Disturbo depressivo e manifestazioni psicotiche: niente “accompagnamento”

Respinta la richiesta presentata da una donna all’INPS. Escluso il suo diritto ad ottenere l’indennità. Irrilevante anche la certificazione di un Dipartimento di salute mentale gli stati patologici diagnosticati le permettono comunque di badare alla propria persona e alla propria casa.

“Grave disturbo depressivo cronico” accompagnato da “manifestazioni psicotiche” questi elementi non sono sufficienti per vedersi riconosciuto il diritto alla indennità di accompagnamento. Respinta anche in Cassazione la richiesta presentata da una donna all’Istituto nazionale di previdenza sociale. Decisiva, secondo i Giudici, la constatazione che ella è in grado di badare a sé stessa – lavandosi e facendo la spesa, ad esempio – e alla propria abitazione Cassazione, ordinanza numero 2101/19, sez. Sesta Civile Lavoro, depositata oggi . Vita quotidiana non compromessa. La posizione assunta dall’INPS, a fronte della richiesta presentata dalla donna, è ritenuta corretta prima dai Giudici del Tribunale e poi da quelli della Corte d’Appello il quadro sanitario non è ritenuto così grave da impedire «lo svolgimento delle comuni attività della vita quotidiana». Inevitabile l’opposizione da parte della donna, che propone ricorso in Cassazione e tramite il proprio legale sottolinea la propria precaria condizione psico-fisica, spiegando di essere «affetta da grave disturbo depressivo cronico, con manifestazioni psicotiche». Chiaro l’obiettivo della donna fare emergere la sua «necessità di assistenza continua per compiere gli atti quotidiani della vita». Di diverso parere, però, i Giudici, che anche in Cassazione ritengono possibile escludere «l’inconciliabilità tra gli stati patologici» diagnosticati alla donna e «lo svolgimento delle comuni attività della vita quotidiana». Irrilevante persino la certificazione rilasciata da un Dipartimento di salute mentale. Per i Giudici, difatti, il «quadro patologico» della donna non è così grave, e a testimoniarlo c’è il fatto che «ella è capace di svolgere attività quale lavarsi da sola, andare a fare la spesa, avere cura della propria abitazione» ed è in grado di «comprendere l’importanza e il significato di quegli atti, anche ai fini della salvaguardia della propria condizione psico-fisica».

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 19 dicembre 2018 – 24 gennaio 2019, numero 2101 Presidente Curzio – Relatore Doronzo Rilevato che la Corte d'appello di Catanzaro, con sentenza pubblicata in data 22/12/2015, ha confermato la sentenza del Tribunale di Crotone che aveva rigettato la domanda diretta al riconoscimento dell'indennità di accompagnamento, ingiustamente revocata, a Gi. Va. la Corte territoriale ha ritenuto, sulla scorta della documentazione sanitaria e dopo aver disposto la rinnovazione delle indagini peritali, che la ricorrente, affetta da «disturbo depressivo maggiore ricorrente grave con manifestazioni psicotiche, cronico senza recupero interepisodico completo », non versa nella condizione di avere necessità di assistenza continua per compiere gli atti quotidiani della vita contro la sentenza la Va. propone ricorso per cassazione e formula un unico motivo, cui resiste con controricorso l'Inps la proposta del relatore sensi dell'articolo 380 bis cod.proc.civ. è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza camerale non partecipata la ricorrente ha depositato memoria. Considerato che il motivo di ricorso è fondato sull'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 5, cod.proc.civ. e con esso la parte censura la sentenza nella parte in cui ha omesso di considerare l'obiettiva inconciliabilità tra gli stati patologici diagnosticati e lo svolgimento delle comuni attività della vita quotidiana assume inoltre che la Corte d'appello avrebbe omesso di esaminare la sua eccezione secondo cui, per il D.M. 2 agosto 2007, sarebbero escluse dalle visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante le malattie mentali dell'età evolutiva, tra cui quella da cui ella è affetta il motivo è nella sua intera articolazione inammissibile la censura di omesso esame dell'eccezione riguardante la violazione da parte dell'Inps del decreto ministeriale del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 2 agosto 2007 è inammissibile alla luce del principio in forza del quale, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l'avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio da ultimo, Cass. ord. 09/08/2018, numero 20694 deve aggiungersi che l'omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello, e, in genere, su una domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio, integra una violazione dell'articolo 112 cod. proc. civ., che deve essere fatta valere esclusivamente ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 4, dello stesso codice, mentre è inammissibile ove il vizio sia dedotto come violazione dell'articolo 360, primo comma, numero 3 e numero 5, cod. proc. civ. Cass. 27/10/2014, numero 22759 Cass. ord. 16/03/2017, numero 6835 , salvo che nell'illustrazione del motivo non si faccia esplicito riferimento alla nullità della sentenza, circostanza questa non ricorrente nel caso in esame non sussiste il denunciato difetto di motivazione, ai sensi della nuova formulazione dell'articolo 360, comma 1., numero 5, c.p.c. come modificato dall'articolo 54, comma 1., lett. b D.L. 22 giugno 2012, numero 83, conv. con modifiche in legge 7 agosto 2012 numero 134 , applicabile al caso di specie per effetto della disposizione transitoria contenuta nello stesso articolo 54, comma 3., secondo cui la norma si applica ai ricorsi per cassazione contro provvedimenti pubblicati dopo 11 settembre 2012 quindi al caso in esame la sentenza è sorretta da una motivazione non solo formalmente esistente come parte del documento, ma compiuta e coerente, con preciso riferimento alle risultanze istruttorie, si da consentire di individuare con chiarezza la «giustificazione del decisum» neppure è riscontrabile il denunciato «omesso esame» di cui al nuovo testo dell'articolo 360, numero 5, c.p.c., il quale deve riguardare un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia tale situazione non ricorre nel caso in esame, avendo la corte esaminato compiutamente il quadro patologico da cui la ricorrente è affetta, per concludere che ella «è capace di svolgere attività quale lavarsi da sola, andare a fare la spesa, avere cura della propria abitazione non solo in senso fisico, ma anche come capacità di intendere l'importanza è il significato degli atti stessi anche ai fini della salvaguardia della propria condizione psico-fisica» la ricorrente dissente da tale giudizio senza tuttavia lamentare alcuna palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, né l'omissione di accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi la censura risolve così in un mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale, che si traduce, quindi, in una inammissibile critica del convincimento del giudice giurisprudenza consolidata v. da ultimo, Cass. 6/11/2018, numero 28209 Cass. 23/10/2017, numero 24959 Cass. 20/3/2013, numero 7041 Cass. 22 gennaio 2013, numero 1472 Cass. 03/02/2012, numero 1652 quanto alla certificazione medica datata 21/9/2015 del Dipartimento di salute mentale di Crotone che non sarebbe stata esaminata dal giudice, al di là del difetto di specificità del motivo, dal momento che la parte la parte non ne trascrive il contenuto, deve rilevarsi che, secondo quanto si legge nello stesso ricorso, la stessa è stata comunque esaminata dal CTU in sede di risposta alle controdeduzioni inviate dal legale della ricorrente ed è stata ritenuta irrilevante ai fini di un diverso giudizio sanitario pag. 6 del ricorso , sicché non è neppure ipotizzabile il denunciato omesso esame, avendo il giudice fatto proprie le conclusioni del consulente e, quindi, anche le sue valutazioni sulla irrilevanza della certificazione conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nessun provvedimento sulle spese deve adottarsi in ragione della dichiarazione di esonero resa ai sensi dell'articolo 152 disp.att. cod.proc.civ. risulta inoltre che la parte è stata ammessa al gratuito patrocinio, sicché non sussistono presupposti per il versamento dell'ulteriore somma pari a quella già versata a titolo di contributo unificato Cass. 05/06/2017, numero 13935 . P.Q.M. La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Ai sensi dell'articolo 13, co. 1 quater, del D.Lgs. numero 115 del 2002 dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.