Parole dure e tentata aggressione nei confronti del superiore: licenziato

Dalla ricostruzione dell’episodio, emerge, secondo la Corte di legittimità, la gravità della condotta tenuta dal lavoratore. Questo dato rende proporzionata la reazione della società che ha intimato al lavoratore il licenziamento.

Prima ripetuti attacchi verbali, poi un’aggressione fisica, però non portata a termine. Queste le condotte del lavoratore nei confronti del suo superiore. Drastica la reazione dell’azienda, che opta per il licenziamento. Provvedimento assolutamente legittimo, sanciscono ora i Giudici Cassazione, ordinanza numero 6402/18, sez VI Civile - L, depositata oggi . Scontro. Contesto della vicenda è una società operativa nel settore della “pulizia industriale”. A dare il ‘la’ alla battaglia giudiziaria è uno scontro che vede coinvolti due dipendenti dell’azienda. In particolare, viene appurato che un dipendente ha preso di mira il «responsabile del servizio», prima con «attacchi verbali» e poi «con una tentata aggressione fisica». L’episodio è stato ritenuto sufficiente dall’azienda per addivenire al licenziamento del lavoratore resosi protagonista della incivile condotta. E questa visione è stata condivisa dai giudici che, prima in Tribunale e poi in Corte d’appello, hanno ritenuto non condivisibili le obiezioni proposte dal difensore del dipendente finito sotto accusa. Gravità. A chiudere la questione provvedono ora i Giudici della Cassazione, seguendo in pieno la linea tracciata in Tribunale e in Appello impossibile, in sostanza, parlare di «licenziamento illegittimo». Ciò significa che il lavoratore può considerarsi ufficialmente ex dipendente della sua vecchia società. Decisiva la constatazione della «gravità» dei comportamenti tenuti dal lavoratore. A questo proposito, i magistrati, condividendo il ragionamento fatto in Appello, ritengono «la sanzione aziendale proporzionata all’addebito». Irrilevante la mancata riconducibilità al quadro del contratto collettivo. Ciò che conta, concludono i Giudici, è «l’oggettiva gravità» dei comportamenti tenuti dal lavoratore, resi ancora più significativi dalle «precedenti contestazioni e sanzioni di carattere disciplinare» a suo carico.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 10 gennaio – 15 marzo 2018, numero 6402 Presidente Doronzo – Relatore Lernandes Rilevato che, con sentenza del 27 maggio 2015, la Corte di Appello di Napoli confermava la decisione del Tribunale in sede di rigetto della domanda proposta da Um. Ri. nei confronti della Derichebourg Multiservizi s.p.a. d'ora in avanti, società ed intesa alla declaratoria di illegittimità del licenziamento per giusta causa intimatogli in data 4 marzo 2011 con conseguente condanna della società convenuta alla reintegrazione di esso ricorrente nel posto di lavoro ed al pagamento in suo favore delle retribuzioni maturate dal licenziamento alla reintegra che ad avviso della Corte territoriale e per quello che ancora rileva in questa sede correttamente il primo giudice aveva attribuito valenza confessoria al verbale di riunione del 3 marzo 2011 cui aveva partecipato il Ri. e nel quale quest'ultimo aveva ammesso la responsabilità degli addebiti contestatigli con nota del 25 febbraio 2011 - dichiarazioni non specificamente contestare dal predetto - e che aveva trovato conferma nelle risultanze della espletata istruttoria sia in sede cautelare che ordinaria la sanzione era proporzionata alla gravità dell'addebito al Ri. era stato contestato di aver posto in essere prolungati attacchi verbali nei confronti di Ri. Vi. -responsabile del servizio - con correlato tentativo di aggressione fisica nei confronti del predetto anche in considerazione di precedenti e recenti contestazioni e sanzioni disciplinari a suo carico la mancata affissione del codice disciplinare non era necessaria in tutti quei casi -tra cui rientrava quello in esame - nei quali il comportamento sanzionatorio sia immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito perché contrario al cd. minimo etico o a norme di rilevanza penale che per la cassazione di tale decisione propone ricorso il Ri. affidato a quattro motivi cui la società resiste con controricorso che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell'articolo 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata Considerato che con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del CCNL Pulimento Industria il quale, all'articolo 146, prevedeva quale giusta causa di recesso l'ipotesi di diverbio seguito da vie di fatto tra dipendenti e non il tentativo di aggressione contestato al Ri., evidenziandosi che la condotta ascritta al predetto non rientrava neppure tra quelle considerate dall'articolo 139 del citato CCNL idonee a legittimare l'applicazione della sanzione del licenziamento con preavviso con il secondo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione degli articolo 2697 cod. civ. e 116 cod. proc. civ. per avere la Corte di appello erroneamente valutato le risultanze istruttorie in quanto la confessione stragiudiziale contenuta del verbale di riunione del 3 marzo 2011 doveva ritenersi limitata solo ai fatti commessi e non ai fatti contestati e, dunque, era riferibile solo alla discussione avuta con il Ri. così come i testi Es. Fe. e Ro. Ni. nonché Pr. Ac. non avevano riferito di un tentativo di aggressione al Ri. con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 7 della legge numero 300 del 1970 avendo la Corte di merito ritenuto non rilevante la mancata affissione del codice disciplinare stante la gravità della condotta contestata laddove, come esposto nei precedenti motivi, il tentativo di aggressione non era previsto dal CCNL come sanzionabile con il licenziamento con il quarto mezzo si lamenta omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parte avendo il giudice del gravame valutato le deposizioni dei testi Es. e Ro. sull'errato presupposto che i predetti non fossero stati presenti ai fatti contestati mentre la loro presenza era stata riferita dallo stesso Ri. che il primo ed il terzo motivo di ricorso, da trattare congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono improcedibili non avendo il ricorrente depositato il CCNL richiamato non essendo all'uopo sufficiente il mero richiamo, in calce al ricorso, all'intero fascicolo di parte del giudizio di merito, mancando una puntuale indicazione del documento nell'elenco degli atti Cass. numero 4350 del 04/03/2015 non avendo precisato dove e quando nel corso del gradi di merito detto contratto era stato prodotto agli atti ad ogni buon conto, la Corte di appello ha considerato la sanzione irrogata proporzionata alla gravità dell'addebito non perché riconducibile alla previsione di cui all'articolo 146 del contratto collettivo ma anche per la sua oggettiva estrema gravità ed in considerazione pure delle precedenti contestazioni e sanzioni di carattere disciplinare che il secondo motivo è inammissibile perchè - nonostante 1 richiami a violazioni di legge contenuti nell'intestazione - si risolve nel sollecitare una generale rivisitazione del materiale di causa e nel chiederne un nuovo apprezzamento nel merito, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione invero, è stato in più occasioni affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che la valutazione delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive cfr, e plurimis, Cass. numero 17097 del 21/07/2010 Cass. numero 12362 del 24/05/2006 Cass. numero 11933 del 07/08/2003 peraltro, l'impugnata sentenza ha proceduto ad una analitica disamina delle deposizioni dei testi escussi giungendo alla conclusione che era stata raggiunta la prova degli addebiti contestati al Ri., che il quarto motivo è, del pari, inammissibile perché non presenta alcuno dei requisiti di ammissibilità richiesti dall'articolo 360, secondo comma, numero 5, cod. proc. civ. nella formulazione ratione temporis applicabile alla presenta controversia quindi, come modificato dall'articolo 54, comma 1. lett. b d.l. 22 giugno 2012, numero 83, conv. con modifiche in legge 7 agosto 2012 numero 134 come interpretata dalle Sezioni Unite di questa Corte SU numero 8053 del 7 aprile 2014 risolvendosi nella denuncia di vizi di motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito ai tini della ricostruzione dei fatti peraltro, la Corte di appello ha rilevato che erano stati gli stessi testi Es. e Ro. a dichiarare di non aver direttamente assistito ai tatti e, comunque, ha valutato le loro deposizioni congiuntamente a tutte le altre risultanze istruttorie sicché la censura avanzata nel motivo all'esame finisce con il sollecitare, al pari del secondo mezzo, una nuova ricostruzione dei fatti di causa non ammissibile in questa sede che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile che le spese del presente giudizio, seguono la soccombenza, e vengono liquidate come da dispositivo che sussistono 1 presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'articolo 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio, introdotto dall'articolo 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, numero 228 legge di stabilità 2013 trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame Cass. numero 22035 del 17/10/2014 Cass. numero 10306 del 13 maggio 2014 e numerose successive conformi P.Q.M. La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetarie nella misura del 15%. Ai sensi dell'articolo 13, co. 1 quater, del D.P.R. numero 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.