Il praticante può ricevere le notificazioni destinate al dominus

La notificazione effettuata al difensore domiciliatario mediante consegna di copia ad un praticante avvocato abilitato al patrocinio, nella sua qualità di persona addetta allo studio incaricata di ricevere gli atti di notificazione, è pienamente valida, anche se il praticante sia iscritto al registro di un diverso ordine di quello di appartenenza del domiciliatario.

Sul tema si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 26648/18, depositata il 22 ottobre, con cui ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da una dipendente di un comune marchigiano avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello aveva confermato il rigetto della domanda volta ad ottenere la retribuzione per il lavoro straordinario non autorizzato ed il risarcimento del danno biologico da super lavoro. Validità della notifica. Ai fini del giudizio di legittimità, risulta decisiva l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività presentata dal Comune controricorrente. La lavoratrice non contesta l’avvenuta notifica della sentenza di appello presso l’avvocato domiciliatario ma ne deduce la nullità perché ricevuta da persona non addetta all’ufficio, in quanto praticante e collaboratore di un altro avvocato. Il Collegio richiama i principi secondo cui, in tema notifica ai sensi dell’art. 139, comma 2, c.p.c., la qualità di persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda di cha ha ricevuto l’atto di presume iuris tantum dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica. Incombe al destinatario che voglia contestare la validità della notificazione l’onere di fornire la prova contraria. Ne consegue che la notificazione effettuata al difensore domiciliatario mediante consegna di copia ad un praticante avvocato abilitato al patrocinio, nella sua qualità di persona addetta allo studio incaricata di ricevere gli atti di notificazione, è pienamente valida, anche se il praticante sia iscritto al registro di un diverso ordine di quello di appartenenza del domiciliatario. Spetterebbe infatti al destinatario della notificazione dimostrare l’inesistenza di una collaborazione professionale e della casualità della presenza del consegnatario presso lo studio del procuratore destinatario della notifica. Non avendo la ricorrente nel caso di specie, soddisfatto tale onere probatorio, la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 5 aprile – 22 ottobre 2018, n. 26648 Presidente Di Cerbo – Relatore Tricomi Svolgimento del processo 1. La Corte d’Appello di Ancona, con la sentenza n. 302 del 2013 rigettava l’appello proposto da G.A. nei confronti del Comune di Ascoli Piceno avverso la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Ascoli Piceno. 2. La G. , dipendente del Comune di Ascoli Piceno con inquadramento D3 del CCNL Regioni Enti locali e mansioni di staff e supporto agli organi di direzione politica presso la segreteria del sindaco dall’ottobre 2001 al marzo 2009, aveva agito in giudizio per ottenere la retribuzione per lavoro straordinario non autorizzato e il risarcimento del danno biologico che sarebbe derivato dal super lavoro. 3. Il Tribunale rigettava la domanda. 4. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre la lavoratrice prospettando un motivo di impugnazione. 5. Si è costituito il Comune di Ascoli Piceno con controricorso, eccependo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per intervenuta decadenza del potere impugnatorio ex artt. 325 e 327 cod. procomma civ 6. Entrambe le parti hanno depositato memoria in prossimità dell’udienza pubblica. Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione degli ara. 36 e 97 Cost., degli artt. 1418, 2041, 2107, 2108, 2126 cod. civ. degli artt. 3 e 7 del d.lgs. n. 66 del 2003, dell’art. 90 del d.lgs. n. 267 del 2000 e dell’art. 38 del CCNL Regione ed Enti locali del 14 settembre 2000, immutato nel rinnovo dell’11 aprile 2008, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. procomma civ È censurata la statuizione della Corte d’Appello secondo cui il lavoro straordinario prestato a favore della PA non potrebbe essere retribuito senza preventiva autorizzazione allo svolgimento. 2. È preliminare all’esame delle censure prospettate con il ricorso, il vaglio dell’eccezione di inammissibilità dello stesso prospettata dal Comune controricorrente. 3. L’eccezione è fondata e all’accoglimento della stessa consegue l’inammissibilità del ricorso. 4. Ha esposto il Comune di avere notificato la sentenza di appello alla lavoratrice in data 16 maggio 2013, e che il ricorso per cassazione era stato notificato presso l’avvocato domiciliatario l’8 ottobre 2013, quando il termine breve per l’impugnazione era ormai consumato. La ricorrente, non contesta il fatto storico della notificazione della sentenza in data 16 maggio 2013, ma afferma che la notifica deve intendersi non pervenutale, poiché la stessa era stata ricevuta da persona non addetta all’ufficio, in quanto praticante e collaboratore di altro avvocato. Pertanto, poiché il praticante che aveva ricevuto la notifica non era addetto all’ufficio non poteva ricevere la stessa. Affermava, quindi, che l’attestazione dell’ufficiale giudiziario della qualità della persona ricevente fa piena prova tino a querela di falso solo della dichiarazione emessa dalla medesima persona collaboratore di studio , ma non della veridicità del contenuto della dichiarazione stessa. A sostegno di tale argomentazione allegava certificazione relativa all’effettuazione della pratica legale da parte di colui che aveva ricevuto la notifica, e documentazione relativa alla autonomia degli studi legali in questione. 5. Ritiene il Collegio che devono trovare applicazione nella specie i seguenti principi già affermati da questa Corte. Nella notificazione ai sensi dell’art. 139, secondo comma, cod. procomma civ., la qualità di persona di famiglia o di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda di chi ha ricevuto l’atto si presume - iuris tantum - dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo al destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria Cass., n. 26501 del 2014 . La validità della notificazione effettuata ai sensi dell’art. 139 cod. procomma civ. presso l’ufficio del destinatario, richiede che la copia dell’atto da notificare sia consegnata dall’ufficiale giudiziario a persona addetta all’ufficio o che comunque dichiari di essere tale, ovvero di essere abilitata o incaricata a ritirare l’atto. Ne consegue che è valida la notificazione di una sentenza al procuratore domiciliatario mediante consegna di copia ad un praticante avvocato, abilitato al patrocinio, nella qualità - risultante testualmente dalla relata di notificazione - di persona addetta allo studio/ufficio/sede incaricata a ricevere gli atti di notificazione , anche se iscritto al registro dei praticanti avvocati di ordine diverso da quello di appartenenza del procuratore domiciliatario. Spetta, infatti, al destinatario della notificazione dimostrare l’inesistenza di qualsivoglia relazione di collaborazione professionale e la casualità della presenza del consegnatario presso lo studio del procuratore destinatario della notificazione Cass., n. 24502 del 2013 . 6. Le deduzioni difensive della ricorrente, come documentate, se possono escludere la formale relazione di collaborazione professionale, non soddisfano la dimostrazione della causale presenza del consegnatario presso lo studio del procuratore destinatario della notificazione. Pertanto la notifica del ricorso chiesta il 26 settembre 2013 e effettuata l’8 ottobre 2013 è intervenuta quando il termine breve per l’impugnazione si era già consumato. 7. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 8. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5.000, per compensi professionali, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.