TFR: chi lo paga in caso di trasferimento d’azienda?

In caso di trasferimento d’azienda, in presenza di un coobbligato solidale al pagamento del credito retributivo, quale è l'impresa cessionaria, non si giustifica l'intervento a carico del Fondo di Garanzia, salvo che non venga dimostrata l'insolvenza dello stesso cessionario.

Lo sostiene la Corte di Cassazione nell’ordinanza 1534/2020, depositata il 23 gennaio. La fattispecie. Un dipendente di una società fallita passava a un’altra srl a seguito del trasferimento d’azienda operato dalla società sua originaria datrice di lavoro. Rassegnava, poi, le dimissioni e si insinuava nel passivo par ottenere quanto a lui spettante a titolo di TFR. La Corte d’Appello di Brescia riteneva obbligatorio il pagamento da parte del Fondo di Garanzia e riformava la sentenza di primo grado, in base all’orientamento secondo cui il massimale non può superare tre volte il massimo dell’indennità di cassa integrazione straordinaria. L’INPS ricorre in Cassazione. Il Fondo di Garanzia non interviene se L'Istituto ricorrente deduce che, in presenza di un coobbligato solidale al pagamento del credito retributivo, quale è l'impresa cessionaria, non si giustificherebbe l'intervento a carico del Fondo di Garanzia, salvo che non venga dimostrata l'insolvenza dello stesso cessionario lamenta, poi, che la Corte territoriale abbia accolto la domanda dell'assicurato diretta ad ottenere il pagamento delle ultime tre mensilità di retribuzione maturate nei confronti del datore di lavoro cedente, senza curarsi che ostava a detto accoglimento la continuazione senza soluzione di continuità del rapporto di lavoro con l'azienda subentrante. La Cassazione accoglie il ricorso poiché il TFR diventa esigibile solo al momento della cessazione del rapporto, la circostanza che i ratei maturati fino al momento della cessione d'azienda siano stati erroneamente ammessi allo stato passivo nella procedura fallimentare del datore di lavoro cedente non vincola l'istituto previdenziale. Quest’ultimo, in quanto estraneo alla procedura, deve poter contestare il credito vantato a titolo di TFR affermandone l'inesigibilità, anche parziale. Se il rapporto di lavoro prosegue con la cessionaria senza soluzione di continuità Nel caso di specie, il Giudice dell'appello ha accertato che l’uomo aveva depositato istanza di insinuazione al passivo quando non era già più dipendente della società fallita. Anche se, nella stessa data, il lavoratore aveva dato le dimissioni dall'impresa cessionaria, l’uomo aveva continuato a lavorare per la cessionaria senza soluzione di continuità. Di conseguenza, al momento dell'insinuazione al passivo, il lavoratore non aveva maturato nessun credito, né a titolo di TFR né a titolo di ultime mensilità retributive, essendo il rapporto di lavoro proseguito con la cessionaria fino alle sue dimissioni. Seguendo questo ragionamento, la Suprema Corte ritiene che non si possa ritenere coobbligato l'Inps l'esigibilità del TFR si è determinata solo al momento della cessazione del rapporto, circostanza, quest'ultima, il cui accertamento riveste un'importanza determinante ai fini della verifica delle concrete modalità di realizzazione della cessione d'azienda. Il ricorso va, pertanto, accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di Appello di Brescia, in diversa composizione, la quale deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. VI civile - L, ordinanza 19 giugno 2019 – 23 gennaio 2020, n. 1534 Presidente Doronzo – Relatore De Felice Rilevato che la Corte d’appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza di prime cure, ha disposto la riduzione dell’importo - posto a carico del Fondo di Garanzia - riconosciuto dal Tribunale a favore di L.R. , dipendente 1995 - 2012 della Società La.Fer. Edil, di F.E. e A. S.n.c., dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Brescia del 6 giugno 2013 la Corte territoriale ha accertato che nel giugno del 2012 la Società aveva ceduto l’azienda alla New Fer s.r.l. alle cui dipendenze era passato il lavoratore e che, nell’ottobre 2013 il lavoratore aveva rassegnato le sue dimissioni dalla stessa New Fer nello stesso ottobre del 2013, il L. aveva depositato istanza di insinuazione al passivo con riferimento ad emolumenti maturati alle dipendenze della La.Fer. Edil di F.E. e A. S.n.c. per l’ammontare di Euro 16.018,54 a titolo di quota di T.F.R. ed Euro 3.885,52 a titolo di ultime tre mensilità di retribuzione maturate richiamandosi all’orientamento di legittimità in materia di applicazione del principio di solidarietà nell’ipotesi di trasferimento d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c., la Corte d’appello ha ritenuto obbligato al pagamento il Fondo di garanzia ha quindi riformato la sentenza di primo grado con riferimento alla quantificazione per difetto delle ultime 3 retribuzioni maturate Euro 3.357 , ritenendo che il Tribunale avesse condannato l’Inps al pagamento di una somma superiore rispetto al massimale di legge, che il D.Lgs. n. 80 del 1992, art. 2, comma 2, stabilisce non possa superare tre volte il massimo dell’indennità di cassa integrazione straordinaria la cassazione della sentenza è domandata dall’Inps sulla base di due motivi, illustrati da successiva memoria L.R. ha opposto difese con tempestivo controricorso è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio. Considerato che col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Istituto ricorrente deduce che in presenza di un coobbligato solidale al pagamento del credito retributivo, quale è l’impresa cessionaria, non si giustificherebbe l’intervento a carico del Fondo di Garanzia, salvo che non venga dimostrata l’insolvenza dello stesso cessionario col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Inps lamenta, in via subordinata, che la Corte territoriale abbia accolto la domanda dell’assicurato diretta ad ottenere il pagamento delle ultime tre mensilità di retribuzione maturate nei confronti del datore di lavoro cedente, senza curarsi che ostava a detto accoglimento la continuazione senza soluzione di continuità del rapporto di lavoro con l’azienda subentrante i motivi, esaminati congiuntamente, in quanto fondati entrambi sul presupposto dell’inesistenza di un’obbligazione a carico del Fondo di Garanzia, devono essere accolti la statuizione della Corte territoriale secondo cui, una volta divenuto esecutivo lo stato passivo da cui risulti un credito del dipendente dell’impresa fallita ciò vincolerebbe l’Inps a prescindere dalla sua partecipazione alla procedura concorsuale, si ispira a una giurisprudenza di legittimità Cass. n. 24730 del 2015 a cui sono seguite varie altre decisioni che ne hanno compiuto una profonda rivisitazione da ultimo, in particolare cfr. Cass. n. 14348 del 2019 l’orientamento oggi prevalente sostiene Cass. n. 30804 del 2018 che la L. n. 297 del 1982, art. 2 e D.Lgs. n. 82 del 1990, art. 2 si riferiscono all’ipotesi in cui sia stato dichiarato insolvente e ammesso alle procedure concorsuali il datore di lavoro che è tale al momento in cui la domanda di insinuazione al passivo viene proposta stabilisce inoltre che, poiché il T.F.R. diventa esigibile solo al momento della cessazione del rapporto, la circostanza che i ratei maturati fino al momento della cessione d’azienda siano stati erroneamente ammessi allo stato passivo nella procedura fallimentare del datore di lavoro cedente non vincola l’istituto previdenziale, il quale in quanto estraneo alla procedura, deve poter contestare il credito vantato a titolo di T.F.R. affermandone l’inesigibilità, anche parziale, col che neppure la garanzia prevista dalla L. n. 297 del 1982 ha modo di operare cfr. in tal senso, ex multis, Cass. n. 30804 e n. 29363 del 2018 nel caso in esame, il giudice dell’appello ha accertato che il L. aveva depositato istanza di insinuazione al passivo nell’ottobre 2013, quando non era già più dipendente della Società fallita Società La.Fer. Edil di F.E. e A. S.n.c. è pur vero che nella stessa data il lavoratore aveva dato le dimissioni dall’impresa cessionaria, ma è altrettanto vero che l’Inps aveva contestato in radice la sussistenza dei crediti, rilevando come, a seguito della intervenuta cessione della Società La. Fer. Edil di F.E. e A. S.n.c. e prima ancora dell’affitto della stessa alla New Fer. S.r.l. , il lavoratore aveva continuato a lavorare per la cessionaria senza soluzione di continuità, di tal che, al momento dell’insinuazione al passivo, il lavoratore non aveva maturato nessun credito, né a titolo di T.F.R. né a titolo di ultime mensilità retributive, essendo il rapporto di lavoro proseguito con la New Fer. S.r.l. fino alle sue dimissioni di tale prospettazione dell’odierno ricorrente la Corte territoriale non ha tenuto conto in motivazione, ritenendo coobbligato l’Inps sebbene l’esigibilità del T.F.R. si fosse determinata solo al momento della cessazione del rapporto, circostanza, quest’ultima, il cui accertamento riveste un’importanza determinante ai fini della verifica delle concrete modalità di realizzazione della cessione d’azienda cfr. ex multis Cass. n. 29363 del 2018 Cass. n. 1977 del 2018 Cass. n. 28136 del 2018 lo stesso accertamento di merito deve ritenersi necessario anche con riferimento alla maturazione delle ultime retribuzioni mensili, il cui riconoscimento si fonda sui medesimi presupposti della concreta insolvenza dell’originario datore di lavoro, e della eventuale prosecuzione del rapporto di lavoro presso il cessionario senza soluzione di continuità v. Cass, n. 14348/2019 in definitiva il ricorso va accolto la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, la quale deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità in considerazione dell’esito del giudizio, si dà atto che non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.