L’avvocato è soggetto all’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata INPS?

Sussiste l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata INPS per gli avvocati non iscritti obbligatoriamente alla Cassa di previdenza forense alla quale abbiano versato esclusivamente un contributo integrativo per l’iscrizione all’albo.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 1000/20, depositata il 17 gennaio. Il fatto. La Corte d’Appello de L’Aquila, in accoglimento del gravame dell’INPS e in riforma della pronuncia di prime cure, respingeva la domanda di un avvocato volta ad accertare l’illegittimità dell’iscrizione d’ufficio alla Gestione Separata INPS e della domanda di pagamento dei relativi contributi. L’avvocato ha proposto ricorso per cassazione dolendosi, per quanto di interesse, della violazione di legge per aver la Corte territoriale ritenuto sussistente l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata INPS per il reddito prodotto nonostante fosse inferiore alla soglia reddituale prevista dai regolamenti di Cassa Forense ratione temporis vigenti. Gestione Separata. Richiamando la costante giurisprudenza, il Collegio ricorda che sussiste l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata INPS per gli avvocati non iscritti obbligatoriamente alla Cassa di previdenza forense alla quale abbiano versato esclusivamente un contributo integrativo per l’iscrizione all’albo, versamento al quale non consegue la costituzione di alcuna posizione previdenziale. L’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata di cui all’art. 2, comma 26, cit. è infatti rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante da esercizio abituale anche se non esclusivo di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo o ad un elenco. L’obbligo viene meno solo se il reddito prodotto è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento. In conclusione, la Corte rigetta il ricorso avendo la pronuncia impugnata correttamente applicato i summenzionati principi.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 24 settembre 2019 – 17 gennaio 2020, n. 1000 Presidente Curzio – Relatore Marchese Rilevato che con sentenza n. 1014 del 21.12.2017, la Corte d’appello di L’Aquila, in accoglimento del gravame dell’INPS ed in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda di M.C. , libero professionista iscritto all’Albo degli avvocati, volta ad accertare l’illegittimità dell’iscrizione d’ufficio alla Gestione Separata INPS, con decorrenza 1.1.2009, e della domanda di pagamento dei relativi contributi avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione M.C. deducendo due motivi di censura ha resistito l’INPS con controricorso è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio. Considerato che con il primo motivo di censura, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, perché insussistente e non provato l’elemento costitutivo di abitualità della professione svolta secondo la deduzione di parte ricorrente, la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto integrato il requisito dell’abitualità sulla base di un reddito IRPEF di Euro 1723,00 a fondamento della censura, ha anche richiamato il D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2 il motivo si arresta ad un rilievo di inammissibilità la questione prospettata non risulta affrontata dalla sentenza impugnata, nè parte ricorrente precisa dove, come e quando la stessa abbia avuto accesso al thema decidendum del giudizio di merito cfr. ex plurimis, Cass. n. 2443 del 2016 il generico riferimento al contenuto dell’atto di appello riportato al 2 cpv. di pag. 2 del ricorso in cassazione non soddisfa gli oneri di specificazione imposti dal combinato disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 6, e art. 369 c.p.c., n. 4 con il secondo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione della L. 576 del 1980, della L. n. 6 del 1952, art. 1, della L. n. 335 del 1995, art. 2, come interpretata dal D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12 secondo il ricorrente la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere sussistente l’obbligo di iscrizione presso la Gestione separata INPS per il reddito prodotto nell’esercizio della professione, seppure inferiore alla soglia reddituale prevista dai regolamenti della Cassa Forense, ratione temporis vigenti, e per i quali aveva versato unicamente il contributo integrativo e non anche quello soggettivo il motivo è infondato questa Corte, in coerenza con quanto già espresso da Cass. n. 30344 del 2017 e numerose altre in relazione alla categoria professionale degli ingegneri ed architetti, ha affermato che sussiste l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata presso l’Inps per gli avvocati non iscritti obbligatoriamente alla Cassa di previdenza forense alla quale hanno versato esclusivamente un contributo integrativo in quanto iscritti agli albi, cui non consegue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio v. Cass. n. 32608 del 2018, seguita da Cass., n. 32167 del 2018, Cass. n. 519 del 2019 e Cass. n. 3799 del 2019 l’obbligo di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, di iscrizione alla Gestione Separata è, infatti, rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante dalli esercizio abituale anche se non esclusivo di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo o ad un elenco, anche se il medesimo soggetto svolge altre diverse attività, per cui risulta già iscritto ad altra gestione tale obbligo viene meno solo se il reddito prodotto dall’attività professionale predetta è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento Cass. n. 3799 cit. la Corte di appello ha deciso la controversia in modo conforme all’indicato principio di diritto per cui la sentenza impugnata va esente dalle mosse censure il ricorso deve, pertanto, rigettarsi la novità della questione principale sulla sussistenza dell’obbligo contributivo determina la compensazione delle spese del giudizio di legittimità v. Cass. n. 3799 del 2019 sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.