Dipendente infortunato, azienda responsabile: risarcimento legittimo. Nessun capitolo a parte per il danno estetico

Punto centrale, per il lavoratore, è il richiamo alla menomazione alla mano subita a causa dell’infortunio sul lavoro, e alla conseguente necessità di un risarcimento ad hoc per il danno estetico. Ma si tratta di un dettaglio eccessivo confermato il risarcimento omnicomprensivo così come stabilito in primo grado e ribadito in appello.

Conseguenze evidenti dopo l’infortunio subito a lavoro, come evidente è la responsabilità dell’azienda. Nessun dubbio, allora, sul risarcimento a favore del dipendente. Ma essere operative sono le categorie del danno biologico e del danno morale nessuno spazio, invece, per il danno estetico Cassazione, sentenza n. 11415, sezione Lavoro, depositata oggi . Azienda responsabile. Come detto, nessun dubbio è possibile sulla responsabilità dell’azienda – Poste Italiane – per la menomazione subita alla mano da un uomo mentre svolgeva attività lavorativa riferimento è la norma sulla tutela delle condizioni di lavoro . Di conseguenza, viene accolta la domanda di risarcimento avanzata dal lavoratore su questo punto, difatti, concordano giudici di primo e di secondo grado, riconoscendo all’uomo oltre 75mila euro di risarcimento. Quantum stabilito, viene chiarito, alla luce del danno, accertato nella misura del 27-28 per cento , e della decisione di includere il danno estetico nel danno morale . Ma è proprio quest’ultimo passaggio a essere contestato dal lavoratore, che propone ricorso in Cassazione, mirando a un ampliamento del risarcimento, dettagliando la componente estetica del danno . Quantum confermato. Per i giudici della Cassazione, però, la prospettiva delineata dal lavoratore non è assolutamente condivisibile difatti, viene condivisa e confermata la scelta di ricomprendere il danno estetico in quello morale . Riferimento decisivo è la giurisprudenza, che nell’ampia ed omnicomprensiva categoria del danno non patrimoniale – che non è possibile ritagliare in ulteriori sottocategorie – è da ascrivere il danno biologico , e quest’ultimo ricomprende i danni alla vita di relazione ed estetico, nonché il danno morale . Assolutamente intangibile, quindi, la liquidazione equitativa stabilita a favore del lavoratore. E che, viene aggiunto, in quanto inevitabilmente caratterizzata da un certo grado di approssimatività, è suscettibile di rilievi in sede di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, solo se difetti totalmente la giustificazione che quella statuizione sorregge, o macroscopicamente di discosti dai dati di comune esperienza .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 7 marzo – 13 maggio 2013, n. 11415 Presidente Roselli – Relatore Mancino Svolgimento del processo 1. Con sentenza del 3 marzo 2010, la Corte d'Appello di Napoli, rigettando gli appelli svolti da E.C. e da Poste italiane s.p.a., confermava la sentenza impugnata che, in parziale accoglimento della domanda proposta dall'E., condannava la predetta società al pagamento, in favore del dipendente, della somma complessiva di euro 75.905,73, a titolo di danno biologico euro 49.549,00 , risarcimento per invalidità temporanea assoluta euro 1.482,23 , danno morale liquidato nella misura di 1/2 del danno biologico euro 24.774,50 , oltre interessi legali dalla data della pronuncia. 2. La Corte territoriale puntualizzava che - E.C., infortunatosi il 6 novembre 1992 mentre svolgeva attività lavorativa per la s.p.a. Poste italiane domandava, per la menomazione subita alla mano destra, il risarcimento del danno biologico nella percentuale del 40%, ivi compreso il danno alla vita di relazione, il danno alla serenità familiare e il danno estetico - la società contestava la domanda, deducendo che il lavoratore non aveva assolto gli oneri probatori per il risarcimento del danno, ed ometteva di prendere posizione in ordine all'infortunio e alla quantificazione del danno - il prima giudice, recepite le conclusioni dell'ausiliare officiato in giudizio quanto al riconoscimento del danno nella misura del 27- 28%, ivi inclusa la componente estetica, condannava la società al pagamento della somma, liquidata nell'attualità, di euro 75.905,73 - la sentenza di prime cure era gravata dal dipendente, quanto all'entità del danno, all'erronea ricomprensione del danno estetico nella liquidazione e all'erronea determinazione del termine inziale di decorrenza degli interessi proponeva gravame anche la società deducendo l'erronea applicazione dell'articolo 2087 c.comma e l'incongruità della somma liquidata a titolo di risarcimento dei danni. 3. La Corte territoriale, a sostegno del decisum, riteneva, per quanto qui rileva - accertata la responsabilità datoriale ex articolo 2087 c.c. - accertato il danno nella misura del 27-28%, come stabilito da entrambi i con5ulent officiati nel due gtad1 di giudizio - includeva il danno estetico nel danno morale, che liquidava secondo principi di equità - confermava la statuizione sugli interessi legali, in considerazione della determinazione del danno, in via equitativa e nell'attualità 2005 , e della correlativa determinazione degli interessi a decorrere dalla data della pronuncia. 4. Avverso l'anzidetta sentenza della Corte territoriale, E.C. ha proposto ricorso per cassazione fondato su quattro motivi, illustrato cori memoria ex articolo 378 c.p.comma Poste italiane s.p.a. ha resistito, con controricorso, e ha proposto ricorso incidentale affidato a tre motivi cui ha resistito il dipendente. Motivi della decisione 5. Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, ex articolo 335 c.p.comma , perché proposti avverso la medesima sentenza. - Esame del ricorsa principale 6. Con il primo articolato motivo, denunciando violazione dell'articolo 112 c.p.c, ed error in procedendo, il ricorrente si duole che la Corte di merito abbia omesso di pronunciare sullo specifico motivo di gravame incentrato sull'omissione, da parte del giudice di prime cure, di qualsiasi riferimento alla componente estetica del danno. 7. Il motivo non è meritevole di accoglimento, non ravvisandosi il denunziato errore nella statuizione impugnata per aver i Giudici del gravame esaminato, nel merito, la relativa questione formulata dal lavoratore, con disamina svolta ricomprendendo il danno estetico nel danno morale. 8. Con il secondo motivo è dedotta la violazione degli artt. 2043, 2056, 2059 c.comma 2 e 3 cost., per avere la Corte di merito ricompreso il danno estetico nel danno morale, non tenendo conto dell'esito della consulenza espletata in sede di gravame e senza valutare il danno estetico, omettendo qualsivoglia person aliz zazione del danno non patrimoniale. 9. Il medesimo capo della sentenza è investito dal terzo motivo, con il quale è denunciato un vizio di insufficiente motivazione, per aver i Giudice del gravame ricompreso il danno estetico nel danno morale. 10. I due motivi, esaminati congiuntamente per la loro logica connessione, non sono meritevoli di accoglimento alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui nell'ampia ed omnicomprensiva categoria del danno non patrimoniale - che non è possibile ritagliare in ulteriori sottocategorie, se non con valenza meramente descrittiva - è da ascrivere il danno biologico, il quale ricomprende i danni alla vita di relazione ed estetico, nonché il danno morale, il quale non può, quindi, dar luogo ad un autonomo risarcimento alla stregua dell'orientamento ormai consolidato - e al quale si intende dare continuità - affermatosi nella giurisprudenza di questa Corte a partire dalla sentenza delle Sezioni unite 11 novembre 2008, n. 26972. 11. Col quarto motivo, denunciando violazione degli artt. 1218, 1219, 1223 c.c., il ricorrente censura l'erronea regolamentazione degli interessi per non aver la Corte di merito ritenuto la valutazione equitativa, operata dal primo giudice, limitata al danno morale e non agli ulteriori danni riconosciuti. Assume l'origine contrattuale dell'obbligazione risarcitoria della società, per violazione dell'articolo 2087 c.c., e la connotazione di debito di valore del conseguente debito risarcitorio e, conseguentemente, il diritto alla liquidazione degli interessi compensativi, dalla data dell'evento, sulla somma dovuta a titolo di risarcimento del danno. 12. I a censura non coglie nel segno giacché non risulta in realtà incentrata sulla ragione del decidere emergente dalla sentenza impugnata, fondata sulla determinazione del danno in via equitativa affermata dalla Corte d'appello, con conferma della statuizione del Giudice di primo grado non oggetto di censura sul punto. In particolare, la sentenza non è infirmata dal fatto che il danno estetico sia stato riportato alla voce del danno morale anziché a quella del danno biologico la natura equitativa della liquidazione rende irrilevante la qualificazione, né il ricorrente indica a quali diversi e concreti risultati di calcolo avrebbe potuto portare la diversa qualificazione. 13. Invero, la valutazione equitativa del danno, in quanto inevitabilmente caratterizzata da un certo grado di approssunativita, è suscettibile di rilievi in sede di legittimità, sotto il profilo del vizio della motivazione, solo se difetti totalmente la giustificazione che quella statuizione sorregge, o macroscopicamente si discosti dai dati di comune esperienza, sia radicalmente contraddittori v., ex multis, Cass. 12318/2010, Cass.1529/2010 . 14. Nella specie non è stata denunciata l'incogniità logica del processo decisionale che, ancorché concisamente, ha giustificato la misura della liquidazione. 15. Pertanto, non criticata la complessiva liquidazione equitativa del danno, nell'esercizio del potere discrezionale conferito al Giudice del merito dagli artt. 1226 e 2056 c.c., non è suscettibile di accoglimento la doglianza incentrata sulla sola erronea regolamentazione degli interessi nella liquidazione dei danni, diversi dal danno morale, che si pretenderebbe liquidati non in via equitativa, trattandosi di premessa, la liquidazione complessiva dei danni in via equitativa, che non può essere rimessa in discussione con l'impugnazione degli altri capi di condanna. La Corte d'appello ha esattamente osservato che solo dopo la liquidazine giudiziale del danno, avvenuta nel 2005, era possibile la decorrenza degli interessi. 16. La Corte territoriale ha, pertanto, correttamente determinato il danno da ritardo nell'adempimento dell'obbligazione risarcitoria fissando la decorrenza degli interessi dalla data della pronuncia v., ex multis, Cass. 9515/2007 . - Esame del ricorso incidentale della società 17. Col primo motivo la ricorrente incidentale denuncia vizio di motivazione e violazione di legge artt. 2043 e 2059 c.c. per aver i Giudice del gravame ritenuto risarcibile il danno morale quale autonoma categoria di danno, da ricomprendere, invece, nel danno biologico. 18. Il motivo è inammissibile trattandosi di doglianza proposta per la prima volta in questa sede di legittimità, per aver la società contestato, in sede di gravame, solo la quantificazione del danno morale e non la sussistenza del relativo titolo autonomo. 19. Col secondo motivo è denunciato vizio di motivazione per non aver la Corte territoriale tenuto conto delle deduzioni trasfuse nelle note d'udienza volte ad evidenziare una condizione patologica del lavoratore concomitante nella determinazione dell'evento dannoso. 20. Trattasi, ancora, di motivo inammissibile per novità, giacché fondato su questione, la condizione patologica del lavoratore, non prospettata nei precedenti gradi di giudizio. 21. Col terzo motivo, rubricato come il precedente, la sentenza impugnata è criticata per aver la Corte di merito recepito acriticamente le conclusioni del consulente tecnico senza tener conto né delle deduzioni formulate con le note autorizzate, né della consulenza di parte. 22. Anche tale profilo di censura si appalesa inammissibile per novità, per noli aver la ricorrente incidentale criticato, in sede di gravame, la quantificazione della percentuale invalidità permanente definita a seguito delle lesioni subite dal lavoratore. 23. In definitiva per le esposte considerazioni entrambi i ricorsi vanno respinti. 24. La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese del giudizio. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta spese compensate.