Revoca del beneficio assistenziale per assenza dei requisiti: le somme già erogate non vanno restituite

In materia di ripetizione dell’indebito in ambito delle prestazioni dell’invalidità civile, si applica la disciplina generale dell’art. 2033 c.c. non potendosi fare un’applicazione estensiva dei principi vigenti nel sottosistema della previdenza sociale.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21510/18, depositata il 31 agosto. Il caso. Il provvedimento in oggetto origina dalla domanda proposta dal padre di una minore sordomuta nei confronti dell’INPS al fine di ottenere la declaratoria di illegittimità della richiesta dell’Istituto per la restituzione della pensione per sordomuti perché la beneficiarla non aveva ancora compiuto i 18 anni. La domanda veniva accolta sia in primo che in secondo grado dai giudici affermando che, in caso di revoca dell’erogazione assistenziale per carenza dei presupposti, era esclusa la ripetizione delle somme precedentemente corrisposte. L’INPS ricorre per la cassazione della pronuncia deducendo la violazione del principio secondo cui il diritto alla prestazione assistenziale sorge solo in virtù della sussistenza dei relativi presupposti e l’atto di revoca ha valenza ricognitiva, circostanza per cui nel caso di specie il diritto alla pensione per sordomuti non poteva dirsi neppure sorto. Ripetibilità delle somme. Il Collegio ricorda che la disciplina della ripetibilità muta a seconda della ragione che ha dato vita all’indebito assistenziale. Nel caso dell’ipotesi di revoca per mancanza del requisito dell’età della beneficiaria devono trovare applicazione le norme sull’indebito assistenziale che fanno riferimento alla mancanza in via generale dei requisiti di legge. Viene dunque richiamato il principio secondo cui in materia di ripetizione dell’indebito in ambito delle prestazioni dell’invalidità civile, si applica la disciplina generale dell’art. 2033 c.c. non potendosi fare un’applicazione estensiva dei principi vigenti nel sottosistema della previdenza sociale e solo in via eventuale quella di dettaglio in specifiche disposizioni di legge . Ne consegue che la mancanza del diritto alla prestazione, l’indebito è ripetibile ex art. 2033 c.c. non potendo trovare applicazione il principio di settore di necessaria tutela del precettore in buona fede. In conclusione, la Corte rigetta il ricorso affermando che, nel caso di specie, devono essere restituiti i ratei indebitamente erogati a partire dalla data del provvedimento che accerta che la prestazione assistenziale non era dovuta.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 21 giugno – 31 agosto 2018, n. 21510 Presidente Doronzo – Relatore Fernandes Rilevato in fatto che, con sentenza del 19 aprile 2016, la Corte di Appello di Roma confermava la decisione del Tribunale in sede di accoglimento della domanda proposta da A.A.S. - quale tutore della figlia minore A.A. - nei confronti dell’INPS e dichiarava illegittima la richiesta di restituzione della pensione per sordomuti indebitamente erogata a A.A. per un importo di Euro 22.717,80 avanzata dall’istituto con comunicazione del 31 gennaio 2012 ed ordinava quest’ultimo la restituzione delle somme già recuperate che ad avviso della Corte territoriale al caso in esame revoca della pensione per sordomuti perché riconosciuta a soggetto che non aveva ancora compiuto i 18 anni di età dovevano estendersi i principi propri dell’indebito assistenziale in base ai quali la revoca della prestazione, in caso di insussistenza dei requisiti per la sua erogazione, doveva avvenire senza ripetizione delle somme precedentemente corrisposte e ciò in quanto ricorrevano i requisiti cui la giurisprudenza subordina detta irripetibilità ovvero la non addebitabilità al percipiente dell’erogazione non dovuta e la contemporanea sussistenza di una situazione idonea a generare l’affidamento incolpevole che per la cassazione di tale decisione propone ricorso l’INPS affidato ad un unico motivo cui l’A. resiste con controricorso che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ, ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio Considerato in diritto che con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione a falsa applicazione dell’art. 2033 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. per non avere la Corte di appello tenuto conto del principio secondo cui il diritto alla prestazione assistenziale nasce solo se ed in quanto ne sussistano i requisiti e l’atto di revoca della medesima non può che avere natura ricognitiva sicché, nel caso in esame, il diritto alla pensione per sordomuti non era mai sorto non essendo riconoscibile prima del compimento del diciottesimo anno di età per A.A. nata nel 2002 e la revoca di detta provvidenza, disposta nel 2012, aveva valenza meramente ricognitiva essendosi l’istituto limitato a dare atto della insussistenza del diritto alla predetta pensione perché mai sorto e, dunque, l’erogazione di quest’ultima era indebita con applicabilità del disposto dell’art. 2033 cod. civ. senza che potesse avere alcun rilievo la asserita buona fede del percipiente che il motivo è manifestamente infondato alla luce dei principi affermati da questa Corte in un caso del tutto assimilabile a quello in esame cfr. Cass. 17216 del 12 luglio 2017 . È stato precisato che la disciplina della ripetibilità muta a seconda della ragione che ha dato luogo all’indebito assistenziale mancanza dei requisiti sanitari ovvero dei requisiti reddituali ovvero ancora dei requisiti di legge in via generale , in particolare, vertendosi nella specie in una ipotesi di revoca della prestazione riconosciuta per errore stante la mancanza del requisito dell’età nella beneficiaria della medesima, devono trovare applicazione le norme sull’indebito assistenziale che fanno riferimento alla mancanza dei requisiti di legge in via generale dovendosi escludere ogni rilevanza di quelle specifiche disposizioni che regolano espressamente la sorte dell’indebito per la mancanza del requisito sanitario e per la mancanza del requisito reddituale cfr., ad esempio il D.L. n. 850 del 1976, art. 3 ter, convertito in l. n. 29 del 1977, il D.L. n. 173 del 1988, art. 3, co. 9, convertito nella l. n. 291 del 1988, la l. n. 537 del 1933, art. 11, co. 4, disposizione poi abrogata dall’art. 4, co. 3 nonies, introdotto dalla l. n. 425 del 1996 di conversione del D.L. n. 323 del 1996, il d.P.R. n. 698 del 1994, art. 5, co. 5 . Deve, allora richiamarsi il principio secondo cui in materia di ripetizione dell’indebito nell’ambito delle prestazioni dell’invalidità civile, si applica la disciplina generale nell’art. 2033 cod. civ. non potendosi fare un’applicazione estensiva dei principi vigenti nel sottosistema della previdenza sociale e solo in via eventuale quella derogatoria di dettaglio in specifiche disposizioni di legge cfr. Cass. 23 gennaio 2008, n. 1446 si vedano anche Cass. 28 marzo 2006, n. 7048 Cass. 17 aprile 2014, n. 8970 sicché quando manca radicalmente il diritto alla prestazione l’indebito è così pienamente ripetibile ex art. 2033 cod. civ., non sussistendo la ratio per applicarsi, in questo caso, il principio di settore di necessaria tutela del percettore in buona fede della prestazione assistenziale indebita si veda, ad es., per la corresponsione dovuta ad errore di persona di una prestazione a carattere assistenziale che dunque non sia mai stata richiesta Cass. 23 agosto 2003, n. 12406 principio richiamato anche dalla citata Cass. n. 1446/2008 e riaffermato proprio con riguardo alle ipotesi di estraneità dell’accipiens a qualsivoglia rapporto previdenziale od assistenziale anche da Cass. 1 ottobre 2015, n. 19638 . Pertanto, nel caso all’esame vanno restituiti i ratei indebitamente erogati a partire dalla data del provvedimento che accerta che la prestazione assistenziale non era dovuta essendo irripetibili solo i ratei percepiti anteriormente a tale data - cfr. anche Cass. 28 aprile 2009, n. 9939 Cass. 25 novembre 2009, n. 24778 oltre alle già citate Cass. n. 2048/2006, Cass. n. 1446/2008 Cass. n. 8970/2014, Cass. n. 19638/2015. Peraltro l’istituto neppure ha messo in dubbio la non addebitabilità al percipiente dell’erogazione non dovuta e la contemporanea sussistenza di una situazione idonea a generare l’affidamento incolpevole limitandosi ad affermare la irrilevanza di tali circostanze che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va rigettato che le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo con attribuzione all’avv. Oberdan Capponi per dichiarato anticipo fattone che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal citato art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002 trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame Cass. n. 22035 del 17/10/2014 Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi . P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso e condanna l’INPS alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15% con attribuzione. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, solo da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.