Subappalto e infortunio: il subcommittente risponde in via solidale con il subappaltatore

In tema di subappalto, il subcommittente risponde nei confronti di terzi in via solidale con il subappaltatore quando abbia esercitato una concreta ingerenza sull’attività di quest’ultimo al punto da ridurlo al ruolo di mero esecutore.

Lo ribadisce la Corte di Cassazione con ordinanza n. 8381/19, depositata il 26 marzo. La vicenda. La Corte d’Appello veniva chiamata a pronunciarsi avverso la sentenza di primo grado che aveva parzialmente accolto la domanda di risarcimento del danno proposta da un lavoratore a seguito di un infortunio sul lavoro occorsogli mentre espletava la propria attività lavorativa per conto di una ditta subappaltatrice e al riguardo rigettava l’appello proposto da un architetto che con la sua attività aveva partecipato alla gestione del subappalto. Avverso tale decisione quest’ultimo propone ricorso per cassazione denunciando violazione di legge in ordine all’individuazione dei responsabili dell’infortunio causato al lavoratore che, nel caso di specie, appunto, è avvenuto in un’ipotesi di subappalto. L’individuazione dei responsabili dell’infortunio. Al riguardo la Suprema Corte ribadisce che, in tema di appalto, la responsabilità del committente nei confronti di terzi sussiste qualora si dimostri che il fatto lesivo sia stato commesso dall’appaltatore in esecuzione di un ordine che gli è stato impartito dal direttore dei lavori da altro rappresentante dello stesso committente o quando si versi nell’ipotesi di culpa in eligendo ” che ricorre quando la realizzazione delle opere sia stata affidata ad un’impresa appaltatrice priva delle capacità e dei mezzi indispensabili per eseguire la prestazione oggetto del contratto senza che si determinino situazioni di pericolo per i terzi. Tale principio vale anche in caso di subappalto perché il subcommittente risponde nei confronti di terzi in luogo del subappaltatore, ossia in via solidale con lui quando abbia esercitato una concreta ingerenza sull’attività di quest’ultimo al punto da ridurlo al ruolo di mero esecutore. Sulla base di tali ragioni, il Supremo Collegio rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 22 gennaio – 26 marzo 2019, n. 8381 Presidente D’Antonio - Relatore Calafiore Rilevato in fatto Che Con sentenza n. 337 del 2012, la Corte d’appello di Venezia, pronunciando su procedimenti riuniti relativi agli appelli proposti da O.P. Immobiliare e da L.O. e, separatamente, da FLAPI di P.F. & amp C. s.n.c., nonché sull’appello incidentale proposto da C.R. , avverso la sentenza del Tribunale di Verona n. 347 del 2008 che aveva parzialmente accolto la domanda di risarcimento del danno biologico, morale ed estetico proposta da C.R. a seguito dell’infortunio sul lavoro occorsogli il omissis mentre espletava attività lavorativa per conto della ditta sub appaltatrice di Z.R. , ha rigettato l’appello principale proposto da O.P. Immobiliare s.r.l. unitamente ad L.O. , dichiarando inammissibile per tardività l’appello proposto da Flapi s.n.c. nei confronti del sub appaltatore V.M. ed L.O. ed ha rigettato l’appello incidentale proposto da C.R. , così confermando la sentenza appellata la Corte territoriale ha dato atto dell’avvenuta integrazione del contraddittorio nei confronti di P. GOMME s.n.c. e di Milano Assicurazioni s.p.a. nonché del fatto che sia nel procedimento d’appello introdotto da O.P. Immobiliare s.r.l. e da L.O. che in quello introdotto da FLAPI s.n.c. si erano costituite le società di assicurazioni Groupama già Nuova Tirrena e Allianz s.p.a. già Ras ribadendo le difese del primo grado, mentre Z.R. era rimasto contumace e C.R. aveva proposto appello incidentale inoltre, la sentenza ora impugnata ha ritenuto che a il primo giudice aveva correttamente disatteso le difese di O.P. Immobiliare s.r.l. e del L. fondate sulla assenza di delega in capo al secondo quanto alla sicurezza, per cui l’obbligo di garanzia dell’obbligazione di sicurezza era rimasto interamente in capo alla committente Flapi di Flavio P. & amp C. s.n.c. che aveva il compito di verificare il rispetto delle disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 494 del 1996 b era stata dimostrata la concorrente responsabilità della committente FLAPI s.n.c. che pure aveva consentito che i lavori fossero eseguiti dalla ditta Z. , del tutto inidonea per l’esecuzione dell’opera oggetto di contratto avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione O.P. Immobiliare e l’architetto L.O. sulla base di due motivi resistono con controricorso GROUPAMA ASSICURAZIONI s.p.a. e FLAPI di P.F. & amp c. s.n.c. che eccepisce l’inammissibilità del ricorso in relazione al fatto che il L. ha firmato una sola volta per conferire procura speciale. Considerato in diritto Che l’eccezione di inammissibilità del ricorso è infondata giacché la procura speciale è rilasciata a margine dell’unico ricorso e l’intestazione indica chiaramente che il legale rappresentante di O.P. immobiliare s.r.l. è l’architetto L.O. per cui non inficia la validità della procura la circostanza che essa sia sottoscritta una sola volta con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 494 del 1996, artt. 2 e 3, del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 3, degli artt. 1655 e 1656 c.c., per errore di diritto avendo considerato responsabili in concorso con il committente, l’architetto L. e la società O.P. Immobiliare per l’infortunio sul lavoro causato dal sub appaltatore Z. il motivo deduce la mancanza, essenziale per fondare la responsabilità civile, di una efficace delega giacché tale non potrebbe considerarsi la lettera di conferimento dell’incarico del 2 settembre 1997, riprodotta il 12 maggio 1998, che viene allegata inoltre, si sostiene che dal tenore del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 3, si evince che il direttore dei lavori non risponde per il fatto dell’appaltatore in assenza di valida delega dei compiti di sicurezza o di ingerenza concreta il motivo è infondato nel caso di specie il ruolo e la responsabilità assunti dai ricorrenti, attraverso la concreta attività del L. , nella gestione degli appalti e sub appalti relativi alla realizzazione delle opere per le quali fu impiegata l’attività di lavoro del dipendente C. , oltre che dalla analitica descrizione della sentenza impugnata pag. 35 ove vengono riportate le precise assunzioni di responsabilità accettate da L. nel sovrintendere l’esecuzione dei lavori come indicato negli allegati , emerge dalle stesse affermazioni dei ricorrenti pag. 17 del ricorso che, a proposito dell’architetto L. , ribadiscono il ruolo di soggetto deputato ad effettuare la scelta del sub appaltatore idoneo, e ciò è reso evidente laddove si afferma che la responsabilità di quest’ultimo iniziava e finiva quindi una volta individuate quelle ditte serie e capaci in grado di garantire l’esecuzione dei lavori sulla base di tale corretto accertamento, risulta applicabile il principio espresso da questa Corte di cassazione secondo cui, in tema di appalto, una responsabilità del committente nei riguardi dei terzi risulta configurabile allorquando si dimostri che il fatto lesivo sia stato commesso dall’appaltatore in esecuzione di un ordine impartitogli dal direttore dei lavori o da altro rappresentante del committente stesso o quando si versi nella ipotesi di culpa in eligendo , la quale ricorre qualora il compimento dell’opera o del servizio siano stati affidati ad un’impresa appaltatrice priva della capacità e dei mezzi tecnici indispensabili per eseguire la prestazione oggetto del contratto senza che si determinino situazioni di pericolo per i terzi e tali principi valgono anche in materia di subappalto perché il sub committente risponde nei confronti dei terzi in luogo del subappaltatore, ovvero in via solidale con lui, quando - esorbitando dalla mera sorveglianza sull’opera oggetto del contratto al fine di pervenire alla corrispondenza tra quanto pattuito e quanto viene ad eseguirsi - abbia esercitato una concreta ingerenza sull’attività del subappaltatore al punto da ridurlo al ruolo di mero esecutore ovvero agendo in modo tale da comprimerne parzialmente l’autonomia organizzativa, incidendo anche sull’utilizzazione dei relativi mezzi Cass. lav. n. 9065 del 19/04/2006, conforme id. n. 21540 del 15/10/2007. In senso analogo v. altresì Cass. lav. n. 11757 del 27/05/2011 con il secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione e o falsa applicazione degli artt. 1913 e 1915 c.c., in quanto la compagnia assicurativa Nuova Tirrena / Groupama assicurazioni non poteva rifiutare l’indennizzo sulla base della mancata produzione in giudizio della denuncia di infortunio che ai sensi dell’art. 7 delle condizioni di polizza avrebbe dovuto essere trasmessa alla compagnia entro tre giorni dalla conoscenza dell’infortunio ad avviso dei ricorrenti, i giudici di merito avevano errato nel negare, per tardività, ingresso alla produzione del documento attestante l’avvenuta trasmissione della notizia relativa all’infortunio come dimostrato dalla lettera del 27 giugno 1998 di cui era stata chiesta l’acquisizione in giudizio e che viene riprodotta in fotocopia con annessa ricevuta di invio di fax inoltre, avuto riguardo alla finalità dell’adempimento di tale onere, connesso alla possibilità per l’assicuratore di adoperarsi per contenere le conseguenze dannose dell’evento, era evidente che nel caso di specie non si era realizzata alcuna lesione dell’interesse della società assicuratrice atteso che la mera conoscenza dell’evento non avrebbe avuto influenza alcuna sulla entità dell’evento assicurato il motivo è infondato dal momento che non contrasta in alcun modo la ratio della decisione adottata dalla Corte d’appello che ha correttamente ribadito l’inammissibilità della produzione della denuncia di sinistro in quanto tardiva e la consequenziale impossibilità logica e giuridica di operare la valutazione di irrilevanza della denuncia stessa ai fini della copertura assicurativa pretesa, limitandosi sostanzialmente a reiterare in questa sede l’opportunità di ammettere la produzione del fax contenente la denuncia di sinistro che viene allegato al ricorso per cassazione costituisce, infatti, orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte di cassazione ritenere che nel rito del lavoro, i mezzi istruttori, preclusi alle parti, possono essere ammessi d’ufficio, ma suppongono, tuttavia, la preesistenza di altri mezzi istruttori, ritualmente acquisiti, che siano meritevoli dell’integrazione affidata alle prove ufficiose. Peraltro, l’indisponibilità, che consente la produzione tardiva di documenti suppone che, al momento fissato, a pena di preclusione o decadenza, per la loro produzione, fosse oggettivamente impossibile disporne, trattandosi di documenti la cui formazione risulti, necessariamente, successiva a quel momento Cass. 27 luglio 2006 n. 17178 Cass. 15228 del 2007 Cass. SS.UU. 8202 del 2005 nel caso di specie, la parte ha giustificato la tardività della produzione con riferimento del tutto generico alla molteplicità di coperture assicurative esistenti e tale giustificazione, correttamente, non è stata ritenuta idonea il ricorso va, dunque, rigettato e le spese del presente giudizio di legittimità devono essere poste a carico dei ricorrenti, in applicazione del criterio della soccombenza sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6000,00, in favore di ciascun controricorrente, per compensi, Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.