Lodo arbitrale irrituale impugnabile anche per violazione del diritto di difesa

Il lodo arbitrale irrituale, nella specie in materia di sanzioni disciplinari irrogate nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche è impugnabile in sede giudiziale ex art. 412 - quater c.p.c. oltre che per errori di fatto degli arbitri, anche per inosservanza delle disposizioni inderogabili di legge o di contratti o accordi collettivi. Pertanto esso è impugnabile anche per violazione del fondamentale diritto di difesa alla cui tutela è volto anche l'art. 55 del d.lgs. n. 165/2001.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20968/16, depositata il 17 ottobre 2016. Il caso. All’epoca dipendente dell’Amministrazione degli archivi notarili, con due separati ricorsi ha impugnato, dinanzi all’arbitro unico, in base alle previsioni del CCNQ, in materia di procedure di conciliazione e arbitrato, le sanzioni disciplinari della sospensione, rispettivamente di giorni 10 e di giorni 5 dal lavoro e dallo stipendio, irrogategli dall’Amministrazione. In sede arbitrale, le impugnazioni sono state ritenute inammissibili per la tardività del ricorso e il Tribunale di Bologna ha respinto entrambi i ricorsi del dipendente sull’assorbente rilievo del mancato rispetto del suddetto termine per la proposizione dello stesso. Con analoghe sentenze la Suprema Corte ha cassato con rinvio le suddette sentenze del Tribunale di Bologna, affermando il principio secondo cui una richiesta di impugnazione, dinanzi all'arbitro unico, in base al CCNQ, di sanzione disciplinare non risolutiva del rapporto di lavoro, formulata oltre il termine di 20 giorni dalla applicazione della sanzione stessa, non vincola l'Amministrazione ma se, a fronte di siffatta richiesta, l'Amministrazione accetta che venga avviato e si concluda il procedimento di nomina dell'arbitro a norma dell'art. 3 del menzionato contratto quadro - come è incontroverso che sia avvenuto nella specie - essa non può successivamente sollevare in alcun momento della procedura arbitrale l'eccezione di tardività per mancato rispetto da parte dei lavoratore del menzionato termine di 20 giorni perché ciò equivarrebbe ad una non più ammissibile . Il ricorso del dipendente domanda la cassazione della sentenza. Presupposto erroneo della sentenza impugnata. Il ricorrente sostiene, in sostanza, che la sentenza impugnata è fondata su un presupposto erroneo in quanto, come si evince dai ricorsi introduttivi, egli ha puntualmente contestato le argomentazioni dei lodi, rilevando vizi ed errori commessi dall’arbitro nella interpretazione di norme legislative e contrattuali poste alla base delle sanzioni disciplinari irrogate. Impugnazione del lodo in sede giudiziaria. Per la Suprema Corte il ricorso è da accogliere, nei limiti e per le ragioni di seguito esposti. L'impugnazione del lodo in sede giudiziaria - in primo ed unico grado innanzi al Tribunale in funzione di giudice del lavoro, la cui sentenza è, a sua volta, impugnabile con ricorso per cassazione - non può riguardare le valutazioni affidate alla discrezionalità degli arbitri . Alla possibile impugnativa per errori di fatto si aggiunge quella per inosservanza delle disposizioni inderogabili di legge o di contratti o accordi collettivi Violazione del principio di difesa. Nella specie, dalla lettura del ricorso in riassunzione e dei ricorsi originari si desume che erano stati prospettati alcuni profili di illegittimità formale delle sanzioni incidenti - in quanto tali - sull'efficacia e validità non solo delle sanzioni ma dei lodi, comportandone la nullità per lesione del diritto di difesa, alla cui tutela è volto anche l'art. 55 del d.lgs. n. 165/2001. Trattandosi di un diritto costituzionalmente tutelato, non può non rientrare tra le norme inderogabili di legge ai sensi dei suddetto art. 12 del CCNQ. Ne deriva che il Tribunale di Bologna, nella sentenza impugnata, non si è attenuto ai suindicati principi laddove ha affermato la inidoneità della censure del dipendente ad inficiare i lodi arbitrali impugnati sul principale assunto secondo cui tali censure avevano ignorato totalmente le argomentazioni e i percorsi logico-giuridici dei lodi stessi, concentrandosi sull'operato dell'Amministrazione non ha, invece, esaminato le censure riferite alla violazione del diritto di difesa commessa dagli arbitri per non aver esaminato le corrispondenti denunce effettuate dal ricorrente, anche sotto il profilo della mancata individuazione da parte dell'Amministrazione, dell'ufficio competente per i procedimenti disciplinari, con le relative conseguenze in termini di violazione del diritto dì principio dei giusto procedimento e quindi del diritto di difesa. Lodo arbitrale irrituale. In sintesi, il ricorso deve essere accolto. La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata, con rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Bologna, che dovrà attenersi al seguente principio il lodo arbitrale irrituale, nella specie in materia di sanzioni disciplinari irrogate nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche è impugnabile in sede giudiziale ex art. 412-quater c.p.p. oltre che per errori di fatto degli arbitri, anche per inosservanza delle disposizioni inderogabili di legge o di contratti o accordi collettivi. Pertanto esso è impugnabile anche per violazione del fondamentale diritto di difesa alla cui tutela è volto anche l'art. 55 dei d.lgs. n. 165 del 2001 .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 18 maggio – 17 ottobre 2016, n. 20968 Presidente Napoletano – Relatore Tria Svolgimento del processo 1. S.A., all'epoca dipendente dell'Amministrazione degli archivi notarili con sede di servizio presso l'Archivio notarile distrettuale di Bologna, con due separati ricorsi ha impugnato dinanzi all'arbitro unico, in base alle previsioni dei Contratto collettivo nazionale quadro d'ora in poi CCNQ 23 gennaio 2001, in materia di procedure di conciliazione e arbitrato ai sensi dei D.Lgs n. 29 del 1993, art. 59 bis, artt. 69 e 69 bis nonché dell'art. 412 ter c.p.c., le sanzioni disciplinari della sospensione, rispettivamente, di giorni dieci e di giorni cinque dal lavoro e dallo stipendio, irrogategli dall'Amministrazione. 2. In sede arbitrale le impugnazioni sono state dichiarate inammissibili per la tardività dei ricorso, proposto oltre il termine di venti giorni previsto dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 56, e dall'art. 7, dello Statuto dei lavoratori. E il Tribunale di Bologna, con sentenze n. 107/2004 e.n. 108/2004, ha respinto i ricorsi dell'A. avverso i due lodi sull'assorbente rilievo dei mancato rispetto del termine sopraindicato. 3. Con analoghe sentenze 22 febbraio 2008, p. 4671 e 26 febbraio 2008, n. 5045 questa Corte ha cassato con rinvio le suddette sentenze del Tribunale di Bologna, affermando il principio secondo cui una richiesta di impugnazione, dinanzi all'arbitro unico, in base al CCNQ, di sanzione disciplinare non risolutiva del rapporto di lavoro, formulata oltre il termine di 20~ giorni dalla applicazione della sanzione stessa, non vincola l'Amministrazione, ma se, a fronte di siffatta richiesta, l'Amministrazione accetta che venga avviato e si concluda il procedimento di nomina dell'arbitro a norma dell'art. 3 del menzionato contratto quadro come è incontroverso che sia avvenuto nella specie essa non può successivamente sollevare in alcun momento della procedura arbitrale l'eccezione di tardività per mancato rispetto da parte dei lavoratore del menzionato termine di 20 giorni perché ciò equivarrebbe ad una non più ammissibile v. artt. 3, commi 2 e 3, dei cit. CCNQ revoca del consenso già prestato. 4. Con separati ricorsi poi riuniti l'interessato ha provveduto alla riassunzione dinanzi al Tribunale di Bologna, che, con la sentenza attualmente impugnata, li ha respinti, rilevando che a i lodi impugnati oltre ad avere dichiarato l'inammissibilità delle domande dell'A. per tardività, hanno anche respinto nel merito le domande stesse, affrontando tutte le tematiche sollevate dal ricorrente all'epoca b il ricorrente non deduce esplicitamente che l'arbitro abbia omesso di pronunciare su questioni rilevanti che erano state prospettate in quella sede c a ben guardare, le censure dell'A. sono rivolte all'operato dell'Amministrazione ma non contengono alcuna deduzione di vizi dei lodi, in quanto ne ignorano totalmente le argomentazioni e i percorsi logico-giuridici d si tratta, pertanto, di censure inidonee ad inficiare i lodi arbitrali impugnati. 2. Il ricorso di S.A. domanda la cassazione della sentenza per due motivi resiste, con controricorso, il Ministero della Giustizia Amministrazione autonoma Archivi Notarili, rappresentato e difeso dell'Avvocatura generale dello Stato. Motivi della decisione I Sintesi dei motivi di ricorse 1. II ricorso è articolato in due motivi. 1.1. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, n. 5, cod. proc. civ., omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, con particolare riferimento alla errata e/o mancata valutazione di tutti gli atti e le allegazioni di causa. Si sostiene che la sentenza impugnata è fondata su un presupposto erroneo la asserita mancata contestazione da parte dell'A. dei vizi che inficiavano, nel merito, i lodi arbitrali in quanto, come si evince dai ricorsi introduttivi dei giudizi e dai successivi ricorsi in riassunzione, riportati nel presente ricorso per cassazione, il ricorrente ha puntualmente ed espressamente contestato le argomentazioni dei lodi, rilevando vizi ed errori commessi dall'arbitro nella interpretazione delle norme legislative e contrattuali poste a base delle irrogate sanzioni disciplinari. 1.2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, n. 5, cod. proc. civ., omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, con particolare riguardo alla mancata valutazione delle allegazioni di causa. Si rileva che, nei ricorsi in riassunzione, il ricorrente aveva evidenziato che alla data del 6 ottobre 2008 l'Amministrazione degli Archivi Notarili non aveva ancora formalmente individuata l'ufficio competente per i provvedimenti disciplinari ex art. 55, comma 4, d.lgs. n. 165 del 2001, circostanza di cui l'A. è venuto a conoscenza soltanto dopo la proposizione degli arbitrati e dei successivi giudizi. Tale circostanza, di per sé idonea a viziare irrimediabilmente il procedimento di irrogazione delle sanzioni, non è stata neppure esaminata dal Tribunale di Bologna, nella sentenza oggi impugnata. II Esame delle censure 2. II ricorso è da accogliere, nei limiti e per le ragioni di seguito esposti. 3. Deve essere innanzi tutto ricordato che, in base a consolidati e condivisi orientamenti di questa Corte a alle procedure arbitrali in materia di sanzioni disciplinari irrogate nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche a decorrere dalla vigenza dell'art. 59-bis, d.lgs. n. 29 del 1993, introdotto dall'art. 28, d.lgs. n. 80 del 1998 corrispondente all'art. 56, d.lgs. n. 165 dei 2001 , operante a far data dalla stipulazione del primo contratto collettivo di settore Cass. 7 gennaio 2003, n. 44 Cass. 23 dicembre 2004, n. 23900 e poi abrogato dall'art. 72 dei d.lgs. n 150 del 2009, con decorrenza dal 15 novembre 2009 va riconosciuta natura irrituale, con conseguente applicabilità, come unico regime di impugnazione, di quello previsto dall'art. 412-quater cod. proc. civ. Cass. 2 febbraio 2009, n. 2576 Cass. 26 febbraio 2008, n. 5045 Cass. 12 novembre 2012, n. 19645 Cass. 19 agosto 2013, n. 19182 b ciò comporta che, ai sensi di tale ultima disposizione, l'impugnazione del lodo in sede giudiziaria in primo ed unico grado innanzi al tribunale in funzione di giudice del lavoro, la cui sentenza è, a sua volta, impugnabile con ricorso per cassazione non può riguardare le valutazioni affidate alla discrezionalità degli arbitri quali quelle relative al materiale probatorio, ovvero alle scelte operate per comporre la controversia, cioè i c.d. errori di giudizio , ma può avere ad oggetto soltanto vizi idonei ad inficiare la determinazione degli arbitri per alterata percezione o falsa rappresentazione dei fatti c.d. errori di fatto vedi Cass. SU 1 dicembre 2009, n. 25253 Cass. 2 febbraio 2009, n. 2576 Cass. 23 febbraio 2006, n. 4025 Cass. 4 aprile 2002, n. 4841 Cass. 16 maggio 2003, n. 7654 Cass. 18 settembre 2001, n. 11678 Cass. 10 luglio 2015, n. 14431 . 4. Alla possibile impugnativa per errori di fatto si aggiunge quella per inosservanza delle disposizioni inderogabili di legge o di contratti o accordi collettivi vedi Cass. SU 1 dicembre 2009, n. 25253 Cass. 19 agosto 2013, n. 19182 Cass. 10 luglio 2015, n. 14431, già citate , che trova riscontro anche nell'art. 12 dei CCNQ del 23 gennaio 2001, secondo cui nel giudicare gli arbitri sono tenuti all'osservanza delle norme inderogabili di legge e di contratto collettivo . 5. Nella specie, dalla lettura del ricorso in riassunzione e dei ricorsi originari tutti riprodotti nel presente ricorso per cassazione si desume che erano stati prospettati alcuni profili di illegittimità formale delle sanzioni incidenti in quanto tali sull'efficacia e validità non solo delle sanzioni ma dei lodi, comportandone la nullità per lesione del diritto di difesa, alla cui tutela è volto anche l'art. 55 del d.lgs. n. 165 del 2001. Trattandosi di un diritto costituzionalmente tutelato, non può non rientrare tra le norme inderogabili di legge ai sensi dei suddetto art. 12 del CCNQ. 6. N e deriva che il Tribunale di Bologna nella sentenza attualmente impugnata non si è attenuto ai suindicati principi laddove a ha affermato la inidoneità della censure dell'A. ad inficiare i lodi arbitrali impugnati sul principale assunto secondo cui tali censure avevano ignorato totalmente le argomentazioni e i percorsi logico-giuridici dei lodi stessi, concentrandosi sull'operato dell'Amministrazione, visto che la contestazione delle argomentazioni e i percorsi logico giuridici dei lodi avrebbe portato alla denuncia di c.d. errori di giudizio, non consentita avverso i lodi irrituali b non ha, invece, esaminato le censure riferite alla violazione del diritto di difesa commessa dagli arbitri per non aver esaminato le corrispondenti denunce effettuate dal ricorrente, anche sotto il profilo della mancata individuazione da parte dell'Amministrazione, dell'ufficio competente per i procedimenti disciplinari, con le relative conseguenze in termini di violazione del diritto dì principio dei giusto procedimento e quindi del diritto di difesa. Non va, infatti, dimenticato che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 310 del 2010, ha ribadito con forza che il rispetto del principio del giusto procedimento è intrinseco ai principi di buon andamento e d'imparzialità art. 97 Cost. e, al contempo, tutela altri interessi costituzionalmente protetti, come il diritto di difesa nei confronti della stessa amministrazione artt. 24 e 113 Cost. . III Conclusioni 7. In sintesi, il ricorso deve essere accolto, per le ragioni dianzi esposte e con assorbimento di ogni altro profilo di censura. La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, al Tribunale di Bologna, in diverso giudice persona fisica, che si atterrà, nell'ulteriore esame dei merito della controversia, a tutti i principi su affermati e, quindi, anche al seguente il lodo arbitrale irrituale, nella specie in materia di sanzioni disciplinari irrogate nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche emanato ai sensi dell'art. 59-bis, d.lgs. n. 29 del 1993, introdotto dall'art. 28, d.lgs. n. 80 del 1998, corrispondente all'art. 56, d.lgs. n. 165 dei 2001, che è stato abrogato dall'art. 72 del d.lgs. n 150 del 2009, con decorrenza dal 15 novembre 2009 è impugnabile in sede giudiziale ex art. 412-quater cod. proc. civ. oltre che per errori di fatto degli arbitri, anche per inosservanza delle disposizioni inderogabili di legge o di contratti o accordi collettivi. Pertanto esso è impugnabile anche per violazione del fondamentale diritto di difesa alla cui tutela è volto anche l'art. 55 dei d.lgs. n. 165 del 2001 . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinvia, anche per le spese dei presente giudizio di cassazione, al Tribunale di Bologna, in diverso giudice persona fisica.