Tempestività del ricorso: l’obbligo del rispetto del termine

L’art. 348-ter, comma 3, c.p.c. stabilisce che il termine per l’impugnazione, riferito alla sentenza di primo grado, decorre dalla comunicazione o dalla notificazione, se anteriore, dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità dell’appello.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza n. 17716/18 depositata il 5 luglio pronunciandosi su un caso di ricorso avviato per la notificazione ad un Consorzio da parte del lavoratore che aveva prestato attività lavorativa presso di esso in una determinata data e la notificazione stessa si è perfezionata solo il giorno successivo, con l’intenzione del lavoratore ricorrente di fruire del termine lungo indicato per il ricorso di cui all’art. 327 c.p.c Il rispetto del termine ex art. 348-ter c.p.c Ribadisce a tal proposito la Suprema Corte che il ricorso per cassazione proponibile, ex art. 348- ter , comma 3, c.p.c. avverso la sentenza di primo grado, entro 60 giorni dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell’ordinanza di inammissibilità dell’appello è soggetto ad un duplico onere di deposito avente ad oggetto la copia autentica sia della sentenza suddetta che, per la verifica della tempestività del ricorso, della citata ordinanza, con la relativa comunicazione o notificazione . Solo qualora sia omessa la comunicazione e manchi anche la notificazione, interviene il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., con l’obbligo del ricorrente di allegare, se la comunicazione sia mancata al momento in cui notifica il ricorso, che essa non è avvenuta e che non essendo avvenuta neanche la notificazione intende avvalersi del termine lungo per proporre ricorso. In conclusione, considerando il ricorso tardivamente presentato, la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - L, ordinanza 23 maggio – 5 luglio 2018, n. 17716 Presidente Di Nicola – Relatore Corbetta Fatto e diritto rilevato che il Tribunale di Salerno, con sentenza pubblicata in data 24 febbraio 2014, ha dichiarato improponibile la domanda proposta da S.R. nei confronti del Consorzio Comuni Bacino SA/2, avente ad oggetto corrispettivi maturati in forza di contratti di collaborazione intercorsi con il Consorzio, sul presupposto che la domanda, con riguardo alle somme vantate nei confronti del Consorzio in forza di un incarico di collaborazione successivamente rinnovato e relative al periodo antecedente al febbraio 2003, era stata oggetto di rinuncia in forza di un accordo conciliativo intervenuto tra le parti quanto al periodo successivo, la domanda era improponibile in applicazione dei principi espressi dalle Sezioni unite di questa Corte n. 23726 del 2007 per l’inammissibile frazionamento della stessa, essendo stato proposto un precedente giudizio, conclusosi con sentenza passata in giudicato. La sentenza è stata confermata dalla Corte d’appello di Salerno con ordinanza resa ai sensi dell’art. 348 bis e ter cod.proc.civ., sul presupposto che l’appello non avesse ragionevole probabilità di essere accolto. L’ordinanza risulta emessa in data 8/5/2015. Tanto contro la sentenza del Tribunale quanto contro l’ordinanza della Corte d’appello di Salerno lo S. propone ricorso per cassazione, al quale resiste con controricorso il Consorzio. La proposta del relatore stata comunicata alle parti sensi dell’art. 380 bis cod.proc.civ., unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale. Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis, comma secondo, cod.proc.civ. Considerato che 1. il ricorso è inammissibile. Il ricorso per cassazione risulta avviato per la notificazione al Consorzio in data 5/11/2015 e la notificazione si è perfezionata il giorno successivo. È evidente che, a fronte dell’ordinanza emessa in data 8 maggio 2015, il ricorrente ha inteso implicitamente fruire del termine lungo di cui all’art. 327 cod.proc.civ Ora, il terzo comma dell’art. 348-ter cod.proc.civ. prevede che il termine per l’impugnazione, riferito alla sentenza di primo grado, decorre dalla comunicazione o dalla notificazione, se anteriore, dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità e, quindi, solo per il caso di mancanza dell’una e dell’altra formalità, prevede l’operatività del c.d. termine lungo di cui all’art. 327 cod. proc.civ 2. Questa Corte, a sezione unite, con la sentenza del 13/12/2016, n. 25513, ha affermato il principio secondo cui Il ricorso per cassazione proponibile, ex art. 348-ter, comma 3, c.p.c., avverso la sentenza di primo grado, entro sessanta giorni dalla comunicazione, o notificazione se anteriore, dell’ordinanza d’inammissibilità dell’appello resa ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., è soggetto, ai fini del requisito di procedibilità di cui all’art. 369, comma 2, c.p.c., ad un duplice onere di deposito, avente ad oggetto la copia autentica sia della sentenza suddetta che, per la verifica della tempestività del ricorso, della citata ordinanza, con la relativa comunicazione o notificazione in difetto, il ricorso è improcedibile, salvo che, ove il ricorrente abbia assolto l’onere di richiedere il fascicolo d’ufficio alla cancelleria del giudice a quo , la Corte, nell’esercitare il proprio potere officioso, rilevi che l’impugnazione sia stata proposta nei sessanta giorni dalla comunicazione o notificazione ovvero, in mancanza dell’una e dell’altra, entro il termine cd. lungo di cui all’art. 327 c.p.c. . 3. Si è così affermato che chi esercita il diritto di ricorrere in cassazione, se è avvenuta la comunicazione dell’ordinanza, deve rispettare il termine di sessanta giorni dalla comunicazione, posto che l’art. 348-ter, terzo comma, secondo inciso, quando allude al termine per proporre ricorso per cassazione, si riferisce a quello di cui al secondo comma dell’art. 325 c.p.c. Solo per il caso che la controparte abbia notificato la ordinanza prima della comunicazione che l’art. 133 c.p.c. assoggetta ad un termine di cinque giorni e ciò anche nel testo applicabile alla controversia , il termine per impugnare decorre dalla notificazione. Lo stesso decorso si verifica se la cancelleria ometta del tutto la comunicazione. In fine, solo qualora risulti omessa la comunicazione e manchi anche la notificazione, opera il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., in tal senso dovendosi intendere la clausola di compatibilità che accompagna il richiamo a quest’ultima norma Cass. 09/02/2016, n. 2594 Cass. Sez. Un. 15/12/2015, n. 25208 cui adde, Cass. 25115/15, 15235/15, 15239/15 e 10723/14 . 4. Pertanto, chi esercita il diritto di ricorrere in cassazione a norma dell’art. 348-ter, terzo comma, c.p.c., per dimostrare la tempestività dell’impugnazione, qualora intenda avvalersi del termine lungo, è tenuto ad allegare, se la comunicazione sia mancata al momento in cui notifica il ricorso, che essa non è avvenuta e, gradatamente, che non è avvenuta la notificazione e che, pertanto, in quest’ultimo caso propone il ricorso fruendo del c.d. termine lungo. 5. Nella specie - posto che risulta assolto l’onere del deposito dell’ordinanza in copia conforme all’originale - il ricorrente non ha assolto il secondo degli oneri delineato dalle Sezioni unite di questa corte con la sentenza n. 25513/2016, avendo egli allegato solo che l’ordinanza non sarebbe stata notificata pag. 13 del ricorso , senza nulla specificare in ordine alla eventuale mancata comunicazione dell’ordinanza. In tale situazione si deve ritenere che non sia stata allegata e dimostrata la tempestività dell’impugnazione, che, dipendendo la comunicazione da attività dell’ufficio a quo e non della controparte, incombeva al ricorrente di provare. 6. Va rilevato che l’operare dei termini di cui all’art. 348-ter nel detto modo concerne anche l’impugnazione dell’ordinanza di inammissibilità dell’appello, sempre che essa si reputi in qualche caso ammissibile Cass. n. 18827/2015 Cass. 06/02/2017, 3067 . 7. Questa Corte, dell’esercizio dei suoi poteri ufficiosi come delineati dalla più volte citata pronuncia delle Sezioni unite n. 25513/2016, al fine di verificare la tempestività dell’impugnazione, ha acquisito copia del verbale dell’udienza svoltasi in data 8 maggio 2015 dinanzi alla corte di appello di Salerno. Nel verbale si legge il collegio, udita la relazione del relatore e sentiti i procuratori delle parti che si riportano alle rispettive conclusioni, all’esito della camera di consiglio decide la causa come da dispositivo/ordinanza allegato, che viene letto . Il verbale reca la sottoscrizione del presidente e del cancelliere. Esso fa fede fino a querela di falso di quanto in esso attestato. 8. Risulta così accertato che a la lettura in udienza ha avuto ad oggetto tanto la motivazione quanto il dispositivo, ossia il provvedimento nella sua integralità, come deve trarsi dal fatto che i due termini sono entrambi riportati b la lettura in udienza dell’ordinanza è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione di cui all’art. 325, secondo comma, cod.proc.civ., decorrente dall’udienza stessa per le parti presenti, o che avrebbero dovuto esserlo, secondo la previsione di cui all’art. 176 c.p.c. v. Cass. SS.UU. 25043/2016 da ultimo, Cass. 19/3/2018, n. 6796, ed ivi ulteriori richiami . Dunque, nel caso in esame, essendo stata l’ordinanza della Corte territoriale pronunciata e letta all’udienza dell’8 maggio 2015, non ne occorreva alcuna comunicazione Cass. Sez. Un. 7/12/2016, n. 25043 Cass. 31/10/2017, n. 25954 Cass. 24/07/2007, n. 16304, secondo cui la lettura del provvedimento in udienza e la sottoscrizione del verbale che lo contiene da parte del giudice, non solo, equivalgono alla pubblicazione prescritta nei casi ordinari dall’art. 133 cod. proc. civ., ma esonerano la cancelleria dall’onere della comunicazione giacché il provvedimento si ritiene, con presunzione assoluta di legge, conosciuto dalle parti presenti o che avrebbero dovuto essere presenti conseguentemente non è prevista alcuna ulteriore comunicazione di esso ad opera del cancelliere che, oltre ad essere superflua, contrasterebbe con l’intento di semplificazione delle forme perseguito dal legislatore . 9. Nelle memorie depositate ex art. 380 bis, comma 2, cod.proc.civ., il ricorrente contesta le circostanze di fatto su riportate ma le osservazioni sono del tutto inidonee a scalfirne il valore processuale. È infatti asserzione priva di qualsiasi riscontro logico, oltre che fattuale, la tesi del ricorrente secondo cui il verbale in esame darebbe atto solo della lettura di una non meglio precisata ordinanza istruttoria, di cui non vi è traccia né nell’ordinanza ex art. 348 bis né nel ricorso è pur vero che si tratta di un modulo prestampato che riporta in sé una serie di attività astrattamente compatibili con l’udienza ex art. 437 cod.proc.civ. acquisizione di fascicolo di primo grado, riunione del procedimento, provvedimenti relativi alla corretta instaurazione del contraddittorio nomina del CTU, eccetera , ma del modulo l’unica parte che risulta barrata è quella in cui si dà atto dell’attività del collegio, che dopo aver sentito la relazione del relatore e dei procuratori delle parti, ha deciso come da dispositivo-ordinanza allegato, che viene letto . Né può esservi alcun dubbio che il verbale si riferisca al giudizio in esame, dal momento che in esso si dà conto del numero di ruolo generale della causa 410/2014 , delle parti, dei loro difensori, nonché dell’attività del collegio. Non è del pari significativa la circostanza che non risulta eliminato il termine dispositivo - sicché, secondo il ricorrente non vi sarebbe certezza della lettura dell’intero provvedimento - ché anzi proprio l’inclusione del termine dispositivo , oltre che di quello ordinanza , rafforza il convincimento che il provvedimento sia stato letto nella sua integralità, comprensiva di motivazione e dispositivo mentre del tutto irrilevanti appaiono gli adempimenti compiuti successivamente all’udienza, come le annotazioni riportate dalla cancelleria nello storico del fascicolo fascicolo estinto e notifica a mezzo pec in data 11/5/2015 , le quali attengono ad un momento successivo all’unico dato che interessa in questa sede per le ragioni suesposte, ossia la comunicazione dell’ordinanza attraverso la sua lettura in udienza. Infine, l’assunto secondo cui la lettura non può essere stata effettuata in udienza, atteso che nel verbale si dà atto che essa è avvenuta all’esito della camera di consiglio , contrasta con quanto risulta dal verbale, il quale come si è detto fa piena fede fino a querela di falso di quanto in esso riportato, dovendosi ribadire che in caso di ordinanza resa a verbale il termine per la proposizione dell’impugnazione decorre dalla data di questa, trattandosi di provvedimento che, ai sensi dell’art. 176, secondo comma, cod. proc. civ., si reputa conosciuto dalle parti Cass. 06/02/2015, n. 2302 cfr. in senso conforme, sulla irrilevanza del ritiro della Corte in camera di consiglio ai fini in esame, Cass. del 14 marzo 2011, n. 5966 . 10. In conclusione, in conformità alla proposta del relatore, deve ritenersi che il ricorso per cassazione sia stato tardivamente proposto e da ciò consegue la sua inammissibilità. In considerazione dell’intervento delle Sezioni unite sul termine per impugnare l’ordinanza ex art. 348 bis cod.proc.civ. successivamente alla presentazione del ricorso per cassazione, si reputa giustificata la compensazione delle spese del presente giudizio. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13. P.Q.M. dichiara il ricorso inammissibile e compensa le spese del presente giudizio. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13.