La ripetizione degli indebiti assistenziali

Sia il venire meno del titolo di erogazione di importi assistenziali, che la dolosità del ricevente, determina il diritto di ripetere le somme indebitamente percepite poiché è escluso il principio di piena ripetibilità” degli indebiti assistenziali.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 28771/18, depositata il 9 novembre. La questione. L’INPS chiedeva al Tribunale territoriale di accertare la ripetibilità degli importi assistenziali ricevuti dalla convenuta dato che quest’ultima superava la soglia reddituale durante l’erogazione della pensione d’invalidità. Domanda respinta sia in primo che secondo grado la Corte d’Appello riteneva che la ripetizione dell’indebito assistenziale trovava applicazione nelle regole proprie dell’indebito previdenziale e, essendo irrilevante il requisito reddituale, ne andava esclusa la ripetizione. Dunque, l’INPS ricorre in Cassazione e, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 42, comma 5, d.l. n. 269/2003 Disposizioni in materia di invalidità civile , sostiene che la regola da applicare al caso concreto sia di piena ripetibilità”. La ripetibilità degli importi assistenziali. Preliminarmente gli Ermellini hanno sottolineato che il regime previdenziale ed assistenziale presenta tratti differenti rispetto alla regola della ripetibilità ex art. 2033 c.c È necessario affermare che in ambito assistenziale, in tema di ripetibilità delle prestazioni assistenziali indebite trovano applicazione, in difetto di una specifica disciplina, le norme sull’indebito assistenziale che fanno riferimento alla mancanza dei requisiti di legge in via generale . Di conseguenza, l’indebito assistenziale è ripetibile in forza di un provvedimento che accerta il venir meno delle condizioni di legge previste, ovvero nel caso in cui si rilevi che l’ accipens si trovava in situazione di dolo al momento della percezione della somma assistenziale e/o previdenziale. Nel caso in esame, la Corte Territoriale aveva positivamente e incensurabilmente accertato l’insussistenza di dolo del ricevente e di un provvedimento atto configurare la ripetizione degli importi erogati pertanto, la Suprema Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 19 settembre – 9 novembre 2018, n. 28771 Presidente Manna – Relatore Bellè Fatti di causa 1. La Corte d’Appello di Ancona, con sentenza n. 1060/2012, ha respinto il ricorso proposto dall’I.N.P.S. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede con cui era stata accolta la domanda di C.R. finalizzata a far accertare la non ripetibilità degli importi della pensione di invalidità civile da essa percepiti nel 2007, pur quando i suoi redditi, nel 2006, erano risultati superiori alla soglia prevista dalla legge. 2. La Corte territoriale riteneva che la ripetizione dell’indebito assistenziale non potesse avere corso per i ratei anteriori al provvedimento amministrativo, posto in essere solo nel 2008, di verifica della carenza dei requisiti per l’erogazione della prestazione, salvo dolo dell’interessato, che nel caso di specie non sussisteva avendo la R. comunicato sia nel 2007, sia nel 2008 per il 2006 e il 2007 i propri redditi all’I.N.P.S. 3. L’I.N.P.S. ricorre per cassazione avverso tale pronuncia con un motivo, resistito da controricorso della R. . Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo di ricorso l’I.N.P.S. afferma, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione ed errata applicazione dell’art. 13 L. 412/1991, dell’art. 12 L. 118/1971, dell’art. 42, co. 5, d.l. 269/2003, conv. in L. 326/2003 e dell’art. 2033 c.c., sostenendo che, trattandosi di indebito assistenziale, non trovano applicazione le regole proprie dell’indebito previdenziale e che la regola generale di ripetibilità, di cui all’art. 2033 c.c. non è derogata rispetto al requisito reddituale, come si desumerebbe dall’art. 42, co. 5, d.l. 269/2003, norma la quale, nel disporre l’irripetibilità nonostante la carenza del requisito reddituale, la limita ai casi antecedenti al 2.10.2003, a riprova che la regola generale sarebbe quella della ripetibilità. 2. Il motivo è infondato. 3. Oggetto del contendere è la disciplina dell’indebito assistenziale riconnesso a carenza del c.d. requisito reddituale. La C. , infatti, titolare di pensione di invalidità civile, nel 2006, superò i limiti di reddito. L’I.N.P.S., nel marzo 2008, provvide quindi al recupero dei ratei maturati e corrisposti nel 2007. La Corte d’Appello di Ancona, escluso il dolo dell’accipiens, ha ritenuto che la ripetibilità delle somme percepite non potesse che aversi successivamente all’esercizio da parte dell’ente erogatore, in esito al corrispondente accertamento amministrativo, della pretesa restitutoria. 4. In proposito è noto che il regime dell’indebito previdenziale ed assistenziale presenta tratti eccentrici rispetto alla regola della ripetibilità propria del sistema civilistico e dell’art. 2033 c.c., in ragione dell’ affidamento dei pensionati nell’irripetibilità di trattamenti pensionistici indebitamente percepiti in buona fede in cui le prestazioni pensionistiche, pur indebite, sono normalmente destinate al soddisfacimento di bisogni alimentari propri e della famiglia Corte Costituzionale 13 gennaio 2006, n. 1 , con disciplina derogatoria che individua alla luce dell’art. 38 Cost. - un principio di settore, che esclude la ripetizione se l’erogazione non sia addebitabile al percettore Corte Costituzionale 14 dicembre 1993, n. 431 . Può altresì dirsi dato acquisito quello per cui non sussiste un’esigenza costituzionale che imponga per l’indebito previdenziale e per quello assistenziale un’identica disciplina, atteso che rientra nella discrezionalità del legislatore porre distinte discipline speciali adattandole alle caratteristiche dell’una o dell’altra prestazione Corte Costituzionale 22 luglio 2004, n. 264 in senso analogo Corte Costituzionale 27 ottobre 2000, n. 448 . 4.1 Ciò premesso si è andato affermando, in ambito assistenziale, un quadro di fondo tale per cui in tema di ripetibilità delle prestazioni assistenziali indebite trovano applicazione, in difetto di una specifica disciplina, le norme sull’indebito assistenziale che fanno riferimento alla mancanza dei requisiti di legge in via generale Cass. 1 ottobre 2015, n. 19638 Cass. 17 aprile 2014, n. 8970 Cass. 23 gennaio 2008, n. 1446 Cass. 28 marzo 2006, n. 7048 e quindi, in sostanza, il d.l. 850/1976, art. 3-ter, convertito in L. 29/1977 secondo cui gli organi preposti alla concessione dei benefici economici a favore degli invalidi civili hanno facoltà, in ogni tempo, di accertare la sussistenza delle condizioni per il godimento dei benefici previsti, disponendo la eventuale revoca delle concessioni con effetto dal primo giorno del mese successivo alla data del relativo provvedimento ed il d.l. 173/1988, art. 3, comma 9, convertito nella L. 291/1988 secondo cui con decreto del Ministro del Tesoro sono stabiliti i criteri e le modalità per verificare la permanenza nel beneficiario del possesso dei requisiti prescritti per usufruire della pensione, assegno o indennità previsti dalle leggi indicate nel comma 1 e per disporne la revoca in caso di insussistenza di tali requisiti, con decreto dello stesso Ministro, senza ripetizione delle somme precedentemente corrisposte risultando invece abrogata la L. 537/1993, che regolava l’indebito assistenziale all’art. 11, co. 4 e non applicabile, per eccesso del regolamento dalla delega di legge, l’art. 5, co. 5, d.p.r. 698/1994 sul tema v. in dettaglio, Cass. 7048/2006, cit. . 4.2 Sicché la regola che ne deriva è quella per cui l’indebito assistenziale, in mancanza di norme specifiche che dispongano diversamente, è ripetibile solo successivamente al momento in cui intervenga il provvedimento che accerta il venir meno delle condizioni di legge e ciò a meno che non ricorrano ipotesi che a priori escludano un qualsivoglia affidamento, come nel caso di erogazione di prestazione a chi non sia parte di alcun rapporto assistenziale, né ne abbia mai fatto richiesta Cass. 23 agosto 2003, n. 12406 , nel caso di radicale incompatibilità tra beneficio ed esigenze assistenziali Cass. 5 marzo 2018, n. 5059, riguardante un caso di erogazione dell’indennità di accompagnamento in difetto del requisito del mancato ricovero dell’assistibile in istituto di cura a carico dell’erario o in caso di dolo comprovato dell’accipiens. 4.3 Regole specifiche ricorrono per l’indebito riconnesso al venire meno dei requisiti sanitari art. 37, co. 8, L. 448/1998 , che consente la ripetibilità fin dal momento dell’esito sfavorevole della visita di verifica, mentre non può dirsi che sussistano rispetto all’indebito riconnesso al venire meno dei requisiti economici. L’I.N.P.S. in realtà sostiene che, rispetto al venire meno dei requisiti economici, la regola sarebbe quella di piena ripetibilità e che essa andrebbe desunta dal disposto dell’art. 42, co. 5, d.l. 269/2003, conv. in L. 326/2003 e ciò in quanto la disposizione, dopo avere demandato ad una determinazione interdirigenziale la fissazione delle modalità tecniche per le verifiche telematiche sui redditi, afferma che non si procede alla ripetizione delle somme indebitamente percepite, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, dai soggetti privi dei requisiti reddituali . Sicché, secondo l’ente erogatore, dalla limitazione della ripetibilità ai periodi anteriori rispetto all’entrata in vigore del decreto legge, dovrebbe trarsi la conclusione che, rispetto ai periodi successivi, varrebbe un regime di piena ripetibilità, secondo le regole civilistiche di cui all’art. 2033 c.c Tale conclusione non può però essere condivisa, in quanto il significato del predetto disposto non è univoco nel far concludere per l’esistenza di un contrasto rispetto alle precedenti previsioni generali già citate secondo cui la ripetizione è ammessa solo dal momento dell’accertamento da parte dell’ente dell’indebito art. 3, comma 9, cit. art. 3-ter d.l. 850/1976 cit. e per l’introduzione di una regola di generalizzata ripetibilità per il venire meno dei requisiti economici della prestazione assistenziale. Infatti la disposizione, per un verso, non contiene nulla di esplicito rispetto alla disciplina, per il futuro, della ripetibilità del resto essa conserva comunque portata normativa, ove la si intenda quale generalizzata sanatoria del pregresso, estesa anche al caso in cui vi fossero già stati accertamenti di indebito, in connessione con le regole interdirigenziali di verifica che venivano contestualmente previste. Pertanto non può dirsi che la disposizione in questione abbia l’effetto di escludere il venire meno dei requisiti reddituali dall’applicazione della citata disciplina generale dell’indebito assistenziale. 5. Si deve in definitiva confermare il principio, desumibile dall’insieme delle norme e delle pronunce sopra esaminate, per cui l’indebito assistenziale per venire meno dei requisiti reddituali, inteso rigorosamente quale venir meno del titolo all’erogazione di una prestazione che era stata chiesta e si aveva diritto a percepire, determina il diritto a ripetere le somme versate solo a partire dal momento in cui l’ente preposto accerti il superamento dei requisiti reddituali ciò a meno che risulti provato che l’accipiens si trovasse, al momento della percezione, in situazione di dolo rispetto al venire meno del suo diritto come ad es. allorquando l’incremento reddituale sia talmente significativo da rendere inequivocabile il venir meno del beneficio , trattandosi di coefficiente che naturalmente fa venire meno l’affidamento alla cui tutela sono preposte le norme limitative della ripetibilità dell’indebito. 6. Nel caso di specie la Corte territoriale ha positivamente accertato, senza essere stata sul punto raggiunta da critiche, l’insussistenza di dolo e il provvedimento di accertamento dell’indebito maturato nel 2007 è intervenuto nell’anno 2008 allorquando, addirittura, la pensionata aveva pacificamente recuperato le condizioni reddituali che le consentivano di godere del beneficio. Pertanto correttamente la sentenza impugnata ha escluso il diritto alla ripetizione dell’indebito maturato precedentemente. 7. Le spese del grado restano regolate secondo soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, condannando il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.