I criteri di ripartizione della pensione di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite

La ripartizione del trattamento di reversibilità, in caso di concorso fra coniuge divorziato e coniuge superstite, deve essere effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei rispettivi matrimoni, anche ponderando alla luce della sentenza interpretativa di rigetto della Corte Costituzionale n. 419/1999 ulteriori elementi, correlati alla finalità solidaristica che presiede al trattamento di reversibilità, da individuare facendo riferimento all’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge ed alle condizioni economiche dei due, nonché alla durata delle rispettive convivenze prematrimoniali. Non tutti tali elementi, peraltro, devono necessariamente concorrere né essere valutati in egual misura, rientrando nell’ambito del prudente apprezzamento del giudice di merito la determinazione della loro rilevanza in concreto.

Il caso. La Corte di Cassazione è stata chiamata a giudicare la delicata questione relativa a quali siano i criteri di ripartizione della pensione di reversibilità nel caso di specie, a carico di ENPAM in caso di concorso tra il coniuge divorziato ed il coniuge superstite, con particolare riferimento alla rilevanza della durata della convivenza prematrimoniale tra quest’ultimo ed il de cuius , anche se in parte coincidente con il periodo di durata della separazione legale. In primo grado, il Tribunale di Siracusa aveva determinato la quota spettante al coniuge divorziato in misura pari al 35% del trattamento erogato al coniuge superstite, mentre la Corte d’Appello di Catania, in riforma di tale sentenza, aveva riconosciuto al primo una quota pari ai due terzi del predetto trattamento, ritenendo - secondo quanto stabilito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 158/1998 - che si dovesse considerare irrilevante il periodo di convivenza more uxorio tra il de cuius ed il coniuge superstite, poiché il matrimonio precedente non era ancora cessato. I criteri di ripartizione della pensione di reversibilità. La Suprema Corte ha ritenuto di aderire a quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 149/1999, secondo cui la mancata considerazione di qualsiasi correttivo nell’applicazione del criterio matematico di ripartizione sarebbe iniquo, poiché renderebbe possibile, paradossalmente, che il coniuge superstite consegua una quota di pensione del tutto inadeguata alle più elementari esigenze di vita, mentre l’ex coniuge potrebbe conseguire una quota di pensione del tutto sproporzionata all’assegni in precedenza goduto, senza che il Tribunale possa tenere conto di altri criteri per ricondurre ad equità la situazione. Gli Ermellini ricordano infatti che il criterio della durata dei rispettivi rapporti matrimoniali non può arrestarsi ad una mera valutazione letterale di tale dato, che è imprescindibile e a cui può essere dato valore preponderante, ma non può diventare esclusivo nell’apprezzamento del giudice, a pena di ridursi ad un mero calcolo matematico. Pertanto, in caso di concorso fra coniuge divorziato e coniuge superstite, aventi entrambi i requisiti per la relativa pensione, la ripartizione tra gli stessi deve essere effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei rispettivi matrimoni, anche ponderando ulteriori elementi correlati alla finalità solidaristica che presiede al trattamento di reversibilità, da individuare facendo riferimento all’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge ed alle condizioni economiche dei due, nonché alla durata delle rispettive convivenze prematrimoniali, con la precisazione che non tutti tali elementi devono necessariamente concorrere né essere valutati in egual misura, rientrando nell’ambito del prudente apprezzamento del giudice di merito la determinazione della loro rilevanza in concreto. La convivenza prematrimoniale. Ribadito che il criterio del mero raffronto della durata dei rapporti matrimoniali non può diventare l’unico parametro di valutazione, la Corte di Cassazione ha precisato che per essere valutata quale indice sintomatico della funzione di sostegno economico assolta dal dante causa nel corso della propria vita mediante la condivisione dei propri beni con la persona diventata coniuge, la convivenza prematrimoniale non può essere esclusa nella parte coincidente con il periodo di separazione legale che ha preceduto il divorzio. Ciò non equivale a negare che il vincolo matrimoniale durante la separazione dei coniugi sia ancora in vita, ma significa attribuire alla convivenza prematrimoniale e non semplicemente more uxorio la funzione di indice correttivo da inserire all’interno del complessivo giudizio volto all’adeguata determinazione delle quote.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 21 gennaio – 28 aprile 2020, n. 8263 Presidente Manna – Relatore Calafiore Rilevato che D.A. , coniuge divorziata del Dottor Ca.Mi. , deceduto il omissis , convenne in giudizio, in data 15 luglio 2010, C.V. , coniuge superstite del Ca. , e l’E.N.P.A.M., quale ente erogatore della pensione di reversibilità relativa all’ex coniuge, chiedendo determinarsi nella misura del 70% la quota di propria spettanza di tale pensione, con condanna della fondazione ENPAM alla corresponsione di quanto maturato sin dal 1.1.2000 ciò in considerazione del fatto che il matrimonio era stato contratto nell’anno 1971 e che l’ex coniuge defunto le aveva corrisposto un assegno divorzile pari a Lire due milioni si costituì C.V. , rilevando a che la domanda era stata presentata alla fondazione ENPAM tardivamente, ai sensi dell’art. 17, punto 4 , del relativo Regolamento, con la conseguenza che, essendo trascorso il termine di cinque anni dal decesso dell’assicurato, gli arretrati andavano limitati a cinque annualità della pensione maturata, quest’ultima decorrente dalla data della domanda e senza rivalutazione b in ogni caso, eccepiva la prescrizione quinquennale dei ratei maturati prima del quinquennio dalla data della domanda c nel merito, osservava che la determinazione della quota dovesse avvenire integrando il criterio della durata del matrimonio, previsto dalla L. n. 898 del 1970, art. 9, comma 3, con gli ulteriori criteri della comparazione delle condizioni dei soggetti coinvolti nella vicenda, della considerazione del tenore di vita che il de cuius aveva assicurato al coniuge superstite, nonché dell’esistenza di un congruo periodo di convivenza precedente al secondo matrimonio, compreso tra il omissis data del secondo matrimonio il Tribunale di Siracusa determinò nella misura del 35% del trattamento erogato alla coniuge superstite la quota spettante alla D. la Corte di appello di Catania, in riforma della sentenza di primo grado, appellata dalla D. in via principale ed in via incidentale dalla C. , ha riconosciuto alla prima una quota pari ai due terzi del trattamento spettante alla coniuge superstite, ritenendo che si dovesse considerare, in sintonia con la sentenza delle SS.UU. di questa Corte n. 158 del 1998 e con la perdurante operatività del principio secondo il quale non rileva la convivenza more uxorio se il matrimonio precedente non è ancora formalmente cessato, il periodo di durata dei due matrimoni senza considerare gli ulteriori possibili elementi di valutazione, posta la mancanza di reali differenze tra le parti inoltre, pur confermando il rigetto dell’eccezione di prescrizione quinquennale dei ratei pretesi, ha accolto l’eccezione di inammissibilità della domanda della D. basata sull’art. 17, punto 4 , Regolamento ENPAM, ravvisando l’interesse della C. ad ottenere tale pronuncia con l’effetto di limitare la condanna dell’ENPAM al pagamento dei ratei maturati nel quinquennio precedente, riducendosi così l’importo che avrebbe dovuto restituire alla fondazione ENPAM avverso tale sentenza, ricorre per cassazione C.V. affidandosi ad un articolato motivo illustrato da memoria ha depositato atto di costituzione D.A. non svolge difese l’ENPAM. Considerato che preliminarmente deve rilevarsi l’inammissibilità dell’atto di costituzione di D.A. , datato 4 marzo 2015, non notificato alla ricorrente nel giudizio di cassazione, infatti, è inammissibile una memoria di costituzione depositata dalla parte intimata dopo la scadenza del termine di cui all’art. 370 c.p.c. e non notificata al ricorrente così da non potersi qualificare come controricorso, seppur tardivo , atteso che non è sufficiente il mero deposito perché l’atto possa svolgere la sua funzione di strumento di attivazione del contraddittorio rispetto alla parte ricorrente, la quale, solo avendone acquisito legale conoscenza, è in condizioni di presentare le sue osservazioni nelle forme previste dall’art. 378 c.p.c Ne consegue, pertanto, che la procura speciale rilasciata in calce all’anzidetta memoria non sia valida, restando priva di efficacia l’autenticazione del difensore, il cui potere certificativo è limitato agli atti specificamente indicati nell’art. 83 c.p.c., comma 3 Cass. SS.UU. Ordinanza n. 10019 del 10/04/2019 Cass. 20322 del 2019 con unico ed articolato motivo di ricorso, richiamando l’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 , C.V. deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, artt. 5 e 9 come modificati dalla L. n. 74 del 1987 , nonché omessa motivazione su un punto decisivo in particolare, la ricorrente lamenta che la Corte d’appello di Catania abbia del tutto disatteso le indicazioni interpretative emergenti sia dalla pronuncia della Corte Costituzionale n. 419 del 1999 che dalla giurisprudenza di legittimità espressa dalle sentenze di questa Corte di cassazione nn. 11226 del 2013, 17636 del 2012, 25174 del 2011, 23670 del 2011, n. 25564 del 2010, che hanno fissato il principio secondo il quale occorre ponderare, oltre alla durata dei matrimoni, anche altri elementi correlati alla finalità solidaristica che presiede al trattamento di reversibilità, da individuare nell’ambito della L. n. 898 del 1970, art. 5, in relazione alle condizioni economiche dei soggetti interessati ed alla durata delle rispettive convivenze prematrimoniali la sentenza impugnata si sarebbe invece ispirata al diverso e superato orientamento espresso da Cass. SS. UU. n. 159 del 12 gennaio 1989, in nome di una affermata esigenza di coerenza tra la normale irrilevanza della convivenza more uxorio e la necessità di confermare il valore legale del vincolo matrimoniale, anche durante la fase della separazione dei coniugi che precede il divorzio la ricorrente evidenzia anche che la Corte territoriale ha del tutto omesso di prendere in considerazione i fatti dedotti a sostegno della precaria condizione economica del nucleo familiare del dottor Ca. successivamente al decesso dello stesso, attesa la presenza di una figlia nata nell’anno 1995 e la instabile e poco remunerata attività di lavoro della coniuge superstite va chiarito che il riferimento al vizio di motivazione nella forma della omessa motivazione su un punto decisivo, non rispondente alla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 è solo enunciato e difetta di contenuto assertivo per cui non vi è luogo a disamina il motivo, epurato dai cennati riferimenti, è fondato Corte Costituzionale n. 149 del 1999 ha affermato che la mancata considerazione di qualsiasi correttivo nell’applicazione del criterio matematico di ripartizione renderebbe possibile, paradossalmente, che il coniuge superstite consegua una quota di pensione del tutto inadeguata alle più elementari esigenze di vita, mentre l’ex coniuge potrebbe conseguire una quota di pensione del tutto sproporzionata all’assegno in precedenza goduto, senza che il tribunale possa tener conto di altri criteri per ricondurre ad equità la situazione dunque, la Corte Costituzionale ha indicato la diversa interpretazione, già presente sia in giurisprudenza di legittimità che in dottrina, secondo la quale la ripartizione della pensione di reversibilità tra il coniuge superstite e l’ex coniuge deve essere disposta tenendo conto della durata dei rispettivi rapporti matrimoniali L. n. 898 del 1970, art. 9, comma 3 . A questa espressione non può essere tuttavia attribuito un significato diverso da quello letterale il giudice deve tenere conto dell’elemento temporale, la cui valutazione non può in nessun caso mancare anzi a tale elemento può essere riconosciuto valore preponderante e il più delle volte decisivo, ma non sino a divenire esclusivo nell’apprezzamento del giudice, la cui valutazione non si riduce ad un mero calcolo aritmetico la giurisprudenza di legittimità ha consolidato il principio secondo cui la ripartizione del trattamento di reversibilità, in caso di concorso fra coniuge divorziato e coniuge superstite, aventi entrambi i requisiti per la relativa pensione, deve essere effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei rispettivi matrimoni, anche ponderando alla luce della sentenza interpretativa di rigetto della Corte Costituzionale n. 419 del 1999 ulteriori elementi, correlati alla finalità solidaristica che presiede al trattamento di reversibilità, da individuare facendo riferimento all’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge ed alle condizioni economiche dei due, nonché alla durata delle rispettive convivenze prematrimoniali. Non tutti tali elementi, peraltro, devono necessariamente concorrere nè essere valutati in egual misura, rientrando nell’ambito del prudente apprezzamento del giudice di merito la determinazione della loro rilevanza in concreto cfr. fra le molte pronunce conformi di questa Corte Cass. civ., sezione 1, n. 18461 del 14 settembre 2004, n. 6272 del 30 marzo 2004, n. 26358 del 7 dicembre 2011 Cass. n. 16093 del 2012 quest’ultima sentenza contiene, per quanto qui maggiormente rileva, anche la constatazione che la giurisprudenza di legittimità ha ammesso la . facoltà, per il giudice di merito, di integrare il criterio legale della durata dei matrimoni con correttivi di carattere equitativo applicati con discrezionalità. Fra tali correttivi ha compreso la considerazione della durata della eventuale convivenza prematrimoniale del coniuge supersite e dell’entità dell’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge, senza mai confondere, però, la durata della prima con quella del matrimonio . ” nel caso di specie, la sentenza impugnata ha ritenuto che la convivenza prematrimoniale della C. con il Ca. non potesse essere valutata integralmente in quanto mera convivenza more uxorio, recessiva rispetto al permanere del vincolo matrimoniale della fase della separazione precedente al divorzio ed, inoltre, ha reciprocamente annullato le differenze di condizioni economiche tra le parti ritenendole, con formula semplificata, equivalenti così facendo, tuttavia, non ha utilizzato i dati storici acquisiti al processo, relativi appunto alla durata effettiva della convivenza prematrimoniale ed alle concrete condizioni delle parti, al fine di evitare che il criterio del mero raffronto della durata dei rapporti matrimoniali diventasse l’unico parametro di valutazione la convivenza prematrimoniale, in particolare, per essere valutata quale indice sintomatico della funzione di sostegno economico assolta dal dante causa nel corso della propria vita mediante la condivisione dei propri beni con la persona poi divenuta coniuge, non può essere artificialmente parcellizzata solo perché, in parte, coincidente con il periodo di separazione legale che ha preceduto il divorzio ciò non equivale a negare che il vincolo matrimoniale durante la separazione dei coniugi sia ancora in vita, ma significa attribuire alla convivenza prematrimoniale e non semplicemente more uxorio la funzione di indice correttivo da inserire all’interno del complessivo ed articolato giudizio che deve condurre alla adeguata determinazione delle quote dunque, sia la convivenza prematrimoniale del Ca. e della C. , seppure in parte coincidente con il periodo di durata della separazione legale, che le effettive situazioni economiche delle due parti avrebbero dovuto essere valutate quali correttivi del risultato derivante dalla rigida applicazione del criterio principale invece, la sentenza impugnata ha negato a tali indici concreta efficacia, ritenendo prevalente e non suscettibile di correzione il criterio legale della durata formale del vincolo matrimoniale conclusosi con il divorzio, che ha finito per essere reputato l’unico criterio utilizzabile si è, in altri termini, disconosciuta la finalità cui deve tendere, per rispettare i canoni costituzionali imposti dall’art. 38 Cost., l’indagine relativa al confronto tra il criterio principale ed i criteri correttivi, criteri questi ultimi che, data la loro funzione, non possono essere neutralizzati tale interpretazione, infatti, finirebbe inevitabilmente per prediligere una tecnica di soluzione della questione esclusivamente fondata sul dato formale della durata dei rispettivi vincoli matrimoniali, ma tale opzione è ormai stata superata dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità sopra citata, posto che della L. n. 898 del 1970, art. 9, comma 3, non può essere interpretato se non nel senso di richiedere al giudice, nella sostanza, di adottare i necessari correttivi al criterio della durata dei matrimoni, traendoli dalle stesse indicazioni contenute nella L. n. 898 del 1970, art. 5, che rilevano quali segnali eloquenti della più adeguata realizzazione della finalità solidaristica sottesa all’istituto del trattamento pensionistico di reversibilità la sentenza impugnata ha del tutto disatteso il principio interpretativo appena delineato, seppure formalmente dando atto della sua esistenza, dal momento che non ha proceduto alla formulazione del composito giudizio di cui sopra limitandosi ad una mera riproposizione del calcolo aritmetico della durata dei rapporti matrimoniali e di una porzione della convivenza prematrimoniale, già valutato dalla giurisprudenza costituzionale sopra ricordata come non conforme a Costituzione la sentenza impugnata deve, dunque, essere cassata in parte qua, atteso che non è stata impugnata la parte della sentenza che ha visto soccombente la D. relativamente all’appello incidentale proposto dalla C. , con rinvio alla Corte d’appello di Messina che procederà all’esame della fattispecie facendo applicazione del principio sopra indicato e regolerà anche le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in parte qua e rinvia alla Corte d’appello di Messina anche per le spese del giudizio di legittimità.