Prescrizione contributiva per gli avvocati: la prima pronuncia della Cassazione

L’art. 66 della legge 31 dicembre 2012, n. 247 Riforma forense dispone che l’art. 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335, non si applica alle contribuzioni dovute alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense.

La prescrizione contributiva. In particolare, l’art. 3 della legge n. 335/1995, ai commi 9 e 10, disciplina la prescrizione delle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria. Il comma 9 prevede che le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono e non possono essere versate nei termini di - dieci anni per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti FPLD e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie – compreso il contribuito di solidarietà del 10%, a esclusivo carico dei datori di lavoro, dovuto per gli accantonamenti o versamenti effettuati a favore di forme pensionistiche complementari da parte dei datori di lavoro, ed esclusa ogni aliquota di contribuzione aggiuntiva non devoluta alle gestioni pensionistiche. Si consideri però che a decorrere dal 1° gennaio 1996 tale termine è ridotto a cinque anni, salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti lettera a - cinque anni per tutte le altre contribuzioni previdenziali e assistenziali obbligatorie lettera b . Il successivo comma 10 prevede che i termini di prescrizione sopra esposti si applicano anche alle contribuzioni relative a periodi precedenti la data di entrata in vigore della legge n. 335. Fanno eccezione i casi di atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente. Agli effetti del computo dei termini prescrizionali non si tiene conto della sospensione prevista dall’articolo 2, comma 19 del D.L. 463/1983, fatti salvi gli atti interruttivi compiuti e le procedure in corso. Ne consegue che prima della novella legislativa di cui all’art. 66 sopra ricordato - i contributi previdenziali dovuti a Cassa Forense si prescrivevano con il decorso di 5 anni - le contribuzioni per le quali risultino maturati i termini prescrizionali, non possono essere versate spontaneamente né riscosse coattivamente in base al cd. principio di irricevibilità de contributi, principio di natura pubblicistica. Attraverso il principio di irricevibilità, l’istituto della prescrizione veniva sottratto alla disponibilità delle parti. Sulla estensione dell’art. 3 della legge 335/1995 alle casse professionali si è formata nel tempo una copiosissima giurisprudenza di legittimità Cass. nn. 5522/2003 11140/2001 330/2002 9525/2002 9408/2002 23116/2004 6340/2005 24863/2005 2760/2006 20343/2006 e 5672/2012, tanto per citarne qualcuna . La novella legislativa scompagina un quadro normativo che si era ormai assestato sia nell’interesse di Cassa Forense che degli iscritti. Ricordiamo che in base alla legge 335/1995, art. 1, n. 2, Le disposizioni della presente legge costituiscono principi fondamentali di riforma economico – sociale della Repubblica. Le successive leggi della Repubblica non possono introdurre eccezioni o deroghe alla presente legge se non mediante espresse modificazioni delle sue disposizioni . Ed è ciò che mi pare sia avvenuto nel caso di specie laddove l’art. 66 della legge 247/2012 disponendo che l’art. 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335 non si applica alle contribuzioni dovute alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense. Orbene, mentre la prescrizione quinquennale e l’irricevibilità della contribuzione prescritta si applica a tutti i cittadini italiani, l’art. 66 introduce un’eccezione non per tutti i professionisti ma, trai professionisti, solo per gli avvocati. Trattasi di un modo di legiferare che credo difficilmente possa avere dei precedenti e che è sfornito di qualsivoglia giustificazione al riguardo. Forse che la contribuzione dovuta dagli avvocati è diversa da quella dovuta dagli architetti, dai medici o dai notai? Evidentemente no ma chi ha la penna in mano scrive! Cassa Forense si è prontamente adeguata alla novella legislativa con la delibera del 21 febbraio 2013. Alla luce della novella legislativa oggi la prescrizione nel sistema previdenziale forense, e quindi solo per gli avvocati, ritorna ad avere la disciplina ante legge 335/1995 e quindi - i contributi previdenziali si prescrivono con il decorso di 10 anni - l’istituto della prescrizione torna ad essere nella disponibilità delle parti con la conseguenza che dovrà essere eccepita. Conseguentemente a partire dal 2 febbraio 2013, data di entrata in vigore della legge 247/2012, non sarà più possibile invocare né la prescrizione quinquennale né il principio della irricevibilità dei contributi prescritti, salvo il caso in cui la prescrizione sia stata accertata in via definitiva prima di tale data. I precedenti giurisprudenziali. La Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare Cass. n. 11140/2001 330/2002 23116/2004 che nell’obbligazione contributiva la prescrizione estintiva si atteggia in modo diverso dalla prescrizione regolata dal codice civile. Nel codice civile l’istituto è dominato dal principio di disponibilità, in base al quale, ferma la disciplina legale di base art. 2936 c.c. il titolare passivo del rapporto nelle obbligazioni, il debitore , può rinunciare alla prescrizione già maturata se si versi in materia disponibile art. 2937 c.c. la prescrizione non opera se non su eccezione di parte art. 2938 c.c. e il debitore, se vuole, può pagare il debito prescritto senza poter più agire in ripetizione art. 2940 c.c. . Se ne deduce che nei rapporti di diritto privato la prescrizione non ha un effetto estintivo del diritto soggettivo, ma ha soltanto un’efficacia preclusiva, nel senso che l’eccezione di prescrizione, tempestivamente proposta dal debitore, vale ad escludere ogni ulteriore controversia sul diritto prescritto. Diversa, invece, è la disciplina della prescrizione nella controversia previdenziale, a prescindere dal regime previdenziale ordinario o speciale applicabile. Nel settore previdenziale, infatti, vigendo il diverso principio dell’indisponibilità dei diritti desumibile dagli artt. 2114, 2115 e 2116 c.c., una volta esaurito il termine per il versamento, la prescrizione del diritto a riscuoterli ha una sicura efficacia estintiva, e non semplicemente preclusiva di conseguenza l’ente previdenziale creditore non può più pretenderla né riceverla la prescrizione, inoltre, opera di diritto e deve perciò essere rilevata d’ufficio dal Giudice. E questo sin da anni risalenti perché, in forza dell’art. 55, comma 1, del regio decreto 1827/1935 in materia di contributi dovuti all’INPS, non era ammessa la possibilità di effettuare versamenti, a regolarizzazione di contributi arretrati, dopo che, rispetto ai contributi stessi, sia intervenuta la prescrizione. Ho ragione di ritenere che siffatto revirement normativo sfocerà in un nutrito contenzioso tra gli iscritti e Cassa Forense e la situazione di incertezza si riverbererà sulla stabilità economico finanziaria della Fondazione di lungo periodo. Sono peraltro convito che siffatto regime prescrizione, siccome indirizzato ad un’unica categoria di cittadini, sarà presto sanzionato dalla Corte Costituzionale quantomeno sotto il profilo della diversità di trattamento. La legge forense nulla prescrive Con la sentenza n. 6729 del 18 marzo 2013, la Suprema Corte di Cassazione, a fronte della deduzione formulata da Cassa Forense con la memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., secondo la quale l’art. 66 della legge 247/2012 opererebbe l’interpretazione autentica della norma richiamata, con efficacia pertanto anche in ordine alle situazioni precedenti e non ancora consolidate, ha rigettato l’eccezione rilevando che nell’art. 66 della legge 247/2012 non è reperibile alcun indice rivelatore dell’intenzione del legislatore di procedere ad una interpretazione autentica della disciplina del 1995, sicché la nuova normativa va applicata unicamente per il futuro nonché alle prescrizione non ancora maturate secondo il regime precedente. Davvero strano il comportamento processuale di Cassa Forense!

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 5 febbraio – 18 marzo 2013, n. 6729 Presidente Vidiri – Relatore Ianniello Svolgimento del processo e motivi della decisione La Corte, premesso che con ricorso notificato il 19-20 novembre 2009, la Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense ha chiesto, con quattro motivi, la cassazione della sentenza depositata il 25 novembre 2008, con la quale la Corte d'appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, aveva dichiarato prescritto il suo credito contributivo nei confronti dell'avv. P.F. relativo agli anni 1987, 1988 e 1989 per complessivi Euro 1.612,28 di cui alla cartella di riscossione notificata a quest'ultimo nel 2002, preceduta da una comunicazione con raccomandata AR del 24 novembre 1999 che l'avv. F.P. ha resistito alle domande con rituale controricorso che l'intimata Equitalia Gerit s.p.a. non ha svolto difese in questa sede rilevato che a norma dell'art. 19, 2 comma della legge 20 settembre 1980 n. 576 concernente la riforma del sistema previdenziale forense , applicato dalla Corte territoriale al caso in esame con una interpretazione contestata dalla Cassa, dispone che Per i contributi, gli accessori e le sanzioni dovuti o da pagare ai sensi della presente legge, la prescrizione decorre dalla data di trasmissione alla Cassa, da parte dell'obbligato, della dichiarazione di cui agli artt. 17 ammontare del reddito professionale dichiarato ai fini dell'IRPEF per l'anno precedente e 23 analogamente per l'IVA ritenuta inammissibile la censura di violazione dell'art. 252 disp. att. cod. civ. quarto motivo , in quanto priva di specifico quesito di diritto, che, a norma dell'art. 366-bis c.p.c. applicabile al caso in esame, prima della sua abrogazione, ad opera della legge n. 69 del 2009, con effetto sui ricorsi per cassazione avverso le sentenze depositate dopo il 3 luglio 2009 , deve concludere, a pena di inammissibilità, l'illustrazione di ogni motivo di diritto del ricorso per cassazione richiamata, quanto ai primi due motivi, la giurisprudenza di questa Corte, menzionata dalla sentenza impugnata, dal ricorso e dal controricorso Cass. 7 aprile 2007 n. 9113 , recentemente ribadita in sede di ordinanza ex art. 360-bis n. 1 c.p.c. del 16 marzo 2011 n. 6259, secondo la quale l'art. 19 L. n. 576 del 1980 individua un distinto regime della prescrizione, a seconda che la comunicazione dovuta da parte dell'obbligato, in relazione alla dichiarazione di cui agli artt. 17 e 23 della stessa legge, sia stata omessa ovvero sia stata resa in modo non conforme al vero, riferendosi solo al primo caso l'esclusione del decorso del termine decennale o quinquennale, in applicazione della legge n. 335 del 1995 mentre in ordine alla seconda fattispecie, il decorso di siffatto termine è riconducibile alla data di trasmissione alla Cassa previdenziale della menzionata dichiarazione ritenuta infondata la tesi interpretativa della Cassa secondo cui alla ipotesi di omessa dichiarazione di cui agli artt. 17 e 23 della legge andrebbe equiparato il caso in cui la dichiarazione suddetta non sia conforme a quella effettuata ai fini dell'IRPEF e dell'IVA, in quanto né il tenore letterale delle norme né la relativa ratio consentono tale lettura, che restringerebbe irrazionalmente l'ipotesi disciplinata dal secondo comma alle sole ipotesi di infedele dichiarazione IRPEF, che semmai sono più gravi e di più difficile accertamento rispetto a quella rilevabili con semplici controlli incrociati con l'anagrafe tributaria ritenuto pertanto di dare continuità all'orientamento di questa Corte sopra indicato, che non distingue tra le due ipotesi identica non conformità al vero sia della dichiarazione IRPEF che di quella alla Cassa e non conformità della sola dichiarazione alla Cassa che nel caso in esame, in cui il primo atto interruttivo della prescrizione quinquennale a norma dell'art. 3 della legge n. 335 del 1995, ritenuta generalmente applicabile anche ai termini di prescrizione dei contributi dovuti alla Cassa dei contributi dovuti per gli anni 1987, 1988 e 1989 dall'avv. P. - che per tali redditi ha presentato la dichiarazione IRPEF in ciascuno degli anni successivi -, è intervenuto con la comunicazione della Cassa di previdenza di cui alla lettera raccomandata A.R. del 24 novembre 1999, correttamente la Corte territoriale ha dichiarato estinti per prescrizione i relativi crediti della cassa ritenuto infondata la deduzione formulata dalla Cassa con la memoria depositata ai sensi dell'art. 378, secondo la quale l'art. 66 della recente legge n. 247/2012 entrata in vigore il 2 febbraio 2013 nello stabilire La disciplina in materia di prescrizione dei contributi previdenziali di cui all'art. 3 della legge 8 agosto 1995 n. 335 non si applica alle contribuzioni dovute alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense opererebbe l'interpretazione autentica della norma che richiama, con efficacia pertanto anche in ordine alle situazioni precedenti e non ancora consolidate rilevato, infatti che nella norma non è reperibile alcun indice rivelatore dell'intenzione del legislatore di procedere ad una interpretazione autentica della disciplina del 1995, sicché la nuova normativa va applicata unicamente per il futuro nonché alle prescrizioni non ancora maturate secondo il regime precedente ritenuto infine che il terzo motivo di ricorso sia assorbito dalle argomentazioni svolte che, concludendo, il ricorso vada pertanto respinto, con le normali conseguenze anche in ordine al regolamento delle spese del giudizio, da effettuare sulla base dei parametri di cui al recente D.M. n. 140 del 2012. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente ed Equitalia Gerit s.p.a. a rimborsare a F.P. le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 50,00 per esborsi ed Euro 1.050,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge.