Epatite trasmessa dal marito infermiere: niente indennizzo dal Ministero della Salute

A tradire la donna è l’applicazione del termine triennale di decadenza, che rende inammissibile la sua domanda. Ella ha scoperto la malattia prima che essa fosse diagnosticata al coniuge.

Lui, infermiere professionale, viene colpito da epatite post trasfusione. A essere contagiata è però anche la moglie. Ciò avviene quando non è ancora emerso la patologia dell’uomo. Ora, a distanza di anni, per la donna arriva anche la beffa niente indennizzo dal Ministero della Salute, poiché la domanda va respinta per “decorso del termine decadenziale triennale”, sanciscono i Giudici Cassazione, ordinanza numero 15283/19, sez. Lavoro, depositata oggi . Trasfusione. È l’esito del processo in appello a far vacillare la pretesa risarcitoria della donna. In particolare, i giudici, accogliendo il ricorso proposto dal Ministero della Salute, dichiarano «inammissibile, per decorso del termine decadenziale, la domanda, volta ad ottenere l’indennizzo previsto dalla legge numero 238 del 1997 in qualità di coniuge contagiata da consorte affetto da epatite post trasfusione». In sostanza, viene dato atto della «specificità dell’evento» e della «peculiare sequenza temporale del fattore causale della patologia, connotata da lunga latenza», e viene annotato che «la coniuge contagiata ha scoperto la patologia diagnosticatale nel settembre 1994 ancor prima che il consorte, infermiere professionale, avesse conoscenza della patologia, a lui diagnosticata nel novembre del 1995 e a cui si ricollegava la conoscenza del nesso causale tra trasfusione effettuata dal coniuge ed evento in capo alla donna». Fondamentale è la constatazione del «decorso del termine triennale di decadenza, decorrente dall’entrata in vigore della legge numero 238 del 1997». Termine. Inutile si rivela il ricorso proposto in Cassazione dal legale della donna. Anche per i Giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, è stata correttamente applicato «il termine triennale di decadenza per il conseguimento dell’indennizzo in favore di soggetti danneggiati da emotrasfusioni», termine esteso anche «ai coniugi e ai figli» e «applicabile anche in caso di epatite post trasfusione contratta prima del 28 luglio 1997». In premesso viene rimarcata «la distinzione fra il momento di insorgenza del diritto, che si correla alla manifestazione del danno irreversibile, e l’esercizio del diritto stesso». Passaggio successivo è la soluzione della questione relativa alla «disciplina applicabile in caso di contagio derivato o indiretto». Ebbene, «occorre riferirsi alla data di manifestazione del danno, che segna la nascita del diritto, e non a quella, che rileva ai diversi fini della decorrenza dell’indennizzo, della presentazione della domanda, né a quella della conoscenza della malattia e della derivazione causale della stessa, rilevante ai fini della individuazione del dies a quo del termine di decadenza». E in questa ottica viene ricordato che «l’acquisita conoscenza o consapevolezza della correlazione dell’epatopatia sia con l’intervento terapeutico praticato la trasfusione , sia per contagio diretto da congiunto affetto da epatopatia contratta per causa di servizio, costituisce elemento costitutivo del diritto al beneficio indennitario». E in questa vicenda, concludono i giudici, si è potuto appurare che «la domanda di indennizzo» da parte della moglie dell’infermiere è stata proposta «oltre il termine triennale di decadenza decorrente dall’acquisita consapevolezza dell’eziologia dell’epatopatia».

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 21 marzo – 5 giugno 2019, numero 15283 Presidente D’Antonio – Relatore Mancino Rilevato che 1. con sentenza in data 17 marzo 2017, la Corte d'appello di Napoli, in accoglimento del gravame svolto dal Ministero della Salute, ha dichiarato inammissibile la domanda proposta da Sp. Ro. - volta ad ottenere, dal Ministero della Salute, l'indennizzo previsto dalla legge numero 238 del 1997, in qualità di coniuge contagiata da consorte affetto da epatite posttrasfusionale - per decorso del termine decadenziale 2. la Corte di merito, premessa la specificità dell'evento protetto e la peculiare sequenza temporale del fattore causale della patologia connotata da lunga latenza, giacché nella specie la coniuge contagiata la Sp. aveva scoperto la patologia diagnosticatale nel settembre 1994 ancor prima che il consorte, infermiere professionale, avesse conoscenza della patologia, a quest'ultimo diagnosticata nel novembre 1995 e a cui si ricollegava la conoscenza del nesso causale tra trasfusione effettuata dal coniuge ed evento in capo all'attuale ricorrente 3. presso atto della demanda amministrativa dell'attuale ricorrente in data 14 febbraio 2005 entro il decennio dalla conoscenza della patologia del consorte, riteneva la Corte decorso il termine triennale di decadenza decorrente dall'entrata in vigore della legge numero 238 del 1997 4. avverso tale sentenza Sp. Ro. ha proposto ricorso, ulteriormente illustrato con memoria, affidato a tre motivi, al quale ha opposto difese il Ministero della salute Considerato che 5. con i motivi di ricorso, deducendo violazione e falsa applicazione dell'articolo 5 cod.proc.civ., in relazione all'articolo 11 delle preleggi e del portato della sentenza numero 15352 del 2015, e difetto di motivazione in ordine al requisito della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, la ricorrente assume l'applicabilità, nella specie, dei principi giurisprudenziali vigenti all'epoca di presentazione della domanda amministrativa, con rilevanza dei termini prescrizionali decennali e non triennali dall'entrata in vigore della legge numero 238 del 1997 6. il ricorso è da rigettare 7. va ribadito il principio reiteratamente affermato da questa Corte, secondo cui il termine triennale di decadenza, per il conseguimento dell'indennizzo in favore di soggetti danneggiati da emotrasfusioni, introdotto dalla legge 25 luglio 1997, numero 238 ed esteso articolo 1, comma 6 L.numero 238 ai coniugi e figli affetti da epatite a causa di contagio da soggetto a propria volta precedentemente danneggiato da epatite postrasfusionale , si applica anche in caso di epatite postrasfusionale contratta prima del 28 luglio 1997, data di entrata in vigore della detta legge, con decorrenza, però, da questa stessa data v., fra le tante, Cass., Sez. U. nnumero 15352, 15353, 15687 del 2015 e numerose successive conformi 8. la conoscenza del danno, del superamento della soglia minima indennizzabile, della derivazione della lesione dalla vaccinazione obbligatoria o dall'emotrasfusione rileva ai fini dell'esercizio del diritto, che il legislatore ha sottoposto al termine di decadenza triennale, inizialmente applicabile ai soli casi di vaccinazione obbligatoria e di contagio da HIV, e poi esteso anche all'epatite post-trasfusionale D.L. numero 548 del 1996, articolo 7, comma 4, e poi dalla L. numero 238 del 1997, articolo 1, comma 9, che ha sostituito la L. numero 210 del 1992, articolo 3, comma 1 9. le Sezioni unite della Corte per tutte Cass., Sez.U., numero 15352 del 2015 cit. hanno ritenuto applicabile il termine di decadenza alle azioni relative ai danni irreversibili derivati da epatiti post-trasfusionali già manifestatesi alla data di entrata in vigore della nuova normativa, azioni originariamente soggette al solo termine di prescrizione decennale 10. hanno precisato, in motivazione, che ben può il legislatore introdurre, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della nuova normativa, un termine applicabile all'esercizio di diritti sorti anteriormente, purché il fine acceleratorio perseguito non determini un eccessivo sacrificio dell'interesse del privato alla tutela del proprio diritto, come potrebbe accadere in caso di disposizioni retroattive o che dettino un regolamento irrazionale della materia 11. in tal modo è stata rimarcata la distinzione fra il momento di insorgenza del diritto, che si correla alla manifestazione del danno irreversibile, e l'esercizio del diritto stesso 12. sulla base dei principi sopra richiamati va risolta la questione relativa alla disciplina applicabile in caso di contagio derivato o indiretto 13. occorre riferirsi alla data di manifestazione del danno, che segna la nascita del diritto, e non a quella, che rileva ai diversi fini della decorrenza dell'indennizzo, della presentazione della domanda, né a quella della conoscenza della malattia e della derivazione causale della stessa, rilevante ai fini della individuazione del dies a quo del termine di decadenza v., fra le altre, in tema di contagio indiretto Cass. numero 20332 del 2018 14. va anche ricordato che l'acquisita conoscenza o consapevolezza della correlazione dell'epatopatia sia con l'intervento terapeutico praticato la trasfusione , sia, come nella specie, per contagio diretto da congiunto affetto da epatopatia contratta per causa di servizio, costituisce elemento costitutivo del diritto al beneficio indennitario e si risolve in un accertamento in fatto della Corte di merito, come tale insindacabile in sede di legittimità, 15. risulta, pertanto, immune da censure la statuizione della Corte territoriale che ha rigettato la domanda di indennizzo proposta oltre il termine triennale di decadenza decorrente dall'acquisita consapevolezza dell'eziologia dell'epatopatia 16. la ricorrente, nel ricorso, non apporta argomenti decisivi tali da indurre ad una rimeditazione o ad nuovo intervento nomofilattico delle Sezioni unite della Corte 17. in definitiva va ripetuto, con Cass. numero 9960 del 2018, che ha ritenuto la dedotta questione di illegittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 7 della legge numero 210 del 1992 manifestamente infondata, che il termine di decadenza triennale non è talmente breve da frustrare la possibilità di esercizio del diritto alla prestazione e vanificare la previsione dell'indennizzo v. Corte Cost. numero 342 del 2006 18. risulta, infine, inammissibile l'ultima doglianza, non conforme al paradigma del nuovo articolo 360 c.p.c, comma 1, numero 5, in seguito alla modifica apportata dal D.L. numero 83 del 2012, articolo 54, convertito in L. numero 134 del 2012, a termini della quale l'inosservanza dell'obbligo di motivazione integra violazione della legge processuale, denunciabile con ricorso per cassazione, solo quando si traduca in mancanza della motivazione stessa, e cioè nei casi di radicale carenza di essa o nel suo estrinsecarsi in argomentazioni inidonee a rivelare la ratio deciderteli Cass., sez. unumero , numero 8053/2014, numero 8054/2014 e, nella specie, la censura investe, peraltro, la non corrispondenza tra chiesto e pronunciato 19. le spese si liquidano come in dispositivo 20. ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, D.P.R.numero 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della ricorrente, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex articolo 13,comma 1-bis P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, D.P.R.numero 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della ricorrente, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex articolo 13, comma 1-bis.