Mancato aggiornamento professionale per il dipendente, legittima l’assegnazione di compiti minori

Respinta la pretesa risarcitoria avanzata dal lavoratore nei confronti della propria azienda. Corretto, secondo i Giudici, l’ordine di servizio con cui il dipendente è stato trasferito dagli uffici amministrativi al servizio di portineria. Decisiva la constatazione che il lavoratore non abbia conseguito la necessaria professionalizzazione.

Prima inserito negli uffici amministrativi come operatore specializzato e poi, a sorpresa, addetto al servizio di portineria. Evidente il peggioramento per il lavoratore, che però non può sostenere di essere vittima di demansionamento – e quindi addio a ogni ipotesi di risarcimento – poiché il trasferimento deciso dall’azienda è frutto del suo colpevole mancato aggiornamento professionale Cassazione, ordinanza n. 11050/20, sez. VI Civile - Lavoro, depositata il 10 giugno . Casus belli è l’ordine di servizio aziendale con cui il dipendente viene assegnato al servizio di portineria . Così, dopo essere stato ritenuto inidoneo ai servizi di navigazione a causa di problemi di salute ipoacusia ed essere stato assegnato ad uffici di natura amministrativa con inquadramento come ‘operatore specializzato - uffici’ , il lavoratore si ritrova affidato il compito di registrare in un apposito elenco, istituito quotidianamente, tutto il personale che intende accedere ai servizi dell’ufficio . Inevitabile la battaglia legale con l’azienda, poiché il dipendente sostiene di essere vittima di demansionamento professionale e pretende un adeguato risarcimento . La posizione assunta dal lavoratore è ritenuta legittima in primo grado, ma in Appello a sorpresa viene esclusa l’ipotesi del demansionamento. Come si spiega questa decisione? Per i giudici di secondo grado nessun demansionamento può dirsi perpetrato ai danni del lavoratore poiché l’attribuzione di mansioni di matura meramente esecutiva rispetto a quelle corrispondenti al suo profilo di appartenenza è dipesa dal rifiuto dello stesso lavoratore di partecipare ai corsi di aggiornamento professionale, indispensabili per acquisire le conoscenze idonee all’espletamento delle mansioni corrispondenti al suo profilo in ambito aziendale. Inutili le osservazioni proposte dal lavoratore in Cassazione. Inutile, in particolare, la sottolineatura che egli ha svolto per oltre 10 anni le mansioni relative al profilo di ‘operatore specializzato – uffici’ , ne ha acquisito la connessa professionalità e senza che gli sia mai stato alcunché, dal punto di vista disciplinare, in ordine al suo rendimento . Ciò che conta, ribattono dalla Cassazione, è che, come accertato in secondo grado, mai il lavoratore aveva svolto mansioni inerenti alla qualifica di appartenenza per mancanza della necessaria formazione . Evidente, quindi, che solo per sua esclusiva volontà il lavoratore non ha mai svolto le mansioni corrispondenti al proprio profilo di appartenenza, essendosi rifiutato di conseguire la necessaria professionalizzazione . A fronte di questo quadro, è evidente la legittimità dell’ordine di servizio con cui l’azienda ha assegnato il dipendente al servizio di portineria. Impossibile, anche secondo i giudici della Cassazione, parlare di demansionamento.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 4 dicembre 2019 – 10 giugno 2020, numero 11050 Presidente Doronzo – Relatore De Felice Rilevato che la Corte d'appello di Messina, in riforma della pronuncia del Tribunale stessa sede, ha accolto la domanda di Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., rivolta all'annullamento della sentenza di primo grado che aveva riconosciuto in capo ad Anumero Ca. il diritto al risarcimento del danno da demansionamento professionale con decorrenza dall'ordine di servizio del 28 luglio 2010 che ne aveva disposto il trasferimento ad altro servizio la Corte territoriale ha accertato che il Ca., ritenuto inidoneo ai servizi di navigazione a causa di problemi di salute ipoacusia , era stato assegnato ad uffici di natura amministrativa con inquadramento nel profilo F1 Operatore specializzato -Uffici che successivamente, con ordine di servizio del 28 luglio 2010, tenuto conto delle sue residue possibilità di utilizzazione, era stato assegnato al servizio di portineria con il compito di registrare in apposito elenco istituito quotidianamente presso di essa, tutto il personale che intendeva accedere ai servizi dell'ufficio nessun demansionamento poteva dirsi perpetrato ai danni del Ca., atteso che l'attribuzione di mansioni di natura meramente esecutiva rispetto a quelle corrispondenti al proprio profilo di appartenenza, era dipeso dal rifiuto dello stesso lavoratore di partecipare ai corsi di aggiornamento professionale, indispensabili per acquisire le conoscenze idonee all'espletamento delle mansioni corrispondenti al predetto profilo la cassazione della sentenza è domandata da Anumero Ca. sulla base di tre motivi, illustrati da successiva memoria la Società Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. ha resistito con tempestivo controricorso è stata depositata proposta ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio. Considerato che col primo motivo, formulato ai sensi dell'art. 360, co. 1, numero 3 cod. proc. civ., parte ricorrente contesta Erronea interpretazione dell'art. 2013 c.c. da parte della Corte d'appello di Messina nella parte in cui afferma ha ritenuto, invece, questo Collegio, indispensabile l'ammissione della prova testimoniale chiesta da RFI dal momento che ove le circostanze riferite fossero risultate veritiere, sarebbe stata insussistente quella particolare professionalizzazione e acquisizione di conoscenze cui rapportare il demansionamento subito, al fine di accertare l'effettiva sussistenza di un demansionamento, ai sensi dell'art. 2103 c.c. il ricorrente contesta che - pur a prescindere dalla ritenuta rilevanza della testimonianza della dipendente De Domenico Giuseppa, negata dal primo giudice, che aveva riferito dell'inadeguatezza del Ca. nello svolgere le mansioni corrispondenti al proprio profilo d'inquadramento - la Corte d'Appello non avrebbe svolto una corretta valutazione comparativa tra le mansioni appartenenti al profilo professionale F1 Operatori specializzati - formalmente assegnato - e al profilo H Operatori -concretamente rivestito col secondo motivo, formulato ai sensi dell'art. 360, co. 1, numero 3 cod. proc. civ., lamenta Omessa valutazione della circostanza di fatto, non provata, per la quale la mancata partecipazione a corsi di formazione informatica non è da imputare al ricorrente la Società non avrebbe offerto prova documentale dell'indizione di corsi di aggiornamento professionale relativi alla qualifica in oggetto, della conoscenza di tale circostanza da parte del Ca. e del suo conseguente rifiuto di parteciparvi col terzo ed ultimo motivo, formulato ancora ai sensi dell'art. 360, co.1, numero 3 cod. proc. civ., il ricorrente deduce Omessa valutazione della circostanza di fatto per la quale il Ca. dal 1998 al 2010 ha svolto le mansioni relative al profilo F1 di operatore Specializzato Uffici, avendo acquisito la connessa professionalità e senza che gli sia mai stato contestato alcunché dal punto di vista disciplinare in ordine al suo rendimento essendo stato ritenuto dalla Corte territoriale che mai il Ca. aveva svolto mansioni inerenti alla qualifica di appartenenza per mancanza della necessaria formazione, il ricorrente deduce che una tale valutazione avrebbe dovuto essere oggetto di un diverso giudizio avente ad oggetto non già il demansionamento, bensì un procedimento disciplinare per scarso rendimento che, nella specie, non era mai stato attivato dall'Azienda nei confronti dell'odierno ricorrente il primo motivo è inammissibile la censura che contesta al giudice di non aver svolto il giudizio relativo all'equivalenza delle mansioni, tenta di spostare la ratio decidendi su un piano diverso da quello oggetto del giudizio di merito in particolare, la Corte d'appello ha accertato che mai il Ca. aveva svolto le mansioni corrispondenti al proprio profilo di appartenenza per sua esclusiva volontà, essendosi rifiutato di conseguire la necessaria professionalizzazione sotto il dedotto profilo, dunque, le prospettazioni del ricorrente non si confrontano con tale statuizione, limitandosi a dedurre un'apparente violazione di legge, là dove mirano, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dalla Corte territoriale, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito Cass. numero 18721 del 2018 Cass. numero 8758 del 2017 il secondo e il terzo motivo, esaminati congiuntamente per connessione, sono inammissibili dedotti erroneamente quali violazione di legge, essi in realtà lamentano un vizio di motivazione del provvedimento impugnato pur volendo ricondurre le censure alla corretta prospettazione processuale, esse si rivelano inammissibili, atteso che la formulazione delle doglianze da parte del ricorrente contiene la denuncia, non già di un omesso esame di un fatto storico decisivo, bensì di una mancata valorizzazione di risultanze istruttorie, che si assumono erroneamente valutate dalla Corte territoriale la giurisprudenza di questa Corte esclude che l'omesso esame di elementi istruttori da parte del giudice del merito possa integrare, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie Sez. Unumero numero 8053/2014 in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. numero 115 del 2002, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17 della L. numero 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.