È inutilizzabile il verbale di conciliazione sindacale se privo dello schema tipico della transazione

Il verbale di conciliazione sindacale rappresenta una mera dichiarazione di scienza” e non una reale transazione se priva degli elementi dell’aliquid datum et retentum.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 28448/18, depositata il 7 novembre. La valenza del verbale di conciliazione. Una lavoratrice intende conseguire la corretta erogazione del TFR, pretesa giunta sino al Tribunale territoriale che però rigettava tale richiesta. La Corte d’Appello differentemente accoglie parzialmente l’appello proposto dalla lavoratrice dubbia era la natura del verbale di conciliazione sindacale presente nel caso in esame, documento che conteneva la rinuncia della lavoratrice ad ogni ulteriore pretesa nei confronti del datore una volta ottenuta l’erogazione del TFR. Secondo il Tribunale del riesame detto verbale non figurava come una reale transizione ma rappresentava una dichiarazione di scienza della lavoratrice tale da configurare come semplice quietanza a saldo”. Inoltre, la stessa Corte d’Appello ammetteva l’eccezione quinquennale ex art. 2948 c.c. riconoscendo all’impugnate l’erogazione del TFR. Dunque la difesa del datore di lavoro ricorre in Cassazione sostenendo la falsa applicazione dell’art. 2113 c.c. Rinunzie e transazioni e dell’art. 416 c.p.c. Costituzione del convenuto sul fatto che la Corte di merito aveva ritenuto erroneamente la mancata deduzione dell’impugnativa del verbale di conciliazione da parte dello stesso datore tale contestazione era contenuta, e così rilevabile, nell’eccezione di intervenuta conciliazione sindacale, eccepita nel giudizio di merito tramite la memoria di costituzione. Il singolare schema della transazione reciproca”. Gli Ermellini rilevano preliminarmente e generalmente che la dichiarazione liberatoria sottoscritta dalla parte come quietanza, ovvero come transazione, rappresenta una semplice manifestazione del convincimento soggettivo dell’interessato di essere soddisfatto di tutti i suoi diritti concretando quindi una dichiarazione di scienza priva di efficacia negoziale è compito del giudice di merito qualificare detto sottoscritto in relazione agli elementi presenti nel caso concreto. Nel caso in cui viene sottoscritto un accordo tra il lavoratore e il rispettivo datore, siglato in sede sindacale, per poter qualificare detto accordo come atto di transazione” è necessario che contenga lo scambio di reciproche concessioni, sicché, ove manchi l’elemento dell’ aliquid datum , aliquid retentum , essenziale ad integrare lo schema della transazione, questa non è configurabile . Nel caso di specie, l’accordo non era qualificabile come atto di transazione” dato che analizzando il contenuto del verbale è da rilevare che la lavoratrice ha accordato unicamente l’erogazione del TFR, diritto che le era già riconosciuto ex lege , senza predisporre alcun altra concessione da parte del datore. Ritenendo irrilevante sia la deduzione del ricorrente relativamente alla violazione dell’art. 416 c.p.c., sia la circostanza che l’accordo intervenuto tra il lavoratore e il datore fosse stato compiuto in sede sindacale, la Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna il datore a pagare le spese del giudizio.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 21 giugno– 7 novembre 2018, numero 28448 Presidente Nobile – Relatore Curcio Rilevato Che la corte d’appello di Lecce ha parzialmente accolto l’appello di M.T. , dipendente della srl Valem Sportswear, avverso la sentenza del Tribunale di Lecce che aveva respinto le domande della lavoratrice. La corte ha escluso che il verbale di conciliazione sindacale sottoscritto dalle parti in data 19.10.2006 contenesse una reale transazione, ritenendo trattarsi esclusivamente di una dichiarazione di scienza della lavoratrice, da considerarsi quale semplice quietanza a saldo della somma relativa al TFR spettante ed erogatale in tale sede. Che la corte territoriale ha poi ritenuto che dovesse invece accogliersi l’eccezione di prescrizione quinquennale di cui all’articolo 2948 c.c. e che pertanto andasse riconosciuto alla M. un credito per differenze retributive di soli Euro 4060,79, pari agli emolumenti dovuti per il periodo dal 4.8.2005 all’11.9.2006, essendo prescritti i crediti vantati per il periodo precedente. Che avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la srl Valem Sportswear affidato a tre motivi. È rimasta intimata M.T. . Considerato Che i motivi hanno riguardato 1 la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2113 c.c., per avere la corte territoriale ritenuto che la conciliazione contenesse una mera dichiarazione di scienza invece che una consapevole rinuncia della lavoratrice ad ogni ulteriore pretesa nei confronti della datrice di lavoro, tenuto conto di quanto riferito dal teste N. , sindacalista UIL che aveva assistito la lavoratrice rendendola edotta della proposta transattiva della società, prima di raccogliere la sua firma per il verbale di conciliazione nella sede sindacale 2 la violazione dell’articolo 2113 comma IV c.c. per non avere considerato la corte di merito che, trattandosi di una conciliazione avvenuta in ambiente sindacale e quindi protetto, non poteva applicarsi la disciplina relativa all’impugnazione delle rinunce e transazioni ai sensi dei primi tre commi dell’articolo 2113 c.c. 3 la violazione dell’articolo 416 c.p.c., per avere la corte di merito erroneamente ritenuto che la convenuta non avesse eccepito, nella memoria di costituzione di primo grado, la decadenza dall’impugnativa della transazione ai sensi dell’articolo 2113 c.c., impugnativa che la M. avrebbe dovuto effettuare entro il termine ivi prescritto di sei mesi. Per la società ricorrente tale contestazione sarebbe invece contenuta proprio nell’eccezione di intervenuta conciliazione sindacale, sollevata con la memoria di costituzione di primo grado. Che sono infondati i primi due motivi che possono esaminarsi congiuntamente, essendo connessi. Questa corte ha più volte rilevato che ai fini della qualificazione di una dichiarazione liberatoria sottoscritta dalla parte come quietanza o piuttosto come transazione, occorre considerare che la quietanza liberatoria rilasciata a saldo di ogni pretesa costituisce, di regola, una semplice manifestazione del convincimento soggettivo dell’interessato di essere soddisfatto di tutti i suoi diritti, e che pertanto concreta una dichiarazione di scienza priva di alcuna efficacia negoziale. Nella dichiarazione liberatoria sono ravvisabili invece gli estremi di un negozio di rinunzia o transazione in senso stretto soltanto quando per il concorso di particolari elementi di interpretazione contenuti nella stessa dichiarazione, o desumibili aliunde, risulti che la parte l’abbia resa con la chiara e piena consapevolezza di abdicare o transigere su propri diritti cfr. Cass. numero 729/2003, Cass. numero 9120/2015, cass. 18094/2015 . Che spetta al giudice di merito qualificare il documento sottoscritto dalle parti come transazione e non come semplice quietanza liberatoria, avuto riguardo agli elementi di fatto presi in considerazione, derivanti sia dal documento sia da altre specifiche circostanze desumibili aliunde, elementi che ove esaminati correttamente con motivazione esente da vizi, non possono essere rimessi in discussione in questa sede. Che nel caso in esame la corte di merito ha rilevato che, sebbene le parti avessero siglato una transazione presso la sede sindacale IUTAL -UIL e che l’accordo era stato siglato anche dal rappresentante sindacale, la lavoratrice aveva accettato esclusivamente il pagamento del TFR ed a fronte di tale pagamento aveva dichiarato di non avere più nulla a pretendere dalla ditta, ritenendo transatte e rinunciate tutte le azioni , in particolare non avendo la M. espresso alcuna volontà di volersi privare di diritti specifici e determinati o determinabili. Come ha statuito questa corte cfr Cass. numero 20780/2007 per poter qualificare come atto di transazione l’accordo tra lavoratore e datore è necessario che contenga lo scambio di reciproche concessioni, sicché, ove manchi l’elemento dell’ aliquid datum, aliquid retentum , essenziale ad integrare lo schema della transazione, questa non è configurabile. Nel caso in esame la lavoratrice a seguito della sua rinuncia a qualsiasi ulteriore pretesa derivante dal pregresso rapporto di lavoro, non ha ottenuto null’altro che il TFR, diritto che le era già riconosciuto per legge. Che a nulla rileva, peraltro, che la transazione sia stata effettuata in sede sindacale atteso che, perché possa applicarsi il IV comma dell’articolo 2113 c.c., che esclude la possibilità di impugnativa delle conciliazioni sindacali, deve pur sempre trattarsi di un atto qualificabile come transazione e non di una mera quietanza liberatoria. Che, rimanendo assorbito il terzo motivo, il ricorso deve essere respinto. Nessuna pronuncia sulle spese, essendo la M. solo intimata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater DPR numero 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13.