La radiazione dall’elenco degli orfani per servizio impedisce di partecipare al concorso pubblico

L’art. 16, comma 2, d.lgs. n. 487/1994 richiedeva che i candidati a un concorso pubblico appartenenti alle categorie protette risultassero iscritti negli appositi elenchi e risultassero disoccupati ed estendeva tali requisiti anche agli orfani per servizio. La relativa prova doveva essere offerta con l’attestazione dell’iscrizione del riservatario negli elenchi di cui all’art. 19 della stessa legge, esistenti presso gli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione. Dunque, la radiazione da tali elenchi per mancata revisione comporta per il lavoratore la perdita dello status di orfano di servizio ai fini della partecipazione ai concorsi pubblici.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20555/16, depositata il 12 ottobre. Il caso. La Corte d’appello di Bari ha confermato la pronuncia di primo grado con cui il Giudice del Lavoro di Foggia aveva respinto la domanda proposta da una lavoratrice che, avendo partecipato al concorso pubblico per la copertura di un posto di primo livello dirigenziale presso la ASL della Provincia di Foggia, non era stata assunta, essendole stato preferito il primo classificato nella graduatoria di merito, pur avendo ella diritto al collocamento obbligatorio, ai sensi della l. n. 482/1968. La Corte ha osservato, con un primo ordine di ragioni, che le previsione della l. n. 482/1968 non si applicano al personale della carriera dirigenziale. Tali norme hanno carattere eccezionale, in quanto costruiscono un limite alla libertà di iniziativa economica privata inoltre, nel sottrarre la materia delle pubbliche assunzioni alle previsioni di cui agli artt. 94 e 97 Cost., esse prevedono deroghe ai principi di rango costituzionale per cui sono di natura eccezionale e, in base alla previsione di cui all’art. 12 delle Preleggi, devono essere oggetto di interpretazione restrittiva. Ha dunque ritenuto che l’art. 12 l. n. 482/1968, che prevede l’obbligo del collocamento per il personale operai, delle carriere esecutive o equipollenti, per il personale ausiliario o equiparato e per il personale delle carriere direttive o di concetto non consente di ricomprendere anche il personale dirigenziale, che resta fuori da tale previsione. Con un secondo ordine di ragioni, la Corte territoriale ha osservato che, alla data di presentazione della domanda di partecipazione al concorso, la ricorrente non era validamente iscritta nelle liste di collocamento obbligatorio, posto che la stessa era stata radiata per mancata revisione e che solo successivamente si è riscritta. Tanto comportava che sia alla data di presentazione della domanda, sia alla data di scadenza del termine utile per tale presentazione, la lavoratrice non era iscritta nelle liste, mentre il requisito dell’attualità dell’iscrizione è richiesto senza poter distinguere tra graduatoria ed elenco. L’iscrizione nelle liste di collocamento obbligatorio è imperitura? Con ricorso per cassazione la lavoratrice la denunciato la violazione dell’art. 19 d.lgs. n. 482/1968 e dell’art. 16 d.lgs. n. 487/1994, per aver accomunato l’iscrizione negli elenchi per il collocamento obbligatorio all’iscrizione nella graduatoria. Ad avviso della ricorrente, l’iscrizione nei predetti elenchi e, nella specie, in quello degli orfani di servizio” , una volta avvenuta, rimane per sempre, per cui la radiazione per mancata revisione poteva riferirsi solo alla graduatoria stilata dalla Commissione, ma non all’iscrizione negli elenchi della categoria protetta. Sul punto la Suprema Corte ha rilevato che la disciplina vigente all’epoca dei fatti, ossia l’art. 16, comma 2, d.lgs. n. 487/1994, richiedeva, in relazione alla l. n. 482/1968 che i candidati appartenenti alle categorie protette risultassero iscritti negli appositi elenchi e risultassero disoccupati. La l. n. 482/1968, nel disciplinare anche la materia della partecipazione privilegiata ai concorsi pubblici individuando le varie categorie di riservatari, aveva previsto che gli orfani di guerra e per lavoro avessero titolo alla riserva di posti soltanto in quanto disoccupati e la relativa prova doveva essere offerta con l’attestazione dell’iscrizione del riservatario negli elenchi di cui all’art. 19 della stessa legge, istituiti presso gli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione. Con accertamento di fatto compiuto dal giudice del merito è emerso che tale requisito non era posseduto dalla ricorrente, la quale era stata appunto cancellata dai predetti elenchi e tale cancellazione aveva interessato l’intero periodo sino al termine ultimo per la presentazione della domanda di partecipazione al concorso. Dunque, il requisito della disoccupazione e della qualità di orfano per servizio, che possono risultare solo dall’iscrizione ai predetti elenchi, non sussistevano all’epoca, di talchè la Suprema Corte ha confutato la tesi della permanenza degli stessi anche in caso di cancellazione temporanea dagli elenchi.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 22 giugno – 12 ottobre 2016, numero 20555 Presidente Napoletano – Relatore Blasutto Svolgimento del processo 1. La Corte di appello di Bari, con sentenza numero 3864/2010, ha confermato la pronuncia di primo grado con cui il Giudice del lavoro di Foggia aveva respinto la domanda proposta dalla dott.ssa D.S.D. , che, avendo partecipato al concorso pubblico per la copertura di un posto di I livello dirigenziale - ruolo veterinario - presso la ASL della Provincia di Foggia, non era stata assunta, essendole stato preferito il dott. C. , primo classificato nella graduatoria di merito, pur avendo ella diritto al collocamento obbligatorio, ai sensi della legge numero 482/68. 2. La Corte territoriale ha osservato, con un primo ordine di ragioni, che le previsioni della legge numero 482/68 non si applicano al personale della carriera dirigenziale. Tali norme hanno carattere eccezionale, in quanto costituiscono un limite alla libertà di inizià-tiva economica privata inoltre, nel sottrarre la materia delle pubbliche assunzioni alle previsioni di cui agli artt. 94 e 97 Cost., esse prevedono deroghe ai principi di rango costituzionale per cui sono di natura eccezionale e, in base alla previsione di cui all’art. 12 delle preleggi, devono essere oggetto di interpretazione restrittiva. Ha dunque ritenuto che l’art. 12 Legge numero 482/68, che prevede l’obbligo del collocamento obbligatorio per il personale operaio, delle carriere esecutive o equipollenti, per il personale ausiliario o equiparato e per il personale delle carriere direttive o dl concetto, non consente di ricomprendere anche H personale dirigenziale, che resta fuori da tale previsione. 3. Con un secondo ordine di argomenti, la Corte territoriale ha altresì osservato che, alla data di presentazione della domanda dl partecipazione al concorso, la ricorrente non era validamente iscritta nelle liste del collocamento obbligatorio. Infatti, la domanda era stata presentata in data 14.7.98 e il termine finale per la sua presentazione scadeva il 18.7.98. La ricorrente risultava radiata dal 30.6.98 per mancata revisione , come risultante dalla documentazione rilasciata dalla Provincia di Foggia del Servizio Politiche del lavoro del 23.11.2004. La ricorrente si era nuovamente iscritta in data 1.4.2004, ma con anzianità dalla stessa data dell’iscrizione tanto comportava che sia alla data di presentazione della domanda, sia alla data di scadenza del termine utile per tale presentazione, la D.S. non era iscritta nelle liste, mentre il requisito della attualità dell’iscrizione è richiesto senza potere distinguere - come invece preteso dall’appellante - tra graduatoria ed elenco. 4. Per la cassazione di tale sentenza ricorre D.S.D. con quattro motivi. Resiste la ASL della Provincia di Foggia con controricorso. 5. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Il primo motivo denuncia omessa considerazione del fatto, decisivo, che il bando di concorso, costituente lex specialis , prevedeva espressamente l’applicabilità della legge numero 482/68 senza in alcun modo distinguere tra le diverse numero 51 posizioni complessivamente messe a concorso pertanto, il richiamo doveva intendersi riferito ad ognuna di esse. 2. La seconda censura attiene all’interpretazione dell’art. 12, comma 4, legge numero 482/68 che, seppure riguarda testualmente i concorsi a posti delle carriere direttive e di concetto o parificati , non consentirebbe l’esclusione dei dirigenti di primo livello, ma solo quelli apicali , occorrendo diversificare, nell’attuale concezione pluralistica , le varie tipologie di dirigente, per cui le garanzie suddette dovrebbero trovare applicazione alla media e bassa dirigenza, dovendosi pure considerare che all’epoca dell’emanazione della suddetta legge non esisteva la categoria dei dirigenti, introdotta solo con il d.P.R. numero 748 del 1972 che ha scorporato la categoria dirigenziale da quella direttiva. Nel caso di specie, il concorso era di primo grado, avendo il bando richiesto solo il possesso della laurea in medicina veterinaria, la specializzazione nella disciplina e l’iscrizione all’albo dell’ordine professionale dei medici veterinari, senza alcuna pregressa esperienza all’interno della P.A 3. Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 19 d.lgs. numero 482/68 e dell’art. 16 D.Lgs. numero 487/94, nonché vizio di motivazione. Si censura la sentenza per avere accomunato l’iscrizione negli elenchi alla iscrizione nella graduatoria. Assume la ricorrente che l’iscrizione negli elenchi di cui all’art. 19 L. numero 482/68 nella specie, in quello degli orfani per servizio , una volta avvenuta, rimane per sempre, per cui la radiazione per mancata revisione poteva riferirsi solo alla graduatoria stilata dalla Commissione, ma non alla iscrizione negli elenchi della categoria protetta. 4. L’ultimo motivo lamenta la mancata compensazione delle spese da parte del giudice di primo grado. Si sostiene che la Corte di appello aveva omesso di esaminare il relativo motivo di censura svolto dall’appellante. 5. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, dovendo convenirsi con l’eccezione – sollevata dalla Azienda sanitaria controricorrente di novità della causa petendi . Nella sentenza impugnata non si fa cenno alle previsioni del bando, quale fonte del diritto azionato quindi, la questione non era stata prospettata in tali termini, ma solo nei termini del diritto all’assunzione derivante direttamente dalla legge numero 482/68 in ragione dell’appartenenza alla categoria protetta. 6. Qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione ex plurimis, v. Cass. numero 1435 e 23675 del 2013, nonché Cass. 12 luglio 2005 numero 14599 e numero 14590 numero 25546 del 30 novembre 2006 numero 4391 del 26 febbraio 2007 numero 20518 del 28 luglio 2008 numero 5070 del 3 marzo 2009 tra le più recenti, Cass. 8206 del 2016 . 7. Quanto all’esame dei motivi secondo e terzo, in applicazione del principio processuale della ragione più liquida - desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. - deve ritenersi consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, sostituendo il profilo di evidenza a quello dell’ordine da trattare S.u. numero 9936/2014 e Cass. numero 12002 del 2014 . In tale logica di economia processuale, nel contesto della particolare vicenda oggetto del presente giudizio, l’esame del terzo motivo assorbe il secondo. 8. In proposito, rileva il Collegio che la disciplina vigente all’epoca dei fatti di causa anno 1998 , ossia il d.lgs. numero 487 del 1994, art. 16, comma 2, richiedeva, in relazione alla legge 482/68 poi abrogata dalla l. numero 68/99, art. 22 , che i candidati appartenenti alle categorie protette risultassero iscritti negli appositi elenchi e risultassero disoccupati i candidati appartenenti a categorie previste dalla legge 2 aprile 1968, numero 482, che abbiano conseguito l’idoneità, verranno inclusi nella graduatoria tra i vincitori, purché, ai sensi dell’art. 19 della predetta legge numero 482, risultino iscritti negli appositi elenchi istituiti presso gli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione e risultino disoccupati sia al momento della scadenza del termine per la presentazione delle domande di ammissione al concorso sia all’atto dell’immissione in servizio . 9. La legge 2 aprile 1968 numero 482, nel disciplinare anche la materia della partecipazione privilegiata ai concorsi pubblici individuando le varie categorie di riservatari, aveva previsto, a norma dell’art. 12 della legge, che gli orfani di guerra e per lavoro avessero titolo alla riserva di posti soltanto in quanto disoccupati C.d.S. Sez. 4, sent. numero 418 del 1985 . La legge 482 del 1968 sul collocamento obbligatorio richiedeva - ai fini della partecipazione privilegiata ai concorsi - che l’avente diritto, oltre ad appartenere ad una delle previste categorie di riservatari e ciò riguardava, altresì, gli orfani e le vedove di guerra , versasse in stato di disoccupazione la relativa prova doveva essere offerta con l’attestazione dell’iscrizione del riservatario negli elenchi, di cui all’art. 19 della stessa legge, esistenti presso gli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione C.d.S., Sez. 6, sent. numero 390 del 1985 . 10. Con accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito, tale requisito non era posseduto dall’odierna ricorrente, la quale era stata cancellata dagli elenchi di cui all’art. 19 e tale cancellazione aveva interessato l’intero periodo compreso tra il 30.6.98 e il 1.4.2004. Pertanto, il requisito non era posseduto né al tempo della presentazione della domanda di partecipazione al concorso, né alla data di scadenza del termine fissato per la sua presentazione. Nel pervenire a tale conclusione, conforme in punto di diritto alla riferita disciplina, la Corte di appello ha interpretato gli atti amministrativi emessi dall’Ufficio della Provincia di Foggia del servizio Politiche del Lavoro. 11. L’interpretazione degli atti amministrativi è riservata al giudice di merito, il cui apprezzamento è sindacabile in sede di legittimità per violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di motivazione ove illogica od incongrua, sì da non consentire il controllo del procedimento logico adottato, senza, che, peraltro, l’interpretazione fornita debba essere l’unica o quella astrattamente migliore, ferma la necessità che la parte specifichi, nelle sue censure, i canoni ermeneutici in concreto violati e in quale modo e con quali considerazioni il giudice di merito se ne sia discostato Cass. numero 10271 del 2016 . 12. Il ricorso non denuncia vizi afferenti alla violazione dei criteri di ermeneutica negoziale afferenti all’interpretazione dell’atto amministrativo, ma si limita ad opporre una diversa lettura del contenuto di tali atti. Non è dunque neppure censurato l’iter argomentativo, sotteso alla soluzione adottata dal giudice di appello, secondo cui la cancellazione della ricorrente dalla graduatoria postulava l’avvenuta cancellazione dagli elenchi di cui all’art. 19 L. numero 482/68. 13. Il quarto motivo, vertente sul presunto omesso esame, è inammissibile non solo perché proposto ex art. 360 n 3 anziché ex art. 360 numero 4 c.p.c., ma per mancata trascrizione del motivo di appello il cui esame di assume omesso. 14. È inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, se essi non siano compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano nuove e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte v. ex plurimis, Cass. numero 17049 del 2015 . 15. Il ricorso va dunque respinto. Le spese sono regolate secondo il principio della soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 100,00 per esborsi e in Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.