Giusto procedimento disciplinare, valgono le regole del giusto processo penale

La certezza del diritto di difesa del professionista nel procedimento disciplinare è garantita dalle norme penali.

[ ] Nella materia disciplinare la lacuna esistente, quanto all’inizio della decorrenza della prescrizione, deve colmarsi con il diritto punitivo in senso stretto qual è il diritto penale art. 185 c.p. . La decorrenza dalla data della realizzazione dell’illecito disciplinare è [ ] in linea con la natura sostanziale della prescrizione di ogni illecito, e quindi anche disciplinare o penale, che dia luogo a poteri autoritativi o di irrogazione della sanzione . Così il Tribunale di Ragusa con l’ordinanza del 15 febbraio 2019. Il potere di irrogare sanzioni da parte dei consigli di disciplina si estingue con la prescrizione quinquennale. Il Tribunale di Ragusa, decidendo sul ricorso ex art. 700 c.p.c. di un consulente del lavoro in tema di sospensione dall’esercizio della professione per sei mesi, rende indicazioni ben precise se la legge professionale non specifica il termine di decorrenza della prescrizione, il dies a quo deve essere individuato applicando i principi generali in materia di illecito penale, e quindi con riferimento al giorno di commissione dell’illecito. Il decorso del termine di prescrizione quinquennale fa venir meno l’illiceità della condotta contestata, causando la decadenza dalla facoltà di esercitare il potere disciplinare. Di conseguenza, la potestà punitiva del consiglio di disciplina, così come quella dello Stato rispetto ai reati, sparisce col venir meno dell’illiceità della condotta. Ne bis in idem il principio trasversale alla tutela giudiziaria e alla tutela disciplinare. Il principio del ne bis in idem è applicato pure nei procedimenti disciplinari. Il professionista ricorrente era stato sottoposto per due volte a procedimento disciplinare per i medesimi fatti, cui era stata data nelle due occasioni una differente valutazione e configurazione giuridica. I consigli di disciplina territoriali non possono dare corso a distinti procedimenti disciplinari fondati su fatti del tutto identici in tal caso la sanzione disciplinare inflitta per il procedimento più recente è affetta da nullità insanabile. Quali conseguenze per i provvedimenti disciplinari annullabili impugnati col procedimento d’urgenza? L’efficacia dei provvedimenti disciplinari illegittimi impugnati ex art. 700 c.p.c. viene sospesa con decorrenza immediata, anche nel caso in cui non sia stata indicata nel ricorso l’azione di merito che vorrebbe essere intrapresa dopo il procedimento cautelare. Infatti, se dal tenore del ricorso d’urgenza emerge chiaramente l’azione di merito che si vorrebbe incardinare successivamente al procedimento cautelare, non sussistono ulteriori oneri a carico del ricorrente. In conclusione la legge professionale dei consulenti del lavoro, così come quella delle altre professioni regolamentate, deve ritenersi integrata ed integrabile col diritto sostanziale esistente, soprattutto negli ambiti che incidono sui diritti rilevanti del professionista, come quello ad ottenere un giusto procedimento disciplinare.

Tribunale di Ragusa, ordinanza 15 febbraio 2019 Giudice Scollo Fatto e diritto Ritenuta la fondatezza, e conseguente accoglibilità del ricorso ex art. 700 c.p.c., presentato da G.V. avverso la decisione del Consiglio Nazionale di Disciplina dei Consulenti del Lavoro emessa il omissis , con la quale tale Organo aveva rigettato il ricorso presentato dal G. medesimo, e confermato la sanzione disciplinare della sospensione del suddetto dall'esercizio professionale per mesi sei, inflittagli con provvedimento del Consiglio Provinciale di Disciplina di Ragusa. Deve preliminarmente ritenersi prima facie infondata l'eccezione del difetto di legittimazione passiva del Consiglio Provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Ragusa, avendo il ricorso ad oggetto la contestazione della legittimità del relativo provvedimento disciplinare emesso dal citato Organo, successivamente confermato dal Consiglio Nazionale. Ed invero, nei giudizi dinanzi alla Corte di Cassazione in materia disciplinare sono parti necessarie sia il Consiglio dell'Ordine che ha irrogato la sanzione impugnata che il Procuratore Generale presso la Suprema Corte cfr. Cass. Sez. Un. n. 26182 del 07.12.2006 . Secondo un orientamento consolidato della Cassazione i Consigli locali dell'Ordine sono parti necessarie nei giudizi disciplinari in quanto titolari dell'interesse a mantenere in vita i provvedimenti emessi a tutela dei fini istituzionali affidati alle loro cure. Nella materia disciplinare soltanto il Consiglio Nazionale ha natura di Giudice speciale, mentre i Consigli locali sono organismi amministrativi, e in forza di tale natura, e del connesso interesse a mantenere in vita il provvedimento adottato, assumono la qualità di parti necessarie nel relativo giudizio avente ad oggetto l'impugnazione del provvedimento adottato cfr. Cass. Sez. 2, 08.10.2018 n. 24679 Cass. 11 aprile 2003 n. 5715 Cass. Sez. Un. n. 12176/2002 Cass.n. 10956/2001 Cass.n. 7872/2001 ord. Corte Cost.n. 183/1999 . Ne consegue l'infondatezza dell'ulteriore eccezione di incompetenza territoriale di questo Giudice, avuto riguardo al criterio del cumulo soggettivo enunciato nell'art, 33 c.p.c., secondo cui le cause contro più persone, che dovrebbero essere proposte dinanzi a Giudici diversi, qualora siano connesse per l'oggetto o per il titolo, possono essere instaurate davanti al Giudice del luogo di residenza o di domicilio di una di esse, per essere decise nello stesso processo. Deve ritenersi altresì in accoglibile l'eccezione di inammissibilità del ricorso ex art. 700 c.p.c., formulata dal Consiglio Provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Ragusa, per mancata indicazione dell'azione di merito che si intende esercitare all'esito di tale fase cautelare. In particolare, occorre precisare che, sebbene la riforma introdotta con la legge n. 80/2005 abbia determinato l'attenuazione del vincolo di strumentalità del provvedimento d'urgenza rispetto al successivo giudizio di merito, essendo divenuta l'instaurazione di quest'ultimo meramente eventuale, permane la necessità di individuazione dei caratteri della successiva azione di merito cui è preordinata la tutela d'urgenza, ai fini dell'individuazione sia del fumus che dei Giudice ritenuto competente. La giurisprudenza di merito, tuttavia, ha precisato che l'onere di specificare l'azione di merito, dei cui effetti si chiede l'anticipazione, può comunque considerarsi pienamente assolto, in assenza di forme particolari previste dalla legge, qualora i termini della controversia emergano in modo assolutamente chiaro dal contenuto complessivo dell'atto, dal tenore delle espressioni utilizzate, dalla ricostruzione dei fatti e dalle violazioni lamentate, come nel caso di specie, in cui si evince in maniera inequivoca, dal tenore complessivo dell'atto di ricorso e dalla ricostruzione dei fatti, quali rappresentati dalla parte ricorrente, l'oggetto della successiva eventuale azione di merito. Appare, invece, fondata, sulla base di una valutazione sommaria degli atti di causa, l'invocata illegittimità della sanzione disciplinare inflitta al G. per violazione del principio del ne bis in idem. Ed invero, nessun dubbio sembra sussistere in merito all'applicabilità di tale principio anche in materia disciplinare, per cui è preclusa la possibilità di irrogazione di sanzioni disciplinari per uno stesso fatto, imputando ad esso soltanto una diversa valutazione o configurazione giuridica, come nel caso concreto cfr. Cass. n. 26815 del 23.10.2018 Cass. n. 22388 del 22 ottobre 2014 . Nella specie, è emersa l'identità dei fatti posti a fondamento dei due esposti, e dei conseguenti procedimenti disciplinari instaurati nei confronti del ricorrente, essendo in entrambi i casi in contestazione l'esosità delle somme, richieste a titolo di saldo dei compensi dovuti, nonché la scorrettezza della condotta tenuta dal consulente, che avrebbe ingannato il legale rappresentante della Edil Costruzioni, convincendolo a firmare degli atti, in cui era stato inserito l'importo presuntivamente dovutogli, nonché la relativa ricognizione di debito, ma senza che il predetto fosse realmente a conoscenza del relativo contenuto. In particolare, nonostante la sinteticità del primo esposto, in cui si lamenta in maniera generica l'eccessività dell'importo richiesto e l'inganno posto in essere dal G. ai danni della società, dalla documentazione prodotta si evince la presentazione nello stesso periodo di una denuncia-querela da parte della legale rappresentante della società committente, per i reati ex artt. 640 e 485 c.p.c., cui era seguita una richiesta di archiviazione del P.M. Lo stesso Consiglio di Disciplina Territoriale di Catania, all'epoca competente in materia, aveva richiesto della documentazione al Gi., tra cui la lettera di incarico, ii verbale di assemblea dei soci del 30.06.2011 e il verbale di consegna dei documenti fiscali del 24.11.2011, e quindi aveva esaminato tali atti, sebbene il relativo procedimento si fosse concluso con l'archiviazione per la ritenuta insussistenza di profili disciplinari. E’ evidente, pertanto, trattarsi degli stessi fatti, seppure descritti e articolati in maniera più puntuale nel successivo esposto del 20.10.2017, nel quale si contestano una serie di violazioni al Codice Deontologico dei Consulenti del Lavoro, ma sempre sulla base dei medesimi eventi, ovvero la richiesta da parte del G. di un importo residuale, a saldo delle prestazioni effettuate, eccessivo e ingiustificato, inserendolo peraltro in degli atti verbale di assemblea dei soci e verbale di consegna di documenti a ciò non deputati, così traendo in inganno la società. Altrettanto fondata deve intendersi l'ulteriore eccezione di prescrizione dell'azione disciplinare, sollevata sempre dalla parte ricorrente. Ed invero, l'art. 39 della legge n. 12/1979 ha previsto che l'azione disciplinare si prescrive in cinque anni, senza null'altro specificare in merito al dies a quo dal quale far decorrere il citato termine. Trattasi, pertanto, di una norma avente carattere generico e lacunoso, alla stessa stregua di altre normative similari, riguardanti la responsabilità deontologica di diverse categorie di professionisti. Non essendo riscontrabile, nell'ambito dell'ordinamento professionale in questione, una specifica norma che precisi il termine di decorrenza della prescrizione, il dies a quo deve essere individuato applicando i principi generali in materia di illecito penale art. 158 c.p. , e dunque facendo riferimento al giorno di commissione del fatto illecito. Il termine quinquennale di prescrizione, cui è soggetta l'azione disciplinare, decorre dalla data di commissione dell'illecito e non da quella di conoscenza dello stesso da parte dell'organo disciplinare cfr. Cass. Sez. 3, n. 9860 del 07.05.2014, C.E.D. Cass.n. 631069 . L'elemento comune costituito dalla data di realizzazione del fatto illecito, nell'ottica disciplinare o penale, pur nell'autonomia dei possibili diversi termini di prescrizione, espressione dei diversi interessi pubblici tutelati, si spiega con l’ identica natura della potestà punitiva, avente per contenuto il potere di accertare l'illecito, di infliggere la sanzione e di eseguirla. Potestà che ha caratteristiche analoghe, anche se non identiche, sia che si tratti di infliggere una sanzione penale, che una sanzione disciplinare. Con la conseguenza che nella materia disciplinare la lacuna esistente, quanto all'inizio della decorrenza della prescrizione, deve colmarsi con il diritto punitivo in senso stretto qual è il diritto penale art. 158 c.p. . La decorrenza dalla data della realizzazione dell'illecito disciplinare è, infatti, in linea con la natura sostanziale della prescrizione di ogni illecito, e quindi anche disciplinare o penale, che dia luogo a poteri autoritari vi di irrogazione della sanzione, stante la ratio comune, costituita dal progressivo affievolimento, con il passare del tempo, dell'esigenza di reagire all'illecito per il venir meno dell'interesse pubblico all'esercizio della potestà punitiva. Così la prescrizione dell'azione disciplinare incide sulla potestà punitiva dell'Ordine professionale nei confronti dell'iscritto, facendo venir meno la stessa illiceità, proprio in ragione dell'affievolimento con il tempo dell'esigenza di reagire all'illecito, per la repressione del quale la potestà punitiva è stata conferita. Conseguente è l'irrilevanza della conoscenza del fatto illecito da parte dell'Organo disciplinare, quando la potestà punitiva sia venuta meno con il venir meno dell'illiceità della condotta cfr. Cass.n. 4658/2006 Cass.n. 10517/2009 Cass.n. 7787/2001 . Nelle stesse norme procedurali sui procedimenti disciplinari di cui alla legge n. 12/1979, approvate con delibera n. 99 del 27 giugno 1996, prodotte in atti, si legge che l'azione disciplinare si prescrive in cinque anni, e il termine decorre dal giorno in cui si è verificato il fatto contestato. Nella fattispecie concreta, i fatti in contestazione si sono realizzati nel giugno e nel novembre del 2011, mentre l'azione disciplinare è stata esperita il 07.03.2018, ovvero ben oltre il termine di prescrizione quinquennale. Alla luce delle considerazioni di cui sopra, deve ritenersi configurabile il fumus del diritto vantato dal ricorrente. Accanto al fumus, è senz'altro integrabile il periculum in mora, attesa la sussistenza del pericolo di un pregiudizio concreto, imminente ed irreparabile, essendo evidente il danno all'immagine, al decoro e alla credibilità professionale del Gi., oltre che all'avviamento della propria attività professionale, non integralmente risarcibile, scaturente dai tempi necessari per la definizione del successivo giudizio di merito, in attesa della quale il suddetto avrebbe certamente già scontato per intero la sanzione disciplinare inflittagli, con evidente e inevitabile compromissione della propria attività di consulenza, e con gravi ripercussioni sotto il profilo sia patrimoniale che morale. Nessun argomento in senso contrario è traibile da quanto dedotto dalla controparte in ordine alla possibilità di nomina di un sostituto per l'esercizio dell'attività, stante la peculiare natura della prestazione offerta dal Gi., di carattere strettamente personale e infungibile, e fondata su di un rapporto di fiducia con il cliente. Deve essere, pertanto, sospesa l'efficacia del provvedimento assunto dal Consiglio di Disciplina Nazionale dei Consulenti del Lavoro in data omissis , nonché di quello emesso il 05 giugno 2018 dal Consiglio di Disciplina Territoriale di Ragusa, che ha disposto nei confronti del G. la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione per sei mesi. Ogni altra questione ed eccezione sollevata dalle parti deve intendersi assorbita nella presente decisione. Le spese di lite seguono la soccombenza, e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. in accoglimento del ricorso presentato da G.V sospende l'efficacia del provvedimento assunto dal Consiglio di Disciplina Nazionale dei Consulenti del Lavoro in data omissis , depositato il omissis , nonché di quello emesso il omissis dal Consiglio di Disciplina Territoriale di Ragusa, che ha disposto la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione per mesi sei nei confronti del ricorrente medesimo. Condanna le parti resistenti, il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro e il Consiglio Provinciale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Ragusa, in solido tra di esse, a rifondere le spese processuali sostenute dalla controparte, da liquidarsi in Euro 286,00 per spese vive, ed Euro 2.400,00 a titolo di compensi professionali, oltre al rimborso forfettario, IVA e CPA come per legge. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.