Lavoratori fuori sede: non tutte le maggiorazioni corrisposte sono indennità di trasferta

L’indennità di trasferta concorre a formare reddito nella misura del 50% del suo ammontare solo se sussistono congiuntamente le seguenti condizioni 1 mancata indicazione nel contratto della sede di lavoro 2 svolgimento di attività lavorativa che richiede continua mobilità 3 corresponsione al dipendente di un’indennità in misura fissa, in relazione allo svolgimento di attività lavorativa in luoghi sempre diversi e variabili .

Così ha precisato la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 16673/20, depositata il 4 agosto, stabilendo quando le somme erogate ai dipendenti debbano essere qualificate indennità di trasferta. Una società ha fatto ricorso in opposizione al verbale di accertamento con cui l’ INPS aveva qualificato come trasfertisti alcuni lavoratori ed assoggettato a contribuzione previdenziale le somme loro erogate a titolo di trasferta , applicando l’art. 51, comma 6, TUIR. Il Tribunale e la Corte d’Appello hanno rigettato l’opposizione, ritenendo che, sebbene nei contratti di lavoro fosse indicata una sede ove prestare l’attività, i lavoratori erano comunque tenuti ad espletare la prestazione in luoghi sempre variabili e diversi , non sostenevano alcuna spesa per gli spostamenti e, comunque, ricevevano un’indennità di trasferta parametrata alla distanza chilometrica del cantiere e corrisposta in misura superiore rispetto alle giornate lavorative. Da tali elementi, pertanto, i giudici di merito hanno dedotto che la trasferta avesse carattere strutturale per l’attività d’impresa e che i dipendenti avrebbero dovuto essere inquadrati come trasfertisti. Avverso la pronuncia la parte soccombente ha presentato ricorso per cassazione , lamentando la violazione dell’art. 51, comma 6, TUIR, risultando dirimente ai fini del decidere le circostanze che nei contratti individuali di lavoro fosse indicata la sede lavorativa, ove la prestazione era occasionalmente resa, e che ai dipendenti veniva corrisposta l’indennità di trasferta solo in relazione all’effettivo svolgimento di attività lavorativa in sede diversa. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ricordando, innanzitutto, che per il calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali si applica quanto sancito dall’art. 51 del TUIR. Tale norma prevede al comma 5 che le indennità percepite per trasferte o missioni fuori dal comune formano reddito solo per la parte eccedente l’importo previsto dalla legge , mentre al comma 6 sancisce che le indennità e maggiorazioni retributive spettanti ai lavoratori che sono per contratto tenuti ad espletare attività in luoghi sempre diversi - anche se corrisposte con continuità – concorrono a formare reddito nella sola misura del 50% del loro ammontare . Il comma 6, poi, è stato oggetto di interpretazione autentica ad opera del D.L. 193/2016, convertito in l. n. 225/2016, secondo cui tale regime trova applicazione solo se sussistano tre condizioni concomitanti, e cioè mancata indicazione nel contratto della sede di lavoro, svolgimento di attività che richieda la mobilità continua del dipendente, corresponsione di una maggiorazione indennitaria in misura fissa, a prescindere dal fatto che il lavoratore si sia effettivamente recato in trasferta. La Suprema Corte ha effettuato una ricognizione giurisprudenziale in proposito, richiamando anche la pronuncia resa dalle Sezioni Unite nel 2017, che, sulla scorta della retroattività della norma autoqualificatasi come di interpretazione autentica”, ne hanno sancito l’aderenza ai principi costituzionali di ragionevolezza, di tutela del legittimo affidamento e di equo processo. Proprio in esito a detta sentenza, infatti, successivamente si è consolidato l’orientamento secondo cui l’articolo 51, comma 6, trova applicazione solo per le indennità corrisposte ai lavoratori per i quali sussistano congiuntamente le seguenti condizioni 1 mancata indicazione nel contratto della sede di lavoro 2 svolgimento di attività lavorativa che richiede continua mobilità 3 corresponsione al dipendente di un’indennità in misura fissa, in relazione allo svolgimento di attività lavorativa in luoghi sempre diversi e variabili . Non essendosi l’indagine di merito svolta informata ai suddetti criteri, avendo ritenuto irrilevanti l’indicazione in contratto della sede di lavoro e la corresponsione di indennità in misura variabile giacché rapportata alle effettive giornate di trasferta, con conseguente qualificazione dei dipendenti interessati come trasfertisti, la Cassazione ha cassato l’impugnata sentenza, rinviando la causa alla Corte di Appello affinché si uniformi ai criteri legali, anche alla luce del nuovo quadro giurisprudenziale.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 19 febbraio – 4 agosto 2020, n. 16673 Presidente Manna – Relatore Buffa Rilevato che 1. Con sentenza del 5.12.13, la Corte d’Appello di Torino ha rigettato l’appello avverso la sentenza del 31.10.12 del tribunale della stessa sede, che aveva, per quel che qui rileva, rigettato l’opposizione della società Tiesse di Goldentir snc al verbale di accertamento con cui l’INPS aveva qualificato trasfertisti alcuni dipendenti ed assoggettato a contribuzione previdenziale le somme corrisposte agli stessi a titolo di trasferta, in applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 51, comma 6 TUIR , per un complessivo importo contributivo di Euro 353.724. 2. In particolare, la corte territoriale ha rilevato che, sebbene in tutti i contratti di lavoro fosse indicata una sede di lavoro, i lavoratori erano tenuti all’espletamento della prestazione in luoghi sempre variabili e diversi, non sostenevano alcuna spesa per gli spostamenti, e ricevevano un’indennità di trasferta parametrata alla distanza chilometrica dal cantiere e tuttavia corrisposta talora in misura superiore rispetto alle giornate lavorative. Da tali elementi la corte territoriale ha dedotto che la trasferta aveva carattere strutturale per l’attività d’impresa e che i lavoratori dovevano essere inquadrati nella categoria dei trasfertisti. 3. Avverso tale sentenza ricorre la società per due motivi, cui resiste l’INPS con controricorso. Considerato che 4. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente - ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - lamenta violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 51, comma 6, TUIR , per avere la sentenza impugnata trascurato che per i lavoratori in questione era indicata nel contratto di assunzione una sede di lavoro, ove parte della prestazione era occasionalmente resa, e che ai lavoratori era corrisposta indennità di trasferta solo in correlazione con l’effettivo svolgimento di attività lavorativa in sede diversa. Sottolinea la ricorrente in particolare che la norma richiamata demandava a decreti ministeriali appositi la determinazione della categoria dei trasfertisti, e che, non essendo questi mai intervenuti, devono trovare applicazione i criteri fissati dai medesimi organi amministrativi Ministero delle Finanze con circolare 326/E del 1997, ripresa dall’INPS con messaggio amm. 027271 del 2008, secondo i quali ai fini dell’applicabilità del richiamato comma 6 devono sussistere congiuntamente le tre condizioni la mancata indicazione nel contratto di assunzione della sede di lavoro, lo svolgimento di un’attività lavorativa che richieda ai lavoratori continui spostamenti, la corresponsione al dipendente di un’indennità in misura fissa, non legata all’effettivo svolgimento dell’attività in trasferta , due della quali almeno nella specie non ricorrenti. 5. Il motivo è fondato. 6. Occorre premettere che la qualificazione delle modalità di espletamento della prestazione di un lavoratore ai fini dell’applicazione del regime della trasferta rilevante ai fini del comma 5 della richiamata norma del TUIR o del regime dei trasfertisti rilevante ai fini del diverso comma 6 è riservata al giudice di merito, la cui valutazione costituisce giudizio di fatto che, se congruamente motivato, non è censurabile dal giudice di legittimità. 7. Spetta invece al giudice di legittimità le precisazione dei criteri legali differenziali tra le due fattispecie. 8. Al riguardo, va preliminarmente ricordato che la L. n. 153 del 1969, art. 12 come sostituito dal D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 6 prevede che per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale si applicano le disposizioni contenute nell’art. 48 oggi, all’esito della riforma del 2004, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. n. 917 del 1986, art. 51 . Ciò posto, l’art. 51, mentre al comma 5 prevede che le indennità percepite per trasferte o le missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente l’importo dalla norma prevista, al comma 6 prevede che le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità, concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare . 9. La norma è stata oggetto di interpretazione autentica con il D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 7-quinquies, conv. in L. 10 dicembre 2016, n. 225 , il quale, nel dettare disposizioni in materia di Interpretazione autentica in materia di determinazione del reddito di lavoratori in trasferta e trasfertisti , ha disposto che Il testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 51, comma 6 debba interpretarsi nel senso che i lavoratori rientranti nella disciplina ivi stabilita sono quelli per i quali sussistono contestualmente le seguenti condizioni a la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro b lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente c la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta . Si è poi precisato al comma 2, che Ai lavoratori ai quali, a seguito della mancata contestuale esistenza delle condizioni di cui al comma 1, non è applicabile la disposizione di cui al testo unico di cui al citato D.P.R. n. 917 del 1986, art. 51, comma 6 è riconosciuto il trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui al medesimo art. 51, comma 5 . 10. Le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 27093 del 15.11.2017, hanno ritenuto la conformità dell’art. 7 quinquies -quale norma retroattiva autoqualificata di interpretazione autentica - ai principi costituzionali di ragionevolezza e di tutela del legittimo affidamento nella certezza delle situazioni giuridiche, oltre che all’art. 117 Cost., comma 1, sotto il profilo del principio di preminenza del diritto e di quello del processo equo di cui all’art. 6 CEDU. 11. All’esito di tale pronuncia la giurisprudenza di questa Sezione della Corte da ultimo Cassazione Sez. L, Sentenza n. 21410 del 14/08/2019, Rv. 654809 - 02, e Sez. L, Ordinanza n. 12648 del 13/05/2019, Rv. 653763 - 01 ha costantemente ritenuto che in materia di trattamento contributivo dell’indennità di trasferta, il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 51, comma 6, secondo l’interpretazione autentica di cui al D.L. n. 193 del 2016, art. 7 quinquies conv., con modif., in L. n. 225 del 2016, si applica ai lavoratori per i quali sussistono contestualmente le seguenti condizioni a la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro b lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità c la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa . 12. Orbene, ai predetti criteri così come individuati da questa Corte ed alla luce dello ius superveniens non risulta essersi informata l’indagine di merito condotta nell’impugnata sentenza dalla Corte d’appello che - ritenendo non rilevante l’indicazione in contratto della sede di lavoro e la corresponsione di indennità in misura variabile e comunque rapportata alle giornate effettive di trasferta - ha qualificato i lavoratori in questione trasfertisti in base, a criterio ormai non più decisivo nel nuovo quadro normativo e giurisprudenziale. 13. Il secondo motivo di ricorso - con il quale la ricorrente lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 27 CCNL Industria Metalmeccanici del 7.5.03 che esclude la natura retributiva dell’indennità di trasferta anche se corrisposta con continuità - resta assorbito. 14. La sentenza impugnata per quanto detto deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. - La Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo per l’effetto cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione anche per spese del giudizio di legittimità.