienza deve assegnare all’appellante per rinnovare la notifica ha carattere perentorio, sicché, ove esso non sia osservato, l’appello diviene inammissibile, anche se l’appellato, per effetto della notifica, si è costituito in giudizio. 8. Alla stregua di quanto esposto, il motivo di cui al ricorso deve essere rigettato non potendosi attribuire alcuna efficacia sanante alla costituzione dell’appellata in assenza del rispetto del termine per effettuare l’attività processuale di notificazione statuita dal giudice di secondo grado per la seconda volta, in ipotesi di disposta rinnovazione della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza di discussione di appello. 9. Le spese seguono la soccombenza e vanno poste a carico del ricorrente, con attribuzione in favore del procuratore della controricorrente nulla va disposto per quelle relative al rapporto processuale con la parte intimata che non si è costituita. 10. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, si provvede sempre come da dispositivo, sussistendo i presupposti processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del procuratore della controricorrente. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.