Non sussiste alcun obbligo contributivo quando la prestazione del familiare all’interno dell’impresa di famiglia è svolta a titolo gratuito, per mero gesto di cortesia o solidarietà e senza alcun coinvolgimento effettivo nella gestione dell’attività imprenditoriale.
Con spirito pratico il Tribunale di Milano, nella sentenza del 24 giugno 2014, revoca l’avviso di addebito dell’INPS per omessi contributi previdenziali che il figlio avrebbe dovuto versare in favore del padre, che lo aiutava nell’attività di fiorista. Il valore dell’aiuto solidale. L’anziano padre aiutava il figlio nel negozio di fiori di quest’ultimo una volta ogni tanto, si rendeva utile accogliendo i clienti mentre il figlio era impegnato nelle consegne. In sostanza diceva loro di pazientare sino al rientro del titolare oppure di ripassare in un secondo momento. L’anziano non aveva altri incarichi nessuna attività di gestione, né cura delle piante e dei fiori. Semplicemente, per solidarietà familiare o amore aiutava il figlio nell’attività di fiorista che andava a rilento, sentendosi, al contempo, utile. L’INPS, insospettito della presenza del padre in negozio, procedeva con un’ispezione, all’esito della quale riteneva opportuno qualificare l’attività del padre come prestazione lavorativa del collaboratore familiare con conseguente obbligo di versamento dei contributi previdenziali da parte del figlio, titolare dell’attività, in favore del padre. L’Istituto notificava, quindi, un sostanzioso avviso di addebito. Dare una mano non significa lavorare. Il fiorista si opponeva all’avviso di addebito chiedendone la revoca, poiché i contributi richiesti non erano dovuti il padre non era né un collaboratore familiare, né un dipendente, era semplicemente un padre che aiutava il figlio a portare avanti un’attività in sofferenza. Con forte spirito pratico, il Tribunale di Milano, con la sentenza in commento, accertava l’infondatezza delle pretese dell’INPS e revocava l’avviso di addebito. Per giungere alla propria decisione, il giudice ancorava il proprio ragionamento alle circostanze di fatto emerse dall’attività istruttoria. In primo luogo, il giudice rilevava come la presenza del padre in negozio fosse saltuaria e discontinua, e come dipendesse solo ed esclusivamente dalle esigenze contingenti del figlio quando questi doveva allontanarsi dal negozio per fare le consegne, allora il padre si occupava di accogliere i clienti fino al rientro del figlio. Non vi era prova che l’anziano si occupasse di ricevere gli ordini, di evaderli o di curare le piante destinate alla vendita in sostanza, la sua attività non era riconducibile ad alcuna posizione lavorativa. Di conseguenza, a nulla rilevava il fatto che il padre aiutasse il figlio per evitare a quest’ultimo di assumere un’altra persona se l’attività del padre non era riconducibile ad una specifica attività lavorativa, demandabile ad un terzo, allora non era possibile pensare di assumere una persona appositamente per svolgere le attività che impegnavano l’anziano. E’ quindi evidente come il padre aiutasse il figlio con spirito di solidarietà familiare, a titolo gratuito e senza alcun coinvolgimento effettivo nella gestione del negozio fiori. Pertanto, nessun contributo previdenziale è dovuto al padre che aiuta il figlio, anche per sentirsi utile. La sua non è un’attività lavorativa, è la forza di un padre.
Tribunale di Milano, sez. Lavoro, sentenza 24 giugno 2014 Giudice Colosimo Fatto con ricorso depositato il 14 febbraio 2014, D.M.F., in qualità di titolare della ditta individuale R. Fiori e Piante di F.D., conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Milano – Sezione Lavoro – l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale proponendo opposizione avverso l’avviso di addebito numero notificato il 9/1/2014 dall’INPS, a mezzo del quale gli si intimava il pagamento di euro 10.264,55 a titolo di contributi omessi e relative somme aggiuntive riferiti alla III e IV rata del 2012 dei contributi fissi dovuti nella Gestione Commercianti sulla posizione del titolare e del collaboratore G.F. e la III rata dei contributi fissi dovuti sulla sola posizione del collaboratore per gli anni 2009-2011. Chiedeva a Tribunale di - accertare e dichiarare la nullità e/o l’illegittimità e/o l’inefficacia dell’avviso di addebito opposto - accertare e dichiarare l’insussistenza dell’obbligo contributivo per la posizione oggetto di accertamento relativa al padre G.F. - conseguentemente, annullare in tutto o in parte il suddetto avviso di addebito. Con vittoria delle spese di lite da distrarsi a favore del procuratore che si dichiarava antistatario. Si costituiva ritualmente in giudizio INPS, eccependo l’infondatezza in fatto e in diritto delle domande di cui al ricorso e chiedendo il rigetto delle avversarie pretese. Con vittoria delle spese di lite. Ritenuta la causa matura per la decisione senza necessità di istruzione probatoria, all’udienza del 24 giugno 2014, il Giudice invitava le parti alla discussione all’esito della quale decideva come da dispositivo pubblicamente letto, riservando il deposito della motivazione a 5 giorni, ai sensi dell'articolo 429 c.p.comma così come modificato dalla Legge 133/2008. Motivi della decisione L’opponente si duole, in primo luogo, della nullità per indeterminatezza dell’avviso di addebito opposto. La doglianza è tardiva. Ai sensi dell’articolo 30, co. 1, del D.L. 78/2010, convertito con modificazioni in legge 122/2010, “a decorrere dal 1° gennaio 2011, l'attività di riscossione relativa al recupero delle somme a qualunque titolo dovute all'INPS, anche a seguito di accertamenti degli uffici, è effettuata mediante la notifica di un avviso di addebito con valore di titolo esecutivo”. Il successivo comma 14 prevede espressamente che, “ai fini di cui al presente articolo, i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo, alle somme iscritte a ruolo e alla cartella di pagamento si intendono effettuati ai fini del recupero delle somme dovute a qualunque titolo all'INPS al titolo esecutivo emesso dallo stesso Istituto, costituito dall'avviso di addebito contenente l'intimazione ad adempiere l'obbligo di pagamento delle medesime somme affidate per il recupero agli agenti della riscossione”. Nella procedura di riscossione mediante avviso di addebito debbono, dunque, trovare applicazione le previsioni di cui al D. Lgs. 46/1999 e i principi alle stesse sottesi. Come è stato chiarito dalla Suprema Corte, “nella disciplina della riscossione mediante iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, di cui al d.lgs. numero 46 del 1999, l'opposizione agli atti esecutivi - con la quale si fanno valere i vizi di forma del titolo esecutivo, ivi compresa la carenza di motivazione dell'atto - è prevista dall'articolo 29, secondo comma, che per la relativa regolamentazione rinvia alle forme ordinarie , e non dall'articolo 24 dello stesso d.lgs., che si riferisce, invece, all'opposizione sul merito della pretesa di riscossione. Ne consegue che l'opposizione agli atti esecutivi prima dell'inizio dell'esecuzione deve proporsi entro cinque giorni oggi venti dalla notificazione del titolo esecutivo, che, ai sensi dell'articolo 49 del d.P.R. numero 602 del 1973, si identifica nella cartella esattoriale, non assumendo alcuna rilevanza, invece, l'assenza di accertamenti e delle relative contestazioni, trattandosi di adempimenti previsti per l'irrogazione delle sanzioni amministrative e non per l'esazione di contributi e somme aggiuntive” Cass. Civ., Sez. Lav., 8 luglio 2008, numero 18691 Cass. Civ., SS.UU., 18 novembre, 2004, numero 21863 . Nel caso di specie, l’avviso di addebito opposto è stato notificato il 9/1/2014 e il ricorso introduttivo del giudizio è stato depositato solo il 14/2/2014, ne consegue che risulta preclusa la contestazione di vizi formali. Passando al merito della questione, si osserva quanto segue. La pretesa contributiva azionata dall’INPS con l’avviso di addebito qui opposto muove principalmente da un accertamento effettuato il 2/8/2011 presso la rivendita di fiori gestista dall’opponente in Milano, via C. numero 42. Nell’occasione, l’ispettore dell’Ente Previdenziale ha trovato intento al lavoro – unica persona presente – il padre del titolare, G.F Sulla base delle dichiarazioni rese da quest’ultimo e dal titolare dell’attività, l’ispettore ha ritenuto sussistente, per il periodo decorrente da gennaio 2009, l’obbligo contributivo di cui agli articolo 1 e 2 Legge 613/1966. Alle pretese dell’INPS si oppone la parte ricorrente affermando l’occasionalità della presenza del padre presso la rivendita ed escludendone qualsiasi concreto coinvolgimento nella gestione dell’attività di fatto, il padre si sarebbe limitato a rispondere al telefono e a chiedere agli eventuali clienti di attendere il suo rientro. Orbene, ai sensi degli articolo 1 e 2 Legge 613/1966, “l'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti è estesa agli esercenti piccole imprese commerciali iscritti negli elenchi degli aventi diritto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie istituita con legge 27 novembre 1960, numero 1397, agli ausiliari del commercio ed agli altri lavoratori autonomi iscritti nei predetti elenchi, nonché ai loro familiari coadiutori, indicati nell'articolo seguente Agli effetti della presente legge, si considerano familiari coadiutori il coniuge, i figli legittimi o legittimati ed i nipoti in linea diretta gli ascendenti, i fratelli e le sorelle, che partecipano al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza, sempreché per tale attività non siano soggetti all'assicurazione generale obbligatoria in qualità di lavoratori dipendenti o di apprendisti ”. Sentito dall’ispettore, G.F. ha dichiarato “aiuto mio figlio quando lui va a fare le consegne. Vengo 2/3 volte a settimana, in media 2/3 ore a settimana. Sono qui in negozio a sostituirlo per evitare di chiudere il negozio. Quando il cliente entra gli chiedo o di aspettare o di tornare. Aiuto mio figlio in questo modo da due anni. Lo aiuto in maniera più continuativa da gennaio 2009. Rispondo anche al telefono. Sono qui per evitare di prendere un’altra persona. Mio figlio vende i fiori e li consegna sempre lui con la moto. Lui mi chiama tutte le volte che deve consegnare. In genere sono due/tre consegne al giorno. A volte anche niente” docomma 2, fascicolo INPS . Il titolare ha, invece, dichiarato “lavoro qui e mi occupo della vendita dei fiori e delle consegne. In media faccio due/tre consegne al giorno che mediamente mi impegnano 3/4 d’ora quando vado in giro o chiudo oppure chiedo a mio padre di stare al negozio per accogliere i clienti e dire loro di aspettare il ritorno e di rispondere al telefono. In media mi aiuta dal 2009. Posso chiamarlo anche una volta al giorno per evitare di chiudere il negozio. Non riesco a quantificare” cfr. docomma 3, fascicolo INPS . Come si evince dal verbale di accertamento numero Isp. in atti, l’Ente fonda la propria pretesa sul presupposto che G.F. operasse quale collaboratore familiare, occupandosi dell’accoglienza dei clienti in sostituzione del figlio. Dalle dichiarazioni acquisite in occasione dell’accesso ispettivo, tuttavia, si evince che la presenza di G.F. presso la rivendita del figlio non è mai stata caratterizzata da una prestazione lavorativa propriamente intesa. Di certo, non pare possibile affermare che il padre abbia “sostituito” il figlio nell’accoglienza clienti in quanto quest’ultima non può essere circoscritta alla semplice richiesta di attendere il rientro del titolare, e non vi è prova alcuna che G.F. si sia mai occupato di ricevere gli ordini, di preparare la merce necessaria all’evasione degli stessi, o di curare le piante o i fiori destinati alla vendita. Sicché, se è vero che il padre ha dichiarato di aiutare il figlio “per evitare di prendere un’altra persona”, è parimenti vero che non risulta individuabile alcuna specifica attività lavorativa demandabile a un terzo. Si osservi peraltro che, mentre il titolare ha riferito di avere la necessità di assentarsi per le consegne tutti i giorni, G.F. ha chiarito di essere presente in negozio solo 2/3 giorni alla settimana, con la conseguenza che la sua presenza in negozio non può essere considerata impegno continuativo e necessario alla conduzione dell’attività. Di fatto, quello del padre risulta essere un mero gesto di cortesia, di solidarietà familiare, del tutto gratuito e privo di qualsivoglia interferenza o coinvolgimento effettivo nella gestione dell’attività commerciale. Per questi motivi, deve essere dichiarata l’insussistenza del credito portato dall’avviso di addebito numero relativamente alla posizione di G.F., nulla essendo dovuto a tal titolo dall’opponente. Pacifico in giudizio che l’avviso di addebito riguardi, relativamente all’anno 2012, anche contributi omessi relativi alla posizione del titolare odierno opponente III e IV rata in parte qua, l’avviso di addebito deve essere confermato non essendovi al riguardo contestazione alcuna. La condanna al pagamento delle spese di lite segue la soccombenza e, pertanto, INPS deve essere condannato al pagamento delle stesse, liquidate come in dispositivo in considerazione della sussistenza del credito contributivo relativo alla posizione di D.M.F Spese da distrarsi a favore del procuratore che si è dichiarato antistatario. La sentenza è provvisoriamente esecutiva ex articolo 431 c.p.c. Stante la complessità della controversia, visto l’articolo 429 c.p.c., si riserva la motivazione a 5 giorni. P.Q.M. il Giudice del Lavoro, definitivamente pronunciando, accerta e dichiara l’insussistenza del credito portato dall’avviso di addebito numero relativamente alla posizione di G.F., nulla essendo a tal titolo dovuto dall’opponente. Condanna INPS alla rifusione delle spese di lite che liquida in complessivi euro 1.500,00 oltre I.V.A. e C.P.A., da distrarsi a favore dell’Avv. V