La liquidazione del TFR al lavoratore ancora in servizio è un diritto futuro

Il diritto alla retribuzione del TFR del lavoratore ancora in servizio si considera un diritto futuro, pertanto la rinuncia effettuata dal lavoratore stesso è radicalmente” nulla per mancanza dell’oggetto, non essendo ancora tale diritto entrato nel patrimonio del lavoratore.

Sul tema l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 14510/19, depositata il 28 maggio. In particolare, la Corte d’Appello rigettava il gravame del lavoratore avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda della società datrice di lavoro in opposizione al decreto con cui le era stato ingiunto il pagamento di una somma di denaro a titolo di integrazione del TFR a seguito di transazione. Il lavoratore così ricorre in cassazione sostenendo che la rinuncia al TFR da parte del lavoratore antecedentemente all’effettiva cessazione del rapporto di lavoro sarebbe illegittima, avendo ad oggetto un diritto non ancora entrato a far parte del patrimonio del lavoratore stesso. Liquidazione del TFR. Sul punto, al S.C. ribadisce il principio ormai consolidato in giurisprudenza secondo cui, il diritto alla liquidazione del TFR del lavoratore ancora in servizio è un diritto futuro e la rinuncia effettuata dal lavoratore stesso è nulla ai sensi degli artt. 1418, comma 2, e 1325 c.c. per mancanza dell’oggetto, non essendo ancora il diritto entrato nel patrimonio del lavoratore e non essendo sufficiente l’accantonamento delle somme già effettuato . E la sentenza impugnata si pone in contrasto col suddetto principio. Inoltre non esclude l’applicazione di tale principio l’assunto della Corte territoriale in base al quale vi sarebbe stata una sostanziale contestualità” tra il momento della rinuncia all’integrazione del trattamento di fine rapporto e la cessazione del rapporto di lavoro, essendo pacifico che al momento dell’accordo, come avvenuto nella fattispecie concreta, il rapporto di lavoro non era cessato e ciò basta a consentire l’applicazione del succitato principio di diritto. Pertanto, gli Ermellini accolgono il motivo di ricorso e cassano la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte territoriale per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 3 aprile – 28 maggio 2019, n. 14510 Presidente Tria – Relatore Amendola Rilevato in fatto che 1. la Corte d’Appello di Milano, con sentenza pubblicata settembre 2014, ha rigettato l’appello di M.M. avverso la sentenza di primo grado, che aveva accolto il ricorso proposto da Metro Italia Cash and Carry s.p.a. in opposizione al decreto ingiuntivo con cui era stato ingiunto alla società il pagamento della somma di Euro 89.350,00 a titolo di integrazione del TFR a seguito di transazione 2. la Corte di merito ha ritenuto che l’affermazione del carattere generale e novativo della transazione trovi precisazione e chiarimento nella espressa rinuncia oltre al TFR - espressione comunque infelice dato che lo stesso rimaneva pacificamente esigibile all’incidenza sugli istituti legali e contrattuali di tutte le voci retributive espressamente indicate ivi inclusi rimborsi spese, bonus, stock options, fringe benefits inoltre, ha argomentato che tale rinuncia non è in contraddizione con l’affermazione che il corrispettivo della transazione verrà corrisposto in aggiunta alle competenze di fine rapporto per legge e contrattualmente dovute, trattandosi di una rinuncia espressa, nell’ambito di una conciliazione sindacale a parti variabili della retribuzione in ordine alle quali è notorio possa sorgere contenzioso circa la computabilità nella base di calcolo del TFR tale interpretazione non contrasta, ad avviso della Corte territoriale, con la riserva dell’appellante di verifica dell’esattezza dei conteggi relativi delle competenze contrattuali di fine rapporto, riserva che sicuramente lascia aperte possibili successive contestazioni, ma che, a fronte delle espresse rinunce contenute nella transazione medesima, non può che riferirsi ai conteggi del TFR, vale a dire all’esattezza contabile, per le voci non oggetto di espressa rinuncia, e quindi ad esempio per errori di calcolo o di coefficienti con riferimento alle voci retributive non in contestazione 3. in ordine al profilo della nullità della rinuncia, ex art. 1418 c.c., sostenuta dall’appellante - in quanto concernente un diritto futuro, la Corte di merito ha ritenuto che ci fosse una sostanziale contestualità tra il momento della rinuncia all’integrazione del TFR 10 gennaio 2008 e la cessazione del rapporto 31 gennaio 2008 e, inoltre, ha osservato che il momento della cessazione del rapporto di lavoro va considerato solo quale condizione di esigibilità del credito a titolo di TFR, rammentando che il TFR costituisce un diritto di credito a pagamento differito che matura anno per anno e che è possibile oggetto di accertamento giudiziale, quanto alle modalità di calcolo ed entità, anche prima della risoluzione del rapporto 4. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso M.M. con 2 motivi cui ha resistito Metro Italia Cash and Carry s.p.a. con controricorso entrambe le parti hanno comunicato memorie. Considerato in diritto che 1. i motivi di ricorso possono, come di seguito, essere sintetizzati 1.1 il primo motivo denuncia omessa disamina di fatti decisivi ai fini del giudizio, violazione e falsa applicazione degli artt. 1965, 1362, 1363 e 1364 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 a dire del ricorrente, per quel che concerne l’incidenza del TFR sulla retribuzione variabile, la Corte d’Appello ha erroneamente applicato le norme di legge sull’interpretazione dei contratti, allorché ha fondato le sue motivazioni solo su una lettura peraltro erronea del testo negoziale in particolare, il ricorrente si duole del fatto che il Collegio ha fondato le proprie argomentazioni sul presupposto, assolutamente destituito di fondamento, che il Dott. M. , con la sottoscrizione del verbale di conciliazione, avesse deliberatamente e scientemente inteso rinunciare all’incidenza della retribuzione variabile percepita sul TFR , dunque, senza tener conto della volontà negoziale del lavoratore in senso abdicativo difatti, sostiene il ricorrente, sia l’elemento della consapevolezza che della determinazione volontaristica non emergono in alcun modo dal testo del verbale sottoscritto dalla parti in sede sindacale 1.2 il secondo motivo contesta violazione e falsa applicazione degli artt. 1418 e 1325 c.c., e art. 2120 c.c., e L. n. 297 del 1982, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’Appello di Milano è altresì incorsa in una violazione degli artt. 1418 e 1325 c.c., e dell’art. 2120 c.c., nonché della L. n. 297 del 1982, allorché ha ritenuto valida l’asserita rinunzia/transazione sul rilievo che il diritto del lavoratore al TFR maturerebbe in corso di rapporto e non alla cessazione dello stesso precisamente, il ricorrente sostiene che la rinuncia al TFR da parte del lavoratore manifestata antecedentemente all’effettiva cessazione del rapporto sarebbe del tutto illegittima 1 avendo ad oggetto un diritto non ancora entrato a far parte del patrimonio giuridico del lavoratore 2. per ragioni di pregiudizialità logico-giuridica può essere esaminato il secondo motivo di ricorso che il Collegio reputa fondato infatti, premesso che la rinunzia può avere effetto abdicativo di un diritto in quanto risulti specificamente che la parte l’abbia resa con la chiara e piena consapevolezza di abdicare o transigere su di esso cfr. Cass. n. 18094 del 2015 e che la stessa rinunzia è ammissibile in riferimento a diritti già maturati e dal contenuto determinato v. Cass. n. 3064 del 2013 Cass. n. 12561 del 2006 Cass. n. 9747 del 2005 , la sentenza impugnata si pone in contrasto con il seguente principio ancora di recente ribadito da questa Corte Il diritto alla liquidazione del trattamento di fine rapporto del lavoratore ancora in servizio è un diritto futuro, la rinuncia effettuata dal lavoratore è radicalmente nulla ai sensi dell’art. 1418 c.c., comma 2, e art. 1325 c.c., per mancanza dell’oggetto, non essendo ancora il diritto entrato nel patrimonio del lavoratore e non essendo sufficiente l’accantonamento delle somme già effettuato Cass. n. 23087 del 2015 conf. a Cass. n. 4822 del 2005 né vale ad escludere l’applicazione di tale principio l’assunto speso dalla Corte territoriale secondo cui vi sarebbe stata una sostanziale contestualità tra il momento della rinuncia all’integrazione del TFR 10 gennaio 2008 e la cessazione del rapporto di lavoro 31 gennaio 2008 , essendo comunque pacifico che al momento dell’accordo il rapporto di lavoro non era cessato e tanto basta a consentire l’applicazione del principio innanzi richiamato 3. conclusivamente il secondo motivo di ricorso deve essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata in relazione ad esso e rinvio alla Corte indicata in dispositivo, che si uniformerà a quanto statuito e regolerà anche le spese tanto assorbe il primo motivo perché una volta ritenuta la radicale nullità dell’atto di disposizione di un diritto futuro la ragione più liquida della decisione Cass. n. 363 del 2019 Cass. n. 11458 del 2018 Cass. n. 23531 del 2016 Cass. n. 17214 del 2016 Cass. SS.UU. n. 23542 del 2015 rende ultronea ogni questione concernente l’accertamento della volontà negoziale delle parti. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese.