L’accertamento dei requisiti per il riconoscimento dell’assegno di invalidità

Per il riconoscimento dell’ordinario assegno di invalidità lavorativa è obbligo del Giudice accertare, avvalendosi anche di una consulenza tecnica d’ufficio, la riduzione della capacità lavorativa dell’assicurato in occupazioni confacenti alle proprie attitudini, facendo riferimento alla possibilità di attività lavorative proficue.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza n. 15303/18 depositata il 12 giugno. Il caso. La Corte d’Appello, rigettando il gravame dell’INPS, confermava la sentenza di primo grado che riconosceva al lavoratore, impiegato assicurativo con patologia tumorale maligna, il diritto all’assegno ordinario di invalidità, nonostante l’avvenuta asportazione del tumore. Ricorre l’INPS in Cassazione per non aver il Giudice del gravame accertato la riduzione della capacità lavorativa dell’assistito in occupazioni confacenti alle proprie attitudini, con mancanza di riferimento alla possibilità di attività lavorative proficue. Il riconoscimento legale dell’assegno di invalidità. Secondo il principio consolidato da questa Corte, ai fini del riconoscimento dell’assegno di invalidità, è necessaria la sussistenza del requisito ex art. 1 della l. n. 222/1984, la quale, riguardante la riduzione a meno di un terzo della capacità lavorativa del dipendente in occupazioni confacenti le sue attitudini, deve essere verificata facendo riferimento non solo alle attività lavorative identiche nella sostanza a quelle precedentemente svolte dall’assicurato, ma anche a tutte quelle occupazioni che, seppur diverse, non presentano una grande distinzione rispetto al lavoro precedente, perché rispecchiano tutte le capacità del lavoratore rispetto all’età, al sesso e alla formazione professionale, senza esporlo ad ulteriore danno per la sua salute. Per questa ragione, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 15 marzo – 12 giugno 2018, numero 15303 Presidente D’Antonio – Relatore Mancino Fatto e diritto Rilevato che 1. con sentenza in data 4 settembre 2012 la Corte di appello di Bari, rigettando il gravame dell’INPS, confermava la sentenza di primo grado, che aveva riconosciuto all’assistito il diritto all’assegno ordinario di invalidità 2. per la Corte di merito, in adesione alle conclusioni rassegnate dagli ausiliari officiati in giudizio, la patologia tumorale maligna della quale era affetto l’attuale intimato doveva ritenersi invalidante nella misura di legge nonostante l’avvenuta asportazione del tumore maligno 3. per la cassazione della sentenza propone ricorso l’INPS 4. l’intimato ha resistito con controricorso Considerato che 5. la parte ricorrente affida l’impugnazione ad un articolato motivo di censura con il quale deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto legge numero 222 del 1984, art. 1 e vizio di motivazione, per avere il Giudice del gravame, in adesione alla consulenza tecnica d’ufficio, emesso un giudizio del tutto avulso dall’accertamento della riduzione della capacità lavorativa dell’assicurato in occupazioni confacenti alle attitudini, ed anche in riferimento all’attività svolta dall’assistito, impiegato assicurativo, con conseguente mancanza di riferimento alla possibilità di attività lavorative proficue 6. ritiene il Collegio si debba accogliere il ricorso 7. costituisce principio consolidato, affermato da questa Corte, che ai fini del riconoscimento dell’assegno ordinario di invalidità, la sussistenza del requisito posto dalla legge 12 giugno 1984, numero 222, art. 1, concernente la riduzione a meno di un terzo della capacità di lavoro dell’assicurato in occupazioni confacenti alle sue attitudini, deve essere verificata in riferimento non solo alle attività lavorative sostanzialmente identiche a quelle precedentemente svolte dall’assicurato e nel corso delle quali si è manifestato il quadro patologico invalidante , ma anche a tutte quelle occupazioni che, pur diverse, non presentano una rilevante divaricazione rispetto al lavoro precedente, in quanto costituiscono una naturale estrinsecazione delle attitudini dell’assicurato medesimo, tenuto conto di età, sesso, formazione professionale e di ogni altra circostanza emergente nella concreta fattispecie, che faccia ragionevolmente presumere l’adattabilità professionale al nuovo lavoro, senza esporre l’assicurato ad ulteriore danno per la salute v., fra le altre, Cass. 20 maggio 2015, numero 10424 Cass. 14 marzo 2011, numero 5964 Cass. 6 luglio 2007, numero 15265 8. la Corte di appello è incorsa nella denunciata violazione di legge non avendo tenuto conto, nella valutazione della capacità lavorativa dell’assicurato, dell’attività dallo stesso svolta di impiegato 9. il giudizio, espresso sinteticamente, si è limitato ad un apprezzamento di tipo sanitario non incentrato altresì sulla possibilità, per l’assicurato di svolgere attività confacenti alle sue attitudini, avuto riguardo alla personalità professionale impiegato e, dunque, alle sue esperienze di lavoro e capacità di adattamento 10. il ricorso va, pertanto accolto e, per essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la sentenza va cassata con rinvio della causa alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame della controversia alla luce del principio sopra espresso ed anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla stessa Corte d’appello, in diversa composizione.