Rinviato a giudizio per droga: a rischio il posto di lavoro

Riflettori puntati su un dipendente di Trenitalia. Evidente per i Giudici come la condotta a lui contestata, ossia la detenzione a fine di spaccio di sostanze stupefacenti, sia così grave da poter giustificare il licenziamento deciso dall’azienda.

Basta il rinvio a giudizio in sede penale per perdere il posto di lavoro. Questo il paletto fissato dai giudici della Cassazione, che mettono così fortemente a rischio un dipendente di Trenitalia finito sotto processo per droga Cassazione, ordinanza n. 4804/19, sez. Lavoro, depositata oggi . Droga. Elemento centrale è il decreto con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ha disposto il giudizio immediato nei confronti di un uomo – dipendente di Trenitalia – accusato di illecita detenzione ad evidente fine di spaccio di un’elevata quantità di sostanza stupefacente . Questo dato spinge l’azienda ad allontanare il lavoratore, ritenendolo passibile di licenziamento . Ma i Giudici, prima in Tribunale e poi in Corte d’appello, definiscono illegittimo tale provvedimento, censurando la società datrice di lavoro e obbligandola a reintegrare il lavoratore e a versargli un adeguato risarcimento . Riflesso. Inevitabile il ricorso in Cassazione da parte di Trenitalia, ricorso che viene premiato dalle valutazioni dei magistrati, i quali osservano che la società datrice di lavoro non ha semplicemente contestato il fatto storico della pendenza del procedimento penale, ma, piuttosto, i fatti materiali che di quel procedimento costituivano l’oggetto , cioè la detenzione a fine di spaccio di una elevata quantità di sostanza stupefacente . Tale addebito può costituire giusta causa di licenziamento , osservano i Giudici del Palazzaccio. Ciò perché la condotta contestata al dipendente non solo ha rilievo penale ma è anche contraria alle norme dell’etica e del vivere civile comuni e dunque ha un riflesso, anche solo potenziale ma oggettivo, sulla funzionalità del rapporto di lavoro . Questa ottica dovrà ora essere applicata dai giudici della Corte d’appello, chiamati a valutare nuovamente il comportamento tenuto dal lavoratore.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 4 dicembre 2018 – 19 febbraio 2019, n. 4804 Presidente Bronzini Relatore Marchese Fatto Rilevato che 1. con sentenza nr. 456 del 14.9.2016, la Corte d'Appello di Venezia rigettava il gravame proposto da Trenitalia S.p.A. avverso la sentenza del Tribunale di Vicenza nr. 311 del 2014 che, pronunciando in merito all'impugnativa di licenziamento per giusta causa intimato a Pa. Gu., il 12/14.10.2010, lo dichiarava illegittimo, con ogni conseguenza reintegratoria e risarcitoria ex art. 18 della legge nr. 300 del 1970, ratione temporis applicabile 2. ha proposto ricorso per cassazione Trenitalia Spa affidato a quattro motivi 3. ha resistito con controricorso Pa. Gu. 4. il PG ha depositato requisitoria scritta e concluso per l'accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri 5. in prossimità dell'Adunanza Camerale, entrambe le parti hanno depositato memoria Diritto Considerato che 1. con il primo motivo, è dedotta violazione e falsa applicazione dell'art. 2119 cod.civ. si imputa alla Corte territoriale di aver omesso qualsiasi valutazione dei fatti-reato posti a base del provvedimento espulsivo e di non aver considerato che la contestazione ed il successivo provvedimento espulsivo , ai fini della astratta sussunzione della condotta contestata al concetto di giusta causa, deve indicare esclusivamente i fatti materiali che si imputano al lavoratore e che possono essere, come nella specie, quelli stessi posti a base del procedimento penale 2. il motivo è fondato 2.1. si legge nella sentenza impugnata che Trenitalia, con lettera del 24.9.2010, contestava al lavoratore quanto segue il GIP del Tribunale [ ] ha emesso decreto [ ] di giudizio immediato [ ]. Nel decreto che dispone il giudizio immediato nei Suoi confronti, Ella risulta imputato in ordine ai fatti reato decritti in narrativa A illecita detenzione ad evidente fine di spaccio di un'elevata quantità di sostanze stupefacenti B reato continuato di acquisto, con cadenza regolare, e detenzione con evidente fine di spaccio delle medesime sostanze. E' stata evidenziata l'acquisizione dei seguenti mezzi di prova verbale di arresto in flagranza, analisi stupefacente, verbale di perquisizione [ ]. Nel richiamare la Sua attenzione sulla particolare gravità dei fatti a lei contestati, Le comunichiamo che Lei ha a disposizione [ ] per produrre giustificazioni scritte [ ] stante la gravità dei fatti sopra riportati [ .] è dispensato dal rendere la sua prestazione [ ] 2.2. secondo la Corte di appello la società avrebbe contestato unicamente il dato processuale del rinvio a giudizio in sede penale, come appreso da pubblicazioni giornalistiche, senza effettuare alcuna indagine interna e senza enunciare profili soggettivi ed oggettivi tali da giustificare la massima sanzione espulsiva 2.3. tale statuizione non solo non coglie esattamente il contenuto della contestazione ma attribuisce alla stessa una funzione diversa da quella sua propria 2.4. la contestazione dell'addebito ha lo scopo di consentire al lavoratore incolpato l'immediata difesa la contestazione, quindi, deve contenere le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti addebitati 2.5. questa Corte, ripetutamente, ha ritenuto ammissibile, in quanto non lesiva del diritto di difesa, la contestazione formulata per relationem, mediante il richiamo agli atti del procedimento penale, del quale il lavoratore sia già stato portato a conoscenza, posto che il rinvio è idoneo a garantire il rispetto del contraddittorio e del principio di correttezza Cass. nr. 10662 del 2014 Cass. nr. 23269 del 2017 Cass. nr. 25485 del 2017 Cass. nr. 6894 del 2018 2.6. nella fattispecie, la società non ha semplicemente contestato il fatto storico della pendenza del procedimento penale ma, piuttosto, i fatti materiali che di quel procedimento ne costituivano l'oggetto, rappresentati dalla detenzione e spaccio di elevata quantità di sostanza stupefacente 2.7. l'addebito di detenzione e spaccio, con cadenza regolare, dal 2006, di elevata quantità di sostanze stupefacenti costituisce, almeno in via astratta, giusta causa di licenziamento trattasi di condotta che, oltre ad avere rilievo penale, è contraria alle norme dell'etica e del vivere civile comuni e che, dunque, ha un riflesso, anche solo potenziale ma oggettivo, sulla funzionalità del rapporto di lavoro cfr. Cass. nr. 24023 del 2016 2.8. diverso e successivo è il piano dell'accertamento della condotta contestata e dell'apprezzamento, in concreto, della gravità dell'addebito, rilevando, a tale ultimo fine, secondo il costante insegnamento di questa Corte, tutti i connotati oggetti e soggettivi del fatto 2.9. è peraltro il caso di osservare che il giudice civile, ai fini del proprio convincimento, può autonomamente valutare, nel contraddittorio tra le parti, ogni elemento dotato di efficacia probatoria e, dunque, anche le prove raccolte in un processo penale [ ] e ciò anche se sia mancato il vaglio critico del dibattimento [ ] potendo la parte, del resto, contestare, nell'ambito del giudizio civile, i fatti così acquisiti in sede penale. Cass. nr. 2168 del 2013 cfr. anche Cass. nr. 1593 del 2017 e Cass. nr. 5317 del 2017 2.10. la decisione della Corte di appello non si è attenuta a tali insegnamenti, arrestando, a monte, la sua indagine, sulla base di una erronea individuazione della condotta da sussumere nell'ambito della nozione legale di giusta causa 3. i successivi motivi secondo, terzo e quarto, relativi alla violazione delle norme del codice disciplinare restano assorbiti 4. la sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, che, nel procedere a nuovo esame della fattispecie concreta, terrà conto della contestazione di una condotta di detenzione e spaccio di elevata quantità di sostanze stupefacenti, con cadenza regolare circa una volta ogni tre/quattro mesi dal 2006 quantitativi pari, di volta in volta, a 200/300 gr. di hashish e, nel giugno 2010, anche di gr. 20 di marijuana e del fatto che una tale condotta è sussumibile, in astratto, nell'ambito della nozione legale di giusta causa ai sensi dell'art. 2119 cod.civ., avendo un riflesso, anche solo potenziale ma oggettivo, sulla funzionalità del rapporto di lavoro 5. al giudice di rinvio è rimessa la regolazione delle spese, anche del giudizio di legittimità. PQM La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla corte di appello di Venezia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in merito alle spese del giudizio di legittimità.