Tentato suicidio a casa: legittimo il licenziamento dell’operaio

L’eclatante episodio si è concretizzato con una fuga di gas che ha messo in pericolo ben tre palazzine. La tragedia è stata evitata, grazie alla polizia, ma l’uomo, assolto dall’accusa di omicidio e condannato invece per resistenza e lesioni a danno degli agenti, è ritenuto non più idoneo dall’azienda per cui ha lavorato.

È finito sotto processo per tentato omicidio, avendo creato con una fuga di gas i presupposti per far esplodere la palazzina in cui era collocato il suo appartamento e due stabili vicini. Alla fine i Giudici hanno però ridimensionato il gesto da lui compiuto, considerandolo un atto finalizzato all’autolesionismo, cioè al suicidio, e non ad arrecare danni ad altre persone. Tuttavia, quell’episodio è sufficiente, secondo i Giudici, per dare legittimità al licenziamento deciso dall’azienda per cui lavorava l’uomo come operaio Cassazione, sentenza n. 8027/19, sez. Lavoro, depositata oggi . Rischio. L’episodio incriminato risale al dicembre del 2013, quando il comportamento dell’uomo richiede l’intervento della polizia. In sostanza, egli apre le bombole del gas nella propria abituazione poi chiama le forze dell’ordine infine minaccia di far esplodere la palazzina , col forte rischio di provocare danni serissimi anche a due stabili vicini. La tragedia viene evitata, grazie agli agenti della polizia, ma l’uomo finisce sotto processo. Per lui scatta la condanna. Tuttavia, va annotato che egli viene ritenuto colpevole solo di resistenza e lesioni a danno dei pubblici ufficiali accorsi nella sua casa, mentre viene cancellata l’accusa più grave, cioè quella di omicidio . Su quest’ultimo fronte, i Giudici ritengono che l’uomo non volesse provocare una strage, bensì mettere in atto, seppur in modo drammatico, un suicidio. Questa visione però non modifica in alcun modo le valutazioni dell’azienda per cui l’uomo lavora come operaio specializzato addetto alla manutenzione delle infrastrutture . Consequenziale, quindi, è il licenziamento del dipendente, licenziamento che viene ritenuto legittimo prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello, nonostante l’opposizione del legale che rappresenta il lavoratore. Fragilità. E inutile si rivela anche il ricorso proposto in Cassazione, laddove viene invece ribadita la giustezza della drastica decisione presa dall’azienda. Per i Giudici, come già evidenziato in Appello, i comportamenti descritti e dimostrati dall’istruttoria in sede penale sono di particolare gravità sotto il profilo del vincolo fiduciario, anche in considerazione delle mansioni svolte dall’uomo nell’ambito della sicurezza delle infrastrutture aziendali. E irrilevante è il richiamo difensivo al fatto che l’uomo lavora in squadra innanzitutto, perché è di comune esperienza che la perdita di controllo da parte di uno dei componenti di una squadra può mettere a repentaglio sia i colleghi che l’utenza peraltro, non si vede come l’interesse aziendale possa essere efficacemente perseguito da una squadra di colleghi, i cui componenti, prima ancora di occuparsi della sicurezza delle infrastrutture, debbono impiegare le loro energie nel contenere il rischio che un membro della loro stessa squadra possa nuovamente indulgere in comportamenti distruttivi e antisociali . Per chiudere il cerchio, poi, viene anche sottolineato che lo stato di ebbrezza alcolica dell’uomo non può rappresentare una attenuante , bensì va valutato come sintomo di una fragilità che contribuisce alla nefasta prognosi di correttezza del futuro adempimento, sempre in considerazione delle mansioni specifiche di operatore specializzato della sicurezza .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 7 febbraio – 21 marzo 2019, numero 8027 Presidente Nobile - Relatore Boghetich Fatti di causa 1. La Corte di appello di Roma, confermando la sentenza del Tribunale della stessa sede, ha -con sentenza numero 4358 del 4.10.2017 - respinto la domanda di annullamento del licenziamento per giusta causa intimato da Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., in data 30.3.2015, a Ma. D’Anumero , operaio specializzato addetto alla manutenzione delle infrastrutture ferroviarie, per fatti oggetto della sentenza penale di condanna del Tribunale di Cassino numero 1283 del 2014. 2. La Corte respingeva il reclamo proposto dal lavoratore confermando la declaratoria di legittimità del licenziamento e rilevando che il comportamento adottato dal D’Anumero il omissis apertura delle bombole del gas nella sua abitazione, chiamata delle forze dell'ordine, minaccia di far esplodere la palazzina, aggressione degli agenti di polizia intervenuti , valutato alla luce delle mansioni addetto alla sicurezza delle infrastrutture disimpegnate, integrava - per la sua gravità, anche di ogni singola condotta - gli estremi di una giusta causa di licenziamento ed incrinava definitivamente il vincolo fiduciario. 3. Per la cassazione di tale sentenza il D’Anumero ha proposto ricorso affidato a quattro motivi. La società ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 cod.proc.civ. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 116 cod.proc.civ. e 2697 cod.civ. in relazione all'art. 360, primo comma, numero 3, cod.proc.civ. avendo, la Corte distrettuale, trascurato che il D’Anumero ha sempre contestato i fatti del 15.12.2013 allo stesso addebitati, essendo trascorsa una mezz'ora tra la chiamata telefonica e l'intervento degli agenti di Polizia, non essendo stato accertato con strumentazione ad hoc se l'ambiente era saturo di gas, essendo intervenuti i Vigili del fuoco a distanza di tempo, e, in generale, essendo state smentite dai condomini tutte le circostanze riferite dagli agenti. 2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce nullità della sentenza per violazione dell'art. 115 cod.proc.civ. in relazione all'art. 360, primo comma, numero 4, cod.proc.civ. avendo, la Corte distrettuale, posto a base del proprio giudizio prove inesistenti, in quanto le circostanze oggetto di contestazione disciplinare sono state contestate dal D’Anumero e il datore di lavoro non ha richiesto di provarle. 3. Con il terzo motivo si denunzia violazione dell'art. 111 Cost. nonché vizio di motivazione in relazione all'art. 360, primo comma, nnumero 3 e 5, cod.proc.civ. avendo, la Corte distrettuale, reso una motivazione apparente, non avendo precisato in cosa sarebbe consistita la lesione del vincolo fiduciario e in base a quali prove si fondava la prognosi di una reiterazione del comportamento. 4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione dell'art. 2119 cod.civ. nonché del diritto vivente in relazione all'art. 360, primo comma, numero 3, cod.proc.civ. avendo, la Corte distrettuale, erroneamente ritenuto definitivamente accertati i fatti emergenti dall'istruttoria svolta in sede penale, non essendo emerso alcun notevole inadempimento né essendo stato precisata la modalità della lesione del vincolo fiduciario. 5. I motivi, che per stretta connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono in parte inammissibili e per la parte residuale infondati. In tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ. opera interamente sul piano dell'apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all'art. 360, comma 1, numero 4, cod.proc.civ., bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall'art. 360, comma 1, numero 5, cod.proc.civ , come riformulato dall'art. 54 del d.l. numero 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. numero 134 del 2012 Cass. 23940 del 2017 ed interpretato, mediante il canone del minimo costituzionale , dalle Sezioni Unite di questa Corte. Invero, come precisato dalle Sezioni Unite numero 8053/2014 è, in tal caso, denunciabile in Cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. E tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione. Ebbene, non è ravvisabile, nella sentenza impugnata, alcuna lacuna o contraddizione motivazionale, avendo, il Tribunale e la Corte distrettuale, proceduto ad analizzare la condotta tenuta dal D’Anumero alla luce degli esiti del giudizio penale e, in particolare, alla luce delle testimonianze rese in quella sede e della motivazione della sentenza di condanna che ha assolto il D’Anumero dal reato di cui all'art. 575 c.p. ma lo ha condannato per resistenza e lesioni ai pubblici ufficiali intervenuti il fatto che anche uno solo degli episodi sia stato valutato sufficientemente grave non rende atomistica né vizia in alcun modo una valutazione che è stata, altresì, compiuta a livello complessivo. 6. In tema di licenziamento per giusta causa, ai fini della proporzionalità tra addebito e recesso, rileva ogni condotta che, per la sua gravità, possa scuotere la fiducia del datore di lavoro e far ritenere la continuazione del rapporto pregiudizievole agli scopi aziendali, essendo determinante, in tal senso, la potenziale influenza del comportamento del lavoratore, suscettibile, per le concrete modalità e il contesto di riferimento, di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento, denotando scarsa inclinazione all'attuazione degli obblighi in conformità a diligenza, buona fede e correttezza spetta al giudice di merito valutare la congruità della sanzione espulsiva, non sulla base di una valutazione astratta dell'addebito, ma tenendo conto di ogni aspetto concreto del fatto, alla luce di un apprezzamento unitario e sistematico della sua gravità, rispetto ad un'utile prosecuzione del rapporto di lavoro, assegnandosi rilievo alla configurazione delle mancanze operata dalla contrattazione collettiva, all'intensità dell'elemento intenzionale, al grado di affidamento richiesto dalle mansioni, alle precedenti modalità di attuazione del rapporto, alla durata dello stesso, all'assenza di pregresse sanzioni, alla natura e alla tipologia del rapporto medesimo cfr. Cass. 13.2.2012 numero 2013 e, precedentemente, in senso analogo, tra le tante, Cass. 21.6.2011 numero 13574 Cass. 7.4.2011 numero 7948 Cass. 2.3.2011 numero 5095 Cass. 18.2.2011 numero 4060 . Nella fattispecie, come già rilevato, la Corte distrettuale ha rilevato che i comportamenti descritti e dimostrati dall'istruttoria in sede penale e peraltro mai negati dal D’Anumero sono di particolare gravità sotto il profilo del vincolo fiduciario anche in considerazione delle mansioni svolte dal D’Anumero nell'ambito della sicurezza delle infrastrutture. Tale affermazione è difficilmente contestabile e certo il vincolo fiduciario non può dirsi meno leso dalla circostanza che generalmente l'incolpato lavora in squadra essendo di comune esperienza che la perdita di controllo da parte di uno dei componenti di una squadra può mettere a repentaglio sia i colleghi che l'utenza non si vede infatti come l'interesse aziendale possa essere efficacemente perseguito da una squadra di colleghi i cui componenti, prima ancora di occuparsi della sicurezza delle infrastrutture ferroviarie, devono impiegare le loro energie nel contenere il rischio che un membro della loro stessa squadra possa nuovamente indulgere in comportamenti così distruttivi e antisociali quali quello che ha visto protagonista il D’Anumero nella sera del 15.12.2013. Lo stato di ebrezza alcolica, poi, lungi dal costituire una attenuante, a sua volta si manifesta sintomo di una fragilità che contribuisce alla nefasta prognosi di correttezza del futuro adempimento, sempre in considerazione delle mansioni specifiche di operatore specializzato della sicurezza. 7. In conclusione, il ricorso va respinto. Le spese di lite sono liquidate secondo il criterio della soccombenza dettato dall'art. 91 cod.proc.civ. 10. Il ricorso è stato notificato in data successiva a quella 31/1/2013 di entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 L. 24 dicembre 2012, numero 228, art. 1, comma 17 , che ha integrato il D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, art. 13, aggiungendovi il comma 1 quater del seguente tenore Quando l'impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l'ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice da atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l'obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso . Essendo il ricorso in questione avente natura chiaramente impugnatoria integralmente da respingersi, deve provvedersi in conformità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del presente giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma I-bis dello stesso articolo 13.