Risoluzione del rapporto per raggiungimento dell’età pensionabile e obblighi del datore di lavoro

Nell’ambito dei rapporti di lavoro di natura privatistica, per la risoluzione del rapporto di lavoro per il raggiungimento dei limiti di età anagrafica del lavoratore, il datore di lavoro ha comunque l’obbligo di preavviso.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con ordinanza n. 521/19, depositata l’11 gennaio. La vicenda. La Corte d’Appello condannava una s.p.a., datrice di lavoro, al pagamento dell’indennità sostituiva del preavviso di recesso e confermava la sentenza di primo grado quanto alla condanna della stessa società al pagamento dell’indennità sostituiva di ferie non godute al lavoratore. La società datrice di lavoro propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, sostenendo come, per effetto del raggiungimento dell’età pensionabile del lavoratore, il rapporto di lavoro fosse transitato nell’area della recedibilità libera, restando solo l’obbligo di rispetto della forma scritta di intimazione del recesso, sottoscritta dal dipendente nl rispetto del termine del preavviso. La risoluzione del rapporto di lavoro. Per quanto riguarda i termini e le modalità di risoluzione del rapporto di lavoro in coincidenza con il raggiungimento dell’età per il conseguimento dell’età pensionabile e dell’esistenza o meno del diritto del lavoratore ad un periodo di preavviso nell’ambito di un rapporto di lavoro avente natura privatistica, la Suprema Corte ha già statuito che la tassatività delle cause di estinzione del rapporto escludono risoluzione automatiche al compimento di una determinata età ovvero con il raggiungimento dei requisiti pensionistici. A ciò consegue che, nell’ambito dei rapporti di lavoro di natura privatistica, per la risoluzione del rapporto di lavoro per il raggiungimento dei limiti di età anagrafica del lavoratore, il datore di lavoro ha comunque l’obbligo di preavviso. Sulla base di ciò il ricorso deve essere rigettato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 13 novembre 2018 – 11 gennaio 2019, n. 521 Presidente Bronzini – Relatore Ponterio Rilevato che 1. con sentenza n. 395 depositata il 17.4.2014, la Corte d’appello di L’Aquila, in accoglimento dell’appello proposto da S.G. e in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato la Saga - Società Abruzzese Gestione Aeroporto s.p.a. d’ora in avanti, Saga s.p.a. , al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso di recesso, oltre accessori di legge, confermando la sentenza del Tribunale quanto alla condanna di parte datoriale al pagamento della indennità sostitutiva di ferie non godute 2. la Corte territoriale, preso atto del regime di libera recedibilità del rapporto di lavoro a seguito del raggiungimento dell’età pensionabile da parte del dipendente, con qualifica dirigenziale, ha escluso che le delibere del Consiglio di amministrazione del 29.10.07 e del 17.5.10 contenessero una manifestazione di volontà di recedere dal rapporto di lavoro, ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 10, alle scadenze indicate nelle due rispettive proroghe ha interpretato le stesse come tali da rinviare alle scadenze successive ogni decisione sulla prosecuzione del rapporto o sulla sua risoluzione 3. la Corte territoriale ha ritenuto che la comunicazione per iscritto del recesso fosse necessaria, in base all’art. 22, comma 6, del c.c.n.l. di settore, anche nel caso in cui il dirigente avesse raggiunto l’età pensionabile, richiamando i principi espressi al riguardo dalla giurisprudenza di legittimità Cass. n. 14628 del 2010 e che tale comunicazione mancasse nel caso in esame 4. avverso tale sentenza la Saga s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui ha resistito con controricorso il lavoratore. 5. il sig. S. ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c Considerato che 6. con l’unico motivo di ricorso la Saga s.p.a. ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e ss., della L. n. 108 del 1990, artt. 2 e 4, dell’art. 22 c.c.n.l. Dirigenti aziende industriali del 25.11.09 7. ha sostenuto come, per effetto del raggiungimento dell’età pensionabile, il rapporto di lavoro in esame fosse transitato nell’area della libera recedibilità, restando fermo solo l’obbligo di rispetto della forma scritta di intimazione del recesso, adempiuto con la delibera del Consiglio di amministrazione del 29.10.07, sottoscritta dal dipendente, nel rispetto del termine di preavviso 8. ha censurato l’interpretazione data dalla Corte d’appello in quanto contraria alle previsioni degli artt. 1362 c.c. e ss., argomentando come, in base alle delibere del C.d.A., la cessazione del rapporto fosse stata prorogata e come proprio l’uso del termine proroga presupponesse l’esistenza di un termine di scadenza 9. il ricorso è infondato 10. occorre premettere, in conformità al consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità, come in tema di interpretazione degli atti unilaterali - regolati, ai sensi dell’art. 1324 cod. civ., alla stregua dei contratti - vale il principio secondo cui l’interpretazione della volontà negoziale delle parti, compiuta dal giudice del merito, non è soggetta al sindacato di legittimità, quando sia stata condotta secondo le regole di ermeneutica fissate dagli artt. 1362 c.c. e segg., e congruamente motivata. Peraltro, la parte che voglia denunciare un errore di diritto od un vizio di ragionamento nella detta interpretazione non può limitarsi a richiamare genericamente le regole di cui ai citati artt. 1362 e seguenti, ad essa incombendo, invece, l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati ed il punto e il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, Cass. n. 8713 del 2004 Cass. n. 4147 del 2001 non può la parte ricorrente limitarsi a contrapporre interpretazioni o argomentazioni alternative o, comunque, diverse rispetto a quelle proposte dal giudice di merito, atteso che il controllo di logicità del giudizio di fatto non può risolversi in una revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice di merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, Cass. n. 19089 del 2018 Cass. n. 25270 del 2011 Cass. n. 18375 del 2006 11. nel caso di specie, le censure mosse dalla società ricorrente risultano prive di elementi atti a far ritenere erronea l’interpretazione data dalla Corte di merito alle delibere del C.d.A., come non contenenti il preavviso di recesso 12. neppure è ravvisabile la dedotta violazione dell’art. 22 del c.c.n.l. che, se pure consente la risoluzione del rapporto col dirigente al raggiungimento dell’età pensionabile in assenza di motivazione, non esonera parte datoriale dall’obbligo di comunicazione per iscritto del recesso, con osservanza dei termini di preavviso obbligo che la Corte d’appello, con accertamento non validamente censurato in questa sede, ha ritenuto non essere stato adempiuto 13. peraltro, sulla questione dei termini e delle modalità di risoluzione del rapporto in coincidenza con il raggiungimento dell’età per il conseguimento della pensione di vecchiaia e dell’esistenza o meno del diritto del lavoratore ad un periodo di preavviso, nell’ambito del rapporto di lavoro privatistico, questa Corte da ultimo, Cass. n. 6157 del 2018 ha più volte statuito che la tipicità e tassatività delle cause d’estinzione del rapporto escludono risoluzioni automatiche al compimento di determinate età ovvero con il raggiungimento di requisiti pensionistici, diversamente da quanto accade nel lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni in tema di collocamento a riposo d’ufficio, al compimento delle età massime previste dai diversi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche stesse cfr. Cass. n. 14628 del 2010 Cass. n. 26377 del 2008 14. dalla L. 1 maggio 1990, n. 108, art. 4 si desume che, nel lavoro privato, il compimento dell’età pensionabile o il raggiungimento dei requisiti per la effettiva attribuzione del diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia D.Lgs. n. 248 del 2007, art. 6, comma 2-bis da parte del lavoratore determinano soltanto la recedibilità ad nutum dal rapporto di lavoro e, dunque, il venire meno del regime di stabilità, non già la automatica estinzione del rapporto stesso, sicché, in assenza di un valido atto risolutivo del datore di lavoro, il rapporto prosegue con diritto del lavoratore a percepire le retribuzioni anche successivamente al compimento del sessantacinquesimo anno di età Cass. n. 9312 del 2014 Cass. n. 3237 del 2003 Cass. n. 3907 del 1999 15. ne consegue che, nel campo dei rapporti di lavoro di natura privatistica, per la risoluzione del rapporto per limiti di età anagrafica del lavoratore, al datore di lavoro è imposto comunque l’obbligo di preavviso Cass. n. 2339 del 2004 Cass. n. 5576 del 2001 Cass. n. 12890 del 2000 Cass. n. 10782 del 2000 Cass. n. 6396 del 1995 16. a tali principi di diritto si è attenuta la sentenza impugnata 17. per le considerazioni svolte, il ricorso deve essere respinto 18. la regolazione delle spese del giudizio di legittimità avviene secondo il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo 19. ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis del medesimo art. 13.