Cosa (non) deve fare l’appellante in caso di mancata comunicazione del decreto di fissazione dell’udienza

Nel rito del lavoro, nell’ipotesi in cui all’appellante non venga data comunicazione dell’avvenuto deposito del decreto di fissazione dell’udienza di discussione, non grava su quest’ultimo l’onere di provvedere alla notificazione dell’atto di gravame e del decreto stesso.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con ordinanza n. 9122/19, depositata il 2 aprile. Il caso. Una lavoratrice proponeva ricorso in appello avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato la sua domanda volta a sentir condannare l’INPS e l’ENPALS a riconoscerle il diritto alla corresponsione delle differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori al profilo di appartenenza. La Corte territoriale dichiarava il ricorso improcedibile per violazione del termine di notifica. Così la lavoratrice ricorre in Cassazione. Termine per notificare. Il ricorso per la Suprema Corte merita accoglimento. Innanzitutto si accerta che dagli atti di causa risulta la mancata notifica all’appellante del decreto di fissazione dell’udienza. E al riguardo la S.C. ribadisce che, nel rito del lavoro, la mancata comunicazione all’appellante dell’avvenuto deposito del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza dibattimentale esclude l’insorgenza dell’onere di quest’ultimo di provvedere alla notificazione dell’atto di gravame e del decreto stesso. A ciò consegue anche che il contraddittorio deve ritenersi validamente costituito anche quando il collegio, senza emettere un provvedimento formale di rinnovo dell’udienza, si limiti, all’udienza originariamente fissata, a disporre il rinvio della medesima e l’appellante abbia notificato alla controparte copia del ricorso e del decreto, nonché il verbale della prima udienza in cui è stato disposto il rinvio. In definitiva, dunque, il ricorso va accolto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 16 gennaio – 2 aprile 2019, n. 9122 Presidente Napoletano – Relatore De Felice Rilevato in fatto CHE A.N. aveva proposto ricorso in appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma, il quale aveva rigettato la sua domanda rivolta a sentir condannare in solido l’Inps e l’Enpals a riconoscere alla stessa il diritto alla corresponsione delle differenze retributive per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori al profilo di appartenenza, nonché all’inquadramento nella superiore posizione C3 e alla corrispondente retribuzione contrattualmente determinata, a far data dal 2003 la Corte territoriale adita ha dichiarato l’improcedibilità dell’appello per violazione del termine di notifica, avendo accertato che il ricorso era stato notificato il 10.11.2010, in data successiva alla fissazione della prima udienza di discussione del 21.9.2010 la cassazione di tale sentenza è domandata da A.N. sulla base di due motivi illustrati da successiva memoria, cui resiste l’Inps con tempestivo controricorso, anche nella qualità di ente succeduto ex lege all’Enpals. Considerato in diritto CHE con il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente contesta Falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 291 c.p.c., comma 1 deduce di non aver ricevuto dalla Cancelleria comunicazione del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza di discussione e di aver fatto presente detta circostanza, e che tale circostanza risulta dal verbale d’udienza la Corte d’appello, omettendo di compiere una qualsivoglia verifica circa l’avvenuta comunicazione del provvedimento, avrebbe erroneamente negato il nuovo termine per la notifica, così come previsto dall’art. 291 c.p.c., concedendo alla ricorrente, come si legge nella sentenza, soltanto un termine per la produzione dell’appello già notificato, con pregiudizio del suo diritto di difesa con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamenta Omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio , consistente nel non aver la Corte territoriale rilevato e dunque motivato sul punto che, risultando dagli atti la mancata comunicazione alla difesa dell’appellante dell’intervenuto decreto presidenziale di fissazione dell’udienza, non era decorsa alcuna decadenza a carico della parte e che pertanto, avrebbe dovuto trovare applicazione l’art. 291 c.p.c., che prevede l’obbligo del Giudice di concedere all’appellante un nuovo termine per la notifica le censure, esaminate congiuntamente per connessione meritano accoglimento la Corte ha accertato che dagli atti di causa risulta effettivamente la mancata coinunicazione all’appellante del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza di discussione inerente al giudizio in esame e lamentata dall’odierno ricorrente la decisione va assunta alla stregua del principio di diritto, affermato da questa Corte con la sentenza Cass. n. 21978 del 2010 e confermato più recentemente da Cass. n. 27375 del 2016, secondo il quale nel rito del lavoro, la mancata comunicazione all’appellante dell’avvenuto deposito del decreto di fissazione dell’udienza di discussione, esclude l’insorgere dell’onere di quest’ultimo di provvedere alla notificazione dell’atto di gravame e del decreto stesso la Corte ha altresì affermato come il verificarsi di detta circostanza non vada ritenuta incompatibile con il principio della conservazione dell’effetto preclusivo del giudicato conseguente al tempestivo deposito del ricorso in appello, e che, quando sopravviene, in capo all’appellante, l’impossibilità di eseguire tempestivamente la notificazione per mancanza di comunicazione da parte della Cancelleria dell’organo giudicante del decreto in questione, il Giudice deve disporre, d’ufficio o su istanza dell’appellante, la fissazione di altra udienza di discussione in data idonea a consentire allo stesso di effettuare notifica entro gli ordinari termini di cui ai commi secondo e terzo dell’art. 435 c.p.c. la giurisprudenza di legittimità, al cui orientamento s’intende dare continuità nel presente giudizio, precisa altresì che il contraddittorio deve ritenersi validamente costituito anche quando il collegio, senza emettere un formale provvedimento di rinnovo, si limiti, all’udienza di discussione originariamente fissata, a disporre il rinvio della medesima e l’appellante, nell’osservanza dei ripetuti termini, abbia notificato alla controparte copia del ricorso in appello e del decreto del Presidente del tribunale nonché del verbale della prima udienza nella quale è stato disposto il rinvio in definitiva, il ricorso va accolto nei sensi di cui in motivazione la sentenza impugnata è cassata e la causa è rinviata alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, la quale deciderà anche in merito alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie in ricorso nei sensi di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.