Il giudicato che ridetermina l’indennità di mobilità preclude il medesimo riesame nel giudizio successivo

Qualora due giudizi tra le stesse parti facciano riferimento al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto accertato e risolto, pur ove il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo e ciò riguarda anche i rapporti di durata indennità di mobilità .

Così ha chiarito la Cassazione con l’ordinanza n. 400/20, depositata il 13 gennaio. Il fatto. Nell’ambito di un contenzioso sorto per la rideterminazione dell’indennità di mobilità spettante ad un lavoratore, la Corte territoriale ha ritenuto non estendibili alla fattispecie sottoposta al suo esame gli effetti derivanti dal passaggio in giudicato della sentenza intercorsa tra le medesime parti ed avente ad oggetto la domanda di rideterminazione della medesima indennità di mobilità rapportata al massimale superiore nel periodo immediatamente precedente quello in esame. A parere della Corte d’Appello, la sentenza passata in giudicato non aveva accertato la natura degli emolumenti oggetto di domanda e neppure la disciplina del calcolo della retribuzione percepita dal lavoratore al fine di verificare l’importo dovuto a titolo di indennità di mobilità e dunque non era idonea a precludere successivamente il medesimo accertamento tra le parti. Avverso la decisione ricorre in Cassazione il lavoratore lamentando la violazione dell’art. 324 c.p.c., essendo nell’ipotesi di un rapporto di durata connotato da obbligazioni periodiche di pagamento, in relazione ad un segmento del quale è già intervenuta pronuncia giudiziale, divenuta cosa giudicata formale che ha acclarato l’accertamento di una retribuzione globale di fatto. Effetti della sentenza passata in giudicato. La Cassazione, ritenendo fondato il motivo, sottolinea che la Corte territoriale ha escluso l’efficacia del giudicato della precedente sentenza che aveva avuto ad oggetto l’accertamento del diritto all’indennità di mobilità relativa al periodo precedente a quello rivendicato nel presente giudizio. La Corte d’Appello inoltre ha ritenuto che un nuovo accertamento sui presupposti di fatto del diritto al pagamento delle differenze sul trattamento di mobilità non fosse precluso dalla sopracitata sentenza. La Corte, chiarendo che l’indennità di mobilità di cui ha fruito il ricorrente è una prestazione unica seppur corrisposta in ratei mensili, ricorda che la giurisprudenza insegna che qualora due giudizi tra le stesse parti facciano riferimento al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto accertato e risolto, pur ove il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo e ciò riguarda anche i rapporti di durata . Rileva la Corte che, inoltre, nel caso di specie non si è verificato alcun fatto nuovo che abbia modificato il contenuto materiale del rapporto ma neanche ciò sarebbe potuto accadere giacché l’importo delle retribuzioni rilevanti, che forma oggetto essenziale dell’accertamento del corrispondente importo del trattamento di mobilità, è quello dei tre mesi antecedenti la data di collocamento in mobilità e tale dato storico non può mutare nel futuro. Posto che la sentenza impugnata non si è attenuta a tale principio affermando che la sentenza intervenuta tra le parti e passata in giudicato non producesse effetti sulla pretesa oggetto dell’attuale giudizio, la Cassazione accoglie il motivo di ricorso e cassa con rinvio la sentenza.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 6 novembre 2019 – 13 gennaio 2020, n. 400 Presidente Manna – Relatore Calafiore Ritenuto che La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 235 del 2013, ha rigettato l’appello proposto da A.S. nei confronti dell’INPS avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede di rigetto della domanda, proposta dal medesimo A. , tesa alla rideterminazione con consequenziale condanna al pagamento delle differenze dell’indennità di mobilità, dal giugno al dicembre 2005, in quanto inferiore a quello dovuto dovendosi applicare il cd. massimale superiore ai sensi del D.L. n. 299 del 1994, in ragione della inclusione nella base di calcolo di talune voci retributive rimborso medio per attività svolta fuori sede, premio di produzione mensile, indennità di guida, premio di risultato e degli effetti del giudicato esterno formatosi su analoga domanda relativa al periodo precedente compreso tra gennaio e giugno 2005 la sentenza impugnata, superato in quanto infondato il rilievo della tardività delle difese sollevate dall’Inps in primo grado ed in appello, ha ritenuto corretta la decisione del primo giudice che aveva valutato inidonea la produzione della sola busta paga del mese di novembre 2003 al fine di provare l’effettiva corresponsione degli emolumenti indicati nei tre mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, ai sensi del D.L. n. 86 del 1988, art. 7, comma 2, richiamato dalla L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 12 in via continuativa inoltre, non potevano estendersi alla fattispecie in esame gli effetti derivanti dal passaggio in giudicato della sentenza n. 23745 del 2006, intercorsa tra le medesime parti ed avente ad oggetto la domanda di rideterminazione della medesima indennità di mobilità rapportata al massimale superiore nel periodo immediatamente precedente quello in esame e cioè da gennaio a maggio 2005, in quanto la sentenza predetta non aveva accertato la natura degli emolumenti oggetto di domanda, nè la disciplina del calcolo della retribuzione rilevante percepita dall’A. al fine di verificare l’importo dovuto a titolo di indennità di mobilità e, dunque, non era idonea a precludere successivamente il medesimo accertamento tra le parti avverso tale sentenza ricorre per cassazione A.S. sulla base di tre motivi illustrati da memoria 1 violazione ed errata applicazione dell’art. 324 c.p.c., vertendosi in ipotesi di rapporto di durata connotato da obbligazioni periodiche di pagamento in relazione ad un segmento del quale è già intervenuta pronuncia giudiziale, divenuta cosa giudicata formale che ha acclarato un punto essenziale della questione ovverosia l’accertamento di una retribuzione globale di fatto all’atto dell’entrata in mobilità superiore alla soglia di riferimento sancita dalla circolare Inps per l’anno 2004 2 violazione ed errata applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 3 Cost., anche alla luce dei circa 200 precedenti costituiti da sentenze passate in giudicato e conformi agli arresti della giurisprudenza di legittimità 3 omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il non assolto raggiungimento della prova contrattuale della abitualità/continuità della trasferta, posto che i presupposti contrattuali e la qualità di trasfertista del ricorrente non erano stati contestati dall’Inps per cui non sarebbe stata necessaria la ricerca di alcuna prova ulteriore resiste l’INPS con controricorso illustrato da memoria. Considerato che il primo motivo va accolto la Corte territoriale ha escluso l’efficacia di giudicato della sentenza n. 24745/2006, che, secondo quanto riferisce la stessa sentenza impugnata, aveva avuto ad oggetto l’accertamento del diritto all’indennità di mobilità rapportata al massimale superiore per il periodo gennaio - maggio 2005 immediatamente precedente a quello qui rivendicato , in ragione del fatto che l’efficacia di giudicato nei rapporti di durata va riferita alla valutazione ed alla decisione degli elementi costitutivi del diritto fatto valere, destinati a permanere nel tempo, a realtà fattuale e giuridica immutata nel caso di specie, ad avviso della Corte territoriale, tali condizioni di efficacia del giudicato esterno non sono presenti in ragione del fatto che la sentenza n. 24745/2006, pur basandosi il calcolo dell’indennità di mobilità sull’importo della retribuzione in godimento nei tre mesi precedenti il collocamento in mobilità, non ha effettuato tale accertamento in alcun punto ma ha riconosciuto il diritto sulla base dell’accertamento della natura degli emolumenti indicati e sulla loro rilevanza ai fini del calcolo della misura dell’indennità di mobilità, senza accertare il quantum delle retribuzioni percepite in nessun punto della sentenza è evidente che il contenuto della sentenza n. 23745/2006, il cui contenuto è stato riprodotto dalla sentenza impugnata e dal ricorso per cassazione, è dato incontroverso, così come la circostanza che la stessa fosse passata in giudicato ciò chiarito, va disatteso il rilievo di inammissibilità sollevato dall’Istituto controricorrente in ragione del fatto che la sentenza di cui si invoca l’applicazione ai fini dell’art. 324 c.p.c., non è stata indicata specificamente nell’elenco dei documenti allegati al ricorso ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in quanto tale produzione non è indispensabile al fine di consentire alla Corte di cassazione di esaminare il motivo proposto, posto che tale motivo, pacifici contenuto e definitività della sentenza n. 23745/2006, attacca la sentenza impugnata per la errata interpretazione della regola di operatività posta dall’art. 324 c.p.c. in particolare, la Corte territoriale ha ritenuto che un nuovo accertamento sui presupposti di fatto del diritto al pagamento delle differenze sul trattamento di mobilità e cioè sul quantum delle retribuzioni percepite durante i tre mesi antecedenti il collocamento in mobilità non fosse precluso, nonostante tale presupposto avesse costituito anche la necessaria premessa logica e giuridica del definitivo accertamento del diritto e della condanna al pagamento delle differenze relativamente al periodo gennaio maggio 2005, in quanto la citata sentenza n. 23745/2006 in nessun punto indica gli importi retributivi accertati tale punto di vista dimentica, tuttavia, che l’indennità di mobilità di cui ha fruito il ricorrente, seppure corrisposta in ratei mensili, è prestazione unica e/come insegna costante giurisprudenza di questa S.C., qualora due giudizi tra le stesse parti facciano riferimento al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto accertato e risolto, pur ove il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo e ciò riguarda anche i rapporti di durata Cass. S.U. 16 giugno 2006, n. 13916 conf. Cass. 4 dicembre 2006, n. 25681 Cass. 22 aprile 2009, n. 9312 , come quello dedotto nell’odierna controversia sempre in virtù di antica e costante giurisprudenza, in ordine ai rapporti giuridici di durata e alle obbligazioni periodiche che ne costituiscono il contenuto come nel caso di specie , sui quali il giudice pronuncia con accertamento su una fattispecie attuale, ma con conseguenze destinate ad esplicarsi anche in futuro, l’autorità del giudicato impedisce il riesame e la deduzione di questioni tendenti ad una nuova decisione di quelle già risolte con provvedimento definitivo pertanto, quest’ultimo produce effetti anche nel tempo successivo alla propria emanazione, con l’unico limite di fatti nuovi che modifichino il contenuto materiale del rapporto o il relativo regolamento pattizio cfr. Cass. 16 agosto 2004, n. 15931 Cass. n. 19426/2003 Cass. n. 16959/2003 Cass. n. 3230/2001 Cass. ti. 15178/2000 Cass. n. 9548/1997 nel caso di specie non solo non vi è alcun fatto nuovo che abbia modificato il contenuto materiale del rapporto ma neanche ciò sarebbe potuto accadere, giacché l’importo delle retribuzioni rilevanti, che forma oggetto essenziale dell’accertamento del corrispondente importo del trattamento di mobilità, è quello dei tre mesi antecedenti la data di collocamento in mobilità e tale dato storico non può certo mutare nel futuro neppure rileva il criterio di accertamento di tali importi utilizzato dal giudice della sentenza passata in giudicato la sentenza impugnata non si è attenuta al suddetto principio affermando che la sentenza intervenuta tra le parti e passata in giudicato non producesse effetti sulla pretesa oggetto del presente giudizio, per cui, accolto il primo motivo di ricorso, la sentenza va cassata con rinvio, restando assorbiti gli altri motivi il giudice del rinvio, che si designa nella Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata quanto al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione cui demanda la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.