Lavoro subordinato o autonomo? La qualificazione è riservata al giudice di merito

La qualificazione giuridica del rapporto di lavoro e la valutazione degli elementi concreti dedotti quali sintomo della subordinazione è esclusa dal giudizio di legittimità.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 2724/19, depositata il 30 gennaio. Il fatto. La Corte d’Appello di Palermo confermava la decisione di prime cure di rigetto della richiesta di alcuni lavoratori che chiedevano la dichiarazione di illegittimità dei contratti a progetto intercorsi con il datore di lavoro, previo riconoscimento della natura subordinata del rapporto. La cassazione di tale pronuncia è stata richiesta dai soccombenti. Rapporto subordinato? La qualificazione giuridica del rapporto di lavoro può essere oggetto di censura di legittimità solo limitatamente alla scelta dei parametri normativi di individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto stesso, mentre l’accertamento degli elementi materiali che connotano il rapporto nel caso concreto costituisce apprezzamento dei fatti insindacabile in Cassazione. Nel caso di specie, il motivo di ricorso si sostanzia nella richiesta di una diversa valutazione degli elementi relativi alla posizione e alle attività dei lavoratori, alla sussistenza di un controllo da parte dei superiori e alla necessità di rispettare determinate fasce orarie, nonché alla utilizzo di strumenti forniti dall’azienda, quali indici di un’invocata subordinazione. Si tratta però di un accertamento precluso al giudice di legittimità che comporta dunque la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 5 dicembre 2018 – 30 gennaio 2019, n. 2724 Presidente Curzio – Relatore Fernandes Rilevato che, con sentenza dell’8 giugno 2017, la Corte di Appello di Palermo confermava la decisione del Tribunale in sede di rigetto delle domande proposte da C.V., M.G., MA.Ga.Ma., A.G. e F.F. intese alla declaratoria di illegittimità dei contratti a progetto e relative proroghe variamente intercorsi con Almaviva Contact s.p.a. nel periodo dal gennaio 2008 al dicembre 2012 e, previo riconoscimento della natura subordinata dei rapporti di lavoro, alla condanna della convenuta società al ripristino di questi ultimi nonché al pagamento delle retribuzioni maturate dalla data dell’impugnativa stragiudiziale all’effettivo ripristino dei rapporti o all’indennità della L. 4 novembre 2010, n. 183, ex art. 32 che ad avviso della Corte e per quello ancora di rilievo in questa sede i contratti a progetto stipulati tra le parti erano conformi al tipo legale prescelto risultando in essi precisato il tipo di commessa cui il programma si riferiva e risultando delineate in modo specifico le fasi di lavoro ed i risultati parziali da conseguire dalle risultanze istruttorie non erano emersi i caratteri tipici della subordinazione e le limitazioni imposte ai lavoratori erano dirette ad armonizzare la prestazione con la complessiva organizzazione aziendale che per la cassazione di tale decisione la C., il M., la MA.Ga., l’A. ed il F. propongono ricorso affidato ad un unico articolato motivo cui resiste Almaviva Contact s.p.a. con controricorso che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.c., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio. Considerato che con l’unico articolato motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 61, comma 1, e art. 69, comma 2, nonché dell’art. 2094 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 , per avere la Corte di appello confermato la decisione del primo giudice sull’erroneo convincimento che dalla istruttoria espletata non fossero emersi i tratti tipici del rapporto di lavoro subordinato, laddove, invece, risultava dimostrata l’assenza di autonomia dei ricorrenti nella gestione della propria attività essendo sottoposti al costante controllo dei team leader o degli assistenti di sala , all’obbligo di osservare determinate fasce orarie, lavorando con strumenti forniti dall’azienda all’interno dei locali di quest’ultima e dovendo effettuare solo chiamate ai clienti dei committenti secondo uno schema prestabilito che il motivo è inammissibile. Va ricordato che la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro è censurabile in sede di legittimità soltanto limitatamente alla scelta dei parametri normativi di individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto, mentre l’accertamento degli elementi, che rivelino l’effettiva presenza del parametro stesso nel caso concreto attraverso la valutazione delle risultanze processuali e che sono idonei a ricondurre le prestazioni ad uno dei modelli, costituisce apprezzamento di fatto che, se immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato, resta insindacabile in Cassazione v. Cass. 27 luglio 2007, n. 16681 Cass. 23 giugno 2014, n. 14160 . Ciò detto, il motivo all’esame, nonostante il richiamo a violazione di legge contenuto nell’intestazione, finisce con il censurare la valutazione delle risultanze istruttorie operata dal giudice del gravame sollecitando questa Corte ad una rivisitazione del merito non consentita in questa sede. Ed infatti, è stato in più occasioni affermato dalla giurisprudenza di legittimità che la valutazione delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive cfr. e plurimis, Cass. n. 16056 del 02/08/2016 Cass. n. 17097 del 21/07/2010 Cass. n. 12362 del 24/05/2006 Cass. n. 11933 del 07/08/2003 . Peraltro, la Corte ha rilevato che dalle testimonianze raccolte in sentenza vi è un analitico riferimento alle deposizioni dei testi escussi era risultato escluso che gli attuali ricorrenti fossero obbligati all’osservanza di un orario di lavoro e tenuti a giustificare le assenze e che fossero assoggettati al potere disciplinare datoriale in quanto non vi erano controlli sull’orario il fatto che dovessero comunicare una fascia oraria di operatività rispondeva alle esigenze di organizzare il lavoro, mentre i controlli dei team leader erano saltuari così come i ccdd. affiancamenti in cuffia erano finalizzati a verificare il modo di relazionarsi con i clienti che, alla luce di quanto esposto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore di Almaviva Contact s.p.a. come da dispositivo che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, L. di stabilità 2013 , trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame Cass. n. 22035 del 17/10/2014 Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi . P.Q.M. La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto del sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.