Se l’avvocato non trasmette i dati reddituali, non decorre il termine quinquennale per la verifica dei requisiti

In relazione alla domanda di pensione di vecchiaia presentata dall'iscritto, la sussistenza del requisito della continuità dell'esercizio della professione forense non può essere contestata dalla Cassa forense per i periodi anteriori al quinquennio precedente la suddetta domanda, quando non sia stata esercitata la facoltà di revisione prevista dal vigente testo dell'art. 3 l. n. 319/1975 e l'interessato abbia adempiuto agli obblighi di comunicazione di cui agli art. 17 e 23 l. n. 576/1980. Consegue che detto principio non può trovare applicazione quando il professionista abbia omesso la comunicazione o l’abbia trasmessa con modalità difformi rispetto al procedimento previsto dalle norme predette.

Lo afferma la Corte di Cassazione, sezione lavoro con la sentenza n. 30714/17, pubblicata il 21 dicembre. Il caso. Domanda di avvocato volta ad ottenere il riconoscimento del diritto alla pensione di vecchiaia con inclusione di alcuni anni esclusi dalla Cassa. Un avvocato ricorreva al Tribunale del lavoro al fine di far dichiarare il proprio diritto alla liquidazione della pensione di vecchiaia, con inclusione nel calcolo di alcuni anni stralciati dalla Cassa previdenziale, per mancata sussistenza del requisito della continuità nell’esercizio della professione. Il Tribunale accoglieva la domanda. Proponeva appello l’ente di previdenza e la Corte di merito, in accoglimento del gravame, riformava la sentenza di primo grado, negando il diritto del professionista sul presupposto che quest’ultimo avesse comunicato i dati reddituali relativi agli anni in contestazione con un’unica comunicazione effettuata tempo dopo il periodo in esame. Ricorreva così in Cassazione l’avvocato. Il procedimento di comunicazione e verifica previsto dalla legge. La controversia in esame si basa sulla interpretazione dell’art. 17 l. n. 576/1980, in base al quale tutti gli iscritti agli albi degli avvocati iscritti alla Cassa devono comunicare alla Cassa con lettera raccomandata, da inviare entro trenta giorni dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi, l'ammontare del reddito professionale di cui all'art. 10 dichiarato ai fini dell'IRPEF per l'anno precedente nonché il volume complessivo d'affari di cui all'art. 11 dichiarato ai fini dell'IVA per il medesimo anno. La comunicazione deve essere fatta anche se le dichiarazioni fiscali non sono state presentate o sono negative, e deve contenere le indicazioni del codice fiscale e della partita IVA, nonché quelle relative allo stato di famiglia . A sua volta la Cassa previdenziale ha la facoltà di provvedere periodicamente alla revisione degli iscritti con riferimento alla continuità dell'esercizio professionale nel quinquennio, rendendo inefficaci agli effetti dell'anzianità di iscrizione i periodi per i quali, entro il medesimo termine, detta continuità non risulti dimostrata art. 3 l. n. 319/197522 . L’omessa o irregolare trasmissione dei dati non fa decorrere il termine quinquennale per la verifica. Secondo l’avvocato ricorrente, la Cassa sarebbe decaduta dalla facoltà di verifica del requisito della continuità professionale, non avendolo esercitato nel termine di cinque anni previsto dalle norme sopra richiamate, decorrente, a suo dire, dalla comunicazione dei redditi, avvenuta il 12 settembre 1997. Gli anni contestati dalla Cassa erano compresi tra il 1985 e il 1996. E dunque la Corte di merito avrebbe errato nel ritenere legittima la revisione della continuità professionale esercitata dalla Cassa, con esclusione del periodo contestato dal calcolo della pensione. La Suprema Corte non ritiene fondato il motivo di censura sollevato, ritenendo viceversa corretta l’interpretazione data dalla Corte territoriale. Secondo un costante orientamento reso dalla Corte di legittimità, è irrilevante, ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia nella previdenza forense, l'accertamento, successivo alla maturazione dell'anzianità utile per tale diritto, dell'insussistenza dei requisiti reddituali o assimilati, sempre che l'interessato abbia regolarmente versato i contributi dovuti ed abbia esattamente adempiuto all'obbligo di comunicare l'ammontare dei propri redditi professionali, dovendosi anche considerare che la perdita del diritto alla pensione per effetto di tale accertamento sarebbe incompatibile con la garanzia dell'art. 38 Cost. Requisito della continuità dell’esercizio della professione. In base a tale principio dunque, la sussistenza del requisito della continuità nell'esercizio della professione non può essere contestata dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense per i periodi anteriori al quinquennio precedente la domanda, quando non sia stata esercitata la facoltà di revisione prevista dall'art. 3 della l. n. 319/1975 e l'interessato abbia adempiuto agli obblighi di comunicazione previsti dagli artt. 17 e 23 della detta l. n. 576/1980. Ma tali principi non possono operare laddove l’interessato abbia omesso la comunicazione o l’abbia effettuata, come nel caso in esame, in modo non conforme al procedimento imposto dalla legge. In tal caso non può decorrere il termine quinquennale imposto alla Cassa per procedere alla revisione del requisito della continuità professionale con conseguente piena legittimità dell’operato adottato dalla Cassa Forense nei confronti del professionista ricorrente. La Corte di Cassazione ha così ritenuto infondato il ricorso proposto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 ottobre – 21 dicembre 2017, n. 30714 Presidente D’Antonio – Relatore Calafiore Fatti di causa L’avv. C.F. ha proposto ricorso al Tribunale del lavoro di Roma al fine di ottenere l’affermazione del proprio diritto alla liquidazione della pensione di vecchiaia con la inclusione anche degli anni compresi tra il 1985 ed il 1990 e tra il 1992 ed il 1996 che la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense aveva escluso ai fini del calcolo della pensione medesima, ai sensi della L. n. 576 del 1980, art. 3, per mancanza del requisito della continuità nell’esercizio della professione. Il Tribunale ha accolto la domanda. La Corte di appello di Roma, con sentenza depositata il 5 dicembre 2011, accogliendo l’appello della Cassa ha dichiarato che il limite del quinquennio fissato dalla legge per l’accertamento del requisito della continuità, nel caso di esercizio della facoltà di revisione, è condizionato al corretto adempimento da parte dell’iscritto degli obblighi di comunicazione previsti dalla L. n. 576 del 1980, artt. 17 e 23, come indicato anche dalla giurisprudenza di legittimità che non era condivisibile quanto affermato dal primo Giudice secondo cui i poteri della Cassa dovevano essere limitati al quinquennio anteriore alla proposizione della domanda di pensione, posto che o stesso Tribunale aveva dato atto che il ricorrente non aveva prodotto tempestivamente la documentazione utile a tal fine e pertanto legittimamente la Cassa aveva dichiarato l’inefficacia a fini pensionistici dell’iscrizione del ricorrente per gli anni sopra indicati. Per la cassazione di tale sentenza l’avv. C.F. propone ricorso affidato ad un motivo. La Cassa resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato fondato su due motivi. Entrambe le parti hanno depositato memorie. Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente principale denuncia violazione della L. n. 379 del 1975, art. 3, come modificato dall’art. 22 della L. n. 576 del 1980, art. 22. In particolare, la censura si riferisce alla interpretazione delle citate norme secondo cui sarebbe consentito alla Cassa l’accertamento della continuità nell’esercizio della professione forense oltre i limite del quinquennio precedente la domanda di pensione anche nell’ipotesi in cui l’interessato abbia ottemperato all’obbligo di trasmissione alla Cassa dei dati reddituali relativi agli anni 1985-1996 il 12 settembre 1997 ed in un unico contesto. 2. I ricorso incidentale condizionato propone un primo motivo relativo alla violazione dei medesimi articoli di legge oggetto del ricorso principale, in relazione alla circostanza che ad avviso della contro ricorrente la stessa Cassa avrebbe solo la facoltà e non l’obbligo di procedere alle verifiche intermedie ed un secondo motivo secondo i quale, in ogni caso, la Corte territoriale non avrebbe esaminato il profilo della idoneità degli atti posti in essere dall’avvocato C. al fine di integrare il riconoscimento del diritto della Cassa ai sensi dell’art. 2966 cod.civ. 3. Il ricorso principale è privo di fondamento. Si controverte dei limiti temporali dell’esercizio del potere della Cassa di verificare l’effettività dell’esercizio della professione forense da parte degli iscritti nell’ipotesi di comunicazione irrituale da parte dell’interessato e precisamente di unica comunicazione relativa ad un periodo compreso tra il 1985 ed il 1996 effettuata il 12 settembre 1997. La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto sanciti da questa Corte di legittimità Cass. n. 3211/2022 SS.UU n. 13289/2005 n. 23847 del 2015 n. 4092/2016 ritenendo che il principio secondo cui il requisito della continuità nell’esercizio della professione non può essere contestato dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense per i periodi anteriori a quinquennio precedente la suddetta domanda quando non sia stata esercitata la facoltà di revisione prevista dalla L. n. 319 del 1975, art. 3, come modificato dalla L. n. 576 del 1980, art. 22, postuli che l’interessato abbia adempiuto correttamente agli obblighi di comunicazione previsti dalla detta L. n. 576 del 1980, artt. 17 e 23. 4. Questa Corte di legittimità con le sentenze sopra richiamate ha interpretato le norme appena indicate in chiave di sistema ed ha delineato i principi che regolano l’esercizio del potere di revisione attribuito alla Cassa forense, al fine di vigilare sulla effettività della continuità nell’esercizio della professione, precisando che la L. 20 settembre 1980, n. 576, art. 17, al comma 1, dispone che tutti gli iscritti agli albi degli avvocati e dei procuratori nonché i praticanti procuratori iscritti alla Cassa devono comunicare alla Cassa con lettera raccomandata, da inviare entro trenta giorni dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi, l’ammontare del reddito professionale di cui all’art. 10 dichiarato ai fini IRPEF per l’anno precedente nonché il volume complessivo d’affari di cui all’art. 11, dichiarato ai fini dell’IVA per il medesimo anno. La comunicazione deve essere fatta anche se le dichiarazioni fiscali non sono state presentate o sono negative e deve contenere le indicazioni del codice fiscale e della partita IVA, nonché quelle relative allo stato di famiglia il sistema della L. n. 576 del 1980, oltre a porre a carico dell’interessato gli obblighi di cui all’art. 17, prevede anche all’art. 23, per la fase di prima applicazione della legge, l’obbligo di una specifica comunicazione dell’ammontare dei redditi e del volume di affari per gli anni a partire dal 1975 conseguentemente, l’accertamento della continuità dell’esercizio professionale che rappresenta un requisito legale per il diritto alla prestazione risulta affidato ad una verifica da compiere sulla base di parametri stabiliti da determinazioni del comitato dei delegati della Cassa alla quale la legge riconosce a tal fine, come osservato da Cass. 3211/2002 cit., una potestà autoregolamentare e in relazione alle comunicazioni obbligatorie periodiche effettuate dagli interessati, che consentono per ogni anno il controllo da parte della Cassa -che ove però la Cassa, pur avendo l’iscritto ottemperato all’obbligo di comunicazione di cui all’art. 17 integrato per gli anni precedenti quello di entrata in vigore della riforma del 1980 dallo specifico ed ulteriore obbligo di comunicazione dell’art. 23 riferito agli anni a partire dal 1975 nulla obietti e non proceda alla cancellazione dell’iscritto in ragione del difetto del requisito della continuità dell’attività professionale, non può successivamente allegare l’insussistenza dei presupposti per l’iscrizione che la disciplina della revisione degli iscritti , affidata all’iniziativa della Giunta esecutiva della Cassa sulla scorta dei criteri adottati dal comitato dei delegati, viene limitata temporalmente quanto al periodo per il quale la continuità dell’esercizio professionale può essere verificata che poiché tale verifica attiene ad un presupposto specifico della iscrizione obbligatoria, definito secondo parametri posti periodicamente dalla normativa interna della Cassa, il limite temporale della revisione stabilisce anche l’ambito entro il quale l’accertamento può essere compiuto, una volta che sia stato assolto l’obbligo di comunicazione dei dati da parte dell’interessato ai sensi degli artt. 17 e 23 della legge n. 576/1980, con la conseguenza che il mancato esercizio della facoltà prevista dall’art. 3 della legge n. 319/1975, nel testo modificato dalla stessa legge del 1980, preclude la possibilità di contestare la sussistenza del requisito della continuità dell’esercizio dell’attività professionale per l’iscritto in possesso dei presupposti di età e anzianità contributiva, che abbia adempiuto al suddetto obbligo di comunicazione periodica. 5. In definitiva, l’esercizio del potere di revisione, scandito nel tempo dalle determinazioni del Comitato dei delegati, è legato logicamente al presupposto della avvenuta, regolare e tempestiva comunicazione alla Cassa dell’entità del reddito professionale da parte dell’interessato in difetto di tale puntuale esatto adempimento difetta il presupposto fattuale e logico della limitazione temporale del correlato potere di revisione. 6. Con accertamento di fatto incontestato tra le parti ed incensurabile in questa sede, i giudici di merito hanno escluso che il ricorrente, sul quale gravava il relativo onere probatorio, avesse adempiuto l’obbligo di comunicazione periodica nei termini e nei contenuti prescritti dall’art. 17 cit., posto che la comunicazione per l’intero periodo contestato 1985 1996 era avvenuta con unico atto del 12 settembre 1997. Hanno dunque ritenuto, correttamente, che in presenza di tale situazione fattuale non potesse operare il limite del quinquennio previsto per la facoltà di revisione dovendosi escludere che il detto quinquennio potesse decorrere dalla data di avvenuta comunicazione. 7. Tale giudizio è coerente con i contenuti di principio della giurisprudenza di questa Corte di legittimità, anche se la fattispecie in esame propone, rispetto alla fattispecie sottesa a Cass. SS.UU. n. 13289/2005 l’aspetto peculiare di una comunicazione esistente ma non rispettosa delle modalità e dei tempi previsti dall’art. 17 citato. Deve ritenersi, infatti, che nella ricostruzione delle Sezioni Unite appena richiamate e di Cass. n. 3211/2002 che le prime richiamano la limitazione temporale dell’esercizio del potere di revisione degli iscritti a seguito di verifica della continuità dell’esercizio della professione, non possa che conseguire alla realizzazione della esatta fattispecie che pone a carico dell’interessato l’obbligo di trasmettere annualmente alla cassa con lettera raccomandata, da inviare entro trenta giorni dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi, l’ammontare del reddito professionale di contro, non integra tale elemento della complessa fattispecie una condotta dell’interessato difforme rispetto al procedimento delineato dalla norma per regolare la facoltà di procedere alla revisione dell’albo. Una diversa interpretazione che limitasse l’esercizio del potere di revisione al quinquennio precedente ad una qualsiasi data successiva al ritardato invio della comunicazione, infatti, oltre che non evincibile dal testo degli artt. 17 e 22 della legge n. 576/1980, introdurrebbe nel sistema elementi del tutto variabili dettati dall’arbitrio dei soggetti interessati iscritti alla cassa, opposti rispetto alla ratio dell’imposizione di un termine uguale per tutti gli iscritti alla cassa e logicamente non compatibili con la concreta possibilità di procedere in via programmata e razionale alle attività di verifica e controllo necessarie per eventuali revisioni da parte della cassa. 10. Il ricorso principale va, dunque, respinto con assorbimento del ricorso incidentale condizionato. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale condizionato condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore della contro ricorrente in Euro in Euro 4.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.