L’iscrizione ipotecaria non sospende la prescrizione

L’efficacia interruttiva della prescrizione in relazione al compimento di atti giudiziali si riferisce soltanto agli atti processuali tipici e specificamente enumerati, quali l’atto introduttivo del giudizio o la domanda proposta nel corso del giudizio l’iscrizione dell’ipoteca non è quindi idonea ad interrompere la prescrizione che, peraltro, ha durata quinquennale ai sensi art. 3 l. n. 335/1995 ed in ragione della natura amministrativa della cartella di pagamento e/o dell’avviso di addebito.

Questa la decisione della Corte di Cassazione, espressa con l’ordinanza n. 18305/20, depositata il 3 settembre. L’interruzione della prescrizione ad opera di un’iscrizione ipotecaria. L’ordinanza in commento affronta in maniera sintetica due questioni la prescrizione dei crediti previdenziali vantati da INPS attraverso le cartelle di pagamento o avvisi di addebito , e l’interruzione di detta prescrizione per l’effetto di atti giudiziali. Secondo l’Agenzia delle Entrate, ricorrente in cassazione, la Corte d’Appello avrebbe errato nel non riconoscere l’iscrizione ipotecaria a carico del debitore quale atto interruttivo della prescrizione, dichiarando di conseguenza inesigibile il credito previdenziale inizialmente vantato da INPS e poi fatto oggetto di cartella di pagamento ad opera dell’Agenzia delle Entrate, unico soggetto deputato alla riscossione. Per valutare la congruità della sentenza impugnata, la Corte di Cassazione ragiona in primis sul il tenore letterale degli artt. 2945 e 2943 comma 1 c.c., chiarendo che l’effetto tanto interruttivo quanto sospensivo della prescrizione è da ricollegare alla notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, sia esso di cognizione o esecutivo. Da ciò consegue, ad esempio, che l’atto di pignoramento regolarmente notificato al debitore, in quanto atto introduttivo del giudizio di esecuzione, è idoneo sia ad interrompere che a sospendere la prescrizione, mentre, l’atto di precetto, non avendo natura di atto introduttivo, è idoneo a produrre solo un effetto interruttivo a carattere istantaneo. Di diversa natura ancora è l’iscrizione ipotecaria, la quale non può dirsi né atto introduttivo né atto dell’esecuzione, ad essa quindi può conseguire un effetto interruttivo istantaneo, alla stregua di quanto accade con una costituzione in mora, sempre che l’iscrizione ipotecaria ne integri i contenuti, vale a dire, quando sia riconducibile ad una manifestazione scritta di esercizio e di tutela del diritto da parte del creditore, comunicata personalmente al debitore. Prescrizione dei crediti previdenziali cinque o dieci anni? Chiarita l’inidoneità dell’iscrizione ipotecaria ad interrompere la prescrizione, la Corte di Cassazione passa all’esame del secondo motivo di impugnazione la falsa applicazione dell’art. 2946 c.c. che ha portato la Corte d’Appello ad applicare al caso di specie il termine di prescrizione quinquennale anziché quello ordinario decennale, sebbene si trattasse di crediti iscritti a ruolo ed oggetto di cartelle di pagamento non impugnate dal debitore. Secondo la Suprema Corte, i giudici di secondo grado hanno ben giudicato, attenendosi a principi di diritto consolidati la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione alla cartella di pagamento, di cui all’art. 24 comma 5 d.lgs. 246/1999 pur determinando la decadenza dall’impugnazione, produce l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la conversione del termine di prescrizione breve quinquennale . Il passaggio al termine breve, previsto dall’art 2953, infatti, si applica solo nelle ipotesi in cui si formi un titolo giudiziale definitivo, mentre la cartella, avendo natura amministrativa, non può assumere efficacia di giudicato e quindi non può comportare la conversione del termine di prescrizione. Lo stesso ragionamento vale per l’avviso di addebito dell’INPS che, dal 1.1.2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti previdenziali. Da ciò consegue che, in mancanza di un titolo giudiziale definitivo, che accerti con valore di giudicato l’esistenza di un credito, continua a trovare applicazione anche nei confronti del soggetto riscossore la disciplina della prescrizione prevista dalla l. 335/1995, anziché la regola generale di cui all’art 2946 c.c, ossia prescrizione quinquennale.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 6 luglio – 3 settembre 2020, n. 18305 Presidente Doronzo – Relatore Marchese Rilevato che la Corte d'appello di L'Aquila ha confermato la decisione di primo grado che aveva dichiarato l'estinzione dei crediti INPS oggetto di tre cartelle notificate ad S.A. a fondamento del decisum, la Corte territoriale ha osservato come tra l'ultimo atto interruttivo, intervenuto dopo la notifica delle cartelle medesime id est la notifica di un'iscrizione ipotecaria , e l'intimazione di pagamento opposta fosse intermante decorso il termine quinquennale di prescrizione avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'Agenzia delle Entrate con due motivi l'INPS ha depositato procura speciale è rimasto intimato S.A. è stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio non partecipata. Rilevato che con il primo motivo -ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3- è dedotta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 76 e 77 e dell'art. 2943 c.c., comma 1, e art. 2945 c.c., comma 2, per non avere la Corte di appello riconosciuto all'iscrizione ipotecaria, effettuata a carico del debitore, efficacia sospensiva del decorso del termine di prescrizione, quale atto preordinato e strumentale all'espropriazione immobiliare il motivo è infondato ai sensi del combinato disposto dell'art. 2945 c.c., comma 2, e art. 2943 c.c., comma 1, l'effetto tanto interruttivo quanto sospensivo della prescrizione è da ricollegare alla notificazione dell'atto con il quale si inizia un giudizio, sia questo di cognizione ovvero conservativo o esecutivo si è ritenuto che un tale effetto id est un effetto tanto interruttivo, quanto sospensivo della prescrizione sia da ricollegare all'atto di pignoramento, poichè ad esso consegue l'introduzione di un giudizio di esecuzione tutte le volte in cui l'atto medesimo risulti notificato regolarmente al debitore Cass. n. 8219 del 2002 Cass. n. 3741 del 2017 in motivazione non invece all'atto di precetto, idoneo a produrre solo un effetto interruttivo della prescrizione del relativo diritto di credito a carattere istantaneo Cass. n. 19738 del 2014 Cass. n. 7737 del 2007 l'iscrizione ipotecaria prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 77 non è atto con cui ha inizio si inizia il giudizio esecutivo Cass., sez.un., n. 19667 del 2014 ha avuto modo di osservare come a dispetto della collocazione topografica nel decreto di riferimento e dello stretto legame strumentale che lega iscrizione ipotecaria D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 77 ed espropriazione detta iscrizione non possa definirsi un atto dell'esecuzione il fatto che, secondo la disciplina positiva, non necessariamente l'espropriazione debba seguire all'iscrizione ipotecaria, autorizza a ritenere che quest'ultima sia piuttosto un atto riferito ad una procedura alternativa all'esecuzione forzata vera e propria come avvertito da questa Corte, fin dalle pronunce più lontane nel tempo ex multis, Cass. n. 6517 del 1986 più di recente, invece, Cass. n. 24306 del 2011 , l'art. 2943 c.c. nel prevedere l'efficacia interruttiva della prescrizione in relazione al compimento di atti giudiziali si riferisce soltanto ad atti processuali tipici e specificamente enumerati, quali l'atto introduttivo del giudizio ovvero la domanda proposta nel corso di un giudizio in coerenza con tali premesse, deve escludersi l'efficacia interruttiva permanente all'iscrizione ipotecaria del D.P.R. n. 692 del 1973, ex art. 77 alla medesima iscrizione può riconoscersi, piuttosto, l'idoneità a produrre effetti interruttivi istantanei qualora presenti i connotati dell'atto di costituzione in mora, a norma dell'art. 2943 c.c., comma 4, e cioè se integri una manifestazione scritta di esercizio e di tutela del diritto da parte del creditore, comunicata personalmente al debitore, secondo una valutazione che è oggetto di accertamento rimesso al giudice del merito con il secondo motivo di ricorso -ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3- è dedotta violazione o falsa applicazione dell'art. 2946 c.c., nella parte in cui la sentenza impugnata non ha applicato il termine di prescrizione ordinario decennale ma piuttosto quello quinquennale, pur trattandosi di crediti iscritti a ruolo ed oggetto di cartelle di pagamento non impugnate dal debitore le censure sono inammissibili in relazione all'art. 360 bis c.p.c., poichè la Corte territoriale ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l'esame del motivo non offre elementi nuovi per rimeditare la consolidata elaborazione giurisprudenziale Cass. n. 7155 del 2017 soccorre, in particolare, il principio di diritto enunciato da questa Corte a Sezioni Unite Sez. U. n. 23397 del 2016 , secondo il quale La scadenza del termine - pacificamente perentorio - per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. conversione del termine di prescrizione breve nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10, in quello ordinario decennale , ai sensi dell'art. 2953 c.c Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l'avviso di addebito dell'INPS, che, dall'1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L n. 122 del 2010 in linea con il richiamato principio, e con riferimento al preteso effetto novativo derivante dalla formazione del ruolo, questa Corte è intervenuta affermando che In tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell'Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell'irrinunciabilità della prescrizione pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l'esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, invece che la regola generale sussidiaria di cui all'art. 2946 c.c. Cass. n. 31352 del 2018 , e ciò in conformità alla natura di atto interno all'amministrazione attribuita al ruolo Cass. n. 14301 del 19/06/2009 allo stesso modo, non assume rilievo il richiamo alle norme del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 19, comma 4, e art. 20, comma 6, nella parte in cui è stabilito un termine di prescrizione decennale che questa Corte ha già chiarito essere strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, che in alcun modo può interferire con lo specifico termine di prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore Sez. U. n. 23397 del 2016, Cass. n. 31352 del 2018 in base alle svolte argomentazioni, il ricorso va complessivamente rigettato, non dovendosi invece provvedere in ordine alle spese, in assenza di attività difensiva anche da parte dell'INPS deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.