Addetti al call center: collaboratori autonomi o lavoratori subordinati?

Legittima la pretesa avanzata dall’INPS e concretizzatasi in un verbale di accertamento. Il quadro probatorio inchioda l’azienda i presunti collaboratori autonomi, adibiti al call center e alla gestione del sito aziendale, erano in realtà dipendenti a tutti gli effetti.

Inquadrati ufficialmente come collaboratori autonomi e adibiti a operatori di ‘call center’ e a gestori del sito web aziendale. Ma il riferimento generico alla prestazione nel contratto e i dettagli concreti del rapporto di lavoro sono elementi sufficienti, secondo l’Inps e secondo i Giudici, per considerare quelle collaborazioni come caratterizzate da natura subordinata”. Legittimo, di conseguenza, il verbale di accertamento emesso dall’istituto previdenziale sul fronte delle omesse obbligazioni contributive” da parte della società datrice di lavoro Cassazione, ordinanza n. 16037/19, sez. Lavoro, depositata oggi . A disposizione. Decisivi, già per i Giudici del Tribunale e per quelli della Corte d’Appello, i verbali redati dagli ispettori dell’Inps . Da quella documentazione, difatti, emerge, secondo i giudici, la natura subordinata dei rapporti di collaborazione intercorsi tra l’azienda e i soggetti svolgenti funzioni di ‘call center’ o di gestione del sito web della società, che gestiva la vendita via internet di occhiali da sole e da vista . Scontata, ma infruttuosa, la reazione dell’azienda che, tramite i propri legali, presenta ricorso in Cassazione, contestando la visione secondo cui i rapporti lavorativi di collaborazione autonoma in esame vadano inquadrati come rapporti di lavoro subordinato . Per i magistrati del ‘Palazzaccio’, difatti, è corretta la lettura data in Appello. Diversi gli elementi decisivi, certificati dagli ispettori dell’Inps. In primo luogo, l’oggetto della collaborazione, quale risultava dai contratti prodotti, era generico e non individuava uno specifico opus . Allo stesso tempo, è emerso, all’esito dell’istruttoria, che l’attività era svolta presso la sede aziendale, con strumenti di proprietà della società e che il corrispettivo era determinato in misura fissa forfettaria od oraria , con conseguente assenza di un rischio economico per i collaboratori . Infine, si è accertato che l’attività dei collaboratori, inserita nell’organizzazione imprenditoriale della società, era suscettibile di controlli in ordine al contenuto e alle altre modalità di svolgimento , ed era risultata la messa a disposizione, da parte dei collaboratori, delle loro energie lavorative per gli incombenti di volta in volta necessari nell’attività commerciale . Nessun dubbio, quindi, sull’esistenza di rapporti di collaborazione caratterizzati da natura subordinata . Legittima, di conseguenza, la pretesa avanzata dall’Inps sul fronte delle obbligazioni contributive .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 6 febbraio – 14 giugno 2019, n. 16037 Presidente Manna – Relatore Berrino Rilevato che il giudice del lavoro del Tribunale di Arezzo respinse la domanda della società ECOM 2000 srl volta all'accertamento dell'insussistenza delle obbligazioni contributive di cui al verbale di accertamento dell'Inps del 4.12.2006 la Corte d'appello di Firenze sentenza del 18.3.2013 , investita dall'impugnazione della predetta società, ha rigettato il gravame dopo aver rilevato che correttamente il primo giudice aveva accertato la natura subordinata dei rapporti di collaborazione intercorsi tra ECOM 2000 srl coi soggetti svolgenti funzioni di operatori di call center o di gestione del sito web della stessa società che gestiva la vendita via internet di occhiali da sole e da vista per la cassazione della sentenza ricorre la predetta società, cui resiste l'Inps con controricorso Considerato che col primo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e segg. nonché dell'art. 2094 c.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. la ricorrente contesta l'impugnata sentenza per avere la Corte territoriale ritenuto che i rapporti di collaborazione lavorativa fossero di natura subordinata sulla base dei verbali redatti dagli ispettori dell'Inps senza che tale ente si fosse fatto carico di provare l'elemento costitutivo del preteso credito contributivo, vale a dire l'effettiva sussistenza del vincolo della subordinazione con riguardo ai rapporti lavorativi oggetto del contendere col secondo motivo, proposto per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c. la ricorrente lamenta l'erronea qualificazione, da parte dei giudici d'appello, dei rapporti lavorativi di collaborazione autonoma in esame come rapporti di lavoro subordinato, pur in mancanza di prova degli elementi indefettibili della subordinazione i due motivi, che per ragioni di connessione possono esser esaminati congiuntamente, sono infondati invero, attraverso entrambi i motivi la ricorrente tenta una inammissibile rivisitazione del merito istruttorio adeguatamente valutato dalla Corte territoriale attraverso una motivazione che sfugge ai rilievi di legittimità, in quanto esente da vizi logici o giuridici tra l'altro, nel sistema l'intervento di modifica dell'art. 360 c.p.c. n. 5 comporta un'ulteriore sensibile restrizione dell'ambito di controllo, in sede di legittimità, del controllo sulla motivazione di fatto. Invero, si è affermato Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053 essersi avuta, con la riforma dell'art. 360 c.p.c. n. 5, la riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l'anomalia motivazionale denunciabile in questa sede è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all'esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di sufficienza, nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile. Ma è evidente che nella specie la valutazione della natura subordinata dei rapporti lavorativi in esame non è affetta da alcuna di queste ultime anomalie, avendo il giudice d'appello espresso in modo chiaro e comprensibile i motivi a sostegno del suo convincimento sulla insussistenza di rapporti di natura autonoma infatti, la Corte d'appello di Firenze ha ben illustrato la ricorrenza nel caso di specie degli indici rivelatori della subordinazione, spiegando, anzitutto, che l'oggetto della collaborazione, quale risultava dai contratti prodotti, era generico e non individuava uno specifico opus inoltre, era emerso, all'esito dell'istruttoria, che l'attività era svolta presso la sede aziendale, con strumenti di proprietà della società e che il corrispettivo era determinato in misura fissa forfettaria od oraria , con conseguente assenza di un rischio economico per i collaboratori era stato, altresì, accertato che l'attività dei collaboratori, inserita nell'organizzazione imprenditoriale dell'appellante, era suscettibile di controlli in ordine al contenuto e alle modalità di svolgimento infine, era risultata la messa a disposizione, da parte dei collaboratori, delle loro energie lavorative per gli incombenti di volta in volta necessari nell'attività commerciale in definitiva, il ricorso va rigettato le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate a suo carico come da dispositivo, unitamente al contributo unificato di cui all'art. 13 del D.P.R. n. 115/02, ricorrendo i relativi presupposti di legge P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese nella misura di Euro 6200,00, di cui Euro 6000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma I-bis dello stesso art. 13.