Il ricovero in una struttura pubblica non esclude l’indennità di accompagnamento

L’indennità di accompagnamento può spettare all’invalido civile grave anche durante il ricovero in ospedale, ove si dimostri che le prestazioni assicurate dall’ospedale medesimo non esauriscono tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita quotidiana.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8227/2013, depositata il 4 aprile. I presupposti dell’indennità di accompagnamento . L’indennità di accompagnamento, istituita dalla legge n. 18/1980, quale provvidenza in favore degli invalidi civili totalmente inabili a causa di minorazioni fisiche o psichiche, viene erogata, indipendentemente dall’età, in tutti i casi in cui l’invalido non sia in grado di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore ovvero non sia in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, necessitando di un’assistenza continua art. 1, comma 1 . Tali condizioni, previste in via alternativa, non devono avere natura episodica, essendo richiesta la verifica della loro inerenza costante al soggetto, non in rapporto ad una soltanto delle possibili esplicazioni del vivere quotidiano quale, per esempio, il portarsi fuori dalla propria abitazione , ovvero alla necessità di assistenza finalizzata al compimento di alcuni, specifici, atti della vita quotidiana Cass. n. 7273/2011 . La disciplina legislativa esclude espressamente dal novero dei beneficiari dell’indennità in parola gli invalidi civili gravi ricoverati gratuitamente in istituto art. 1, comma 3 . Ciò nonostante, la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire, in altre occasioni, che il ricovero dell'inabile in istituto si pone come elemento esterno alla fattispecie e non costituisce ostacolo al riconoscimento del diritto all'indennità, bensì all'erogazione della stessa per il tempo in cui l'inabile sia ricoverato a carico dell'erario e non abbisogni dell'accompagnatore Cass. n. 1585/2010 . L’indennità di accompagnamento non è incompatibile con il ricovero in una struttura pubblica . La S.C. ha riaffermato il principio, già espresso dalla Cassazione, nella sentenza n. 2270/2007, secondo cui il ricovero presso un ospedale pubblico non costituisce, sic et simpliciter , l’equivalente del ricovero in istituto ai sensi dell’art. 1, comma 3, l. n. 18/1980 conseguentemente, l’indennità di accompagnamento può spettare all’invalido civile grave anche durante il ricovero in ospedale, ove si dimostri che le prestazioni assicurate dall’ospedale medesimo non esauriscono tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita quotidiana. La presenza costante di un genitore assicura un quid pluris non garantito dall’ospedale pubblico . La pronuncia in commento trae origine da una vicenda che ha visto un genitore costretto a cessare ogni attività lavorativa per stare accanto alla figlia, la quale, sebbene degente in struttura gratuita, necessitava, proprio in considerazione dello stato d’irreversibilità patologico c.d. stato vegetativo , di assistenza continua finalizzata ad essenziali esigenze primarie, fra le quali le manovre di spostamento sul letto di degenza al fine di evitare le piaghe da decubito e ogni ulteriore incombenza connessa allo stato di totale immobilismo ed all’incapacità di gestire funzioni biologiche essenziali. In simili situazioni, dunque, accertata la non corrispondenza tra l’accudimento assicurato dalla struttura pubblica e quello garantito dalla presenza costante di un familiare, non ci sono ragioni per negare l’erogazione dell’indennità di accompagnamento.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 31 gennaio – 4 aprile 2013, numero 8227 Presidente La Terza – Relatore Mancino Svolgimento del processo e motivi della decisione 1. La causa è stata chiamata all'adunanza in camera di consiglio del 31 gennaio 2013, ai sensi dell'art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell'art. 380 bis c.p.c. 2. La Corte d'appello di Bologna, con sentenza del 27.10.2010, decidendo in sede di rinvio, ha confermato la sentenza di prime cure che, in accoglimento della domanda svolta dal tutore di P.M. , ha dichiarato l'illegittimità della revoca dell'indennità di accompagnamento erogata dall'INPS in favore della predetta P. , lungodegente in struttura pubblica in stato di coma profondo da decerebrazione 3. ricorre l'INPS con due motivi dolendosi che, in violazione dell'art. 384 c.p.c. in relazione all'art. 360, numero 4 c.p.c. , la Corte di merito non si sia uniformata alla statuizione della Corte di cassazione non avendo esperito, a tanto sollecitata dalla S.C., alcuna attività istruttoria atta a dimostrare che le prestazioni assicurate dall'ospedale alla paziente non esaurissero tutte le forme di assistenza necessitate per la vita quotidiana ed inoltre che, in violazione degli artt. 2697 c.c. e 1 L. 18/80 e con insufficiente motivazione, fosse rimasto sfornito di prova che l'ospedale pubblico non fornisse tutte le forme di assistenza di cui necessitava la paziente e che quest'ultima avesse dovuto sostenere personalmente oneri economici per usufruire di assistenza privata integrativa di quella resa dalla struttura pubblica 4. l'intimata, nella predetta qualità, ha resistito con controricorso 5. il ricorso è manifestamente fondato per non essersi la Corte di merito uniformata alla sentenza rescindente omettendo la verifica giudiziale dell'applicabilità, alla fattispecie, del principio enunciato e dipanando la motivazione sul mero rilievo che il genitore esercente la tutela sulla figlia in stato di coma profondo da decerebrazione avesse dichiarato di aver cessato ogni attività lavorativa per assistere continuativamente la congiunta 6. invero, la Corte di legittimità, con sentenza numero 2270 del 2007, decidendo sul gravame avverso la decisione di primo grado, ha affermato che il ricovero presso un ospedale pubblico non costituisce sic et simplidter l'equivalente del ricovero in istituto ai sensi della L. numero 18 del 1980, art. 1, comma 3 e che pertanto l'indennità di accompagnamento può spettare all'invalido civile grave anche durante il ricovero in ospedale, ove si dimostri che le prestazioni assicurate dall'ospedale medesimo non esauriscono tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita quotidiana. Tale indagine è mancata nel processo di appello”. Di qui, pertanto, la cassazione con rinvio della decisione sul gravame ad altra Corte d'appello che ha statuito nei termini già richiamati 7. come affermato in più occasioni da questa Corte, la sentenza rescindente, indicando i punti specifici di carenza della motivazione, conserva al giudice di rinvio le facoltà che gli competevano originariamente quale giudice di merito, relative ai poteri di indagine e di valutazione della prova, nell'ambito dello specifico capo della sentenza di annullamento, anche se, nel rinnovare il giudizio, egli è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente o implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, in sede di esame della coerenza del discorso giustificativo, evitando di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento annullato, ritenuti illogici, e con necessità, a seconda dei casi, di eliminare le contraddizioni e sopperire ai difetti argomentativi riscontrati cfr., ex plurimis , Cass. 13719/2006 né il giudice del rinvio, al quale la S.C. abbia demandato, come nella specie, il compito di procedere ad ulteriori accertamenti di fatto, può sottrarvisi v., Cass. 3186/2012 . 8. Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio. 9. Dalla riferita relazione il Collegio dissente sulla base dei rilievi di seguito esposti. 10. L'accertamento richiesto dalla sentenza rescindente di questa Corte di legittimità Cass. numero 2270 del 2007 cit. è stato, invero, svolto dalla Corte territoriale che, alla stregua delle emergenze istruttorie, ha apprezzato le dichiarazioni rese dal genitore esercente la tutela, il quale aveva espresso di essere stato costretto a cessare ogni attività lavorativa per stare accanto alla figlia la quale, sebbene degente in struttura gratuita, necessitava, proprio in considerazione dello stato d'irreversibilità patologico, di assistenza continua finalizzata ad essenziali esigenze primarie, fra le quali le manovre di spostamento sul letto di degenza al fine di evitare piaghe da decubito e ogni ulteriore incombenza connessa allo stato di totale immobilismo e all'incapacità di gestire funzioni biologiche essenziali. 11. Ebbene, posto che l'accertamento del Giudice di merito, che attiene alla valutazione dei mezzi di prova, è incensurabile nel giudizio di legittimità se compiutamente e coerentemente motivato, nel caso di specie l'accertamento della Corte territoriale, nei termini appena esposti, non è adeguatamente censurato dall'Istituto pubblico di previdenza che non rimette in discussione le congrue e ragionevoli argomentazioni della Corte territoriale a sostegno dell'accertamento, ma solo si duole che il Giudice del gravame non abbia svolto, in ottemperanza al dictum della sentenza rescindente, alcun accertamento, formulando rilievi critici che non si collocano sul piano argomentativo della sentenza impugnata per svelarne insufficienza o illogicità motivazionale. 12. L'INPS, pertanto, non ha specificamente criticato l'apprezzamento della Corte territoriale che, all'esito dell'accertata assistenza continuativa del genitore nella forma della presenza costante accanto alla figlia in stato vegetativo, ha ritenuto tali modalità di accudimento travalicare quanto la struttura pubblica potesse assicurare. 13. Il pur sintetico iter argomentativo che ha condotto i Giudici del gravame, muovendo da tale accertamento, verso l'apprezzamento della necessità, per il genitore, di assicurare quel quid pluris non garantito dall'ospedale pubblico alla congiunta lungodegente in stato di coma profondo da decerebrazione, non risulta efficacemente censurato. 14. In particolare, nella vicenda all'esame del Collegio è rimasto non specificamente censurato proprio l'apprezzamento della Corte territoriale dell'emergenza istruttoria inerente alle necessità di assistenza e accudimento costanti a cagione delle quali il genitore si era risoluto ad abbandonare l'attività lavorativa per essere totalmente dedito alla cura della figlia nel predetto stato vegetativo. 15. Risulta, pertanto, assorbito il mezzo d'impugnazione imperniato sull'inottemperanza dell'onere, a carico del tutore dell'assistita, di provare la necessità di aver dovuto sostenere, ai fini dell'assistenza costante e continuativa, spese personali aggiuntive rispetto all'assistenza apprestata dalla struttura pubblica. 16. In definitiva il ricorso, per essere manifestamente infondato, va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna l'INPS al pagamento delle spese, liquidate in Euro 50,00 per esborsi, oltre Euro 1.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.