Sfogo verbale alla presenza dei clienti: licenziamento possibile

Fortemente a rischio la posizione di un medico, dipendente di una casa di cura. Ricostruito nei dettagli l’episodio, è emersa la sua condotta aggressiva nei confronti del titolare e del personale, dinanzi agli utenti. Per i Giudici ci si trova di fronte a un comportamento particolarmente grave.

Sfogo clamoroso in azienda – una casa di cura – il medico, alla presenza dei pazienti e dei loro familiari e di altri dipendenti, scarica la propria rabbia contro il direttore della struttura e contro l’addetta al personale. Condotta sicuramente discutibile, e che può comportare anche il licenziamento Cassazione, sentenza numero 12102/18, sez. Lavoro, depositata oggi . Sanzione. Ricostruito l’episodio, avvenuto in una struttura nel Napoletano, il medico si vede sconfitto in Tribunale i Giudici ritengono legittimo «il licenziamento disciplinare» ufficializzato tramite lettera dalla società titolare della casa di cura. Il destino del professionista muta radicalmente in appello, dove i Giudici, a sorpresa, mettono in dubbio la veridicità dei fatti contestati dall’azienda, e comunque li ritengono «punibili con una sanzione solo conservativa». Consequenziale è la decisione con cui viene annullato il licenziamento e «la società viene condannata a reintegrare il dipendente nel suo posto di lavoro». Gravità. Pronta la replica della società, che col ricorso in Cassazione sottolinea la gravità della condotta del dipende, concretizzatasi, spiega il legale, in «fatti penalmente rilevanti». Obiettivo dell’azienda è vedere confermato il licenziamento. E i Giudici del ‘Palazzaccio’ paiono ritenere plausibile la visione sfavorevole al lavoratore. Nello specifico, vengono evidenziati i dettagli dell’episodio «alla presenza di dipendenti, nonché di utenti e loro familiari, il medico gridò nel corridoio degli uffici amministrativi. Quindi, spalancata la porta della direzione, aggredito verbalmente il titolare che era a colloquio con altre persone, proferiva le seguenti parole “Ma tu non hai un co da fare cresci una buona volta”. Quindi, uscito da quella stanza, sbattendo la porta, e rientrato nell’ufficio amministrativo – ove erano presenti gli utenti e le impiegate –, si era rivolta all’addetta al personale, dicendo con aria minacciosa “Vi denuncio tutti alla Procura della Repubblica”». Una volta accertata la condotta del lavoratore, è impossibile, secondo i Giudici, ritenerla «priva del carattere di antigiuridicità», né risulta, osservano, che «essa sia stigmatizzata dal contratto con una sanzione meramente conservativa». Proprio la lettura del contratto fa emergere che è previsto il licenziamento «qualora l’infrazione riserva carattere di particolare gravità». E in questa vicenda, annotano i Giudici, «il comportamento sanzionato risulta di particolare gravità», anche perché «avvenuto in presenza del personale dell’azienda e degli utenti» e rivolto all’indirizzo «del dirigente e del personale».

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 6 febbraio – 17 maggio 2018, numero 12102 Presidente Bronzini – Relatore Balestrieri Svolgimento del processo Con ricorso ex articolo 1 comma 48 e ss. della legge numero 92\12 depositato presso il Tribunale di S. Maria C.V., Anumero Di Pa., medico dipendente della Casa di Cura RERIF s.r.l. dal 30.10.89 ed inquadrato da ultimo dal 1.2.2002 , con qualifica di Dirigente, impugnò il licenziamento disciplinare irrogatogli per giusta causa con lettera del 19-21.6.13. Il ricorrente dedusse il difetto di giusta causa e comunque di proporzionalità della sanzione rispetto ai fatti, non riconducibili ad alcune delle ipotesi per le quali il CCNL consentiva l'adozione della massima sanzione. Evidenziò anche la natura ritorsiva dell'atto espulsivo intimatogli dalla Direzione allo scopo di liberarsi di un lavoratore scomodo. Chiese in via principale l'accertamento della natura discriminatoria, ritorsiva e comunque illecita del licenziamento, con la condanna della società alla reintegra nel posto di lavoro oltre che al risarcimento del danno da liquidarsi in via equitativa in subordine che fosse dichiarata la nullità del licenziamento per insussistenza del fatto, con reintegra nel posto di lavoro e con le conseguenti statuizioni economiche commisurate all'ultima retribuzione dal giorno del licenziamento a quello della reintegra in via più gradata, dichiararsi nullo il recesso per difetto di proporzionalità della sanzione trattandosi di fatto punibile con misura conservativa con reintegra nel posto di lavoro e con le conseguenti statuizioni economiche commisurate all'ultima retribuzione dal giorno del licenziamento a quello della reintegra, ovvero con il pagamento della indennità risarcitoria nella misura massima prevista dalla L 92/2012. Il Tribunale, con ordinanza del 28.3.2014, rigettava l'impugnativa di licenziamento. Avverso tale ordinanza il lavoratore proponeva opposizione, del pari respinta dal Tribunale adito, con sentenza in data 29.4.2015. Avverso tale sentenza proponeva reclamo il Di Pa., ai sensi dell'articolo 1 comma 58 della L. numero 92/12, riproponendo le sue difese e censurando la ritenuta sussistenza del fatto contestato, anche in base al c.c.numero l. di categoria, la mancanza di proporzionalità anche ai fini del regime di tutela applicabile secondo la legge cd. Fornero. Resisteva la società. Con sentenza depositata il 6.11.15, la Corte d'appello di Napoli accoglieva il reclamo ritenendo insussistente il fatto contestato, ovvero rientrante tra le condotte punibili, secondo il c.c.numero l., con una sanzione solo conservativa ed annullava il licenziamento, condannando la società a reintegrare il dipendente nel suo posto di lavoro, oltre al pagamento di una indennità commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quella dell'effettiva reintegra comunque non superiore a 12 mensilità , oltre accessori di legge ed alla regolarizzazione contributiva. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la RERIF s.r.l., affidato a quattro motivi, poi illustrati con memoria. Il Di Pa. è rimasto intimato. Motivi della decisione 1.-Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e\o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti collettivi nazionali di lavoro ex articolo 360 c.p.c. numero 3, con specifico riguardo all'articolo 2119 c.c., ed all'articolo 18 della legge numero 300/70, così come novellato dalla legge numero 92\12, con riferimento alla nozione di insussistenza del fatto contestato violazione dell'articolo 11 lettere g ed i del CCNL di categoria Sanità privata del 2005 nonché lettere a ed e , punti 6 e 12 del codice disciplinare affisso violazione dell'articolo 7 della legge numero 300/70 per la mancata valutazione, da parte della sentenza impugnata, delle norme contenute nel codice disciplinare nei casi previsti al capo E licenziamento , punti 6 e 12 violazione degli articolo 2104, 2105 e 2106 c.c. violazione dell'articolo 30 della legge numero 183/2010. Lamenta che la corte partenopea, mutando completamente gli esiti del giudizio primo grado, aveva ritenuto illegittimo il licenziamento de quo fornendo una interpretazione diversa da quella del primo Giudice in relazione sia alle norme di legge che a quelle del CCNL sanità privata-personale -medico applicabili al caso di specie, nonché del codice disciplinare regolarmente affisso. Lamenta l'erronea interpretazione fornita dalla sentenza impugnata in ordine alla nozione di insussistenza del fatto contestato , di cui al comma 4 dell'articolo 18 novellato. Lamenta che nella specie il fatto contestato grave anche perché concretante fatti penalmente rilevanti era stato ampiamente provato, come ammesso dalla sentenza impugnata e come risultava dai testi escussi, né il c.c.numero l. di categoria, che rimandava ai principi generali in tema disciplinare, prevedeva per simile fatto una sanzione solo conservativa. 2.- Con secondo, subordinato, motivo denuncia la violazione dell'articolo 18 novellato, comma 5, prevedente nelle ipotesi in cui non sia accertata l'eccezione di cui al comma 4, la risoluzione comunque del rapporto col pagamento di una indennità. 1.1- Il primo motivo è fondato ed assorbe l'intero ricorso. Ed invero la corte partenopea, movendo erroneamente da una sentenza di questa Corte numero 20545\15, ove tuttavia il licenziamento senza preavviso era previsto dal c.c.numero l. solo per il lavoratore che provochi all'impresa grave nocumento morale o materiale, nella specie non accertato, per cui la sentenza venne cassata con rinvio ha erroneamente ritenuto necessaria, ai fini della sussistenza dell'illecito disciplinare, resistenza di tale nocumento morale o materiale. In realtà l'orientamento di questa Corte in materia di interpretazione del comma 4 dell'articolo 18 novellato è nel senso che l'insussistenza del fatto contestato comprende l'ipotesi del fatto sussistente ma privo del carattere di illiceità o antigiuridicità , sicché in tale ipotesi si applica la tutela reintegratoria, senza che rilevi la diversa questione della proporzionalità tra sanzione espulsiva e fatto di modesta illiceità Cass. numero 13799\17, Cass. numero 18418\16, Cass. numero 20540\15 . Nella specie il fatto contestato alla presenza di dipendenti della casa di cura nonché di utenti e loro familiari presenti negli uffici per il disbrigo di pratiche amministrative il Di Pa. gridò nel corridoio degli uffici amministrativi quindi, spalancata la porta della Direzione, aggredito verbalmente il titolare che era a colloquio con altre persone, proferiva le seguenti parole ma tu non hai un c.o da fare. . . cresci una buona volta quindi di essere uscito da quella stanza sbattendo la porta e di essere rientrato nell'ufficio amministrativo ove erano ancora presenti gli utenti e le impiegate D’Ad., Mo. e Ma. - e di essersi rivolto all'addetta al personale dicendo con aria minacciosa vi denuncio tutti alla Procura della Repubblica' risulta accertato e non può certamente ritenersi oltre che insussistente privo del carattere di antigiuridicità. Né risulta che tale condotta sia stigmatizzata dal c.c.numero l. con una sanzione meramente conservativa, posto che, come incontestatamente espone la sentenza impugnata, il c.c.numero l. non contiene una tipizzazione degli illeciti, rimettendo l'articolo 11 del c.c.numero l. la sanzione alla valutazione della loro gravità, e prevedendo il licenziamento qualora l'infrazione rivesta 'carattere di particolare gravità. Il comportamento sanzionato risulta indubbiamente esistente e per di più avvenuto in presenza del personale dell'azienda e degli utenti di essa, nei confronti del dirigente e del personale dell'azienda, e dunque, teoricamente, di particolare gravità. Si può dunque discettare della proporzionalità richiamata esplicitamente dal detto articolo 11 , che per giurisprudenza costante di questa Corte è fuori dall'eccezione di cui al comma 4 dell'articolo 18 novellato, ma non ritenere insussistente il fatto, nel senso chiarito da questa Corte. La sentenza impugnata si sofferma sulla proporzionalità, non rilevante ex articolo 18, comma 4 novellato Cass. numero 20540\15, Cass. numero 23669\14 , ma non di insussistenza del fatto, né risulta una norma collettiva che sanzioni tale fatto con sola sanzione conservativa, prevedendo semmai l'articolo 11 lett.g del c.c.numero l., invocato dalla società, il licenziamento per il caso di comportamento scorretto o offensivo nei confronti dei degenti, pubblico o altri dipendenti, connotato da gravità. 2.-Il ricorso deve essere pertanto accolto, con rinvio ad atro giudice, in dispositivo accertato, affinché, applicando il principio di diritto esposto, accerti la legittimità o meno del licenziamento in questione e l'eventuale tutela applicabile. Lo stesso giudice provvedere anche alla regolamentazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Napoli in diversa composizione.