Assegno di invalidità: l’accertamento del requisito sanitario non può estendersi al riconoscimento del diritto alla prestazione

Il procedimento di cui all’art. 445- bis c.p.c. che deve essere applicato nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap o disabilità estende la propria operatività al solo accertamento di un elemento della fattispecie costitutiva del relativo diritto, e cioè del requisito sanitario.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 13705/20, depositata il 3 luglio. Il Tribunale di Napoli Nord, in sede di procedimento ex art. 445- bis c.p., aveva condannato l’INPS al pagamento dell’ assegno di invalidità a favore dell’attore, riconosciuto meritevole della tutela previdenziale. La decisione è stata impugnata dell’INPS, successivamente veniva depositata proposta ex art. 380- bis c.p.c. con fissazione dell’adunanza in camera di consiglio. Il ricorso solleva la questione dell’ambito di operatività del procedimento di cui all’art. 445- bis c.p.c. che, secondo la consolidata giurisprudenza, deve essere applicato nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap o disabilità per l’accertamento di un solo elemento della fattispecie costitutiva e cioè del requisito sanitario . Di conseguenza, il provvedimento pronunciato in esito al suddetto procedimento non ha efficacia declaratoria sul diritto alla prestazione che sopravviene solo in caso di accertamento positivo degli ulteriori requisiti socio-economici cfr. Cass. Civ. n. 27010/18 . Come sottolinea il Collegio infatti, la scelta del legislatore ha infatti finalizzato il nuovo procedimento all’accertamento della sussistenza o meno delle condizioni sanitarie, lasciando all’INPS la gestione della successiva fase di concreto accertamento degli ulteriori requisiti socio economici strettamente connessi alla prestazione richiesta . In conclusione, il ricorso merita accoglimento nella parte in cui lamenta l’erronea declaratoria da parte del giudice di merito del diritto alla specifica prestazione. La Cassazione accoglie in tali limiti il ricorso e cassa la sentenza nella parte in cui ha condannato l’INPS al pagamento dell’assegno di invalidità.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 28 gennaio – 3 luglio 2020, n. 13705 Presidente Curzio – Relatore Leone Rilevato che Il Tribunale di Napoli nord con la sentenza n. 1453/2018, in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., aveva dichiarato che S.L. era soggetto meritevole dell’assegno di invalidità con decorrenza dal 1.6.2014 ed aveva condannato l’Inps al pagamento in suo favore si tale prestazione. Avverso detta decisione l’Inps proponeva ricorso affidato a due motivi cui resisteva la Salato con controricorso. Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio. Considerato che 1 Con il primo motivo è denunciata la violazione dell’art. 2697 c.c. e della L. n. 118 del 1971, art. 13, anche nel testo sostituito dalla L. n. 247 del 2007, art. l, comma 35, art. 445bis c.p.c art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. , per aver, il tribunale, erroneamente riconosciuto il diritto alla prestazione. 2 Con il secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., della L. n. 118 del 1971, art. 12, per aver il Giudice, erroneamente ritenuto provato il requisito reddituale art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 Entrambi i motivi possono essere trattati congiuntamente poiché attengono all’ambito di operatività del procedimento di cui all’art. 445 bis c.p.c., ed alla finalità dello stesso. Questa Corte ha di recente chiarito che Nelle controversie in materia di invalidità’ civile, cecità’ civile, sordità’ civile, handicap e disabilità’, nonché di pensione di inabilità’ e di assegno di invalidità ai sensi della L. n. 222 del 1984, la pronuncia emessa in esito al giudizio di cui all’art. 445 bis c.p.c., u.c., è per legge destinata a riguardare solo un elemento della fattispecie costitutiva il c.d. requisito sanitario , sicché quanto in essa deciso non può contenere un’efficace declaratoria sul diritto alla prestazione, che è destinata a sopravvenire solo in esito ad accertamenti relativi agli ulteriori requisiti socio-economici. Cass.n. 27010/2018 . L’orientamento richiamato delinea i limiti del procedimento in questione ed i poteri del giudice, diretti all’accertamento del solo requisito sanitario. La scelta del legislatore ha infatti finalizzato il nuovo procedimento all’accertamento della sussistenza o meno delle condizioni sanitarie, lasciando all’Inps la gestione della successiva fase di concreto accertamento degli ulteriori requisiti socio economici strettamente connessi alla prestazione richiesta. Il ricorso merita dunque accoglimento nel suo secondo motivo relativo alla erronea declaratoria del diritto alla specifica prestazione, dovendosi quindi ritenere assorbita la prima censura inerente la mancata valutazione della eccezione relativa all’assenza del requisito reddituale, non essendo, quest’ultima onere del giudice. Chiarito il limite dell’accertamento reso dal giudice nel procedimento in questione, deve darsi atto che comunque la finalità di quest’ultimo era stata realizzata e conseguito positivamente l’oggetto della domanda originaria allorché l’indagine peritale aveva accertato la sussistenza del requisito sanitario utile alla prestazione indicata dalla parte ricorrente. In ragione di ciò deve quindi accogliersi il ricorso di legittimità e cassare la sentenza nella parte in cui ha dichiarato la ricorrente meritevole della prestazione con condanna dell’Inps al pagamento della stessa, restando fermo il requisito sanitario accertato. Attese le precedenti oscillazioni giurisprudenziali di merito e la recente pronuncia di legittimità, le spese del giudizio di legittimità devono essere compensate. Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 legge di stabilità 2013 . P.Q.M. La Corte decidendo sul ricorso, cassa la sentenza nella parte in cui ha condannato l’Inps al pagamento dell’assegno di invalidità. Resta fermo l’accertamento del requisito sanitario utile alla prestazione richiesta. Compensa le spese del giudizio di legittimità.