Cassa Forense: legittima la previsione della non restituibilità dei contributi non utilizzabili ai fini pensionistici

In tema di trattamento previdenziale, è legittimo l'art. 4 del Regolamento della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense che, prevedendo il divieto di rimborso dei contributi, principio generale dell'intero sistema previdenziale, ha abrogato l'art. 21 l. n. 576/1980 tale delegificazione trova, infatti, fondamento nell'art. 3, comma 12, l. n. 335/1995 che, nella sua originaria formulazione, attribuisce agli enti previdenziali privatizzati il potere di adottare atti idonei ad incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata.

Principio affermato dalla Corte di Cassazione sezione lavoro, con la sentenza n. 19255/19, pubblicata il 17 luglio. Il caso deciso. Un avvocato, cancellato dall’albo a far tempo dall’1.12.2006, si opponeva alle cartelle esattoriali di pagamento dei contributi previdenziali per gli anni dal 2001 al 2006. Il Tribunale accoglieva la domanda, annullando le cartelle opposte. Sull’appello proposto dalla Cassa Forense la Corte d’Appello decideva, accogliendo parzialmente il gravame, dichiarando dovuti unicamente i contributi per l’anno 2001. Proponeva così ricorso in cassazione la Cassa Nazionale Forense. La restituibilità dei contributi versati. Il ricorso proposto dalla Cassa si articola su sei motivi di censura. Il primo riguarda la ritenuta formazione di giudicato in merito sia alla decadenza dalla originaria domanda di ripetizione dei contributi, sia del diritto alla restituzione dei contributi stessi. In merito i giudici di legittimità, sconfessando quelli d’appello, affermano che non si era formato alcun giudicato, essendo state riproposte in sede di appello tutte le questioni sollevate. La Corte territoriale aveva dunque errato nel ritenere formato il giudicato su tali punti. Nel merito del diritto alla restituzione dei contributi versati, gli Ermellini richiamano precedenti pronunce sul punto specifico. Era stato affermato che in materia di trattamento previdenziale, gli enti previdenziali privatizzati, nell'esercizio della propria autonomia, che li abilita a derogare od abrogare disposizioni di legge in funzione dell'obbiettivo di assicurare equilibrio di bilancio e stabilità delle rispettive gestioni, possono adottare misure prevedenti, fermo restando il sistema retributivo di calcolo della pensione, la facoltà di optare per il sistema contributivo a condizioni di maggior favore per gli iscritti, stabilendo, al contempo, la non restituibilità dei contributi legittimamente versati. Da ciò deriva che la previsione dell'art. 4, comma 1 del regolamento della Cassa Forense, della non restituibilità dei contributi è da ritenersi rispettosa dei limiti dell'autonomia degli enti previdenziali privatizzati e, come tale, idonea ad abrogare tacitamente la contraria previsione legge n. 576 del 1980, n. 21 del diritto alla restituzione dei contributi non utilizzabili ai fini pensionistici. Nessuna lesione di diritti quesiti o legittime aspettative. Né, proseguono gli Ermellini, può derivarne la lesione di diritti quesiti, ovvero di legittime aspettative o dell'affidamento nella certezza del diritto e nella sicurezza giuridica, posto che la previsione della non restituibilità dei contributi legittimamente versati risulta coerente, da un lato, con la regola generale e, dall'altro, con la previsione contestuale della facoltà di optare, a condizioni di maggior favore, per il sistema contributivo di calcolo della pensione. La stessa coerenza con la facoltà di optare per il sistema contributivo, concorre con la regola generale della inesistenza di un diritto alla restituzione di contributi previdenziali legittimamente versati. Ed il carattere affatto eccezionale che ne consegue, della previsione di tale diritto, non si pone in contrasto con la Costituzione. Sul punto si era pronunciata anche la Corte Costituzionale con l’ordinanza 25 novembre 2016, n. 254 e la precedente sentenza 31 luglio 2000 n. 404, a sostegno della esclusione di qualsiasi contrasto con la costituzione, per la previsione di non restituibilità dei contributi medesimi, ai sensi dell'art. 4, comma 1 del regolamento della Cassa. Non risulta la lesione di diritti quesiti, in quanto presuppone la loro maturazione, prima del provvedimento ablativo nè di legittime aspettative o dell'affidamento nella certezza del diritto e nella sicurezza giuridica. La restituzione riguardava soltanto il contributo soggettivo. La sentenza della Corte di merito appare infine errata anche nella parte in cui si afferma che non erano restituibili le somme non presenti nelle elencazioni normative. I Giudici di legittimità osservano che sia l’abrogato art. 21, l. n. 576/1980, sia l’art. 22 ancora in vigore, non riguardavano la contribuzione integrativa, né quella per maternità, interessi e sanzioni. Riguardando unicamente il contributo soggettivo. Dunque anche sotto questo aspetto, la sentenza impugnata appare errata. In conclusione il ricorso proposto dall’ente previdenziale è stato ritenuto fondato, cassata la sentenza impugnata, con rinvio ad altra Corte d’Appello per la decisione nel merito.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 8 gennaio – 17 luglio 2019, n. 19255 Presidente Manna – Relatore Berrino Fatti di causa La Corte d’appello di Lecce sentenza del 28.1.2013 , accogliendo solo in parte l’impugnazione della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Brindisi, che aveva annullato le cartelle esattoriali di pagamento dei contributi previdenziali per il periodo 2001 - 2006 alle quali si era opposta l’avv. A.M.G. , ha dichiarato che quest’ultima era obbligata a versare unicamente i contributi relativi all’anno 2001. La Corte territoriale ha spiegato le ragioni della propria decisione nei seguenti termini - Si era formato il giudicato interno sia in ordine all’accertamento della insussistenza di qualsiasi ipotesi di decadenza della A. in relazione alla tempestività della proposizione della sua domanda di ripetizione dei contributi, sia in merito alla verificata mancanza di continuità dell’esercizio da parte della medesima della professione nel periodo 2004-2006 doveva ritenersi acquisito, in mancanza di impugnativa specifica, il diritto della predetta legale alla ripetizione dei contributi versati, sussistendo i relativi presupposti al loro recupero ai sensi della L. n. 576 del 1980, art. 21 sussisteva, altresì, il diritto dell’appellata, ai sensi della L. n. 576 del 1980, artt. 10 e 21, al rimborso dei contributi soggettivi versati il primo giudice aveva omesso di pronunciarsi in merito ai contributi dovuti per l’anno 2001 poteva, infine, essere operata la compensazione tra i contributi oggetto di ripetizione da parte dell’appellata e quanto ancora dalla medesima dovuto alla Cassa Forense per gli anni 2002 e 2003, considerato che la A. non aveva prodotto redditi professionali per il periodo 2004 2006. Per la cassazione della sentenza ricorre la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense con sei motivi, cui la A. resiste con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale affidato a due motivi, al cui accoglimento si oppone la Cassa. Le parti depositano memoria. Ragioni della decisione 1. Col primo motivo, dedotto per violazione degli artt. 324 e 434 c.p.c., la Cassa Forense contesta l’affermazione contenuta nell’impugnata sentenza secondo cui si era formato il giudicato interno su elementi determinanti della controversia. Al riguardo la difesa della Cassa assume che, contrariamente a quanto statuito dai giudici d’appello, non si era formato alcun giudicato, nè in merito alla questione della pretesa insussistenza della decadenza dell’A. dalla domanda di ripetizione dei contributi concernenti il periodo 2001-2003, nè riguardo alla rivendicata esistenza del diritto ad una tale ripetizione in conseguenza della asserita inapplicabilità, nella fattispecie, della nuova norma regolamentare art. 4 che aveva escluso un tale diritto. Invero, secondo la ricorrente, la L. n. 576 del 1980, art. 21, abrogato a decorrere dall’1.12.2004 ai sensi della L. n. 335 del 1995 e ad opera del nuovo testo del Regolamento generale della cassa forense art. 4 , prevedeva in origine la possibilità di ottenere la restituzione del contributo soggettivo di cui alla L. n. 576 del 1980, art. 10 in caso di cancellazione dell’iscritto dalla Cassa senza diritto a prestazione pensionistica. La disciplina transitoria aveva poi previsto la decadenza dal diritto alla restituzione in assenza di specifica domanda entro il termine del 30.11.2004 delibera del 23.7.2004 del Comitato dei delegati della cassa forense . Ebbene in sede di appello tali questioni erano state riproposte nella loro globalità, fatta eccezione per quella, da considerarsi superata alla luce della documentazione prodotta dall’interessata in via stragiudiziale, della mancata continuità dell’attività professionale per gli anni 2004-2005-2006, per cui non si era formato rispetto alle stesse il giudicato ritenuto erroneamente sussistente dalla Corte di merito. 2. Col secondo motivo del ricorso principale è denunziata l’erronea e falsa applicazione della L. n. 576 del 1980, art. 21, del D.Lgs. n. 509 del 1994, art. 2 e dell’art. 3, con conseguente violazione del nuovo regime della non restituibilità dei contributi. Secondo il presente assunto difensivo è stata erroneamente decretata una sorta di ultrattività della norma di cui all’art. 21 sulla ripetibilità dei contributi, norma, questa, abrogata a decorrere dall’1.12.2004. Pertanto, è stato erroneamente affermato che si era formato il giudicato interno, così come è stata erroneamente ritenuta ancora applicabile la disciplina transitoria che consentiva la richiesta di restituzione dei contributi fino al 30.11.2004, nonostante che al momento della cancellazione dell’A. 1.12.2006 il citato art. 21 non fosse più in vigore. 3. Oggetto del terzo motivo del ricorso principale è la denunzia del vizio di violazione e falsa applicazione della L. n. 576 del 1980, art. 21 per avere la Corte d’appello di Lecce fatto erronea applicazione di tale norma nel momento in cui ha confuso la situazione della restituzione dei contributi con quella differente dell’automatico esonero dal loro versamento. Specifica al riguardo la ricorrente che nella fattispecie i contributi richiesti per il periodo 2001-2003 non erano stati mai versati in entrambi i gradi del giudizio si era insistito sul fatto che gli stessi erano dovuti, tanto che la Corte d’appello aveva accolto, seppur parzialmente, la domanda con riferimento ai contributi da versare per il 2001 . Ciò nonostante la Corte di merito ha ritenuto che la A. potesse chiederne la restituzione pur non avendoli mai versati , fondando il suo convincimento sull’erroneo presupposto del formarsi di un giudicato interno. 4. Attraverso il quarto motivo è prospettata la violazione e falsa applicazione della L. n. 576 del 1980, artt. 21 e 22 nella parte in cui nell’impugnata sentenza è stato affermato che non erano restituibili le somme non presenti nelle elencazioni normative. Si assume, invece, che sia l’art. 21, durante la sua vigenza, che l’art. 22, tuttora vigente, non hanno mai interessato la contribuzione integrativa ex art. 11, nè quella per la maternità, nè tanto meno gli interessi e le sanzioni. In pratica, si evidenzia che bene aveva fatto la Corte di merito a dare atto della circostanza che la contribuzione restituibile L. n. 576 del 1980, ex art. 21 fosse costituita esclusivamente dal contributo soggettivo di cui all’art. 10 della stessa legge, mentre male aveva fatto a confondere le due quote di tale contributo 10% ex lettera a e 3% ex lettera b del comma 1 dello stesso art. 10 con la contribuzione dovuta ai sensi della L. n. 576 del 1980, art. 11 e dell’art. 7 del regolamento dei contributi della Cassa Forense cioè la contribuzione integrativa e di maternità che non rientrava nella sfera di applicazione del citato art. 10. 5. Col quinto motivo, dedotto per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ci si duole dell’omessa valutazione della circostanza dell’assenza di pagamento dei contributi richiesti. Si contesta, in particolare, la disposta compensazione operata dalla Corte in maniera illogica tra contributi dovuti e contributi restituibili, assumendosi che non era stato mai eseguito il loro versamento, come già eccepito ripetutamente in sede di merito. 6. Col sesto motivo, formulato per violazione ed erronea applicazione degli artt. 1241, 1242 e 1243 c.c., la ricorrente lamenta l’insussistenza dei presupposti legali di cui all’art. 1241 c.c. per la compensazione disposta dal giudice, non essendovi nella fattispecie coesistenza di crediti reciprocamente opponibili, senza considerare che occorreva tener conto degli interessi e delle penalità. 7. Col primo motivo del ricorso incidentale A.M.G. deduce la nullità delle cartelle opposte per mancata indicazione della base di calcolo degli interessi, precisando che tale doglianza era stata prospettata in entrambi i gradi del giudizio di merito, mentre col secondo motivo sostiene che è inapplicabile nella fattispecie la nuova regolamentazione adottata dalla Cassa con delibera del 23.7.2004, ove si modificava l’art. 4 del regolamento già adottato con delibera del 28.2.2004 a seguito dei rilievi formulati dal Ministero del lavoro. Pertanto, secondo tale assunto difensivo, fino alla emanazione della L. n. 296 del 2006 il nuovo regolamento non avrebbe potuto incidere sulle posizioni, come quella in esame, già acquisite, in cui era possibile invocare il diritto alla restituzione di tutti i contributi versati in difetto dei requisiti di pensionabilità alla data della cancellazione. 8. Osserva la Corte che i primi tre motivi del ricorso principale, che per ragioni di connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati e vanno accolti. Invero, la ricorrente principale ha dimostrato, attraverso la puntuale trascrizione delle parti dell’atto d’appello concernenti la problematica oggetto di causa, che la questione dell’inapplicabilità della L. n. 576 del 1980, art. 21 era stata riproposta nella sua globalità, per cui nessuna acquiescenza poteva essersi manifestata sull’argomento, tanto più che in entrambi i gradi del giudizio di merito era stata invocata l’applicazione nella fattispecie del testo dell’art. 4 del nuovo Regolamento che non consentiva più la ripetizione dei contributi così come pretesa dalla A. , con la conseguenza che alcun giudicato interno si era verificato con riguardo al diritto alla restituzione dei contributi L. n. 576 del 1980, ex art. 21. Tra l’altro, non si era in presenza di un capo autonomo della sentenza di primo grado sul quale avrebbe potuto formarsi un giudicato interno, in quanto la questione giuridica, cioè l’applicabilità del nuovo regime di irripetibilità dei contributi vigente al momento della cancellazione dell’A. 1.12.2006 , era stata sottoposta al giudicante nella sua interezza. 9. Inoltre, sono fondati gli altri rilievi, diversi dal giudicato, alla luce del quadro normativo di riferimento che è stato già scrutinato da questa Corte Cass. Sez. Lav. n. 4980 del 2.3.2018 allorquando ha avuto modo di precisare che In tema di trattamento previdenziale, è legittimo l’art. 4 del Regolamento della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense che, prevedendo il divieto di rimborso dei contributi, principio generale dell’intero sistema previdenziale, ha abrogato la L. n. 576 del 1980, art. 21 tale delegificazione trova, infatti, fondamento nella L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, che, nella sua originaria formulazione, attribuisce agli enti previdenziali privatizzati il potere di adottare atti idonei ad incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata . Quest’ultimo precedente, dal quale non ci si intende discostare, è sostanzialmente confermativo dell’altro Sez. Lav. n. 24202 del 16.11.2009 per il quale In materia di trattamento previdenziale, gli enti previdenziali privatizzati nella specie, la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense , nell’esercizio della propria autonomia, che li abilita a derogare od abrogare disposizioni di legge in funzione dell’obbiettivo di assicurare equilibrio di bilancio e stabilità delle rispettive gestioni, possono adottare misure prevedenti, fermo restando il sistema retributivo di calcolo della pensione, la facoltà di optare per il sistema contributivo a condizioni di maggior favore per gli iscritti, stabilendo, al contempo, la non restituibilità dei contributi legittimamente versati, con abrogazione della precedente disposizione di cui alla L. n. 576 del 1980, art. 21, nel rispetto dei limiti dell’autonomia degli enti quali la previsione tassativa dei tipi di provvedimento che gli enti sono abilitati ad adottare ed il principio del pro rata , senza che ne consegua la lesione di diritti quesiti o di legittime aspettative o dell’affidamento nella certezza del diritto e nella sicurezza giuridica. Principio applicato con riferimento all’irripetibilità dei contributi versati non utilizzati a fini pensionistici, prevista dal l’art. 4 del regolamento della Cassa, come modificato con la delibera del 28 febbraio 2004 adottata dal Comitato dei delegati ed approvata dai Ministeri vigilanti . 10. È, infine, fondata la censura di cui al quarto motivo, posto che la L. n. 576 del 1980, art. 21 all’epoca vigente prevedeva il diritto, in favore di coloro che cessavano dal servizio senza aver maturato i requisiti assicurativi per il conseguimento della pensione, ad ottenere il rimborso dei contributi di cui all’art. 10, vale a dire il contributo soggettivo obbligatorio a carico di ogni iscritto alla Cassa e di ogni iscritto gli Albi professionali tenuto all’iscrizione, e non anche del contributo integrativo di cui al successivo art. 11 della stessa legge o di altri tipi di contributi. 11. L’accoglimento dei primi quattro motivi del ricorso principale rende superfluo l’esame dei restanti motivi sulla contestata compensazione che rimane, pertanto, assorbito. 12. Quanto al ricorso incidentale condizionato si osserva che è, anzitutto, destituito di fondamento il rilievo, prospettato con l’ultima memoria, sulla paventata non corretta estensione del contraddittorio al soggetto emittente la cartella esattoriale oggetto del procedimento, atteso che nei confronti di quest’ultimo non è ravvisabile alcuna ipotesi di litisconsorzio, nè necessario, nè processuale. Comunque, il primo motivo di tale ricorso è inammissibile per difetto di autosufficienza, mancando la produzione delle cartelle contenenti l’asserita causa di nullità, mentre è infondato il secondo, posto che il nuovo regolamento della Cassa del 2004 era già in vigore sia al momento della cancellazione che della proposizione dell’opposizione alle cartelle esattoriali, per cui lo stesso va rigettato. 13. In definitiva, vanno accolti i primi quattro motivi del ricorso principale, restando assorbiti il quinto ed il sesto motivo va, invece, rigettato il ricorso incidentale condizionato conseguentemente, l’impugnata sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bari il contributo unificato, liquidato come da dispositivo, va posto a carico della controricorrente, il cui ricorso incidentale è stato respinto. P.Q.M. La Corte accoglie i primi quattro motivi del ricorso principale, assorbiti il quinto ed il sesto, rigetta il ricorso incidentale, cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bari. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della controricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.