La pensione in Italia diventerà una chimera

Solitamente il lavoratore non ha l’assillo della regolarità contributiva da parte del datore di lavoro, poiché è tutelato dal principio di automaticità delle prestazioni previdenziali, ma, alcune volte non è così

Il fatto. La Corte di Appello napoletana confermava il decisum del giudice di prime cure che aveva disatteso la pretesa risarcitoria azionata da un lavoratore del settore marittimo, in merito a danni asseritamente subiti in costanza di rapporto di lavoro per inadempimento datoriale verso l’obbligazione contributiva. Se la prestazione previdenziale diviene corrispettiva qual è il rimedio? La tutela legale ex art. 2116 c.c. è apprestata per i casi in cui l’operatività del c.d. principio di automaticità delle prestazioni previdenziali, secondo il quale il diritto al trattamento pensionistico è imprescrittibile e prescindente dal regolare adempimento dell’obbligo datoriale contributivo, rimanga parzialmente e/o interamente compresso per effetto di apposite normative previdenziali di settore. In tali casi, invero al lavoratore spetta a titolo di risarcimento del danno l’intera somma, anche sottoforma di vitalizio, corrispondente al trattamento pensionistico cui il medesimo avrebbe potuto accedere in condizioni di obbligo contributivo regolarmente assolto, oppure nei casi di parziale inadempienza contributiva per difformità delle somme versate, il lavoratore medesimo ha diritto a percepire la somma corrispondente alla differenza tra il trattamento pensionistico che avrebbe percepito in virtù della regolarità contributiva e quello invece materialmente maturato per effetto delle somme comunque versate. Il consesso in sede di gravame applica sbrigativamente il principio del giudicato implicito. La Corte Territoriale ha motivato la sua decisione ritenendo che con la domanda di giustizia azionata in primo grado, il predetto lavoratore non aveva dedotto la lesione del diritto a percepire il trattamento pensionistico e tanto, veniva desunto dal fatto che lo stesso, non aveva dedotto ed allegato la sussistenza dei requisiti per accedere alla predetta misura provvidenziale compromessa dall’inadempimento contributivo, riferibile alla condotta datoriale, mentre, invece la domanda giudiziale avanzata era diretta ad ottenere il risarcimento dei dai danni per irregolarità nel versamento dei contributi previdenziali, però come tale, la domanda medesima, rimaneva inibita e preclusa per effetto del giudicato implicito determinato da un precedente giudizio promosso dal medesimo lavoratore e riconducibile sempre al pregresso rapporto di lavoro, in particolare incentrato sul risarcimento danni per cancellazione dal turno particolare. Confine concettuale tra giudicato esplicito e giudicato implicito. Prima di proseguire con l’illustrazione dei motivi di ricorso argomentati dal lavoratore, ricorrente in sede di legittimità, è utile operare una breve ricognizione sistematica sui concetti del giudicato esplicito e giudicato implicito con la prima locuzione si intende la res judicata che si raggiunge per effetto della sentenza che statuisce sullo stato del rapporto controverso a seguito dell’esame giudiziale di ogni questione dedotta ed allegata dai litisconsorti, divenuta definitiva ovvero cosa giudicata per decorrenza dei prescritti termini breve 60 giorni della notifica della sentenza e lungo 6 mesi dalla pubblicazione ovvero dal deposito in cancelleria della sentenza di impugnazione. Con la locuzione, invece, di giudicato implicito si suole far riferimento alla rilevanza vincolante della sentenza divenuta cosa giudicata in tutti quei giudizi successivamente ed eventualmente insorti tra le medesime parti, ove si controverta su una questione che, sebbene non esplicitamente dedotta e quindi trattata nel corso del primo giudizio sfociato poi, nella sentenza definitiva, sia comunque riferibile agli elementi oggettivi delle domande giudiziali ivi trattate, ovvero evidenzi dei nessi logici con la causa petendi ed il petitum contenuti negli atti introduttivi del giudizio medesimo, risulti pertanto inammissibile in virtù del principio che il giudicato copre il dedotto ed il deducibile. Tornando al caso rappresentato nella sentenza in commento, il lavoratore si duole in sede di legittimità del ragionamento seguito dalla Corte di Appello partenopea che travisando la natura della domanda giudiziale proposta in primo grado, ritenuta diretta ad ottenere il risarcimento dei danni per irregolarità contributiva in luogo di quella fondata sulla pretesa risarcitoria per perdita del trattamento pensionistico, ha ingiustamente applicato il principio del giudicato implicito statuendone l’inammissibilità e confermando la decisione assunta in primo grado. L’azione ex art. 2116 c.c. non rileva come questione non dedotta coperta dal giudicato implicito formatosi sull’azione per irregolarità contributiva. La Corte di Cassazione, contrariamente alla richiesta di rigetto del ricorso avanzata dal Sostituto Procuratore della Repubblica, ha ritenuto invece meritevole di accoglimento tale censura logica, affermando che il principio del giudicato implicito non ricorre allorchè ci si trovi in presenza di due azioni giurisdizionali distinte con riferimento ai rispettivi elementi oggettivi causa petendi elementi fattuali e di diritto costitutivi, modificativi, impeditivi ed estintivi del diritto fatto valere in giudizio e petitum bene della vita oggetto del diritto vantato , circostanza questa, che si presenta nel caso de quo dove, sebbene le domande rispettivamente dirette ad ottenere il risarcimento danni per perdita della pensione e quella sprigionante la pretesa risarcitoria per irregolarità contributiva, abbiano un tratto comune che è dato dalla discendenza dal medesimo rapporto di lavoro, le modalità propositive richiedono tempistiche differenti, pertanto non appare corretto inibire la pretesa risarcitoria ex art. 2116 c.c. sul presupposto del giudicato implicito derivante dalla non proposta domanda risarcitoria per irregolarità contributiva unitamente alla domanda di impugnazione del licenziamento. Inoltre, la domanda risarcitoria ex art. 2116 c.c. a tutela del danno derivante dalla perdita del trattamento pensionistico, non può promuoversi se non a seguito della prescrizione del diritto in capo all’ente previdenziale circa la pretesa delle contribuzioni previdenziali non regolarmente versate dal datore di lavoro, infatti, fino a quel momento il lavoratore può agire direttamente contro il datore con l’azione per irregolarità contributiva, tanto come giustamente ha chiarito la Suprema Corte di Cassazione, che in accoglimento anche dell’altra censura sollevata dal lavoratore avverso la sentenza di appello, ha cassato la stessa con rinvio alla Corte di Appello partenopea in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 22 febbraio - 6 aprile 2012, n. 5581 Presidente Roselli – Relatore Meliadò Svolgimento del processo Con sentenza in data 20.5/8.7.2009 la Corte di appello di Napoli confermava la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da D.P.A. per la condanna della Tirrenia di Navigazione spa al risarcimento del danno per mancata contribuzione ex art. 2116 cc Osservava la Corte territoriale che il lavoratore non aveva chiesto il risarcimento del danno da perdita della pensione, tanto che non aveva dedotto, né dimostrato di non poter aspirare al trattamento pensionistico per effetto dell'inadempimento del datore di lavoro, ma aveva piuttosto agito per il risarcimento del danno da irregolarità contributiva richiesta, tuttavia, che ben avrebbe potuto formularsi in seno al ricorso proposto nel marzo del 1990 ai fini del risarcimento dei danni conseguenti alla illegittima cancellazione dal turno particolare e ormai preclusa dal relativo giudicato. Per la cassazione della sentenza propone ricorso D.P.A. con due motivi. Resiste con controricorso, illustrato con memoria, la Tirrenia di Navigazione spa., la quale ha anche proposto ricorso incidentale condizionato. Motivi della decisione 1. I ricorsi vanno preliminarmente riuniti ai sensi dell’art. 335 cpc 2. Con il primo motivo del ricorso principale, svolto ai sensi dell'art. 360 n. 3 cpc in relazione agli artt. 2907 e 2935 cc, il ricorrente denuncia violazione di legge osservando che, alla data del precedente ricorso, i contributi previdenziali non erano prescritti, per cui non era proponibile alcuna azione risarcitoria, sicché inconferente appariva il riferimento ad un intervenuto giudicato. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione art. 360 n. 5 cpc osservando come la domanda di risarcimento avrebbe potuto proporsi solo per effetto del giudicato intervenuto sul la illegittimità del licenziamento e sulla conseguente condanna al pagamento delle retribuzioni medio tempore maturate giudicato formatosi solo nel 1997 sulla sentenza del Tribunale di Napoli del 29.10.1996. 3. I motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto incentrati sulla esistenza di un pregresso e vincolante giudicato, e sono meritevoli di accoglimento nei sensi di cui in motivazione. 4. Ha accertato, in punto di fatto, la Corte territoriale che, su precedente ricorso del 29.3.1990, il Pretore di Napoli, dichiarata l'illegittimità del provvedimento di cancellazione del dipendente dal turno particolare, aveva condannato la società Tirrenia al risarcimento del relativo danno, determinandolo in misura pari alle retribuzioni maturate e non percepite fino al luglio 1989, e che su tale sentenza si è formato il giudicato. Il ricorrente ha, quindi, con ulteriore domanda, richiesto la condanna della Tirrenia, in via principale, al versamento dei contributi assicurativi per il periodo dicembre 1982/luglio 1989 e, in subordine, al risarcimento del danno ex art. 2116 comma secondo cc Ad avviso della Corte partenopea quest'ultima domanda, da qualificarsi, in difetto di prova delle condizioni per l'accesso al trattamento pensionistico, come domanda di risarcimento del danno da irregolarità contributiva, sarebbe preclusa dal giudicato formatosi sulla prima domanda di risarcimento, in virtù del principio che il giudicato copre il dedotto e il deducibile. Non si può, tuttavia, non osservare che se è vero che il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, e, quindi, sia le ragioni fatte valere in modo espresso nel giudizio esaurito, sulle quali risulta formato il giudicato esplicito, sia le altre ragioni che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono, tuttavia, i precedenti logici necessari della pronuncia cd. giudicato implicito , è indubbio che tale principio resta circoscritto entro i limiti della controversia svoltasi fra le parti, per come in concreto segnati dal petitum e dalla causa petendi della stessa, ed implica che fra la questione decisa in modo espresso e quella che si vuole essere stata risolta implicitamente sussista un rapporto di dipendenza indissolubile, tale da determinare l'assoluta inutilità di una decisione sulla seconda questione, e che la questione decisa in modo espresso non sia stata impugnata cfr. da ultimo Cass. n. 22416/2011 v. anche SU n. 6632/2003 . Ne deriva, quindi, che nessuna preclusione può derivare dalla proposizione di azioni diverse quanto ai presupposti di identificazione, ossia quando siano dirette le domande al conseguimento di un bene giuridico distinto o si fondino le stesse su autonomi fatti giustificativi, tali da implicare un diverso tema di indagine e di decisione. Tale principio deve affermarsi pure nel caso in esame, fondandosi la domanda di risarcimento del danno da mancata retribuzione sulla violazione dell'obbligazione retributiva connessa alla continuità giuridica del rapporto di lavoro, e quella da mancata contribuzione sulla violazione dell'obbligazione previdenziale conseguente all'esistenza del rapporto di lavoro. Anche a ritenere, quindi, che le domande in prosieguo di tempo proposte fossero unificate da una comune istanza risarcitoria, non pare dubbio che le stesse restassero, comunque, del tutto differenziate quanto ai relativi fatti giustificativi ed imponevano, pertanto, distinti accertamenti fattuali e giuridici. È necessario, perciò, escludere l'inammissibilità della domanda risarcitoria proposta dal ricorrente per la preclusione derivante da precedente giudicato. Il primo motivo del ricorso è fondato anche nella parte concernente la prescrizione, asserita nella sentenza impugnata, dell'azione risarcitoria ex art. 2116, capoverso, cc La possibilità di questa azione si ha solo quando, prescritto in cinque anni il credito dell'ente previdenziale assicuratore, il lavoratore non possa più agire contro il datore di lavoro per la regolarizzazione della contribuzione. È perciò errata la decisione impugnata, secondo cui il lavoratore poteva esercitare l'azione risarcitoria già nel 1990, quando non erano ancora trascorsi cinque anni dall'ultimo debito retributivo e dal connesso obbligo di contribuzione. 4. Meritevole di accoglimento è anche il ricorso incidentale condizionato, con il quale la società Tirrenia lamenta l'illegittimità della dichiarazione di inammissibilità dell'appello incidentale proposto nel precedente grado del giudizio. È, al riguardo, da rilevare che, con l'appello incidentale, la società ricorrente aveva censurato la sentenza del primo giudice nella parte in cui aveva statuito che dalla data della cancellazione sino alla reiscrizione nelle liste speciali si fosse determinata la continuità giuridica del vincolo anche sotto il profilo dell'obbligo contributivo , affermando, fra l'altro, che non trovasse nel caso applicazione la tutela reintegratoria prevista dall'art. 18 dello Statuto, con conseguente esclusione della continuità giuridica del vincolo contrattuale sotto ogni aspetto. Tale censura, sorretta dall'interesse a conseguire una statuizione giusto di segno contrario rispetto a quella fatta propria dal giudice di primo grado e, comunque, a contrastare la azione di risarcimento del danno ex art. 2116 cc, per l'assenza di alcun obbligo contributivo del datore di lavoro, avrebbe dovuto ritenersi, pertanto, a fronte dell'esito dell'appello principale, assorbita e non anche inammissibile. Vedrà il giudice di rinvio se questa definizione debba essere tenuta ferma. 5. Entrambi i ricorsi vanno, quindi, accolti, la sentenza cassata e la causa rimessa ad altro giudice di pari grado, il quale provvedere a nuovo esame, regolando anche le spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi e li accoglie, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.