Indennità di accompagnamento: occorre valutare le infermità presenti fino al momento della pronuncia giudiziaria

Anche nell’ambito dei procedimenti di cui all’art. 445-bis c.p.c., il giudice, ai fini dell’indennità di accompagnamento, deve valutare in sede giudiziaria tutte le infermità, anche se sopravvenute nel corso del giudizio, fino al momento della pronuncia.

Così si esprime la Suprema Corte con l’ordinanza n. 18265/20, depositata il 3 settembre. Il Tribunale di Firenze, in sede di accertamento tecnico preventivo obbligatorio , dichiarava inammissibile il ricorso proposto dall’attuale ricorrente in vista del riconoscimento del diritto all’ indennità di accompagnamento , poiché non erano state specificate le critiche alla ctu nei motivi della contestazione. La stessa impugnava la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando, tra i diversi motivi, la mancata valutazione degli aggravamenti dedotti e provati in corso di causa tramite il deposito della documentazione medico legale e della certificazione sanitaria in tal senso. La Suprema Corte dichiara fondato il motivo di ricorso prospettato dalla ricorrente, ribadendo il principio in base al quale la previsione oggetto dell’art. 149 disp att. c.p.c. in materia di invalidità pensionabile , il quale impone la valutazione in giudizio di tutte le infermità, anche quelle sopravvenute durante il giudizio, si applica anche ai procedimenti introdotti ai sensi dell’art. 445- bis c.p.c L’applicazione di tale principio impone la necessaria valutazione anche degli aggravamenti incidenti sul complesso invalidante che si sono verificati durante il procedimento amministrativo e giudiziario. Ciò rilevato, la Corte afferma che sussiste l’ obbligo di accertare le infermità presenti fino al momento della pronuncia giudiziaria , anche all’interno dei procedimenti come quello in oggetto, poiché anche se articolati in due fasi eventuali e successive essi sono comunque finalizzati all’accertamento dello stato invalidante fino al momento della decisione del giudice. Non essendo stata valutata la certificazione riguardante l’aggravamento, dunque, i Giudici di legittimità non possono che accogliere il motivo di ricorso e cassare la decisione impugnata in relazione ad esso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 12 giugno – 3 settembre 2020, n. 18265 Presidente Doronzo – Relatore Leone Rilevato che Il tribunale di Firenze in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., con sentenza n. 532/2018 aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto da C.A. , diretto al riconoscimento del diritto alla indennità di accompagnamento. Il Tribunale aveva ritenuto inammissibile la domanda in quanto non specificate le critiche alla ctu nei motivi della contestazione anche ritenendo non ammissibili gli ulteriori accertamenti sanitari di parte ct relativi alle patologie denunciate. Avverso detta decisione il ricorrente aveva proposto ricorso affidato a due motivi cui resisteva l’Inps con controricorso. Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio. Considerato che 1 Con il primo motivo è dedotta la violazione dell’art. 152 disp att. c.p.c., avendo il tribunale condannato la ricorrente alle spese di lite, pur beneficiando quest’ultima dell’esonero dalle spese processuali ex cit. art. 152. 2 Con il secondo motivo è denunciata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 149 disp. att. c.p.c. e art. 445 bis, artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. - 360 n. 3 e 4c.p.c Si duole, il ricorrente, della mancata valutazione ed argomentazione degli aggravamenti dedotti e provati in corso di causa mediante il deposito di documentazione medico legale e di certificazione sanitaria. In particolare il ricorrente richiama la consulenza tecnica allegata attestante un ulteriore aggravamento. Rileva che a riguardo il tribunale avrebbe dovuto, in coerenza con il disposto dell’art. 149 disp. attuaz. c.p.c., disporre nuovi accertamenti essendo intervenuto aggravamento in corso di causa. Quest’ultimo motivo risulta fondato. Questa Corte ha chiarito che la previsione di cui all’art. 149 disp. att. c.p.c., dettata in materia di invalidità pensionabile, che impone la valutazione in sede giudiziaria di tutte le infermità, pur sopravvenute nel corso del giudizio, si applica anche ai giudizi introdotti ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., la cui ratio di deflazione del contenzioso e di velocizzazione del processo, nei termini di ragionevolezza di cui alla Convenzione EDU, ben si armonizza con la funzione dell’art. 149 citato, sicché la sua mancata applicazione vanificherebbe la finalità della novella, creando disarmonie nella protezione dei diritti condizionate dai percorsi processuali prescelti Cass. n. 30860/2019 . Il principio richiamato evidenzia la necessaria valutabilità anche degli aggravamenti incidenti sul complesso invalidante verificatisi nel corso del procedimento amministrativo e giudiziario, la cui interpretazione estensiva in adesione ai precetti costituzionali di razionalità ed uguaglianza, trova giustificazione - oltre che nella constatazione della sussistenza della identità di ratio sotto il profilo dell’attuazione dei principi di economia processuale e della rilevanza del sopravvenire nel corso del giudizio di condizioni dell’azione - nel rilievo di fondo che le discipline sostanziali poste a raffronto previdenziali, di assicurazione sociale contro gli infortuni e di assistenza sociale sono accomunate dall’essere volte a sopperire ad un bisogno indilazionabile dell’assistito, riconosciuto come degno di tutela dall’ordinamento. Risulta in sostanza sussistente l’obbligo di accertare le infermità presenti sino al momento della pronuncia giudiziaria e ciò anche all’interno del procedimento dell’ATP che, pur articolato e strutturato in due fasi eventuali e successive, è comunque finalizzato ad accertare lo stato invalidante sino al momento della pronuncia giudiziale. La mancata valutazione della certificazione relativa all’aggravamento, in contrasto con gli enunciati principi, impone quindi l’accoglimento del motivo ed il rinvio al tribunale per un nuovo esame, anche sulle spese del giudizio di legittimità. Il primo motivo di censura, relativo alla condanna alle spese processuali, risulta assorbito. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di censura, dichiara assorbito il primo motivo. Cassa la sentenza con riguardo al motivo accolto, rinvia al Tribunale di Firenze, diverso Giudice, anche sulle spese del giudizio di legittimità.