Tempestività della domanda dell’indennità di mobilità

Il termine di decadenza per la presentazione della domanda di indennità di mobilità è di 60 giorni dall’inizio della disoccupazione indennizzabile, e cioè dall’ottavo giorno successivo a quella della cessazione del rapporto di lavoro .

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 11704/19, depositata il 3 maggio. La vicenda. La Corte d’Appello di Lecce, in riforma della sentenza di prime cure, dichiarava il diritto del ricorrente all’indennità di mobilità richiesta con tempestiva domanda all’INPS condannando l’Istituto al pagamento della medesima. Quest’ultimo ricorre in Cassazione deducendo che erroneamente la Corte territoriale avrebbe fatto decorrere il termine di decadenza di 68 giorni per la presentazione della domanda dalla comunicazione del licenziamento e non dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. Tempestività. Richiamando le disposizioni normative applicabili nel caso in esame, la Corte ricorda il consolidato principio secondo cui l’indennità di mobilità, di cui all’art. 7 l. n. 223/1991, costituisce un trattamento di disoccupazione di fonte legale ma non sorge in capo al lavoratore in via automatica, presupponendo, come tutti i trattamenti previdenziali, la presentazione della relativa domanda all’INPS entro i termini di decadenza stabiliti dalla normativa in materia di disoccupazione involontaria, applicabile in virtù dello specifico richiamo di cui al comma 12 dell’art. 7 cit A dimostrazione di ciò, l’art. 20- ter l. n. 135/1997 ha introdotto una sanatoria per le domande di concessione presentate anteriormente al 31 marzo 1992 per le quali si fosse già concretizzata la decadenza Ne consegue che il termine di decadenza è di 60 giorni dall’inizio della disoccupazione indennizzabile, e cioè dall’ottavo giorno successivo a quella della cessazione del rapporto di lavoro . La decorrenza del termine non può dunque che essere individuata nel momento della cessazione del rapporto di lavoro. Secondo la costante giurisprudenza ed in virtù dell’art. 2119, comma 2, c.c., la cessazione del rapporto di lavoro non deriva automaticamente dal fallimento dell’imprenditore e, ove vi sia cessazione dell’attività, il rapporto entra in una fase di sospensione. Nel caso di specie, la cessazione del rapporto di lavoro era avvenuta nel momento della comunicazione, da parte del Centro per l’impiego, dell’inserimento del lavoratore, già in cassa integrazione, nelle liste di mobilità, con conseguente tempestività della domanda presentata all’INPS. In conclusione, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 6 febbraio – 3 maggio 2019, n. 11704 Presidente Manna – Relatore Fernandes Rilevato che 1. con sentenza del 30 luglio 2013, la Corte di Appello di Lecce, in riforma della decisione del Tribunale in sede, dichiarava il diritto di S.D.P. alla indennità di mobilità richiesta con domanda dell’8 agosto 2008 e condannava l’INPS al pagamento della medesima oltre accessori 2. ad avviso della Corte territoriale la domanda all’ente assicuratore per la concessione dell’indennità di mobilità prevista dalla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 7, a favore dei dipendenti da imprese ammesse al trattamento straordinario di integrazione salariale o da imprese che cessino l’attività o riducano il personale per riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, deve essere proposta entro il termine di decadenza di 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro l’onere della prova in ordine alla data di comunicazione del licenziamento - nel caso in esame diversa ed anteriore a quella della comunicazione del collocamento in mobilità avvenuta l’8 agosto 2008 - gravava sull’istituto che aveva eccepito la predetta decadenza non essendo esigibile il rispetto di un termine decadenziale da parte dell’assicurato se non a decorrere dalla data di conoscenza da parte sua dell’evento individuato dalla legge come dies a quo del decorso del detto termine e non essendo, peraltro, neppure comprensibile come il lavoratore potesse fornire la prova di un fatto negativo il non aver ricevuto prima dei sessantotto giorni la lettera di comunicazione del licenziamento 3. per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso l’INPS affidato a due motivi cui resiste lo S. con controricorso il Procuratore Generale ha depositato requisitoria in cui ha concluso per il rigetto del ricorso entrambe le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza. Considerato che 4. con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 73, comma 2, art. 129, comma 5, conv. con modificazioni in L. 6 aprile 1936, n. 1155, L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 12, con riferimento agli artt. 2964 e 2968 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 avendo errato la Corte territoriale nel far decorrere il termine di decadenza di 68 giorni dalla comunicazione del licenziamento e non dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, avvenuta il 1 maggio 2008, circostanza quest’ultima non contestata e riscontrata dagli stessi giudici di merito si evidenzia, altresì, come il decorso di un termine di decadenza debba essere ancorato ad un dato oggettivo e non ad uno stato soggettivo del lavoratore o ad un comportamento del datore di lavoro violandosi, altrimenti, il disposto dell’art. 2968 c.c., trattandosi di decadenza prevista dalla legge in una materia, quale quella previdenziale, sottratta alla disponibilità delle parti. Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., con riferimento al combinato disposto del R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 73, comma 2, art. 129, comma 5, conv. con modificazioni in L. n. 1155 del 1936, L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 12 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in quanto, contrariamente a quanto affermato nell’impugnata sentenza, a fronte della eccezione di decadenza per tardività della domanda sollevata dall’INPS, gravava sull’assicurato dimostrare di averla tempestivamente proposta, nel caso in esame, quindi, provare il fatto negativo costituito dalla addotta omessa comunicazione della risoluzione del rapporto da parte del datore di lavoro 6. entrambi i motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono infondati. Le disposizioni normative rilevanti ai fini del decidere dispongono quanto segue il R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 73, comma 2, convertito con modificazioni nella L. n. 1155 del 1936, prevede che L’indennità di disoccupazione è corrisposta a decorrere dall’ottavo giorno successivo a quello della cessazione dal lavoro il successivo art. 77, comma 1, dispone che Per conseguire il diritto all’indennità di disoccupazione, il disoccupato deve farne domanda nei modi e termini stabiliti dal regolamento l’art. 129, comma 5, prevede che Cessa il diritto nell’assicurato di essere ammesso al godimento dell’indennità di disoccupazione qualora siano decorsi sessanta giorni da quello d’inizio della disoccupazione indennizzabile senza che l’assicurato medesimo abbia avanzata domanda di ammissione al pagamento dell’indennità . Vale ricordare, inoltre, che questa Corte ha affermato il principio secondo cui L’indennità di mobilità, di cui alla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 7, costituisce un trattamento di disoccupazione che ha la sua fonte nella legge, ma non sorge nel lavoratore in via automatica, presupponendo, come tutti i trattamenti previdenziali, la presentazione di una domanda all’INPS - che non potrebbe altrimenti attivarsi non conoscendo le relative condizioni - entro i termini di decadenza stabiliti dalla normativa in materia di disoccupazione involontaria, applicabile per l’indennità di mobilità in virtù dello specifico richiamo operato del citato art. 7, comma 12 sì che tale normativa deve considerarsi inserita a tutti gli effetti formali e sostanziali nella nuova norma istitutiva dell’indennità di mobilità , così com’è dimostrato, d’altra parte, dalla disposizione di cui alla L. 23 maggio 1997, n. 135, art. 20-ter, che ha introdotto una sanatoria per le domande di concessione dell’indennità presentate anteriormente al 31 marzo 1992, per le quali si fosse già avverata la decadenza dal relativo diritto Cass. SU n. 17389 del 6 dicembre 2002 . Il termine di decadenza applicabile, quindi, è quello, previsto dal cit. R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 129, per l’indennità di disoccupazione, di sessanta giorni dall’inizio della disoccupazione indennizzabile, e cioè dall’ottavo giorno successivo a quello della cessazione del rapporto di lavoro. Ne consegue che, anche per la domanda di indennità di disoccupazione, il termine di decadenza non può che decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro sulla decorrenza dalla cessazione del rapporto di lavoro vedi anche Cass., 9 settembre 2011, n. 17389, Cass. n. 15770 del 24 giugno 2013 e, più di recente, Cass. n. 17404 del 29 agosto 2016 . Si è, peraltro, precisato che detta decadenza ha carattere generale perché soddisfa l’esigenza di assicurare all’INPS la possibilità di effettuare tempestivi controlli in ordine alla effettiva sussistenza dello stato di disoccupazione di tutti i lavoratori in genere in tal senso, v. Cass., 19 dicembre 1985, n. 6503 . A questo punto occorre precisare che per giurisprudenza costante di questa Corte, ai sensi dell’art. 2119 c.c., comma 2, la cessazione del rapporto di lavoro non deriva automaticamente dal fallimento dell’imprenditore o dalla liquidazione coatta amministrativa dell’azienda , e, ove vi sia cessazione dell’attività aziendale, il rapporto di lavoro entra in una fase di sospensione Cass. n. 13693 del 30/05/2018 Cass. 7473 del 14/05/2012 . Orbene, nel caso de quo, come osservato dalla Corte territoriale, solo con missiva dell’8 agosto 2008 del Centro per l’impiego di XXXXXXXX venne comunicato allo S. - già collocato in cassa integrazione a zero ore - il suo inserimento nelle liste di mobilità dunque, l’avvenuta cessazione del rapporto di lavoro ragion per cui la domanda di mobilità presentata lo stesso 8 agosto 2008 era tempestiva mancando la prova di una precedente comunicazione al lavoratore del suo licenziamento ovvero di un diverso e più risalente dies a quo cui ancorare la decorrenza del termine decadenziale e la prova d’una diversa e anteriore data di comunicazione del licenziamento - che, come è noto, è atto recettizio - non può che gravare ex art. 2697 c.p.c., comma 2, su chi eccepisce la decadenza, vale a sull’INPS, mentre la mera negazione, da parte dell’odierno controricorrente, del fatto costitutivo dell’avversa eccezione costituisce non già una controeccezione, bensì una mera difesa in quanto tale di per sé inidonea a modificare l’ordinaria ripartizione dell’onere probatorio 7. il ricorso, per quanto esposto, va rigettato 8. le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in favore dello S. 9. sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 legge di stabilità 2013 trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame Cass. n. 22035 del 17/10/2014 Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi . P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.