Spetta al pensionato provare i fatti costitutivi del diritto alla prestazione richiesta

È onere del pensionato, in qualità di attore del giudizio instauratosi per ottenere l’accertamento negativo del suo obbligo di restituire quanto l’INPS abbia ritenuto indebitamente percepito, provare i fatti costitutivi del diritto alla prestazione richiesta.

Lo ha ribadito la sentenza della Corte di Cassazione n. 15550/19, depositata il 10 giugno. Nel caso in esame la Corte d’Appello, accoglieva la domanda di accertamento negativo proposta dall’ex lavoratore e dichiarava che questi non era tenuto a restituire all’INPS l’indebito formatosi secondo l’Istituto sulla prestazione assistenziale di invalidità civile goduta dal ricorrente stesso. La Corte territoriale sosteneva poi che in primo grado correttamente si era ritenuto che l’onere probatorio gravasse sull’ex lavoratore, anche se tale onere non poteva significare che il soggetto fosse costretto a provare ogni fatto costitutivo del suo diritto. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’INPS, sostenendo che essendo l’indebito nato da prestazione assistenziale, essa era da considerarsi soggetta a ripetizione ai sensi dell’art. 2033 c.c., senza alcun accertamento della condizione soggettiva del beneficiario per la ripetibilità. L’onere della prova. Per la Suprema Corte il ricorso dell’INPS è fondato, partendo dal consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di indebito previdenziale, nel giudizio creato dal pensionato volto ad ottenere l’accertamento negativo del suo obbligo di restituzione di quanto l’istituto previdenziale abbia ritenuto indebitamente percepito, l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto ad ottenere la prestazione contestata o l’esistenza di un titolo che consenta di qualificare come adempimento quanto corrisposto, è esclusivamente a carico del pensionato stesso. Alla luce di tale principio la sentenza impugnata deve essere cassata.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 5 marzo – 10 giugno 2019, n. 15550 Presidente Manna – Relatore D’Antonio Fatti di causa 1. La Corte d’appello di Roma,in riforma della sentenza del Tribunale, ha accolto la domanda di accertamento negativo proposta da P.N. ed ha dichiarato che il ricorrente non era tenuto a restituire all’Inps la somma di Euro 7593,62, indebito formatosi secondo l’Istituto previdenziale sulla prestazione assistenziale di invalidità civile goduta dal ricorrente. La Corte territoriale ha affermato che correttamente il Tribunale aveva ritenuto che l’onere probatorio gravasse sul ricorrente. Secondo la Corte, tuttavia, tale onere non poteva estendersi fino a costringere l’onerato a provare ogni e qualsiasi fatto costitutivo del suo diritto, ma avrebbe dovuto essere preliminarmente messo in condizioni di comprendere quale atto o fatto gli era stato contestato tale da aver formato un indebito. Ha, quindi rilevato che nella fattispecie solo in corso di causa era stata parzialmente chiarita la ragione dell’indebito, mentre nelle comunicazioni amministrative si informava semplicemente il pensionato del ricalcolo e dell’ammontare dell’indebito senza alcun riferimento alla causale della pretesa restitutoria. 2. Avverso la sentenza ricorre l’Inps con un motivo. Il P. è rimasto intimato. Ragioni della decisione 3. L’Inps denuncia violazione degli artt. 2697 e 2033 c.c Rileva che nel ricorso introduttivo e nel ricorso in appello era precisato che l’indebito si era formato in relazione ad una prestazione assistenziale INV. CIV. e che, pertanto, nascendo la prestazione assistenziale dal verificarsi dei fatti previsti dalla legge, in assenza dei requisiti individuati dalle norme, la prestazione era da considerarsi soggetta a ripetizione ai sensi dell’art. 2033 c.c., senza alcun accertamento della condizione soggettiva del beneficiario per la ripetibilità ed essendo priva di qualsiasi consistenza ogni giustificazione circa una carenza di motivazione nella richiesta di restituzione. 4. Il ricorso è fondato. Con un solo motivo l’Inps lamenta che la Corte d’appello di Roma ha disatteso il principio affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 18046/2010 in base al quale il pensionato, che miri ad ottenere l’accertamento negativo del suo obbligo di restituire quanto l’ente previdenziale abbia ritenuto indebitamente percepito, ha l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto a conseguire la prestazione contestata. Nella specie l’Istituto aveva richiesto le somme indebitamente percepite a titolo di prestazione di invalidità civile per il periodo 1/1/2007 - 31/10/2010. Ne consegue, secondo il ricorrente, che nella fattispecie il P. aveva l’onere di dimostrare di possedere i requisiti previsti dalla legge per mantenere il diritto alla prestazione assistenziale, per cui finiva per essere irrilevante la circostanza della ritenuta genericità della comunicazione volta alla richiesta del rimborso. 4. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno già avuto modo di statuire con la citata sentenza n. 18046 del 4.8.2010 che In tema d’indebito previdenziale, nel giudizio instaurato, in qualità d’attore, dal pensionato che miri ad ottenere l’accertamento negativo del suo obbligo di restituire quanto l’ente previdenziale abbia ritenuto indebitamente percepito, l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto a conseguire la prestazione contestata, ovvero l’esistenza di un titolo che consenta di qualificare come adempimento quanto corrisposto, è a suo esclusivo carico. cfr nello stesso senso anche Cass. n. 2739/2016, n. 26231/2018,n. 5059/2018 . In base ai principi di cui sopra, richiamati dalla stessa Corte d’appello, spetta al pensionato-attore l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto alla prestazione richiesta non potendo trincerarsi dietro il pretesto di non sapere quali requisiti essi siano,essendo fissati dalla legge ed essendo gli stessi che aveva dovuto provare per ottenere la prestazione,ed ora contestati dall’Ente previdenziale in sede di richiesta stragiudiziale di ripetizione della maggior somma erogata. Si è osservato, inoltre, Cf.r Cass. 26231/2018 , che questa Corte Cass. sez. lav. n. 1228 del 20.1.2011 , nel ribadire che in tema di indebito previdenziale, il pensionato che agisce per l’accertamento negativo della sussistenza del suo obbligo di restituire quanto percepito ha l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto alla prestazione già ricevuta, ha chiarito, altresì, che in tal caso non assume rilievo l’inosservanza, da parte dell’Istituto, dell’obbligo L. n. 412 del 1991, ex art. 13, comma 2, di verificare annualmente l’esistenza di situazioni reddituali del pensionato incidenti sul diritto o sulla misura della pensione, la cui operatività è condizionata alla preventiva segnalazione, ai sensi della L. n. 412 del 1991, art. 13, comma 1, dei relativi fatti da parte dell’interessato. Nella specie, la S.C., in applicazione del principio di cui alla massima, ha cassato la sentenza di merito che aveva affermato l’irripetibilità delle somme indebitamente corrisposte, anche in ragione della mancata attivazione dell’INPS in ordine alle verifiche dei redditi del pensionato nei tempi previsti dalla legge . 5. Alla luce delle considerazioni che precedono in assenza di prova da parte del P. della sussistenza dei requisiti per il diritto alla prestazione assistenziale richiesta deve trovare applicazione l’art, 2033 c.c. ed il diritto dell’Inps di ripetere quanto erogato in misura superiore. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originaria domanda del P. . 6. Le spese dei giudizi di merito vanno compensate avuto riguardo al diverso esito degli stessi. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originaria domanda del P. compensa le spese processuali dei giudizi di merito e condanna il controricorrente a pagare all’Inps le spese del presente giudizio liquidate in Euro 2000,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.