Cieco, ma ricco: sospesa la pensione di invalidità

La pensione non reversibile per i ciechi civili assoluti o parziali , di cui agli articolo 7 e 8 l. numero 66/1962, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale ex articolo 38, comma 1, Cost., con conseguente cessazione dell’erogazione al superamento del limite reddituale previsto per la pensione di inabilità.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza numero 2812/2015, depositata il 12 febbraio 2015. Il fatto. Un cieco “benestante” chiedeva il ripristino della pensione di invalidità che gli era stata sospesa per il superamento dei limiti di reddito. Usciva vittorioso dai primi due gradi di giudizio in ragione del fatto che il trattamento pensionistico spetta al cieco indipendentemente dalla sua capacità lavorativa e, quindi, dal suo reddito. Tale previsione articolo 8, comma 1 bis , della l. numero 638/1983 costituisce una deroga al principio generale di divieto di cumulo della pensione di invalidità con un reddito elevato. La pensione per i ciechi. Istituita con la l. numero 66/1962, la pensione non reversibile per i ciechi è concessa ai maggiorenni ciechi assoluti o ai soggetti di ogni età ciechi parziali che si trovino in stato di bisogno economico. Tale stato di bisogno è, ad oggi, identificato con il possesso di redditi assoggettabili ad IRPEF, inferiori ad un certo limite, individuato su base fiscale. Il calcolo del limite è regolato dal d.l. numero 663/1979. Nel caso di specie, ad avviso del pensionato, il requisito dello stato di bisogno articolo 8 della l. numero 66/1962 viene superato dall’articolo 68 della l. numero 153/1969 secondo il cui disposto, la regola della soppressione della pensione a fronte di un guadagno superiore ai limiti reddituali non si applica ai ciechi che esercito un’attività lavorativa. Conseguenza diretta, prevista dalla stessa norma, è il ripristino delle pensioni per ciechi eventualmente sospese per superamento del limite reddituale. La funzione della pensione per ciechi. Non c’è dubbio che la prestazione di cui è chiesto il ripristino sia qualificabile come prestazione assistenziale di invalidità civile, che va ad integrare il presunto mancato guadagno derivante dalla condizione di minorità dovuta alla patologia. Tuttavia, sulla rilevanza del reddito ai fini del percepimento della pensione, si riscontra un orientamento altalenante della giurisprudenza di legittimità. Secondo un primo orientamento l’articolo 68 della l. numero 253/1969 sancisce un principio generale di irrilevanza del reddito del beneficiario, anche ai fini dei trattamenti di assistenza in favore dei ciechi da ultimo Cass. numero 15646/2012 . Diversamente, un secondo orientamento sostiene che la finalità dell’art 68 sia solamente evitare che, al reperimento di un’attività lavorativa, il cieco perda il diritto alla pensione. Lo scopo è, quindi, far avvicinare il cieco al mondo del lavoro, senza che, alla prima esperienza, questi lasci l’attività lavorativa per timore di perdere la pensione Cass. SS.UU. numero 3814/2005 . Con la sentenza in commento, la Suprema Corte ragiona intorno alla natura della prestazione richiesta. Un punto fermo. Lo stato di bisogno di cui all’articolo 7 della l. numero 66/1962 è un requisito imprescindibile. Di conseguenza, il requisito reddituale resta rilevante, in considerazione del fatto che la pensione per i ciechi è dovuta indipendentemente dalla capacità di lavoro, tant’è vero che spetta anche oltre il raggiungimento dell’età pensionabile. Ciò significa che la natura della pensione per i ciechi ha natura prettamente assistenziale assiste il cieco per agevolare il suo inserimento nel mondo del lavoro. Diversamente la pensione di invalidità erogata dall’INPS è strettamente legata allo stato di minorazione della capacità lavorativa essa ha, quindi, natura previdenziale. Le due pensioni, quindi, rispondono a due esigenze diverse quella assistenziale sostiene l’invalido, indipendentemente dalla capacità lavorativa, ed è finanziata dallo Stato attraverso la fiscalità generale articolo 38, comma 1, Cost. quella previdenziale mira all’inserimento dell’invalido nel mondo del lavoro ed è alimentata da specifici contributi gravanti su lavoratori e datori di lavoro articolo 38, comma 2, Cost. . Pertanto, la pensione per ciechi civili è condizionata dallo stato di bisogno in ragione della sua natura assistenziale, rientrante nell’ambito dell’articolo 38, comma 1, Cost., con conseguente cessazione dell’erogazione al superamento del limite reddituale previsto. Le norme, quali l’articolo 68 della l. numero 163/1969 o l’articolo 8, comma 1 - bis della l. numero 638/1983, previste per le pensioni di invalidità erogate dall’INPS e che consentono l’erogazione della pensione anche ai ciechi con capacità lavorativa, sono norme intese a favorire il reinserimento del cieco nel mondo del lavoro, senza che questi perda la pensione. La diversa ratio delle norme in gioco non ne consente l’applicazione analogica, pertanto, la Corte accoglie il ricorso dell’INPS negando al cieco il cumulo tra reddito e pensione.

Corte di cassazione, sez. VI Civile – L, sentenza 15 gennaio – 12 febbraio 2015, numero 2812 Presidente Curzio – Relatore Marotta Svolgimento del processo La Corte di appello, giudice del lavoro di Roma, decidendo sull'appello proposto dall'I.N.P.S., confermava la decisione del Tribunale della stessa sede che aveva accolto la domanda di C.G. diretta ad ottenere il ripristino della pensione di invalidità civile per i ciechi che era stata sospesa per il superamento dei limiti di reddito. Riteneva la Corte territoriale richiamando le pronunce di questa Corte a sez. unumero numero 3814/2005 e sez. lav. numero 7308/2009 che la L. numero 638 del 1983, articolo 8, comma 1 bis, potesse essere applicata anche al caso di specie e che la previsione, in favore dei ciechi, della conservazione del trattamento pensionistico nonostante la carenza del requisito reddituale ed in deroga al generale divieto di cumulare la pensione di invalido con il reddito anche elevato, perseguisse la finalità di favorire il reinserimento sociale non distogliendo l'invalido dall'apprendimento e dall'esercizio di un'attività lavorativa. Per la cassazione di tale sentenza l'I.N.P.S. propone ricorso affidato a tre motivi. Resiste con controricorso C.G. . Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell'articolo 378 cod. proc. civ Motivi della decisione 1. Con il primo motivo l'I.N.P.S. denuncia Violazione e falsa applicazione dell'articolo 68 della L. 30/4/1969, numero 153, degli articolo 6 e 8 del D.L. 12/9/1983, numero 463, convertito con modificazioni dalla L. 11/11/1983, dell'articolo 12 delle preleggi articolo 360, numero 3, cod. proc. civ. . Si duole del fatto che la Corte territoriale non abbia considerato che il combinato disposto della normativa richiamata così come quella presa in esame dalla decisione di questa Corte a Sezioni unite numero 3814/2005 riguardi la pensione di invalidità a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e non, dunque, la prestazione assistenziale rivendicata. 2. Con il secondo motivo l'I.N.P.S. denuncia Violazione e falsa applicazione dell'articolo 1 della L. numero 66 del 10/2/1962, degli articolo 1 e 5 della L. numero 382 del 27/5/1970, degli articolo 5 e 6 del D.L. numero 30 del 2/3/1974 convertito nella L. numero 114 del 16/4/1974, dell'articolo 14 septies della L. numero 33 del 29/2/1980 nell'interpretazione autentica della L. 8/10/1984, numero 660 articolo 360, numero 3, cod. proc. civ. . Si duole del fatto che la Corte territoriale, riconoscendo il diritto alla pensione di invalidità civile per i ciechi nonostante il superamento del limite reddituale, abbia violato le disposizioni richiamate specificamente previste per la prestazione assistenziale in questione. 3. Con il terzo motivo l'I.N.P.S. denuncia Omessa e insufficiente motivazione articolo 360, numero 5, cod. proc. civ. . Ripropone le medesime censure sotto il profilo del vizio motivazionale dolendosi dell'omesso apprezzamento della mancanza, nella fattispecie in esame, di un elemento costitutivo della prestazione e cioè del reddito al di sotto del limite di legge. 4. I motivi, da trattarsi congiuntamente in ragione della intrinseca connessione sono fondati. Questa Corte valuta di conformarsi alla decisione numero 24192/2013 che, in consapevole dissenso con il precedente contrario costituito dalla citata sentenza numero 15646/2012 che fa riferimento alla prestazione assistenziale di cui alla L. numero 66 del 1962, ma applica i principi relativi alla prestazione previdenziale di cui alla L. numero 153 del 1969 ed al D.L. numero 463 del 1993, articolo 8, come si evince anche dal richiamo, contenuto nel principio di diritto, all'assicurato in luogo dell'^'assistito , ha ritenuto che non sia possibile estendere analogicamente al trattamento assistenziale previsto dalla L. numero 66 del 1962 e, dunque, tanto alla pensione per ciechi assoluti quanto a quella per ciechi parziali , il beneficio riconosciuto a favore di chi gode di trattamento previdenziale - si veda anche in senso conforme Cass. numero 8752/2014 -. Come è noto, la pensione non reversibile per i ciechi assoluti o parziali è stata istituita dalla L. 10 febbraio 1962, numero 66 Nuove disposizioni relative all'Opera nazionale per i ciechi civili . L'articolo 7 di tale legge così prevede Ogni cittadino affetto da cecità congenita o contratta in seguito a cause che non siano di guerra, infortunio sul lavoro o in servizio, ha diritto, in considerazione delle specifiche esigenze derivanti dalla minorazione, ad una pensione non reversibile qualora versi in stato di bisogno . Il successivo articolo 8 aggiunge Tutti coloro che siano colpiti da cecità assoluta o abbiano un residuo visivo non superiore ad un ventesimo in entrambi gli occhi con eventuale correzione, hanno diritto alla corresponsione della pensione a decorrere dal compimento del 18^ anno di età . La misura della prestazione è stata modificata dalla L. 27 maggio 1970 numero 382, articolo 1 quest'ultima regolamenta la materia ancora oggi . Essa è, dunque, concessa ai maggiorenni ciechi assoluti o ai soggetti di ogni età ciechi parziali che si trovino in stato di bisogno economico. Tale stato di bisogno è stato inizialmente indicato con riferimento alla non iscrizione nei ruoli per l'imposta complementare sui redditi L. numero 382 del 1970, articolo 5 e, dopo l'abrogazione di tale tipo di imposta, identificato nel possesso di redditi assoggettabili ad IRPEF di un ammontare inferiore ad un certo limite v. D.L. numero 30 del 1974, articolo 6, conv. in L. numero 114 del 1974 e D.L. numero 663 del 1979, articolo 14 septies, conv. in L. 29 febbraio 1980, numero 33 - cfr. Cass. 5 agosto 2000, numero 10335 ià. 21 giugno 1991, numero 6982 12 aprile 1990, numero 3110 22 novembre 2001, numero 14811 . Il limite di reddito da tenere in considerazione è, dunque, il medesimo stabilito per la pensione di inabilità di cui alla L. numero 118 del 1971, articolo 12, essendo unica la disciplina contenuta nel citato D.L. numero 663 del 1979, articolo 14 septies. Nello specifico, la pensione di invalidità per i ciechi, già a suo tempo concessa, era stata poi revocata, per superamento da parte della beneficiaria dei limiti reddituali. Orbene, la prestazione di cui è richiesto il ripristino ha natura di prestazione assistenziale di invalidità civile, sicuramente integrativa del presunto mancato guadagno derivante dalla condizione di minorità dovuta alla patologia. Secondo l'assunto della controricorrente la disposizione di cui alla citata L. numero 66 del 1962, articolo 8, sarebbe stata superata dalla previsione di cui alla L. 30 aprile 1969, numero 153, articolo 68, che stabilisce che le disposizioni di cui al R.D.L. 14 aprile 1939, numero 636, articolo 10, comma 2, il quale, a sua volta, stabilisce che la pensione di invalidità è soppressa quando la capacità di guadagno del pensionato cessi di essere inferiore a determinati limiti, non si applicano nei confronti dei ciechi che esercitano un'attività lavorativa. Le pensioni revocate ai sensi della norma precitata sono ripristinate con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge . La disposizione di cui alla L. 30 aprile 1969, numero 153, articolo 68 come, del resto, quella di cui al R.D.L. 14 aprile 1939, numero 636, articolo 10, comma 2 è dettata per la pensione di invalidità erogata dall'I.N.P.S. ed a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, presupponente un rapporto contributivo in particolare il R.D.L. numero 636 del 1939, articolo 9, fa riferimento alla pensione riconosciuta all'invalido a qualsiasi età quando siano maturati determinati requisiti contributivi . La questione è se tali disposizioni, non espressamente dettate per le prestazioni assistenziali di invalidità civile, possano essere applicate anche a queste ultime, costituendo un principio generale di irrilevanza dei redditi per i ciechi che beneficiano di pensioni, o non si pongano piuttosto come norme eccezionali. Sostiene la controricorrente che tale applicabilità troverebbe fondamento nella sentenza numero 3814/2005 che questa Corte ha emanato a Sezioni Unite. In realtà alla L. numero 153 del 1969, articolo 68, ha fatto seguito il D.L. 12 settembre 1983, numero 463, articolo 8, comma 1 bis, conv. in L. 12 novembre 1983, numero 638, secondo il quale Resta ferma la disposizione di cui alla L. 30 aprile 1969, numero 153, articolo 68, indipendentemente dal reddito percepito dal pensionato . Tale norma, dunque, stabilisce che il riacquisto della capacità di guadagno nonché di un reddito da lavoro da parte del cieco non comporta la perdita della pensione. Secondo una prima interpretazione, fatta propria da Cass. 30 luglio 1999, numero 8310 id. 8 marzo 2001, numero 3359 19 luglio 2002, numero 10609 19 maggio 2003, numero 7833 e da ultimo in qualche modo ripresa dalla sopra citata Cass. 2012/15646, la norma avrebbe sancito un principio generale di irrilevanza del reddito del beneficiario anche ai fini del riconoscimento dei trattamenti di assistenza in favore dei ciechi. Altro orientamento, cui questa Corte ritiene di aderire, - Cass. 26 settembre 1988, numero 5252 id. 23 marzo 1998, numero 3027 Cass. Sez. Unumero 24 febbraio 2005, numero 3814 Cass. 26 marzo 2009, numero 7308 oltre alla già citate Cass. numero 15646/2012 sostiene, invece, la finalità limitata dell'articolo 68, inteso solamente a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro evitando che al reperimento di un'attività lavorativa e di un connesso reddito consegua la perdita della pensione. Secondo l'assunto della controricorrente, proprio la pronuncia delle SS.UU. di questa Corte indurrebbe a considerare applicabile anche alle pensioni di cui alla L. 10 febbraio 1962, numero 66, articolo 8, il principio della irrilevanza del reddito. Invero, nella predetta decisione a Sezioni unite è stato precisato la previsione, in favore dei ciechi, della conservazione del trattamento pensionistico nonostante la carenza sopravvenuta di uno dei presupposti, e in particolare del requisito reddituale, persegue la finalità di favorire il loro reinserimento sociale, non distogliendo l'invalido dall'apprendimento e dall'esercizio di un'attività lavorativa, senza che da tale finalità possa desumersi, in contrasto con il dato letterale delle richiamate disposizioni, l'espressione di un generale principio di irrilevanza totale del requisito reddituale nel regime della pensione di invalidità dei ciechi, con conseguente estensione a questi ultimi della integrazione al minimo della pensione - si veda anche Cass. numero 7308 del 26/03/2009 -. Va, peraltro, considerato che le pronunce da ultimo citate sono state emanate in una materia diversa da quella per cui è causa e cioè nella materia di integrazione al minimo dei trattamenti pensionistici riservati ai minorati della vista. Questa Corte ha in tale sede ritenuto che sia possibile la conservazione della pensione da parte di un soggetto cieco anche dopo l'inizio di una attività lavorativa, con connessa acquisizione di un reddito anche elevato, poiché tale trattamento economico risponde alla specifica finalità di inserire i soggetti non vedenti nelle attività produttive. Ha anche sottolineato che detto principio si basa sul disposto di due norme definite specialissime e di stretta interpretazione il D.L. 12 settembre 1983, numero 4631, articolo 8, comma 1 bis convertito in L. 12 novembre 1983, numero 638 e la L. 30 aprile 1996, numero 1532, articolo 68. Per effetto del combinato disposto delle norme suddette, l'acquisizione da parte del cieco di una capacità lavorativa e del reddito da essa derivante non comporta la perdita della pensione, che, se revocata per questo solo motivo, deve essere ripristinata interamente. E questo perché la finalità specifica della provvidenza economica è intesa a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro, evitando che al reperimento di un'attività lavorativa e del reddito connesso consegua la perdita della pensione. La deroga in favore dei ciechi al generale divieto di cumulare la pensione di invalidità con reddito da lavoro si spiega, come è stato precisato, anche con la necessità di tutelare l'affidamento riposto dal cittadino cieco nell'ammontare del beneficio previdenziale su cui egli ha costruito il proprio tenore di vita e coltiva i propri progetti . Tale indirizzo, dunque, espresso con riferimento ad una prestazione pensionistica conseguita nel regime dell'assicurazione obbligatoria I.N.P.S. l'integrazione al minimo è istituto proprio del regime generale previdenziale , non è automaticamente estensibile, proprio in ragione della affermata specialità del D.L. 12 settembre 1983, numero 4631, articolo 8, comma 1 bis convertito in L. 12 novembre 1983, numero 638 e della L. 30 aprile 1996, articolo 68, norme ritenute di stretta interpretazione e non è, perciò, invocabile con riguardo alle pensioni per cecità civile di cui alla ridetta L. 10 febbraio 1962, numero 66. Sebbene nella citata sentenza resa da questa Corte a Sezioni unite si faccia riferimento alla pensione di invalidità civile laddove invece la fattispecie esaminata concerneva una pensione di invalidità erogata dall’I.N.P.S. prima dell'attribuzione allo stesso delle competenze in materia di benefici assistenziali, e quindi una pensione certamente disciplinata dalla L. numero 153 del 1969, articolo 68 e D.L. numero 463 del 1983, articolo 8, stante l'affermato carattere eccezionale delle disposizioni di cui alla L. numero 153 del 1969, articolo 68 e D.L. numero 463 del 1983, articolo 8, non è possibile estendere analogicamente al trattamento assistenziale di cui alla L. numero 66 del 1962, il beneficio riconosciuto a favore di chi gode, di trattamento previdenziale. Del resto l'attribuita rilevanza del reddito ai fini del riconoscimento della integrazione al minimo e cioè di quella maggiorazione che non trova corrispondenza nei contributi versati ma soccorre a garantire il minimo vitale gravando sul bilancio dello Stato è significativa del fatto che il principio della irrilevanza del reddito non potesse che essere stato riferito contrariamente alla tesi della parte privata alla sola pensione maturata nel regime dell'assicurazione generale obbligatoria e non anche a quella di invalidità civile assistenziale . Se, infatti, il reddito rileva quando lo Stato partecipa al sostegno della previdenza nei limiti di una maggiorazione integrativa , a maggior ragione deve ritenersi tale rilevanza quando è l'intero trattamento ad essere a carico dell'erario. Da tanto consegue che per la prestazione oggetto di causa, per la quale, si ribadisce, presupposto di legge imprescindibile è lo stato di bisogno di cui ai sopra citati articolo 7 della L. numero 66 del 1962 e articolo 5 della L. numero 382 del 1970, il requisito reddituale resta rilevante, considerato, peraltro, che la pensione ai ciechi civili è dovuta, a differenza di quella di invalidità civile ex lege numero 118 del 1971 e di quella di invalidità ex lege numero 222 del 1984, indipendentemente dalla incidenza dello stato di minorazione sulla capacità di lavoro, spettando anche oltre il raggiungimento dell'età pensionabile v. Cass. 26 maggio 1999, numero 5138 . Si è, in sostanza, in presenza di differenti misure protettive dell'invalidità in cui diverse sono le modalità di finanziamento delle prestazioni quelle previdenziali - che trovano fondamento nella previsione di cui all'articolo 38 Cost., comma 2 - sono alimentate dai contributi gravanti sugli specifici soggetti obbligati ed i datori di lavoro quelle assistenziali - che fanno capo all'articolo 38 Cost., comma 1 - sono finanziate dallo Stato attraverso il ricorso alla fiscalità generale. Se pure è vero che lo Stato partecipa anche al sostegno della previdenza qualora i mezzi raccolti con i versamenti contributivi siano insufficienti come nel caso della integrazione al minimo , i due territori rimangono concettualmente e giuridicamente ben distinti e questo giustifica trattamenti legislativi differenti in relazione ai quali va esclusa ogni violazione del principio costituzionale di uguaglianza. Né può ravvisarsi una violazione dell'articolo 2 della Cost. considerato che il legislatore ha previsto, in favore dei ciechi, specifiche prestazioni che prescindono dalla condizione reddituale così l'indennità di accompagnamento per cecità assoluta di cui all'articolo 1 della L. 28 marzo 1968, numero 406 e l'indennità speciale per ciechi parziali di cui all'articolo 3 della L. 21 novembre 1988, numero 508 . 5. Alla luce delle considerazioni che precedono va ribadito il principio secondo cui la pensione non reversibile per i ciechi civili assoluti o parziali di cui agli articolo 7 e 8 della L. 10 febbraio 1962, numero 66, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell'ambito di cui all'articolo 38, primo comma, Cost., con conseguente cessazione dell'erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all'articolo 12 della L. 30 marzo 1971, numero 118 di conversione del D.L. del 30 gennaio 1971, numero 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l'articolo 68 della L. 30 aprile 1969, n 153, dettato per la pensione di invalidità erogata dall'I.N.P.S., sia l'articolo 8, comma 1 bis, del D.L. 12 settembre 1983, numero 463, convertito con modificazioni in L. 11 novembre 1983, numero 638, che consentono l'erogazione della pensione I.N.P.S. in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all'articolo 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica tale principio è da ritenersi, per i motivi sopra evidenziati, in linea e non in contrasto con quanto affermato da questa Corte nella decisione numero 3814/2005 così da escludere la necessità di una devoluzione della questione alle Sezioni unite. 6. Da tanto consegue che il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. Essendo pacifica la circostanza dell'avvenuto superamento del requisito reddituale e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito ex articolo 384, secondo comma, cod. proc. civ., con il rigetto dell'azionata domanda. 7. La controvertibilità delle questioni trattate e l'esistenza di precedenti difformi di questa stessa Corte di legittimità giustificano la compensazione tra le parti delle spese processuali dell'intero processo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'azionata domanda compensa le spese dell'intero processo.