La fondamentale indicazione dei motivi d’appello nel ricorso per cassazione

Nel ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, che può essere proposto ex art. 348-ter, comma 3, c.p.c., l’atto di appello, dichiarato inammissibile, e la relativa ordinanza, costituiscono requisiti processuali speciali di ammissibilità.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 23514/19, depositata il 20 settembre. La Corte d’Appello dichiarava inammissibile il gravame proposto da un istituto di cure e assistenza avverso la sentenza di primo grado che aveva annullato il licenziamento intimato ad una lavoratrice per superamento del periodo di comporto, calcolate in esso anche le assenze dovute ad un infortunio sul lavoro. L’Istituto propone così ricorso per Cassazione. L’ammissibilità del ricorso per cassazione. Il ricorso viene dichiarato inammissibile dai Giudici di legittimità, posto che la società ricorrente non ha indicato i motivi di appello, se non in modo generico, laddove è denunciata solamente l’erroneità dell’esclusione dal computo del periodo di comporto dei giorni di assenza per infortunio sul lavoro. Al riguardo, deve ribadirsi il principio secondo cui, nel ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, che può essere proposto ex art. 348- ter , comma 3, c.p.c., l’atto di appello, dichiarato inammissibile, e la relativa ordinanza, costituiscono requisiti processuali speciali di ammissibilità, con la conseguenza che risulta necessario che nel suddetto ricorso per cassazione sia fatta menzione analitica almeno dei motivi di appello, per sottolineare così l’insussistenza di un giudicato interno sulle questioni sottoposte al vaglio del giudice di legittimità e già indicate al giudice del gravame.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 18 aprile – 20 settembre 2019, n. 23514 Presidente Nobile – Relatore Della Torre Fatti di causa 1. Con ordinanza pronunciata il 7 dicembre 2017, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., la Corte di appello di Firenze ha dichiarato inammissibile il gravame proposto dall’Istituto Fiorentino di Cure e Assistenza S.p.A. avverso la sentenza n. 925/2016 del Tribunale di Firenze, che aveva annullato il licenziamento intimato a I.O. per superamento del periodo di comporto, in esso computate anche le assenze dovute ad un infortunio sul lavoro. 2. La Corte ha osservato a sostegno della propria decisione come l’appello dell’Istituto non avesse ragionevoli probabilità di essere accolto, non offrendo, se non in termini meramente iterativi e tautologici, un’interpretazione dell’art. 42 del c.c.n.l. 19 gennaio 2005 per il personale non medico dipendente da case di cura private diversa da quella disattesa dal giudice di primo grado, il quale aveva rilevato, in sede di esame della norma collettiva, come la regolamentazione del comporto si trovasse collocata nella disciplina riservata alla sola malattia, e non anche in quella relativa all’infortunio sul lavoro, e come da tale dato dovesse necessariamente desumersi che la comune intenzione delle parti era stata quella di escludere i giorni di assenza dovuta ad infortunio sul lavoro dal periodo di comporto. 3. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza l’Istituto Fiorentino di Cure e Assistenza S.p.A. con due motivi, assistiti da memoria. 4. La lavoratrice è rimasta intimata. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. in relazione all’art. 42 del c.c.n.l. di settore per avere il Tribunale di Firenze posto a sostegno della propria opzione ermeneutica una parte soltanto del testo della disposizione collettiva, omettendo conseguentemente di leggere quest’ultima nel suo complesso. 2. Con il secondo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2110 c.c. per avere il Tribunale offerto un’interpretazione della disposizione collettiva non coerente con i principi giurisprudenziali, secondo i quali la nozione legale di infortunio o malattia è comprensiva anche delle specifiche categorie di impedimenti dovuti a cause di lavoro. 3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 4. La società ricorrente, infatti, non ha indicato i motivi di appello, se non in modo del tutto generico, secondo ciò che emerge dall’esposizione dei fatti di causa e in particolare dai paragrafi 5 e 9 là dove è meramente denunciata l’erroneità della esclusione dal computo del periodo di comporto dei giorni di assenza per infortunio sul lavoro cfr. ricorso per cassazione, p. 6 e là dove viene censurata l’ordinanza della Corte territoriale per non avere colto le articolate argomentazioni dedotte con l’atto di appello dalla società, peraltro richiamate con la pura e semplice riproposizione dell’assunto originario, in via di estrema sintesi, di una considerazione unitaria, da parte della disposizione collettiva, di malattia e infortunio ai fini del superamento del periodo di comporto cfr. ricorso per cassazione, p. 7 . 5. Deve in proposito ribadirsi il consolidato principio di diritto, per il quale nel ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, proponibile ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 3, l’atto di appello, dichiarato inammissibile, e la relativa ordinanza, pronunciata ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., costituiscono requisiti processuali speciali di ammissibilità, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 3, è necessario che nel suddetto ricorso per cassazione sia fatta espressa analitica menzione almeno dei motivi di appello, se non pure della motivazione dell’ordinanza dichiarativa della inammissibilità, al fine di evidenziare l’insussistenza di un giudicato interno sulle questioni sottoposte al vaglio del giudice di legittimità e già prospettate al giudice del gravame cfr., fra le molte conformi, Cass. n. 10722/2014 . 6. In sostanza, la necessità di compiuta identificazione dell’ambito del giudicato interno derivante dai limiti dell’impugnazione mediante l’appello continua ad esigere, alla luce della giurisprudenza richiamata, la puntuale indicazione dei motivi di appello, se non pure della motivazione dell’ordinanza di secondo grado, quale contenuto essenziale del ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado Cass. n. 26936/2016 . 7. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, essendo la lavoratrice rimasta intimata. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.