Basta uno sforzo nel compiere un normale atto lavorativo per integrare “causa violenta”

In materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, l’accezione di causa violenta”, richiesta per l’indennizzabilità dell’infortunio, deve tener conto anche dello sforzo messo in atto dal lavoratore nel compiere un normale atto lavorativo, purché questo sia diretto a vincere una resistenza peculiare del lavoro medesimo e del relativo ambiente.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con ordinanza n. 6451/17 depositata il 13 marzo. Il caso. La Corte territoriale, all’esito di una nuova consulenza tecnica disposta d’ufficio, riteneva non sussistente il nesso causale tra il trauma distorsivo all’articolazione conseguito al movimento fatto dal lavoratore durante l’accensione a strappo di una falciatrice e gli esiti cicatriziali riportati in seguito all’intervento alla spalla. L’infortunato ricorre per cassazione deducendo l’omessa valutazione della sussistenza della causa violenta nel movimento compiuto nel mettere in moto la falciatrice, idonea a cagionare il danno da lui riportato. L’accezione di causa violenta”. Gli Ermellini rilevano un principio giurisprudenziale costante secondo cui in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, la causa violenta, richiesta dall’art. 2 d.p.r. n. 1124/1965 per l’indennizzabilità dell’infortunio, può riscontrarsi anche in relazione allo sforzo messo in atto nel compiere un normale atto lavorativo, purché lo sforzo, ancorché non eccezionale ed abnorme, si rilevi diretto a vincere una resistenza peculiare del lavoro medesimo e del relativo ambiente . Nella fattispecie, avendo omesso la Corte territoriale di considerare il trauma distorsivo conseguente all’infortunio come idoneo ad integrare la causa violenta sopra citata, i Giudici di legittimità accolgono il ricorso e cassano la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 24 gennaio – 13 marzo 2017, n. 6451 Presidente Curzio – Relatore Fernandes Rilevato che, con sentenza del 10 dicembre 2014, la Corte di appello di Messina riformava la decisione del Tribunale di Patti e rigettava la domanda proposta da D.A. nei confronti dell’INAIL volta al riconoscimento della rendita a seguito dell’infortunio sul lavoro occorsogli il omissis che la Corte territoriale, all’esito dell’espletamento di una nuova consulenza tecnica d’ufficio e dei chiarimenti resi dall’ausiliare, riteneva insussistente il nesso causale tra il trauma distorsivo all’articolazione scapolo-omerale dx conseguito al movimento fatto dal D. per l’accensione a strappo di una falciatrice e gli esisti cicatriziali di intervento acromionplastica spalla destra con movimenti di elevazione ed abduzione limitati di 50 gradi e di extrarotazione limitato di un terzo a moderata incidenza funzionale che per la cassazione di tale decisione propone ricorso il D. affidato a due motivi cui resiste l’INAIL con controricorso che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380- bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio che il D. ha depositato memoria ex art. 380- bis cod. proc. civ. in cui si dissente dalla proposta di declaratoria di inammissibilità del ricorso sottolineando come la Corte di Appello avesse omesso di valutare la sussistenza della causa violenta nel movimento compiuto dal D. nel mettere in moto la falciatrice con avviamento a strappo a seguito del quale si era verificato il trauma distorsivo della articolazione scapolo-omerale dx e si era manifestata una tendinopatia preesistente che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata Considerato che con il primo motivo di ricorso si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in quanto la Corte di appello si era adeguata alle conclusioni della espletata consulenza tecnica d’ufficio la quale aveva erroneamente escluso la presenza, nell’evento lesivo occorso al D. , della causa violenta , sussistente, invece, non essendo necessario che la stessa esulasse dalle condizioni abituali e tipiche delle prestazioni cui l’assicurato era addetto sottolineandosi, altresì, che la predisposizione morbosa del lavoratore non interveniva ad escludere il nesso di causalità tra lo sforzo fisico e la lesione con il secondo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione di norme di diritto individuate negli artt. 2 e 3 del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 per avere la Corte territoriale escluso che la preesistente malattia da cui il ricorrente era affetto potesse essere ritenuta di natura professionale escludendone qualsiasi rilevanza nel caso in esame, laddove ben poteva essersi manifestata in concomitanza con il denunciando infortunio che - contrariamente a quanto esposto nella proposta - entrambi i motivi, da trattare congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono fondati alla luce del principio in più occasioni affermato da questa Corte secondo cui in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, la causa violenta, richiesta dall’art. 2 del d.P.R. n. 1124 del 1965 per l’indennizzabilità dell’infortunio, può riscontrarsi anche in relazione allo sforzo messo in atto nel compiere un normale atto lavorativo, purché lo sforzo stesso, ancorché non eccezionale ed abnorme, si riveli diretto a vincere una resistenza peculiare del lavoro medesimo e del relativo ambiente, dovendosi avere riguardo alle caratteristiche dell’attività lavorativa svolta e alla loro eventuale connessione con le conseguenze dannose dell’infortunio Cass. n. 27831 del 30/12/2009 Cass. n. 13928 del 24/07/2004 Cass. n. 19682 del 23/12/2003 ed infatti, il giudice del gravarne - pur riconoscendo che l’atto dell’avviamento a strappo del motore della falciatrice da parte del D. è stato l’occasione rivelatrice di una tendinopatia preesistente - poi, adeguandosi alle conclusioni della espletata consulenza tecnica d’ufficio nuovamente disposta in appello, diverse ed in contrasto con quelle della consulenza espletata in primo grado - aveva omesso di considerare che, comunque, il trauma distorsivo conseguente all’infortunio in questione integrava quella causa violenta nell’accezione sopra richiamata che andava ad incidere su una preesistente malattia la cui natura professionale, peraltro, è stata esclusa dalla Corte di merito sul semplice rilievo che non si era mai manifestata in precedenza, omettendo di considerare che il trauma occorso a seguito dell’infortunio ben poteva essere considerato un indice rivelatore della preesistente patologia che, per quanto esposto, in dissenso dalla proposta del relatore, il ricorso va accolto e l’impugnata sentenza cassata con rinvio alla Corte di appello di Catania che deciderà in applicazione del riportato principio di diritto e provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di Appello di Catania anche per le spese del presente giudizio.