Solo la domenica è un giorno festivo, il sabato può (o meno) essere lavorativo

Sulla base della disciplina applicabile alle Amministrazioni Pubbliche, l’orario di lavoro si articola di regola su 5 giorni settimanali, in modo che il sesto giorno è in via generale una giornata non lavorativa mentre solo il settimo giorno è di riposo settimanale.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 27273 del 5 dicembre 2013. Il caso. La Corte di Appello di Torino accoglieva la domanda con cui taluni lavoratori, dipendenti della locale azienda ospedaliera, chiedevano l’attribuzione dell’indennità giornaliera - attribuita dal CCNL applicato per chi, come loro, effettuava il lavoro su turni - nelle giornate di sabato. Premesso che il CCNL prevedeva un orario di lavoro di 36 ore settimanali distribuite su 5 giorni lavorativi, riservando ai turnisti il diritto in sintesi ad 1 giorno al mese di riposo compensativo e ad un’indennità giornaliera di circa 4 Euro condizionata all’effettiva presenza in servizio, a meno che l’assenza coincidesse con il riposo compensativo , i Giudici di merito rilevavano come l’orario di lavoro dei ricorrenti fosse articolato su 3 turni di 8 ore per 5 giorni a settimana – e così per un totale di 40 ore settimanali – ed affermavano quindi il diritto dei ricorrenti a percepire la succitata indennità nelle giornate del sabato, ritenute giorno compensativo non lavorato. Il sesto giorno è di regola non lavorato, ma solo il settimo è festivo . Contro tale pronuncia l’azienda proponeva ricorso alla Corte di Cassazione lamentando come la Corte di merito, pur muovendo da una corretta definizione di riposo compensativo inteso come compenso di una prestazione eccedente quella contrattualmente prevista , avesse erroneamente ritenuto che tale fosse il sabato non lavorato. Riposo che invece era la mera conseguenza della distribuzione dell’orario su 5 giorni settimanali e rappresentava una mera pausa della prestazione lavorativa. Motivo che viene condiviso dalla Cassazione la quale, enunciando il principio esposto in massima, accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la sentenza impugnata. La Corte rileva preliminarmente come la disciplina applicabile alle Amministrazioni Pubbliche i.e. Legge n. 724/1994 prevede un orario di lavoro di 40 ore settimanali articolato su 5 giorni, salva la possibilità per la contrattazione collettiva di disciplinare un orario inferiore regola successivamente confermata anche dal d.lgs. n. 66/2003 . Il CCNL prevedeva meno di 40 ore di lavoro . Nel caso di specie, prosegue la Corte, atteso che i resistenti prestavano la propria attività - in considerazione dell’articolazione su turni - per 40 ore settimanali, a fronte di un orario teorico di 36, indubbio era il loro diritto a recuperare le ore settimanalmente prestate in eccedenza nella suddetta misura di 1 giorno mensile di riposo compensativo . Da questa ricostruzione la Cassazione fa discendere che la giornata di sabato costituisce una giornata di ‘non lavoro’. Tuttavia se il lavoro è prestato per turni per coprire l’intero arco giornaliero nonché tutti i giorni della settimana, ben può accadere che la giornata del sabato divenga una normale giornata lavorativa feriale, con conseguente spostamento della giornata ‘non lavorativa’ ad altro giorno della settimana . Ragion per cui solo occasionalmente la giornata mensile di riposo compensativo potrà coincidere con il sabato. Il sabato è di riposo, ma non compensativo . Su queste premesse, la Corte non ritiene condivisibile l’interpretazione fornita dai Giudici di merito in quanto, così ragionando, verrebbe snaturato il senso dell’indennità prevista dal CCNL, che ha il solo compito di ristorare la maggior gravosità del lavoro prestato per tutti i turni a copertura dell’intero arco delle 24 ore . Dal giorno di riposo settimanale deve quindi essere tenuto distinto l’eventuale giorno di riposo compensativo, concesso per il recupero delle maggiori prestazioni settimanalmente rese. Solo per tali giorni di riposo compensativo, che non sono festivi e non risultano assimilabili ai giorni di riposo settimanale, spetterà l’indennità di turno, in quanto solo per questi esiste una stretta connessione causale tra il riposo e l’esigenza organizzativa di copertura dei turni nelle 24 ore giornaliere. Diversa è invece, conclude la Corte, la funzione del sabato non lavorato, che si pone quale ristoro dell’organizzazione del lavoro su cinque giornate lavorative di 36 ore settimanali, estesa a tutti i dipendenti del comparto, anche a quelli non coinvolti nel lavoro a turni .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 18 settembre – 5 dicembre 2013, n. 27273 Presidente Stile – Relatore Garri Fatto e diritto La sentenza impugnata. La Corte d'Appello di Torino ha rigettato l'appello proposto dall'Azienda Ospedaliera Città della Salute e della scienza di Torino già Azienda Ospedaliero-universitaria San Giovanni Battista di Torino e, confermando la sentenza del Tribunale della stessa città, ha ritenuto corretta l'attribuzione dell'indennità giornaliera di cui all'art. 44 del c.c.n.l. di settore in relazione al sesto giorno non lavorato. La Corte territoriale, premesso che l'orario di lavoro dei resistenti tutti infermieri turnisti in servizio presso la ASL era pacificamente articolato sulla base di tre turni programmati di otto ore giornaliere per cinque giorni settimanali - con conseguente prestazione, a fronte di un orario contrattuale di 36 ore, di un maggior orario di 48 minuti al giorno - ha ritenuto che fondatamente i lavoratori avessero chiesto che la giornata del sabato, riposo compensativo non lavorato, venisse retribuita con inclusione dell'indennità giornaliera prevista per i lavoratori turnisti spettante per effetto dell'articolazione dell'orario di lavoro settimanale su cinque giorni lavorativi. I motivi di ricorso. 1.- violazione e falsa applicazione dell'art. 44 comma 3 del c.c.n.l. 1994-1997 per i dipendenti del comparto Sanità in relazione agli artt. 1362 e 1363 c.c. ed agli att. 18 e 19 commi 2, 3, 4 e art. 20 dello stesso contratto, all'art. 9 del c.c.n.l. 7.4.2001 integrativo del c.c.n.l. 7.4.1999, all'art. 22 comma 1 della L. n. 724 del 1994, all'art. 3 del d.lgs. 8.4.2003 n. 66 ed all'art. 30 del c.c.i.a. 1999-2001 per il personale dell'Azienda Ospedaliera-universitaria San Giovanni Battista di Torino ora Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza di Torino . Sostiene la ricorrente che la sentenza di appello, pur muovendo da una corretta definizione di riposo compensativo, da intendersi quale compenso di una prestazione eccedente quella contrattualmente prevista , ha poi erroneamente ritenuto che tale fosse il sesto giorno non lavorato. Sottolinea al contrario l'azienda che la giornata non lavorata è una mera conseguenza della distribuzione dell'orario normale di lavoro settimanale su cinque giorni invece che su sei e non svolge la funzione di riequilibrare eccedenze nella prestazione. Secondo la ricorrente, allora, la Corte territoriale ha erroneamente interpretato l'art. 44 comma 3 del c.c.n.l. 1994-1997 intendendo l'espressione riposo compensativo come comprensiva del sesto giorno non lavorato. Questo infatti non compenserebbe alcunché e costituirebbe, invece, una mera pausa nella prestazione lavorativa non essendovi stata, precedentemente un'eccedenza rispetto alla prestazione contrattualmente dovuta con riguardo alla quale quel riposo assuma la funzione di compensazione o riequilibrio. 2. - motivazione omessa o comunque insufficiente sul punto decisivo della controversia relativo al contenuto dell'art. 30 n. 4 c.c.i.a. 1999-2001 per il Personale dell'Azienda Sanitaria Ospedaliera San Giovanni Battista di Torino ora Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza di Torino art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. violazione dell'art. 1362 c.c. nell'interpretazione della stessa clausola contrattuale art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. . Sostiene l'Azienda che, ove non si dovessero ritenere decisive ed assorbenti le considerazioni svolte nel primo motivo di ricorso, si dovrebbe comunque cassare la sentenza che nell'interpretare l'art. 30 comma 4 del contratto integrativo aziendale per il personale dell'azienda resistente degli anni 1999-2001 assimila il riposo compensativo spettante al personale per il maggior orario settimanale prestato di quaranta ore in turni programmati, in luogo delle trentasei teoricamente previste, alla diversa situazione dell'articolazione dell'orario settimanale su cinque giorni lavorativi invece che su sei. Inoltre l'art. 30, comma 4, citato prende in considerazione proprio una situazione analoga a quella dei lavoratori turnisti, di cui all'art. 44 comma 3 del c.c.n.l. 1994-1997 che prestano la loro attività in turni di otto ore su cinque giorni settimanali, così superando l'orario contrattualmente previsto di trentasei ore e maturando, conseguentemente, il diritto a riposi compensativi di cui i dipendenti hanno pacificamente beneficiato, mentre nessun cenno viene fatto alla diversa situazione conseguente alla articolazione dell'orario su cinque giorni invece che su sei con la conseguenza che la giornata di sabato non può che essere qualificata come mero giorno non lavorato non dovendo compensare una effettiva eccedenza di orario in relazione ad una prestazione resa oltre il limite contrattualmente previsto. Le ragioni della decisione. Le censure mosse alla sentenza impugnata sono fondate. Si discute della qualificazione della giornata del sabato nell'ambito di una distribuzione dell'orario settimanale su cinque giorni lavorativi, al fine di stabilire se spetti ai lavoratori turnisti del comparto sanità l'erogazione dell'indennità di turno prevista dall'art. 44 comma 3 del c.c.n.l. 1994-1997 nel caso in cui la giornata del sabato non sia lavorata. Ai fini di una migliore comprensione della regola giuridica da applicare sembra utile riepilogare il quadro normativo in cui la disciplina specifica delle aziende sanitarie locali si inserisce. In primo luogo l'art. 22 della L. n. 724 del 1994 dispone che 1. L'orario di servigio nelle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, n.d.r. e tra queste rientrano le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale si articola su cinque giorni settimanali, anche nelle ore pomeridiane, in attuazione dei principi generali di cui al titolo I del predetto decreto legislativo. Sono fatte salve in ogni caso le particolari esigenze dei servizi pubblici da erogarsi con carattere di continuità e che richiedono orari continuativi o prestazioni per tutti i giorni della settimana nonché quelle derivanti dalla necessità di assicurare comunque la funzionalità delle strutture di altri uffici pubblici con un ampliamento dell'orario di servizio anche nei giorni non lavorativi. 2. Nelle amministrazioni pubbliche indicate nel comma 1 n.d.r. e dunque anche per le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale l'orario settimanale di lavoro ordinario, nell'ambito dell'orario d'obbligo contrattuale, è funzionale all'orario di servizio e si articola su cinque giorni, anche nelle ore pomeridiane, fatte salve le particolari esigenze dei servizi pubblici indicati nel comma 1. ”. In sostanza l'orario normale di lavoro è dalla legge fissato in quaranta ore settimanali ed una eventuale riduzione della durata della prestazione lavorativa settimanale può essere stabilita in sede di contrattazione collettiva nazionale. Con il d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66, poi, nel darsi attuazione alle direttive n. 93/104/CE e 2000/34/CE, concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, all'art. 3 è stata data la definizione dell'orario normale di lavoro che viene fissato, ancora una volta, in 40 ore settimanali con facoltà per i contratti collettivi di lavoro di stabilire, per le rispettive categorie, una durata minore. Si precisa inoltre che la nozione di orario normale va riferita alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all'anno . In sintesi, sulla base della disciplina legislativa vigente, l'orario di servizio, che normalmente è di 40 ore settimanali, si articola di regola su cinque giorni settimanali di tal che il sesto giorno è in via generale una giornata non lavorativa v. al riguardo l’art. 22 comma 1 in fine della L. n. 724 del 1994 . Il settimo giorno è il giorno di riposo settimanale. In questo quadro normativo generale va esaminata la disciplina collettiva nazionale ed aziendale del comparto della Sanità che ha inciso sull'orario di lavoro. In base al contratto collettivo della sanità, infatti, l'orario di lavoro settimanale è di regola di 36 ore articolate su cinque giornate lavorative, fatte salve le esigenze di continuità servizio è il caso del lavoro in turni . Sia l'art. 18 del c.c.n.l. del comparto sanità degli anni 1994-1997 che l’art. 26 dello stesso c.c.n.l. per gli anni 1998-2001 prevedono infatti che L'orano di lavoro è di 36 ore settimanali ed è funzionale all'orano di servigio e di apertura al pubblico . Anche il contratto integrativo aziendale 1999-2001 per il personale dell'Azienda Ospedaliera-universitaria San Giovanni Battista di Torino ora Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza di Torino , all'art. 30 comma 1, prevede un orario settimanale di 36 ore ripartito su 5 giorni lavorativi e con una durata massima della prestazione giornaliera di non più di 9 ore fatte salve le eccezioni concordate per specifiche situazioni . In definitiva, quindi, nel comparto della Sanità, e nell'azienda ospedaliera presso la quale prestano servizio gli odierni contro ricorrenti, l'orario di lavoro settimanale è di regola ridotto a 36 ore, salvo il caso del lavoro in turni. Al riguardo si osserva che i tre turni necessari per la copertura delle 24 ore giornaliere sono di otto ore ciascuno. Ne consegue, evidentemente, che in questo caso, l'orario settimanale diviene di 40 ore 8 ore x 5 giorni lavorativi , pur restando fermo l'orario teorico contrattualmente previsto di 36 ore. Ne consegue che i lavoratori turnisti maturano il diritto a recuperare le ore settimanalmente prestate in più. A tale proposito il contratto integrativo citato, sempre all'art. 30, dispone che a ciascun dipendente che opera nei servizi attivati dodici o ventiquattro ore competono 13 giorni quali riposi compensativi all'anno, da fruirsi, possibilmente, nella misura di uno ogni mese cfr. art. 30 n. 4 c.c.i.a. citato . Da tale ricostruzione dell'organizzazione del lavoro nel comparto della Sanità deriva che la giornata del sabato costituisce, di regola, una giornata di non lavoro . Tuttavia, se il lavoro è prestato per turni per coprire l'intero arco giornaliero nonché tutti i giorni della settimana, ben può accadere che la giornata del sabato divenga una normale giornata lavorativa feriale con conseguente spostamento della giornata non lavorativa ad un altro giorno della settimana. Ai lavoratori turnisti, impegnati nella copertura delle ventiquattro ore giornaliere per tutti i giorni della settimana, deve essere accordato un giorno di riposo compensativo del maggior orario prestato che, sulla base della disciplina collettiva aziendale richiamata, ha cadenza mensile. Questa giornata è, senza dubbio, una giornata di riposo compensativo che, tuttavia, solo occasionalmente coinciderà con il sabato. Tanto premesso, e venendo quindi, e più specificatamente alla pretesa azionata nel presente giudizio si osserva che l'art. 44 del contratto collettivo nazionale del comparto sanità degli anni 1994-1997, al comma 3, prevede che al personale del ruolo sanitario appartenente alle posizioni funzionali corrispondenti al V, VI e VII livello retributivo ed operante in servizi articolati su tre turni, debba essere corrisposta una indennità giornaliera, pari a Euro 4,39. La condizione per l'erogazione dell’indennità è, in primo luogo, l'effettività della rotazione del personale nei tre turni, tale che nell'arco del mese si evidenzi un numero sostanzialmente equilibrato dei turni svolti di mattina, pomeriggio e notte, in relazione al modello di turni adottato nell'azienda o ente. La norma collettiva precisa, tuttavia, che tale indennità non può essere corrisposta nei giorni di assenza dal servizio a qualsiasi titolo effettuata. Unica eccezione è quella in cui l’assenza dal servizio coincida con il godimento di un riposo compensativo. Nella sostanza quindi si tratta di un compenso strettamente connesso alla penosità del lavoro prestato in turni ed agganciato alla effettiva prestazione del servizio, con la sola deroga delle assenze che sono causalmente collegate a tale organizzazione del lavoro e funzionali al recupero della maggior durata della prestazione lavorativa, rispetto all'orario normale contrattualmente convenuto di 36 ore, per effetto della necessità di copertura dei turni stessi. Non si può condividere allora la ricostruzione della Corte territoriale che qualifica come giornata di riposo compensativo quella del sabato non lavorato per effetto della diversa distribuzione dell'orario di lavoro su cinque invece che su sei giorni lavorativi. Seguendo il ragionamento della Corte, infatti, si snatura il senso dell'indennità riconosciuta dall'art. 44 del contratto che, come si è ricordato, è funzionale a ristorare solo la maggior gravosità del lavoro prestato per turni a copertura dell'intero arco delle 24 ore. Né tale ricostruzione contrasta con quanto affermato da questa Corte nella sentenza n. 5710 del 2009 nella quale ci si limita, genericamente, ad affermare che sulla base dell'art. 2109 c.c. e segg. e dell’art. 36 Cost., anche allorquando l'orario di lavoro sia distribuito su 5 giorni un solo giorno della settimana è considerato festivo, e di tanto non si discute nella presente controversia. Sulla base delle disposizioni speciali, di cui alla L. n. 591 del 1969, al D.P.R. 9 novembre 1971, n. 1372, alla L. 16 settembre 1977, n. 1188 ed al D.P.R. 23 giugno 1982, n. 374 recante sostituzione del capo 2A del D.P.R. n. 1372 del 1971 , anche ai lavoratori turnisti deve essere attribuito un solo giorno di riposo settimanale. Dal giorno di riposo settimanale va tenuto distinto l'eventuale giorno di riposo compensativo, accordato a recupero delle maggiori prestazioni settimanalmente rese per effetto del superamento del limite di durata della prestazione giornaliera in dipendenza dell'organizzazione del servizio in turni di lavoro di 8 ore per un totale di 40 ore la settimana . Solo per i giorni suddetti, che non sono festivi né sono assimilabili a giorni di riposo settimanale, spetterà l'indennità di turno in quanto solo per questi esiste, come chiaramente voluto dalle parti collettive, una stretta connessine causale tra la giornata di riposo e l'esigenza organizzativa di copertura dei turni nelle 24 ore giornaliere, e non è controverso che l'Azienda USL abbia riconosciuto delle giornate di riposo compensativo connesso al maggior orario prestato e che per tali giornate l'indennità sia stata regolarmente erogata. Diversa invece la funzione del sabato non lavorato, che si pone quale ristoro dell'organizzazione del lavoro su cinque giornate lavorative di 36 ore settimanali, estesa a tutti i dipendenti del comparto, anche quelli non coinvolti nel lavoro in turni. Ove, come chiesto, si ritenga che spetti l'indennità ex art. 44 c.c.n.l. cit. per effetto della concentrazione in cinque giornate dell'orario contrattuale di 36 ore a settimana, si dovrebbe ritenere che l'indennità debba essere erogata anche in favore dei lavoratori che senza svolgere il lavoro in turno prestino la loro attività con un orario concentrato su soli cinque giorni lavorativi. Tale conclusione è del tutto estranea alla volontà espressa dalle parti collettive nel disciplinare l'indennità di turno. Peraltro le caratteristiche peculiari del compenso sono state esaminate da questa Corte anche con riferimento alla possibile inclusione dell’indennità nella cd. normale retribuzione da prendere a base per la individuazione del compenso spettante durante le ferie e, in esito all'interpretazione della disciplina collettiva, è pervenuta al condivisibile convincimento che le parti contrattuali abbiano inteso ancorare tale indennità solo e soltanto alla effettiva prestazione del servizio con l'unica esclusione delle giornate di riposo connesse alla speciale articolazione dell'orario di lavoro per consentire la copertura delle 24 ore giornaliere cfr. Cass. 26 gennaio 2009 n. 1836 . Per tutte le ragioni esposte, ed in accoglimento del primo motivo di ricorso, restando assorbito il secondo, la sentenza della Corte di Appello di Torino deve essere cassata e la controversia, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell'art. 384 comma 2 c.p.c., può essere decisa nel merito con conseguente rigetto delle domande avanzate dagli odierni contro ricorrenti con i ricorsi depositati in primo grado. Quanto alle spese dell'intero processo la particolare complessità della questione trattata ne giustificano l'integrale compensazione tra le parti. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le domande proposte dagli odierni contro ricorrenti con i ricorsi introduttivi del giudizio. Compensa tra le parti le spese dell'intero processo.