L’indennità di mobilità lunga è un contributo previdenziale…

Gli oneri economici della mobilità lunga sono contributi previdenziali e seguono le regole della prescrizione ordinaria prevista dall’art. 3, comma 9, lett. b l. n. 335 del 1995. Pur dandosi atto della precipua diversità, per natura e funzione, dei contributi complessivamente considerati, risponde ad un criterio di ragionevolezza assoggettare alla disciplina della prescrizione, dettata dal suddetto art. 3 tutti i contributi [] anche degli oneri economici relativi alla permanenza in mobilità per i periodi eccedenti la mobilità ordinaria, sopportati dall’ente previdenziale sia per erogare al lavoratore la prestazione economica sia per accreditare la relativa contribuzione figurativa.

Così la Suprema Corte con sentenza n. 28605/18 depositata l’8 novembre. La qualificazione della mobilità lunga quale onere economico” o contributo previdenziale” determina il regime di prescrizione da adottare Secondo l’INPS, la regola eccezionale della mobilità lunga che le consente di porre a carico del datore di lavoro il pagamento della somma corrispondente alla contribuzione figurativa, sarebbe un onere” da porre a carico del datore di lavoro e non un contributo” di conseguenza l’azione di ripetizione dell’ente sarebbe soggetta al termine di prescrizione decennale. Quindi per l’INPS le somme anticipate ai lavoratori per sottrarli dal rischio economico dell’inadempimento del datore di lavoro non rientrano tra le prestazioni previdenziali. ma le diverse tipologie di contributi e prestazioni non possono determinare regimi di prescrizione differenti. Il regime di prescrizione da applicare alle erogazioni svolte dall’INPS sotto forma di oneri economici, ritenute o contributi obbligatori, volontari, figurativi, addizionali, di solidarietà, non possono variare in funzione dei diversi istituti che sono destinati a finanziare e alle legislazioni vigenti tempo per tempo. Di conseguenza anche la mobilità lunga, essendo un’erogazione svolta dall’INPS per consentire al lavoratore di acquisire il diritto al trattamento pensionistico cui è prossimo, rientra nella categoria dei contributi e soggiace alla prescrizione quinquennale il relativo onere, comunque posto a carico delle imprese, è pur sempre un contributo previdenziale. La ragionevolezza è il criterio dirimente. La mobilità lunga è un contributo versato dall’INPS al lavoratore, in sostituzione del datore di lavoro. Risponde quindi al criterio di ragionevolezza la qualificazione della mobilità lunga di cui all’art. 1- septies d.l. n. 78/1998 tra i contributi previdenziali, con la conseguenza che il relativo regime prescrizionale segue la regola generale dell’3 comma 9, lett. b l. n. 335/1995.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 19 settembre – 8 novembre 2018, numero 28605 Presidente Manna – Relatore Mancino Fatti di causa 1. La Corte d’appello di Genova, con sentenza del 28 marzo 2013, confermava la sentenza di primo grado che aveva ritenuto prescritto il diritto dell’INPS ad ottenere, dalla Ericsson Telecomunicazioni s.p.a., la somma corrisposta, al lavoratore E.G. , a titolo di indennità di mobilità lunga, nel periodo dal 9 dicembre 2002 al 30 aprile 2005, ed accreditata, per il medesimo periodo, a titolo di contribuzione figurativa sulla posizione del predetto lavoratore. 2. A fondamento del decisum la Corte rilevava che l’esborso corrispondente ai contributi figurativi rientrava nella disposizione dell’articolo 3, comma 9, legge numero 335 del 1995, la cui ampia previsione, agli effetti della prescrizione quinquennale, non distingueva tra contribuzione effettiva o figurativa. 3. Quanto al diritto dell’Istituto alla restituzione dell’importo erogato al lavoratore a titolo di indennità di mobilità lunga, la prescrizione quinquennale, alla stregua dell’articolo 2948, numero 4 cod.civ. trovava fondamento nella cadenza annuale del rimborso evinta dall’articolo 3, comma 5, del d.l. numero 129 del 1997, convertito nella legge numero 229 del 1997, disposizione generale sul rimborso all’INPS alla fine di ciascun anno solare, applicabile a tutte le ipotesi di mobilità lunga previste dalle diverse leggi speciali, ove non derogate dalle stesse. 4. Avverso la sentenza ricorre l’Inps, anche quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a. con ricorso affidato a due motivi, cui resiste, con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria, la s.p.a. Ericsson Telecomunicazioni. Ragioni della decisione 5. Con il primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’articolo 1-septies del d.l. 8 aprile 1998, numero 78, convertito, con modificazioni, in legge 5 giugno 1998, numero 176, dell’articolo 7, nono comma, della legge 23 luglio 1991, numero 223 e dell’articolo 3, nono comma, della legge 8 agosto 1995, numero 335, l’INPS censura la sentenza impugnata per avere annoverato gli oneri relativi alla permanenza in mobilità, rappresentati dalle somme necessarie a ristorare l’istituto di previdenza della contribuzione figurativa riconosciuta al lavoratore posto in mobilità lunga, e posti a carico delle imprese, nella categoria della contribuzione previdenziale, a ciò facendo conseguire l’applicazione della prescrizione quinquennale. 6. Assume l’INPS che la regola eccezionale introdotta per la mobilità lunga, che consente al soggetto pubblico di vedersi ristorato dell’esborso connesso all’accredito della contribuzione figurativa, ponendo a carico del datore di lavoro il pagamento della somma corrispondente al relativo importo, ha introdotto un ristoro del costo economico che l’ordinamento ha sopportato per riconoscere al lavoratore la tutela contributiva di tipo figurativo, con la conseguenza che le somme pagate dal datore costituiscono un onere, e non già un contributo, e la relativa restituzione all’INPS rientra nel novero dell’ordinario termine di prescrizione decennale. 7. Con il secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’articolo 1-septies del d.l. numero 78 del 1998, convertito, con modificazioni, in legge numero 148 recte numero 176 del 1998 e dell’articolo 2948, numero 4 cod.civ., l’INPS censura la sentenza impugnata, ancora quanto al regime prescrizionale, in riferimento alle somme dovute dal datore di lavoro per ristorare l’INPS dell’erogazione, al lavoratore, della prestazione di mobilità lunga. 8. Assume l’INPS che la somma richiesta al datore di lavoro esula dal novero delle prestazioni previdenziali giacché prestazione previdenziale è quella erogata dall’INPS al lavoratore , trattandosi di rimborso di somme anticipate dall’INPS in favore dei lavoratori-creditori per sottrarli al rischio economico dell’inadempimento da parte del debitore-datore di lavoro, e che è priva di rilievo l’inesistenza di una disciplina speciale che fissi un termine a partire dal quale l’ente previdenziale possa pretendere, dal datore, il rimborso delle somme pagate, in nome e per conto suo di qui l’esclusione di tale credito dal novero dei crediti soggetti a prescrizione breve quinquennale e l’applicazione della prescrizione decennale. 9. Il ricorso, premessa la carenza di legittimazione attiva della S.C.C.I. s.p.a., in considerazione dell’estraneità della società di cartolarizzazione alla pretesa creditoria azionata dall’INPS, e al giudizio di merito che ne è seguito, è ammissibile, non ravvisandosi i denunciati profili di inammissibilità quanto alla forma legale essenziale, alla mancata proposizione del quesito, invero non prescritto dal codice di rito ratione temporis, nell’indicazione delle affermazioni di diritto contenute nella sentenza ed avversate con l’impugnazione. 10. I motivi, congiuntamente esaminati per la loro connessione logica, non sono meritevoli di accoglimento. 11. Giova premettere in fatto che, dal 9 dicembre 2002 al 30 aprile 2005, il lavoratore E.G. ha fruito della mobilità lunga ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1-septies del d.l. numero 78 del 1998, convertito, con modificazioni, in legge numero 176 del 1998 nel predetto periodo l’ente previdenziale ha erogato, quale terzo preposto, l’indennità di mobilità in favore del lavoratore, indennità che ordinariamente paga direttamente il datore di lavoro, e ha inoltre accreditato, per legge, la contribuzione figurativa sulla posizione del predetto lavoratore quale forma di sostegno al reddito. 12. Con la concessione della mobilità lunga, volta ad accompagnare il lavoratore fino al momento del sorgere del diritto al trattamento pensionistico, il legislatore ha introdotto l’anticipo dell’erogazione della prestazione di mobilità da parte dell’INPS, così tutelando il lavoratore dal rischio economico dell’inadempimento da parte del datore di lavoro, e, contestualmente, la regola eccezionale che consente all’ente previdenziale di vedersi ristorato dall’esborso economico connesso all’accredito della contribuzione figurativa, ponendo a carico del datore di lavoro il pagamento della somma corrispondente all’importo della contribuzione figurativa accreditata. 13. La ratio dell’istituto della mobilità lunga è stata di recente ribadita da Cass. 5 febbraio 2018, numero 2697 evidenziando che, attraverso le disposizioni che consentono al lavoratore di utilizzare i periodi di erogazione dell’indennità ai fini del diritto e della misura della pensione art 7, comma 9 legge numero 223 del 1991 , e di completare così, nello stesso lasso di tempo, i requisiti mancanti per il conseguimento del diritto al trattamento pensionistico, non viene offerto un sostegno alla disoccupazione - che altrimenti non vi sarebbe ragione di differenziare i limiti di durata tra lavoratori che si trovino tutti nelle aree svantaggiate dal punto di vista occupazionale - ma si permette l’acquisizione del trattamento pensionistico a cui il lavoratore è prossimo, essendone prevista, per legge, l’erogazione solo fino al compimento del periodo dei sette anni mancanti al raggiungimento dei 35 necessari per beneficiare della pensione di anzianità legge numero 223 del 1991, articolo 7, comma 7 cfr. Cass. numero 2697 del 2018 cit. e i precedenti ivi richiamati v. anche Cass., Sez. U., 21 luglio 2006, numero 16749, ed ivi il rilievo per cui la citata norma non fa riferimento al momento in cui si perfezionerà il diritto alla pensione, né alla gestione che la erogherà, ma considera solo gli anni di contribuzione necessari accreditati al momento della cessazione del rapporto di lavoro . 14. Si tratta, ora, di qualificare l’onere a carico delle imprese, perché così il legislatore ha inteso definire le somme dovute dal datore di lavoro all’ente previdenziale, sia quanto alla prestazione direttamente erogata al lavoratore sia quanto alla contribuzione figurativa accreditata per il medesimo periodo, qualificazione che assume rilievo dirimente agli effetti del regime prescrizionale applicabile. 15. Alla variegata tipologia di oneri economici, che il panorama legislativo offre in materia, ha già dato risposta, di recente, la Corte di legittimità, con la sentenza 12 gennaio 2018, numero 672, rimarcando che proprio per la molteplice varietà dei contributi obbligatori, volontari, figurativi, addizionali, di solidarietà, ritenute, oneri economici e per la diversità funzionale ad essi connaturata, potrebbero sempre farsi valere diversità estrinseche tra le tante tipologie regolate dalla legge, allo scopo di affermare che l’una specie risulti dissimile rispetto all’altra, anche in considerazione dei differenti istituti che sono destinati a finanziare ed alla diversa legislazione vigente nel tempo v. anche Cass. 21 dicembre 2017, numero 30699 . 16. Le differenze terminologiche non possono, tuttavia, incidere sull’appartenenza alla comune ed ampia categoria dei contributi previdenziali per gli ulteriori argomenti ed ipotesi esemplificative si rinvia a Cass. numero 672 del 2018 cit. , ed ancor più sul regime prescrizionale, per cui pur dandosi atto della precipua diversità, per natura e funzione, dei contributi complessivamente considerati, risponde ad un criterio di ragionevolezza assoggettare alla disciplina della prescrizione, dettata dall’articolo 3, comma 9, lettera b della legge numero 335 del 1995, tutti i contributi, nell’accezione lata comprensiva, come nella specie, anche degli oneri economici relativi alla permanenza in mobilità per i periodi eccedenti la mobilità ordinaria, sopportati dall’ente previdenziale sia per erogare al lavoratore la prestazione economica sia per accreditare la relativa contribuzione figurativa. 17. A tanto consegue che la sentenza impugnata, così corretta ed integrata nella motivazione ai sensi dell’articolo 384, comma secondo, cod.proc.civ., non è suscettibile di cassazione. 18. Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. 19. Ai sensi dell’articolo 13,comma 1-quater, d.P.R. numero 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex articolo 13, comma 1-bis. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1-quater, d.P.R. numero 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex articolo 13, comma 1-bis.