Occasione di lavoro … occasione di infortunio

La nozione di occasione di lavoro di cui al d.P.R. n. 1124/1965, art. 2, implica la rilevanza di ogni esposizione a rischio ricollegabile allo svolgimento dell’attività lavorativa in modo diretto o indiretto con il limite del c.d. rischio elettivo e, quindi, anche della esposizione al rischio insito in attività accessorie o strumentali allo svolgimento della suddetta attività, ivi compresi gli spostamenti spaziali compiuti dal lavoratore all’interno dell’azienda.

Con la sentenza n. 9913/2016, depositata il 13 maggio, la Corte di Cassazione conferma il suo orientamento sulla definizione di occasione di lavoro”. Il portiere tuttofare. Un portiere di uno stabile, durante l’orario di lavoro e sul posto di lavoro, si infortunava subendo fratture multiple. L’INAIL corrispondeva al lavoratore l’indennizzo da infortunio ai sensi dell’art. 2 d.P.R. n. 1124/1965 e, il lavoratore, a sua volta, chiedeva al Tribunale di accertare il suo diritto al risarcimento del danno differenziale da infortunio. La Corte d’appello accoglieva la domanda dell’infortunato e per la riforma di tale sentenza, il datore di lavoro si rivolgeva alla Corte di ultima istanza. La questione sottoposta alla Corte di Cassazione riguarda il diritto del lavoratore a percepire l’indennizzo da parte dell’INAIL, qualora l’infortunio non sia avvenuto in occasione dello svolgimento delle mansioni cui è preposto per contratto. Nel caso di specie, infatti, il portiere si era infortunato, mentre puliva il garage di un’inquilina, operazione che, secondo il datore di lavoro, non sarebbe spettata al portiere. Qual è l’evento indennizzabile? Ai sensi del d.P.R. n. 1124/1965, l’INAIL è tenuto ad indennizzare il lavoratore dagli infortuni accaduti in occasione di lavoro”. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, per occasione di lavoro” devono intendersi tutte le condizioni - comprese quelle ambientali e socio economiche - in cui l’attività lavorativa si svolge e nelle quali è insito un rischio di danno per il lavoratore. Tale rischio prescinde dal fatto che il danno provenga dall’apparato produttivo o dipenda da terzi o da fatti e situazioni proprie del lavoratore. L’unico limite posto a tale definizione è il c.d. rischio elettivo, ossia il rischio derivante da una scelta volontaria del lavoratore diretta a soddisfare esigenze personali, non attinenti all’attività lavorativa. La definizione giurisprudenziale di occasione di lavoro” supera, quindi, il concetto di causa di lavoro”, comprendendo ogni fatto ricollegato all’attività lavorativa. In altri termini, il sinistro indennizzabile ex d.P.R. n. 1124/1965 non è circoscritto al danno eziologicamente collegato all’attività lavorativa, ma va riferito ad ogni accadimento infortunistico che si sia verificato in occasione del lavoro. Partendo da tale presupposto, la Corte di Cassazione precisa che è indennizzabile anche l’infortunio occorso in occasione dell’espletamento di mansioni prodromiche o strumentali all’abituale mansione e che è irrilevante come l’infortunio sia derivato da un rischio occasionale o da un rischio tipico dell’attività lavorativa svolta. Calando i predetti principi al caso di specie, si evince come l’attività di pulizia, sebbene non fosse tipizzata nelle mansioni assegnate al portiere, fosse strumentale o comunque connessa al suo compito, tant’è vero che il portiere deteneva le chiavi del garage da pulire egli, quindi, si era, infortunato in occasione di lavoro. Pertanto, a lui spettava l’indennizzo da parte dell’INAIL. Quantificazione dell’indennizzo due pesi e due misure. La Corte di Cassazione ritiene che la Corte territoriale abbia ben giudicato anche sul quantum . L’INAIL accerta e liquida sia il danno patrimoniale collegato alla riduzione della capacità lavorativa generica, sia il danno biologico patito dal lavoratore alla propria integrità psico-fisica, applicando tabelle medico legali apposite e diverse da quelle usate in ambito di responsabilità civile. Pertanto, è fisiologico che menomazioni identiche comportino l’attribuzione di percentuali di invalidità permanenti diverse a seconda che siano valutate con le tabelle INAIL, piuttosto che con i criteri della responsabilità civile. Più precisamente, l’INAIL è tenuto a valutare il grado di invalidità sulla base delle tabelle allegate ad d.m. 12 luglio 200 e successive modificazioni , quando, invece, si deve stimare il grado di invalidità dal punto di vista medico legale non esistono criteri prestabiliti ex lege eccezione fatta per i danni da circolazione stradale , con la conseguenza che il medico legale può stimare il danno alla persona avvalendosi di qualunque criterio medico legale che sia condiviso dalla comunità scientifica. Ne consegue che non ha alcun senso comparare i parametri ed i gradi di invalidità, ai fini di screditare la bontà delle valutazioni effettuate dall’Istituto o dai consulenti tecnici in giudizio forse, avrebbe senso un intervento legislativo teso ad uniformare parametri e gradi.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 24 febbraio – 13 maggio 2016, numero 9913 Presidente Bronzini – Relatore Boghetich Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 10 luglio 2013 la Corte di appello di Roma accoglieva l’impugnazione promossa da A.G. e, in parziale riforma della sentenza del Tribunale del medesimo luogo, condannava il datore di lavoro Fondazione Enasarco al pagamento di euro 161.274,53 a titolo di danno differenziale per l’infortunio subito il 3 aprile 2003 durante l’espletamento delle mansioni di portiere. Avverso la detta sentenza la Fondazione ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrato da memoria ex articolo 378 c.p.c Le parti intimate, A.G. e Inail, non hanno svolto attività difensiva. Motivi della decisione 1. - Con le prime due censure, la Fondazione denuncia, in relazione all’articolo 360, primo comma, nnumero 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’articolo 2087 c.c. ed erronea valutazione nonché travisamento dei fatti da parte della Corte di appello, che non avrebbe considerato come dall’istruttoria sia emerso che tra gli ordinari compiti dell’A. non rientrava affatto la pulizia del locale ove si è verificato l’incidente e che la Fondazione non solo aveva informato i propri dipendenti addetti alla custodia degli stabili sui pericoli specifici legati a determinanti ambienti ma aveva anche proibiti all’A. di accedere al locale in oggetto. 2. - Con il terzo motivo la Fondazione deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 1227 c.c. nonché omesso esame di fatti decisivi avendo, la Corte territoriale, omesso l’esame di alcune circostanze relative al luogo dell’evento e alle modalità comportamentali del lavoratore che, se correttamente interpretate alla luce del concetto di rischio elettivo interruttivo del nesso causale tra infortunio e condotta, avrebbero portato all’esclusione di responsabilità del datore di lavoro. 3. - Con il quarto motivo la Fondazione ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. avendo la Corte territoriale proceduto a rinnovare la consulenza tecnica di ufficio nonostante l’A. avesse integralmente condiviso, nel corso del giudizio di primo grado, le conclusioni tratte dall’ausiliario del giudice. 4. - Con il quinto motivo la Fondazione deduce, in relazione all’articolo 360, primo comma, nnumero 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’articolo 13 del D.Lgs. numero 38 del 2000 ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, avendo la Corte ritenuto fondata la domanda di danno esclusivamente in base alle risultanze della consulenza di ufficio e, inoltre, ha proceduto alla liquidazione del danno non patrimoniale sulla base di tabelle di derivazione giurisprudenziale, omettendo la considerazione delle tabelle utilizzate dall’Inail tabelle approvate con d.m. 12.7.2000 . 5. - Con il sesto motivo la Fondazione deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. avendo, la Corte territoriale, liquidato il danno morale seppur non provato dal lavoratore. 6. - I primi tre motivi, che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente, risultano in parte inammissibili e in parte infondati. 6.1. - La sentenza impugnata, infatti, ha correttamente applicato i principi ripetutamente affermati da questa Corte di legittimità in materia di occasione di lavoro e di estensione della stessa anche alle ipotesi di rischio improprio . Preliminarmente, la parte ricorrente sollecita una rivisitazione nel merito delle prove testimoniali acquisite agli atti, deducendo la violazione di norme di diritto nonché il vizio di motivazione per avere la sentenza impugnata travisato le dichiarazioni rilasciate dall’A. all’ispettore Inail nonché il contenuto delle deposizioni riportate per stralci dei testimoni G. , B. , V. valutate, dalla Corte di appello, in maniera illogica, non emergendo dalle stesse che - tra i compiti ordinari dell’A. - fosse ricompresa la pulizia del locale ove è avvenuto l’incidente . Il ricorrente chiede, invero, al giudice di legittimità di esaminare il contenuto delle dichiarazioni dei testimoni e di verificare l’esistenza di fatti decisivi sui quali la motivazione è mancata, ovvero è stata insufficiente o illogica. Va, peraltro, rilevato che le norme artt. 2697 ss. c.c. poste dal Libro VI, Titolo II, del codice civile regolano le materie a dell’onere della prova b dell’astratta idoneità di ciascuno dei mezzi in esse presi in considerazione all’assolvimento di tale onere in relazione a specifiche esigenze c della forma che ciascuno di essi deve assumere. La materia della valutazione dei risultati ottenuti mediante l’esperimento dei mezzi di prova, è, viceversa, disciplinata dagli artt. 115 e 116 c.p.c. e l’erroneità su tali profili ridonda quale vizio ex articolo 360, primo comma, numero 5, c.p.c. ex multis, Cass. 2707/2004 . L’illustrazione delle doglianze sull’apprezzamento delle risultanze testimoniali si risolve, dunque, nella proposizione di un mezzo d’impugnazione, ex articolo 360 numero 5, c.p.c., inammissibile alla stregua della riforma operata dal d.l. 22 giugno 2012, numero 83 c.d. decreto crescita convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, numero 134, riforma applicabile ai ricorsi contro le sentenze depositate, come nella specie, dopo il giorno 11 settembre 2012. Trova, dunque, applicazione il nuovo testo dell’articolo 360, secondo comma, numero 5, c.p.c., come sostituito dall’articolo 54, comma 1, lett. b , del d.l. 22 giugno 2012, numero 83, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, numero 134, il quale prevede che la sentenza può essere impugnata per Cassazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti . Con la sentenza del 7 aprile 2014 numero 8053, le Sezioni Unite hanno chiarito che la riformulazione dell’articolo 360, primo comma, numero 5, c.p.c., disposta dall’articolo 54 del d.l. numero 83 del 2012 deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione. 6.2. - Tanto premesso, deve rilevarsi che secondo l’orientamento dominante di questa Corte e che il Collegio condivide - ai fini dell’indennizzabilità dell’infortunio subito dall’assicurato, per occasione di lavoro devono intendersi tutte le condizioni, comprese quelle ambientali e socio - economiche, in cui l’attività lavorativa si svolge e nelle quali è insito un rischio di danno per il lavoratore, indipendentemente dal fatto che tale danno provenga dall’apparato produttivo o dipenda da terzi o da fatti e situazioni proprie del lavoratore, col solo limite, in quest’ultimo caso, del c.d. rischio elettivo, ossia derivante da una scelta volontaria del lavoratore diretta a soddisfare esigenze personali ex plurimis, Cass. numero 2942/2002 di recente, Cass. numero 12779/2012 . Secondo tale orientamento, dunque, l’evento verificatosi in occasione di lavoro travalica in senso ampliativo i limiti concettuali della causa di lavoro , afferendo nella sua lata accezione ad ogni fatto comunque ricollegabile al rischio specifico connesso all’attività lavorativa cui il soggetto è preposto il sinistro indennizzabile ai sensi del D.P.R. numero 1124 del 1965, articolo 2 non può essere circoscritto nei limiti dell’evento di esclusiva derivazione eziologica materiale dalla lavorazione specifica espletata dall’assicurato, ma va riferito ad ogni accadimento infortunistico che all’occasione di lavoro sia ascrivibile in concreto, pur se astrattamente possibile in danno di ogni comune soggetto, in quanto configurarle anche al di fuori dell’attività lavorativa tutelata ed afferente ai normali rischi della vita quotidiana privata pertanto l’evento infortunistico verificatosi in occasione di lavoro non va considerato sotto il profilo della mera oggettività materiale dello stesso, ma, ai fini della sua indennizzabilità, deve essere esaminato in relazione a tutte le circostanze di tempo e di luogo connesse all’attività lavorativa espletata, potendo in siffatto contesto particolare assumere connotati peculiari tali da qualificarlo diversamente dagli accadimenti comuni e farlo rientrare nell’ambito della previsione della normativa di tutela, con l’unico limite della sua ricollegabilità a mere esigenze personali del tutto esulanti dall’ambiente e dalla prestazione di lavoro c.d. rischio elettivo in questo senso cfr. Cass. numero 12652 del 1998, e, più di recente, Cass. numero 14287/2004 Cass. numero 16417/2005 . Questa Corte ha, inoltre, ripetutamente affermato il principio secondo cui l’indennizzabilità dell’infortunio subito dall’assicurato sussiste anche nell’ipotesi di rischio improprio, non intrinsecamente connesso, cioè, allo svolgimento delle mansioni tipiche del lavoro svolto dal dipendente, ma insito in un’attività prodromica e strumentale allo svolgimento delle suddette mansioni e, comunque, ricollegabile a soddisfacimento di esigenze lavorative, a nulla rilevando l’eventuale carattere meramente occasionale di detto rischio, atteso che è estraneo alla nozione legislativa di occasione di lavoro il carattere di normalità o tipicità del rischio protetto ”. v., fra le altre, Cass. 16417/2005, Cass. numero 14287/2004, Cass. numero 4433/2000, Cass. numero 1944/2002, quest’ultima in un caso di caduta dalle scale mentre la lavoratrice si recava a timbrare il cartellino delle presenze . È stato altresì precisato che la nozione di occasione di lavoro di cui all’articolo 2 d.p.r. numero 1124 del 1965 implica la rilevanza di ogni esposizione a rischio ricollegabile allo svolgimento dell’attività lavorativa in modo diretto o indiretto con il limite del c.d. rischio elettivo e, quindi, anche della esposizione al rischio insito in attività accessorie o strumentali allo svolgimento della suddetta attività, ivi compresi gli spostamenti spaziali compiuti dal lavoratore all’interno dell’azienda v. fra le altre, Cass. 7-5-2002 numero 6511, Cass. 22-4-2002 numero 5841 . 6.3. - La sentenza impugnata ha correttamente interpretato ed applicato i suddetti principi. Invero, con motivazione esente da vizi logici, la Corte territoriale ha descritto sinteticamente il luogo dell’evento la chiostrina . era priva di balaustra , ed ha rilevato come la Fondazione non avesse provato di avere espressamente vietato all’A. dl recarsi in detto locale, non potendo certo valere ha aggiunto al riguardo la semplice partecipazione del lavoratore ai corsi antiinfortunistici organizzati dal datore di lavoro nei quali, naturalmente, venivano date indicazioni di carattere del tutto generale ai portieri . Ha, inoltre, aggiunto che l’A. era in possesso delle chiavi in oggetto e che egli, in occasione del sinistro, stava svolgendo una normale attività di pulizia - a seguito della segnalazione di infiltrazioni di acqua piovana nel garage da parte di una inquilina - rientrante quindi negli ordinari compiti del suo lavoro . Ha, poi, riportato la deposizione del teste V. , di cui ha indicato la qualità ossia collega del lavoratore, addetta ad uno stabile di proprietà della Fondazione adiacente quello dove è avvenuto il sinistro , confermativa dell’inclusione, tra le incombenze del portiere, della pulizia del locale in oggetto, circostanza confermata - come ha rilevato la Corte territoriale - anche dall’e dichiarazioni rilasciate dall’A. all’ispettore Inail. 7. - Il quarto motivo è infondato, avendo, la sentenza impugnata, premesso che uno dei motivi di appello dell’A. verteva sull’erronea determinazione dell’invalidità permanente ed avendo proceduto, del tutto logicamente, la Corte territoriale a rinnovare le operazioni peritali. 8. - In ordine al quinto motivo, il D.Lgs. numero 38 del 2000, articolo 13 ha previsto - per eventi verificatisi o denunciati dopo il 9 agosto 2000, data dell’entrata in vigore del D.M. approvativo delle tabelle, ai sensi del cit. D.Lgs. numero 38, articolo 13, comma 2 - l’estensione della copertura assicurativa obbligatoria dell’Inail anche al danno biologico. L’INAIL, invero, accerta e liquida sia il danno patrimoniale collegato alla riduzione della capacità lavorativa generica sia il danno biologico patito dal lavoratore alla propria integrità psico-fisica, applicando tabelle medico-legali diverse da quelle usate in ambito di responsabilità civile ed è, pertanto, fisiologico che menomazioni identiche comportino l’attribuzione di percentuali di invalidità permanente diverse, a seconda che siano valutate con le tabelle INAIL piuttosto che con i criteri della responsabilità civile. L’Inail, infatti, è tenuto a valutare il grado di invalidità permanente patito dall’assicurato, in conseguenza di un infortunio, in base alla tabella Allegata sub 1 al D.M. 12 luglio 2000. Quando, invece, si tratta di stimare dal punto di vista medico legale il grado percentuale di invalidità permanente causato da un infortunio, non esistono criteri prestabiliti dalla legge, eccezion fatta per il solo caso di danni derivanti dalla circolazione stradale e che abbiano causati postumi non superiori al 9% articolo 139 cod. ass.e D.M. 3 luglio 2003 . Il medico legale, pertanto, nel campo della responsabilità aquiliana può in teoria stimare il danno alla persona avvalendosi di qualunque criterio medico legale che sia condiviso nella comunità scientifica cfr., da ultimo, Cass. numero 13555/2013 . La Corte territoriale ha dato applicazione a tale orientamento consolidato ed ha utilizzato, ai fini della liquidazione della percentuale di invalidità riscontrata dal consulente tecnico d’ufficio, le tabelle aggiornate in uso presso il Tribunale di Roma. Il motivo è, pertanto, infondato. 9. - In ordine al danno morale, la sentenza impugnata parte correttamente dal noto arresto delle Sezioni Unite di questa Corte del 2008 Cass. numero 26972/2008 che ha affermato il principio della tendenziale unicità della categoria del danno non patrimoniale con conseguente inammissibilità della sua suddivisione in varie sottocategorie che possono condurre ad una moltiplicazione delle voci di danno, liquidate in relazione alla medesima situazione di sofferenza individuale. Peraltro, la più recente giurisprudenza cfr. Cass. numero 23793/2015, Cass. numero 11851/2015, che qui si condivide , in sostanziale contrario avviso rispetto a Cass. S.U. numero 26972/2008, ammette un’autonoma risarcibilità del danno morale - ove ricollegabile alla violazione di un interesse costituzionalmente tutelato - distinto da quello biologico seppur con esclusivo riguardo alle lesioni di non lieve entità . Nel caso di specie, in ogni caso, la Corte territoriale ha correttamente liquidato, oltre al danno biologico connesso alla percentuale di inabilità permanente riportata, altresì il danno morale come riparazione delle sofferenze psichiche riguardate nella loro perdurante protrazione nel tempo. La sentenza ha, invero, dato atto della gravità del fatto fratture in più punti che hanno determinato una invalidità permanente pari al 38% e della lunga durata della inabilità temporanea assoluta e permanente nonché degli interventi chirurgici ai quali egli l’A. è stato sottoposto , dimostrando, pertanto, di riconoscere una componente di danno non patrimoniale correlata alle sofferenze psichiche subite durante il ricovero, con prognosi riservata, a seguito dell’infortunio e protratte durante i numerosi ricoveri e visite di controllo di cui la Corte ha dato atto a pag. 2 della sentenza . 10. - In conclusione, il ricorso è da rigettarsi. Nulla sulle spese in considerazione della mancata costituzione degli intimati. 11. - Per essere il giudizio di legittimità pendente alla data del 31 gennaio 2013 per essere stato il ricorso notificato alla controparte in epoca successiva al discrimine temporale del 30 gennaio 2013 v., in tema, fra le prime decisioni, Cass. SU, 3774/2014 , sussistono, ratione temporis , i presupposti previsti dall’articolo 13 comma 1-quater del d.P.R. numero 115 del 2002, inserito dall’articolo 1, comma 17 della legge numero 228 del 2012 legge di stabilità 2013 per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, del citato articolo 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater del D.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.