Licenziamento illegittimo: ai fini della reintegra è irrilevante la nuova occupazione del lavoratore nelle more del processo

A seguito della declaratoria di illegittimità del licenziamento con condanna del datore di lavoro alla reintegra del lavoratore, non ha alcuna rilevanza il fatto che quest’ultimo avesse nel frattempo svolto un altro lavoro, spettando al datore di lavoro l’onere di invitarlo a ripristinare il vincolo lavorativo.

Questa la decisione della Corte di Cassazione n. 15379/19, depositata il 6 giugno. Il fatto. Il Tribunale di Napoli respingeva l’opposizione del lavoratore contro lo stato passivo della società presso cui era occupato, vertente sull’esclusione del credito vantato in via privilegiata, ex art. 2751- bis , n. 1, c.c., per via del mancato pagamento delle retribuzioni dalla data del licenziamento alla data di dichiarazione del fallimento. Ciò avveniva a causa di una precedente pronuncia dello stesso Tribunale di accertamento dell’illegittimità del licenziamento che gli era stato intimato dalla società, con conseguente condanna di natura reintegrativa e risarcitoria. Avverso il rigetto del Tribunale, il lavoratore ricorre per cassazione, lamentando la violazione dell’art. 18 l. n. 300/1970, poiché il Giudice, ai fini della decisione, aveva dato importanza all’inesistenza della prova offerta dal lavoratore circa la messa a disposizione delle proprie energie lavorative ai fini della riassunzione, onere non contemplato dalla disposizione citata. Spetta al datore di lavoro l’onere di invitare il lavoratore a riprendere il servizio. La Suprema Corte dichiara il ricorso fondato, osservando che non vi è alcuna necessità di una messa in mora da parte del lavoratore, non potendosi assimilare l’ipotesi delineata dall’art. 18 della legge citata a quella della nullità del termine contenuto nel contratto a tempo determinato, con la sua conversione a tempo indeterminato. Qualora, invece, il lavoratore impugni stragiudizialmente il licenziamento illegittimo, a fronte del rifiuto datoriale di riceverne la prestazione manifestato con l’intimazione del licenziamento, egli già con tale agire compie l’offerta della sua prestazione lavorativa richiedendo il ripristino del rapporto . Dunque, la Corte afferma che spetta al datore di lavoro, ai fini del ripristino del rapporto, l’onere di invitare il lavoratore a riprendere il servizio, mediante apposita comunicazione scritta che abbia contenuto concreto e specifico. Da tale comunicazione decorrerà il termine di 30 giorni ai fini della ripresa del lavoro. Infine, gli Ermellini rilevano che è privo di significato, in vista dell’interesse a riprendere l’originario rapporto di lavoro, il fatto che il lavoratore abbia intrapreso una nuova occupazione nelle more, potendo rilevare eventualmente solo sotto il profilo dell’ aliunde perceptum . Per questi motivi, gli Ermellini accolgono il ricorso del ricorrente e rinviano gli atti al Tribunale di Napoli in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 9 aprile – 6 giugno 2019, n. 15379 Presidente Di Cerbo – Relatore Patti Fatto Con decreto 21 giugno 2016, il Tribunale di Napoli rigettava l’opposizione proposta da D.M.C. , ai sensi della L. Fall., art. 98, avverso lo stato passivo del Fallimento omissis s.r.l., dal quale era stato escluso il credito insinuato in via privilegiata ai sensi dell’art. 2751 bis c.c., n. 1, di Euro 144.062,44 per mancato pagamento delle retribuzioni maturate dal 13 febbraio 2007 data del licenziamento al 1 aprile 2015 data di dichiarazione di fallimento , sulla base della sentenza del Tribunale di Napoli n. 28413/2009 in giudicato di accertamento dell’illegittimità del licenziamento intimatogli dalla società poi fallita, con relative condanne reintegratoria e risarcitoria. A motivo della decisione, il Tribunale escludeva la prova da parte del lavoratore, di essa onerato, dell’offerta delle proprie energie lavorative alla società datrice per esserne riassunto. Con atto notificato il 22 luglio 2015 il lavoratore ricorreva per cassazione con unico motivo, cui resisteva con controricorso la curatela fallimentare entrambe le parti comunicavano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Con unico motivo, il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, nel testo ante L. n. 92 del 2012 , per inesistenza di un onere probatorio del lavoratore di messa a disposizione delle proprie energie lavorative e di violazione del giudicato di reintegrazione nel posto di lavoro. 2. In via preliminare occorre affermare l’ammissibilità del motivo. 2.1. Nel caso di specie è irrilevante la mancata trascrizione del giudicato del Tribunale di Napoli n. 28413/2009. Ed infatti, essa è necessaria, ai fini di ammissibilità del motivo con cui si denuncia la violazione dell’art. 2909 c.c., sia pure costituendo il giudicato la regola del caso concreto e conseguentemente una questione di diritto da accertare direttamente, allorquando essa investa la sua interpretazione, restando diversamente preclusa al giudice di legittimità ogni tipo di attività nomofilattica Cass. 16 luglio 2014, n. 16227 Cass. 11 dicembre 2018, n. 31991 . Ma non di questo si tratta nel caso di specie, rilevando la sentenza del Tribunale di Napoli in giudicato come circostanza di fatto, incontestata tra le parti ed esterna alla questione devoluta, cui accede come elemento allegato in funzione probatoria ai fini di ammissione del lavoratore al concorso fallimentare. 3. Tanto premesso, il motivo è fondato. 3.1. Non sussiste alcuna necessità di una messa in mora da parte del lavoratore, come erroneamente ritenuto dal Tribunale dal penultimo capoverso di pg. 3 al primo di pg. 4 del decreto , non potendo essere correttamente assimilata l’ipotesi della L. n. 300 del 1970, art. 18, a quella di nullità del termine apposto al contratto a tempo determinato, con la sua conversione a tempo indeterminato Cass. 13 aprile 2007, n. 8903 Cass. 27 marzo 2008 Cass. 7 settembre 2012, n. 14996 , per la natura ricognitiva della dichiarazione di nullità così come della disdetta alla scadenza di un contratto di lavoro a termine illegittimamente stipulato, configurante un atto meramente ricognitivo, non una fattispecie di recesso Cass. 20 novembre 2009, n. 23756 . 3.2. Quando invece il lavoratore impugni stragiudizialmente il licenziamento illegittimo, a fronte del rifiuto datoriale di riceverne la prestazione manifestato con l’intimazione del licenziamento, egli già con tale agire compie l’offerta della sua prestazione lavorativa richiedendo il ripristino del rapporto. 3.3. Spetta piuttosto al datore di lavoro, per l’effettivo ripristino del rapporto e fermo restando il diritto al risarcimento del danno liquidato ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4, nel testo anteriore alla riforma operata con L. n. 92 del 2012 , l’onere di invitare il lavoratore alla ripresa del servizio con una comunicazione, pure in forma non solenne, ma in modo concreto e specifico Cass. 29 luglio 1998, n. 7448 Cass. 27 novembre 2013, n. 26519 , con decorrenza da tale momento del termine di trenta giorni per il lavoratore medesimo di riprendere il lavoro arg. ex Cass. 4 giugno 2002, n. 8099 Cass. 6 giugno 2013, n. 15075 . Né rileva poi, ai fini in esame ed in riferimento al valore attribuito dal Tribunale all’aver D.M. . prestato la propria opera in favore di altri soggetti al penultimo capoverso di pg. 3 del decreto , la circostanza di una nuova occupazione del lavoratore nelle more, in quanto non significativa di una sua carenza d’interesse al ripristino dell’originario vincolo Cass. 20 dicembre 1989, n. 5743 , rilevando eventualmente sotto il profilo dell’aliunde perceptum Cass. 17 febbraio 2010, n. 3682 . 3. Dalle superiori argomentazioni discende l’accoglimento del ricorso, con la cassazione del decreto e rinvio al Tribunale di Napoli in diversa composizione che valuterà l’ammissibilità o meno del credito allo stato passivo del Fallimento omissis s.r.l., in applicazione delle disposizioni in materia concorsuale alla luce del superiore principio di diritto, provvedendo anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il ricorso cassa il decreto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Napoli in diversa composizione.