Redazione della sentenza in formato digitale e decorrenza del termine per impugnare

In tema di redazione della sentenza in formato digitale, il procedimento decisionale è completato e si esterna fin dal momento del suo deposito telematico, divenendo da tale data legalmente noto a tutti, con conseguente decorrenza del termine di decadenza per le impugnazioni.

Così si è espressa la Cassazione con l’ordinanza n. 2362/19, depositata il 29 gennaio. Data della pronuncia e determinazione del dies a quo. La Corte d’Appello dichiarava inammissibile per decorso del termine l’appello proposto da una società avverso la sentenza del Tribunale che aveva accolto l’impugnativa del licenziamento proposta da una lavoratrice. Per la cassazione della pronuncia ricorreva la società deducendo che la Corte territoriale, nel dichiarare l’appello inammissibile per tardività, non avesse considerato che la data del 19 luglio 2013 che i giudici di merito avevano assunto quale dies a quo del termine d’impugnazione, era invece la data in cui il giudice di prime cure aveva depositato telematicamente la minuta della sentenza, la cui accettazione da parte del cancelliere, rilevante ai fini del deposito e della pubblicazione, era intervenuta soltanto il 30 luglio 2013, data in cui la decisione era stata anche comunicata ai difensori. Diritto. La Cassazione rileva che, dalla stampigliatura posta sulla prima pagina della sentenza del Tribunale, risulta che essa sia stata pubblicata il 19 luglio 2013, stesso giorno in cui è stata apposta anche la firma digitale dal magistrato estensore. Inoltre, i Giudici ribadiscono che, in tema di redazione della sentenza in formato digitale, il procedimento decisionale è completato e si esterna fin dal momento del suo deposito telematico, divenendo da tale data legalmente noto a tutti, con conseguente decorrenza del termine di decadenza per le impugnazioni . Nel caso di specie, la data da cui la Corte di merito ha fatto decorrere il termine de quo risulta correttamente essere quello di pubblicazione della sentenza. Bisogna anche considerare che, secondo consolidato principio Cass. civ., n. 9622/2009 , l’attestazione di cancelleria concernente la data di pubblicazione della sentenza costituisce atto pubblico cosicché, per il calcolo del termine per impugnare, la sentenza deve considerarsi come depositata nella data attestata dal cancellerie e risultante dalla copia telematica riportante numero identificativo e data di pubblicazione. Alla luce di quanto sopra, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile-L, ordinanza 20 novembre 2018 – 29 gennaio 2019, n. 2362 Presidente Curzio – Relatore Cavallaro Rilevato in fatto che, con sentenza depositata il 9.12.2016, la Corte d’appello di Roma ha dichiarato inammissibile per decorso del termine ex art. 327 c.p.c. l’appello di Accenture s.p.a. avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva accolto l’impugnativa di licenziamento proposta nei suoi confronti da Enrica Rossi che avverso tale pronuncia Accenture s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio che entrambe le parti hanno depositato memoria e parte ricorrente anche istanza di rimessione della causa alle Sezioni Unite. Considerato in diritto che, con l’unico motivo di censura, parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione D.M. n. 44 del 2011, art. 15, comma 1, in relazione agli artt. 133, 430 e 327 c.p.c., nonché omesso esame circa un fatto decisivo, per avere la Corte di merito dichiarato inammissibile l’appello senza considerare che la data del 19.7.2013, che i giudici di merito avevano assunto quale dies a quo del termine d’impugnazione, costituiva invece la data in cui il giudice di prime cure aveva depositato telematicamente la minuta della sentenza, la cui accettazione da parte del cancelliere, rilevante ai fini del deposito e della pubblicazione, era invece intervenuta solo il successivo 30.7.2013, allorché essa era stata anche comunicata ai difensori che, nella specie, la sentenza del Tribunale di Roma risulta pubblicata in data 19.7.2013, tanto evincendosi dalla stampigliatura posta in alto a destra sulla prima pagina della sentenza medesima, recante il n. progressivo 7348/2013 seguito dalla dicitura pubbl. il 19/07/2013 cfr. copia telematica della sentenza di prime cure, in atti del fascicolo di ufficio che la stessa data del 19.7.2013 risulta quale data in cui il magistrato estensore ha apposto la firma in modalità telematica cfr. estratto dal fascicolo telematico riprodotto a pag. 13 del ricorso per cassazione che, ad abundantiam, la Corte territoriale ha accertato che la medesima data di pubblicazione del 19.7.2013 risulta dallo storico del fascicolo estratto dal Ministero della Giustizia così la sentenza impugnata, pag. 2 che questa Corte ha già avuto modo di precisare che, in tema di redazione della sentenza in formato digitale, il procedimento decisionale è completato e si esterna fin dal momento del suo deposito per via telematica, divenendo da tale data il provvedimento irretrattabile da parte del giudice che l’ha pronunciato e legalmente noto a tutti, con conseguente decorrenza del termine lungo di decadenza per le impugnazioni ex art. 327 c.p.c. così Cass. n. 17278 del 2016, sulla scorta di Cass. S.U. n. 13794 del 2012 che contrari argomenti non possono desumersi da Cass. 22871 del 2015, atteso che, nella fattispecie da essa decisa, il punto rilevante era se la sentenza sottoscritta digitalmente fosse nulla per mancanza di attestazione del deposito in cancelleria ciò che la Corte ha logicamente escluso proprio sul rilievo che l’attività di deposito, ancorché avviata dal giudice, si perfeziona solo con l’intervento del cancelliere deputato all’attestazione dell’avvenuto deposito e della pubblicazione della sentenza , mentre, ai fini che qui interessano, la pronuncia cit. conferma che a seguito dell’adozione dei registri informatizzati, l’attività risulta regolata dal D.M. 27 aprile 2009 Nuove regole procedurali relative alla tenuta del registri informatizzati dell’amministrazione della giustizia , pubblicato nella G.U. 11 maggio 2009, n. 107 e che con l’unico adempimento della pubblicazione riservato al cancelliere, il sistema provvede all’attribuzione alla sentenza del numero identificativo e della data di pubblicazione ai sensi e per gli effetti degli art. 133 c.p.c., comma 2 e art. 327 c.p.c., comma 1 e consente inoltre l’estrazione di copia, cartacea o informatica, da attestarsi conforme da parte dei soggetti abilitati - compresi i difensori a far data dall’agosto 2014 che altrettanto è da dirsi con riguardo alla pronuncia n. 24891 del 2018, atteso che il relativo principio di diritto secondo cui la data di pubblicazione di una sentenza redatta in modalità digitale, ai fini del decorso del termine lungo di impugnazione, coincide non già con quella della sua trasmissione alla cancelleria da parte del giudice, bensì con quella dell’attestazione del cancelliere, giacché è solo da tale momento che la sentenza diviene ostensibile agli interessati risulta formulato in relazione ad una fattispecie in cui la Corte d’appello aveva erroneamente fatto decorrere il termine per impugnare dal momento della trasmissione in cancelleria della sentenza da parte del giudice e non da quello successivo della pubblicazione ad opera del cancelliere che, viceversa, la data da cui, nella specie, la Corte di merito ha fatto decorrere il termine de quo risulta essere precisamente quella di pubblicazione della sentenza, per come indicata nella sentenza medesima e risultante, giusta l’accertamento compiuto dai giudici di merito, dallo storico del fascicolo estratto dal Ministero della Giustizia che è consolidato il principio secondo cui l’attestazione di cancelleria concernente la data di pubblicazione della sentenza cui è equiparabile, nell’ambito del processo civile telematico, l’adempimento della pubblicazione, con cui il sistema informatico provvede, per tramite del cancelliere, all’attribuzione alla sentenza del numero identificativo e della data di pubblicazione costituisce atto pubblico, la cui efficacia probatoria, ex art. 2700 c.c., può essere posta nel nulla solo con la proposizione della querela di falso, di talché, ai fini della decorrenza del termine lungo per l’impugnazione, la sentenza deve ritenersi depositata nella data attestata dal cancelliere i.e. risultante dalla copia telematica munita del numero identificativo e della data di pubblicazione , fino a che non si sia concluso, con esito positivo, il procedimento di falso cfr. fra le tante Cass. nn. 9622 del 2009, 4092 del 1985 che, alla stregua del superiore principio di diritto, del tutto inconducente appare la circostanza evidenziata da parte ricorrente secondo cui, nell’estratto dalla c.d. consolle Avvocato del fascicolo telematico riprodotto a pag. 10 del ricorso per cassazione, la firma telematica del cancelliere risulterebbe apposta in data 30.7.2013, dovendo tale sottoscrizione telematica riportarsi al diverso adempimento della comunicazione del biglietto di cancelleria attestante l’avvenuto compimento delle operazioni di deposito e pubblicazione della sentenza n. 7348/2013, che secondo il costante orientamento di questa Corte - è adempimento affatto irrilevante ai fini del decorso del termine di cui all’art. 327 c.p.c. cfr. fra le tante Cass. nn. 17704 del 2010 e 26402 del 2014 che, pertanto, non essendo riscontrabile alcun contrasto tra le pronunce di questa Corte nn. 13794 del 2012, 22871 del 2015, 17278 del 2016 e 24981 del 2018, ove rettamente intese nei loro rispettivi dieta, non si ravvisano gli estremi per la rimessione della presente controversia alle Sezioni Unite che il ricorso va conclusivamente rigettato, provvedendosi come da dispositivo alle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 6.200,00, di cui Euro 6.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.