Riconoscimento della pensione di reversibilità in regime internazionale

Ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità in regime internazionale, anche se acquisita iure proprio dal superstite, rilevano le condizioni di assicurazione e contribuzione del dante causa al momento del suo collocamento a riposo o, se non ancora titolare di pensione, a quello del decesso.

Così la Corte di legittimità con l’ordinanza n. 27019/18, depositata il 24 ottobre. La vicenda. L’INPS impugnava la sentenza del giudice del lavoro che l’aveva condannato al pagamento della pensione di reversibilità in regime internazionale ad una cittadina croata, moglie supersite di un soggetto titolare della pensione di vecchiaia erogata in regime di pro-rata internazionale. La Corte d’Appello rigettava il gravame riconoscendo la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto della donna alla pensione di reversibilità in questione. L’INPS ricorre dunque in Cassazione. Regime normativo applicabile. La costante giurisprudenza afferma che la pensione di reversibilità è acquisita dal supersite iure proprio e non iure hereditas , ma ciò non implica che i relativi requisiti amministrativa, contributi ed anagrafici debbano essere riferiti al superstite e/o il contesto normativo in vigore al momento del decesso del pensionato oppure quello vigente al momento del pensionamento. Il tenore letterale dell’art. 13, comma 1, r.d.l. n. 636/1939 lascia infatti intendere che la pensione di reversibilità spessa sulla base delle condizioni assicurative e contributive del dante causa al momento del suo collocamento a riposto o, se non ancora titolare della pensione, a quello del decesso tanto che tale prestazione viene anche definita a perfezionamento traslato” . Ulteriore conferma di tale impostazione si evince dal fatto che il quantum dell’erogazione dipenda dall’ammontare della pensione del de cuius . Applicando tali principi al caso di specie, la Corte ritiene applicabile al rapporto assicurativo la legge vigente al momento in cui esso è sorto, ovvero la Convenzione Italia – Jugoslavia per la quale per la totalizzazione dei contributi versati nei due paesi è sufficiente l’avvenuto versamento anche di un solo contributo settimanale. Per quanto riguarda le condizioni amministrative, contributive ed anagrafiche è invece applicabile la normativa vigente al momento del decesso del de cuius solo ove non fosse ancora titolare della pensione, circostanza esclusa nel caso di specie. Sulla base di tali principi, gli Ermellini giungono al rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 20 giugno – 24 ottobre 2018, n. 27019 Presidente Manna – Relatore Berrino Fatto e diritto Rilevato che con sentenza del 13.2.2013 la Corte d’appello di Trieste ha rigettato l’impugnazione dell’Inps avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale della stessa sede, che l’aveva condannato al pagamento in favore di C.L. , cittadina croata e coniuge superstite di Z.B. deceduto il omissis titolare, con decorrenza settembre 1986, di pensione di vecchiaia erogata in regime di pro-rata internazionale, della pensione di reversibilità in regime internazionale la Corte territoriale ha spiegato che, derivando la pensione di reversibilità in questione dalla pensione in regime internazionale del dante causa da epoca antecedente all’adesione della Croazia all’Unione Europea, una volta ottenuta la liquidazione della prestazione diretta ai sensi della normativa allora in vigore e sulla base del requisito contributivo richiesto dalla medesima, tale prestazione costituiva l’unico dato fermo sulla cui base liquidare la pensione di reversibilità e non poteva essere messo in discussione per le modifiche normative sopravvenute, quali quelle più rigorose scaturenti dalla nuova convenzione tra Italia e Croazia del 1997 per la cassazione della sentenza propone ricorso l’Inps con un solo motivo, cui resiste C.L. con controricorso, illustrato da memoria Considerato che con un solo motivo l’istituto ricorrente denunzia la violazione dell’art. 18 della Convenzione tra la Repubblica Italiana e la Repubblica di Croazia in materia di sicurezza sociale, ratificata con legge 27 maggio 1999, n. 167, nonché la violazione dell’art. 13 della legge n. 218 del 1952 come modificato ed integrato dall’art. 23 della legge n. 903 del 21.7.1965 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte d’appello affermato il diritto di C.L. , cittadina croata, alla fruizione della pensione di reversibilità in regime internazionale rispetto a quella diretta del coniuge deceduto nel corso del 2010 , il quale era stato titolare di trattamento pensionistico liquidato in regime di convenzione internazionale tra Italia e Jugoslavia, che poneva come requisito minimo essenziale per poter procedere alla totalizzazione dei contributi versati in Italia e nella ex Jugoslavia l’avvenuto versamento anche di un solo contributo settimanale, per cui i contributi accreditati in Italia in favore del dante causa della C. , la cui pensione decorreva dal mese di settembre del 1986, erano in numero inferiore ad un anno, requisito minimo, questo, richiesto dall’art. 18, ultimo comma, della Convenzione fra Italia e Croazia dell’1.11.2003, ratificata con legge n. 167 del 27.5.1999, che era, perciò, già in vigore all’epoca del decesso di Z.B. il motivo è infondato occorre, infatti, considerare che, se è vero che dottrina e giurisprudenza cfr., per tutte, Cass. n. 3300/12 e Cass. n. 21545/08 sono sempre state concordi nel ritenere che la pensione di reversibilità è acquisita dal superstite iure proprio e non iure hereditatis, tuttavia ciò non implica che i relativi requisiti amministrativi, contributivi e anagrafici debbano essere riferiti al superstite il che vanificherebbe le caratteristiche stesse e le finalità della prestazione, per ottenere la quale basta il mero rapporto di coniugio o di parentela e/o all’assetto normativo in vigore al momento del decesso del pensionato anziché a quello in cui è stato collocato in quiescenza anzi, dall’art. 13 co. 1 del R.D.L. n. 636/39 e successive modifiche e integrazioni Nel caso di morte del pensionato o dell’assicurato, sempreché per quest’ultimo sussistano al momento della morte le condizioni di assicurazione e di contribuzione di cui all’art. 9, n. 2, lettere a , b e c , spetta una pensione al coniuge e ai figli superstiti che al momento della morte del pensionato o assicurato non abbiano superato l’età di 15 anni o, per gli assicurati appartenenti alla categoria degli impiegati, quella di 18 anni, ovvero siano riconosciuti inabili al lavoro. si evince che la pensione di reversibilità spetta sulla base delle condizioni di assicurazione e contribuzione proprie del dante causa al momento del suo collocamento a riposo o, se non ancora titolare di pensione, a quello del decesso, tanto che tale prestazione viene anche definita a perfezionamento traslato la stessa determinazione del quantum del trattamento riservato ai superstiti dipende dall’ammontare della prestazione previdenziale dovuta al de cuius v. sempre cit. art. 13, co. 1 ulteriore conferma si desume dalla ratio dell’istituto, mirante a soddisfare esigenze proprie del superstite beneficiario cfr. Corte cost. n. 495/93 e n. 195/90, secondo cui la pensione di reversibilità costituisce, per il superstite, una sorta di proiezione di quella funzione di sostentamento che a suo favore svolgeva, quando era in vita, il de cuius e allora, poiché il rapporto assicurativo è disciplinato dalla legge vigente nel tempo in cui è sorto ed essendo stato il coniuge dell’odierna controricorrente titolare di pensione fin dal mese di settembre del 1986 anche questo è un dato pacifico , trova applicazione la normativa all’epoca vigente, ossia la Convenzione Italia - Jugoslavia stipulata il 14.11.1957 ed entrata in vigore il 1.1.1961, in virtù della quale per la totalizzazione dei contributi versati in Italia e nella ex Jugoslavia basta l’avvenuto versamento anche d’un solo contributo settimanale viceversa, rilevano le condizioni amministrative, contributive e anagrafiche regolate dalla normativa in vigore al momento del decesso del de cuius soltanto ove non ancora titolare di pensione ma non è questo il caso in esame, come si è visto . le considerazioni che precedono evidenziano la non conferenza dell’art. 13 della legge n. 218/52 come modificato ed integrato dall’art. 23 della legge n. 903/65 pur richiamato in ricorso e che disciplina la diversa ipotesi del decesso dell’assicurato senza che sussista per i superstiti il diritto alla pensione tra l’altro, questa Corte ha già avuto modo di pronunziarsi in siffatta materia Cass. sez. lav. n. 23841 del 23.11.2015 affermando che La pensione di reversibilità in regime internazionale, benché acquisita dal superstite iure proprio , spetta sulla base delle condizioni di assicurazione e contribuzione proprie del dante causa al momento del suo collocamento a riposo o, se non ancora titolare di pensione, a quello del decesso. Nella specie, il de cuius , di nazionalità slovena, era deceduto nel 2007 ma godeva della pensione diretta dall’agosto 1986, sicché alla pensione di reversibilità si applicava la convenzione tra l’Italia e la Jugoslavia del 14 novembre 1957, per la quale, ai fini della totalizzazione dei contributi versati, è sufficiente l’avvenuto versamento anche di un solo contributo settimanale in senso conf. v. Cass. sez. lav. n. 19584 de 4.8.2017 in conclusione il ricorso va rigettato. le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza del ricorrente e si distraggono ex art. 93 c.p.c. in favore del difensore antistatario, cioè dell’avv. Rosa Maffei ricorrono i presupposti per il versamento del contributo unificato come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese nella misura di Euro 4.200,00, di cui Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, con attribuzione all’avv. Maffei. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.