Contribuzione previdenziale: il destino dei redditi derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali

Posto che la normativa previdenziale individua come base imponibile sulla quale calcolare i contributi la totalità dei redditi d’impresa, così come definita dalla disciplina fiscale, e considerato che secondo il testo unico delle imposte sui redditi gli utili derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa, sono inclusi tra i redditi di capitale, questi ultimi non concorrono a costituire la base imponibile ai fini contributivi.

Lo ha chiarito la Cassazione con ordinanza n. 19001/20 depositata il 14 settembre. In riforma della decisione di primo grado, la Corte d’Appello annullava gli avvisi di addebito notificati dall’ INPS ai lavoratori contenenti la contribuzione previdenziale dovuta per gli anni 2010-2014 in relazione al reddito di impresa derivante da partecipazione agli utili in società di capitali . Avverso tale decisione, l’INPS propone ricorso per cassazione deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 3- bis l. n. 438/1992 di conversione con modificazioni del d.l. n. 384/1992 e in connessione con la l. n. 233/1990. In particolare, la questione che l’Istituto sottopone all’esame della Suprema Corte è la seguente il lavoratore autonomo , iscritto alla gestione previdenziale in quanto svolgente un’attività lavorativa per la quale sussistono i requisiti per la tutela previdenziale obbligatoria , deve parametrare il proprio obbligo contributivo a tutti i redditi percepiti nell’anno di riferimento tenendo conto anche di quelli da partecipazione a società di capitali nella quale non svolge attività lavorativa? Ebbene, la Cassazione ricorda che l’ art. 3- bis d.l. n. 384/1992 sopra citato prevede che a decorrere dall’anno 1993, l’ammontare del contributo annuo dovuto per i soggetti di cui alla l. 2 agosto 1990, n. 233, art. 1, è rapportato alla totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF per l’anno al quale i contributi stessi si riferiscono . Più precisamente, afferma la Corte, secondo la nuova disposizione rileva la totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF, non parlandosi più della sola attività che dà titolo all’iscrizione alla gestione di cui all’art. 1, l. n. 233/1990 , in quanto formulazione che realizza un ampliamento della base imponibile contributiva. Inoltre, con la recente pronuncia n. 21540/20 è stato altresì affermato che al fine di individuare quale sia il reddito di impresa rilevante ai fini contributivi, occorre per coerenza di sistema fare riferimento alle norme fiscali, e dunque in primo luogo al testo unico delle imposte sui redditi, d.P.R. n. 917/1986 e che il suddetto decreto contiene distinte disposizioni ai fini quella qualificazione dei redditi d’impresa rispetto ai redditi di capitale i primi, a mente dell’art. 55 nel testo post riforma del 2004 sono quelli che derivano dall’esercizio di attività imprenditoriale, mentre l’art. 44, lett. e nel testo post riforma del 2004 ricomprende tra i redditi di capitale gli utili da partecipazione alle società soggette ad IRPEG ora IRES . Pertanto, posto che la normativa previdenziale individua come base imponibile sulla quale calcolare i contributi la totalità dei redditi d’impresa, così come definita dalla disciplina fiscale, e considerato che secondo il testo unico delle imposte sui redditi gli utili derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa , sono inclusi tra i redditi di capitale, ne consegue che questi ultimi non concorrono a costituire la base imponibile ai fini contributivi . Sulla scorta di tali motivazione, la Cassazione rigetta dunque il ricorso dell’INPS.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 7 luglio – 14 settembre 2020, n. 19001 Presidente/Relatore Esposito Rilevato che La Corte d’appello di Ancona, in riforma della decisione di primo grado che aveva respinto con distinte sentenze le domande autonomamente avanzate da L.F. , I.P. e C.M. avverso verbali di accertamento ispettivo loro notificati dall’Inps, in seno ai quali era stata calcolata la contribuzione previdenziale dai predetti dovuta e non versata per gli anni 2010-2014 in relazione al reddito di impresa derivante da partecipazione agli utili in società di capitali, annullava i predetti avvisi di addebito rilevava la Corte territoriale che, pur se il D.L. n. 384 del 1992, art. 3 bis faceva riferimento alla totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF , il rapporto previdenziale non poteva prescindere dalla sussistenza di un’attività, di lavoro dipendente o autonomo, che giustifichi la tutela corrispondente, sicché doveva essere riferito esclusivamente all’impresa commerciale o artigiana in relazione alla quale l’assicurato era iscritto alla corrispondente gestione, con esclusione dell’assoggettamento a contribuzione a fini previdenziali di eventuali altri redditi di partecipazione avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’Inps sulla base di unico motivo le controparti non hanno svolto attività difensiva la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata notificata alla parte costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio. Considerato che con unico motivo i ricorrenti deducono, ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. 14 novembre 1992, n. 438, art. 3 bis di conv.ne con modificazioni del D.L. 19 settembre 1992, n. 384 e in connessione con la L. 2 agosto 1990, n. 233 la questione sottoposta al vaglio di questa Corte attiene al fatto se il lavoratore autonomo, iscritto alla gestione previdenziale in quanto svolgente un’attività lavorativa per la quale sussistono i requisiti per il sorgere della tutela previdenziale obbligatoria, debba parametrare o meno il proprio obbligo contributivo a tutti i redditi percepiti nell’anno di riferimento, tenendo conto anche di quelli da partecipazione a società di capitali nella quale egli non svolge attività lavorativa trattasi di questione recentemente affrontata e risolta da Cass. 21540 del 20/8/2019, cui in questa sede si rinvia nella citata pronuncia è stato rilevato che il D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 3 bis convertito con modificazioni dalla L. 14 novembre 1992, n. 438, ha previsto che A decorrere dall’anno 1993, l’ammontare del contributo annuo dovuto per l’soggetti di cui alla L. 2 agosto 1990, n. 233, art. 1, è rapportato alla totalità dei redditi d’impresa denunciati aì finì IRPEF per l’anno al quale i contributi stessi si riferiscono e che con la nuova disposizione rileva la totalità dei redditi d’impresa denunciati ai fini IRPEF, non parlandosi più della sola attività che dà titolo all’iscrizione alla gestione L. n. 233 del 1990, ex art. 1 con una formulazione che realizza un ampliamento della base imponibile contributiva è stato rilevato, altresì, che al fine di individuare quale sia il reddito di impresa rilevante ai fini contributivi, occorre per coerenza di sistema fare riferimento alle norme fiscali, e dunque in primo luogo al testo unico delle imposte sui redditi, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e che il suddetto D.P.R. contiene distinte disposizioni onde qualificare i redditi d’impresa rispetto ai redditi di capitale i primi, a mente dell’art. 55 nel testo post riforma del 2004 sono quelli che derivano dall’esercizio di attività imprenditoriale, mentre l’art. 44, lett. e nel testo post riforma del 2004 ricomprende tra i redditi di capitale gli utili da partecipazione alle società soggette ad IRPEG ora IRES e poiché la normativa previdenziale individua, come base imponibile sulla quale calcolare i contributi, la totalità dei redditi d’impresa così come definita dalla disciplina fiscale e considerato che secondo il testo unico delle imposte sui redditi gli utili derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa, sono inclusi tra i redditi di capitale, ne consegue che questi ultimi non concorrono a costituire la base imponibile ai fini contributivi sulla base delle svolte argomentazioni, essendosi la Corte d’appello conformata ai suddetti principi, il ricorso va rigettato non si procede alla liquidazione delle spese processuali in assenza di svolgimento di attività difensiva ad opera delle parti intimate. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.